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Avevo scelto questa Carmen , in questo periodo perchè mi sarebbe piaciuto vedere ricostituita la coppia della Scala . In fondo è da li che era partita la sfolgorante carriera di Anita ed è stato da quel momento che avevo cominciato ad amare quello straordinario ragazzo bavarese per il quale avrei fatto in seguito tante follie e tutto sommato mi avrebbe anche regalato tante nuove esperienze di viaggio che senza lo stimolo di andarlo a sentire , alla mia età , non avrei più fatto. Ma proprio quello straordinario ragazzo mi avrebbe insegnato anche di non dire mai quattro…Se si tratta di lui . Infatti puntualmente ecco di nuovo la sensazione molto frustrante di sapere poche ore prima della partenza la sua ennesima defezione . Questa volta però grazie ad una preziosa amica romana avevo anche programmato un piccolo incontro con Anita , in fondo sono anni che la seguo e ancora non le avevo dedicato niente sul mio blog.
Quindi Anita mi aspetta per un backstage che magari sarebbe stato piu interessante con Jonas , ma che mi si tinge di nuova curiosità per un giovane tenore italiano chiamato alla ardua impresa di sostuituire tanto nome. Questo viaggio si tinge poi di tante sensazioni diverse , terribili fatti di Parigi lo fanno diventare una cosa diversa e quando finalmente arrivo alla ROH tra la folla londinese del sabato sera mi sembra di avere attraversato un lungo ponte da quando avevo cominciato a scrivere queste note. Ce lo ricorda anche il piccolo discordo del direttore dell’opera Kasper Holten invitandoci ad alzarci per un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Parigi . E’ un minuto lunghissimo ,io guardo intorno questo popolo inglese così fermo nei propri valori di libertà e sento che la partecipazione è cosi vera e così forte da sembrare un inno. Poi per fortuna la musica di Bizet , così familiare ci riporta alla Siviglia di maniera del vecchio allestimento. Lo conosco a memoria e certamente non è un bene . L’effetto pericoloso del “deja vu” non aiuta inizialmente a valutare la nuova compagnia di canto . Ma la Carmen di Anita Rachvelishvili è mirabile , la sua potenza , la sua vertiginosa capacità di volare leggera sulle note della Habanera fino alla tragica e per me straordinaria aria delle carte , mi resteranno ben fisse nella memoria . Non avevo mai sentito così forte Il senso della tragedia nella ” carte impitoyable repondera…la mort”. Qui Anita è stata sublime, poi in camerino mi ha detto che le piace molto questa Carmen e si capisce da come rende sua la impetuosa figura della sigaraia.
Accanto a lei un debuttante qui a Londra , italiano e decisamente teso all’inizio Andrea Carè. Lo capisco e me lo confessa più tardi , non ha avuto neanche il tempo di fare una vera generale. Ma la parte la conosce bene e piano piano , soprattutto dopo l’aria della Fleur lo sento più rilassato , nel finale poi si è ripreso tutta la carica adrenalinica che Bizet regala a questo potentissimo personaggio. Stupenda davvero la Micaela di Sonya Yoncheva e abbastanza “physique du rôle” Escamillo dell’ungherese Gabor Bretz.
Resta comunque per me difficile valutare serenamente questa messa in scena , troppi fantasmi mi aleggiavano nella testa e penso che otto anni pesino molto anche per uno spettacolo felice, il rischio è grande e un po’ mi consola il fatto che neppure Jonas avrebbe avuto più il codino iniziale con i ricci trattenuti da tante forcine . Il tempo passa per tutti , ma Carmen resta li , perfetta nella sua scansione temporale, nella sua tragica e già annunziata nell’ouverture , spirale di morte.Il pubblico caloroso e appagato lo conferma , non a caso credo che la Carmen sia l’opera più rappresentata al mondo.