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Dopo essere uscita la sera del 4 agosto con molte perplessità tra la allucinante folla del dopo premiere del Fidelio con la convinzione di essere dentro una tela di Grotz ho cominciato a sperare nella visione distaccata della trasmissione in diretta tv dello spettacolo. Poi ne ho scritto a caldo parlando di un Kaufmann straordinario e il giorno dopo , con molte ponderate riflessioni e studiandomi tutte le dichiarazioni sul programma di sala e diciamo con maggiore cognizione di causa , un pezzo che è passato per lo più ignorato sul mio blog anche perché non era un pezzo di delirante osanna…Quindi con molta curiosità ieri sera mi sono messa davanti al monitor per rivedermi questo Fidelio grazie a Medici TV.
Ebbene posso dire che il momento di massimo interesse è stato la visione del cambio scena con la colonna sonora , quella sì coinvolgente , diretta da Welser Möst e suonata con vigore dai Wiener. Interessante anche il particolare dello spartito del percussionista , talmente vecchio e strappato da pensare che per la grande tradizione viennese il sullodato oggetto fosse addirittura coevo dell’autore. Presa dalla sublime partitura beethoveniana e cercando di spiegare ad un mio nipote ventenne la trama inesistente data la visione dello spettacolo ( sue domande : perché il monolite di Odissea nello spazio , perché quel signore vestito da Matrix?) non mi sono annoiata . Anzi , ho apprezzato di più le eleganze estetiche della algida messa in scena che comunque sicuramente trae vantaggio dalla ripresa televisiva. Certe luci , certe raffinatezze estetiche si avvantaggiano nei primi piani con le luci sapientemente tagliate e lo spazio classicheggiante risulta di una affascinante inquietudine . Belle anche le preziose riprese dall’alto , ovviamente non viste direttamente a teatro, meno fonte di disagio i rumori fuoriscena che in tv si notano di meno.
Poi è arrivato il secondo atto , quello bello , ho detto ingenuamente e speranzosa. Dopo la furbissima non inquadratura del Gott…welch’ Dunkel hier!…in cui la voce di Kaufmann si diffonde nell’aere con un bell’effetto di tensione ( e mi domando : senza i microfoni come avrebbero mai potuto ottenere quell’effetto stupendo ?) ecco apparire il nostro nella sua performance attoriale fantastica e i primi piani che ovviamente lo aiutano anche se le telecamere saltando qua e là un po’ ci fanno perdere della tenuta straordinaria nel suo personaggio . Niente da dire , questo Fidelio si chiama Florestan e tutto è stato costruito su di lui , sulla sua bravura , sulla sua capacità di rovesciare il canto di gioia in un canto di disperazione , sulla sua tragica fine al proscenio .
La voce forse è un po’ consumata ( coerentemente col personaggio potremmo dire cinicamente) , il sudore gli bagna le misere vesti . Intorno a lui i personaggi si muovono distaccati ciascuno nella sua sfera astratta. Anche alla povera Pieczonka resta ben poco da esprimere salvo un larvato effetto di straniamento doloroso, Pizzarro / Konieczny cade e si rialza a comando senza mai un perché , il suo doppio cattivissimo si muove elegantemente : il povero Kaufmann fa tutto da solo. Forse , per assurdo l’unica che lo segue è proprio la donna dei linguaggio dei segni. Ha dichiarato Claus Guth che solo in un grande festival con grandi mezzi è possibile fare simili esperimenti , certe riletture stranianti .
Ad quid? Ho tanto amato molte , moltissime delle sue intelligenti messe in scena , è un regista raffinato e colto , non riesco a capire questa necessità del rovesciamento filosofico del Fidelio . Anche Calixto Bieto aveva cercato di rileggere l’opera in una chiave diversa : la prigionia mentale ,il microchip gigante , ma alla fine comunque c’era la gioia della liberazione , confusa , straniata ma comunque la gioia del ritrovarsi. Ho pensato con nostalgia alla tradizionalissima messa in scena di Zurigo , quel Florestan tanto più giovane e impaurito me lo porto nel cuore da tanti anni insieme a quei poveri prigionieri numerati che cantano la libertà gioiosamente. Qui la libertà è rifiutata nella testa del protagonista , non c’è più speranza e mentre il caro Welser Möst che sembra un dagherrotipo di Schubert ( più carino ma ugualmente tanto viennese ) ci mette l’anima nella ricerca gioiosa della stupenda pagina orchestrale ( ma perché non ha tolto quell’enorme etichetta rossa dall’interno della giacca del frac?) al povero barbutissimo e spelacchiato nostro beneamato Jonas non resta che stramazzare al suolo per l’ennesima volta.
Scalzo e sudato ( Guth qualche risparmio lo fa solo sulle scarpe di Kaufmann) il nostro Florestan muore , Beethoven trionfa , le centinaia di maestranze riarrotolano il mega tappeto per la prossima replica , le kaufmanniane doc acritiche gridano al miracolo . Io no, non prendo tutto per oro colato , mi dispiace . Lo spettacolo l’ho visto e tutto sommato sono contenta che la mia voce fuori dal coro sia comunque un gesto d’amore per il mio amatissimo tenore che dal suo caro amico poteva sperare qualcosa di meglio , anche una maglia meno pesante.