Del tempo e della fede

 

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Due volte all’anno entro in polemica con le regole che condizionano la nostra vita.

Il giorno in cui entra l’ora legale e il giorno in cui torniamo all’ora solare.

Un’ora di luce di più la sera , un’ora di più la luce la mattina : è la stessa sensazione di quando a letto si ha una coperta troppo corta , la tiri in su e hai freddo ai piedi , la tiri giù e si scoprono le spalle.

Conosco tutti i ragionamenti “economici” che portarono i paesi occidentali a fare questa bella innovazione e so anche che adesso ci sono intere correnti di pensiero che rivedono questo meccanismo considerandolo inutile .

Io l’ho sempre sopportato con molto disagio : ci sono i ritmi biologici come la fame e il sonno che ci mettono un po’ a riaggiornare l’orologio , specialmente per quanto riguarda bambini piccoli e infatti in anni lontani con i figli in casa questo tira e molla del tempo mi irritava anche di più.

Passavo le estati a dire …sarebbero le …quando l’orologio segnava un’ora diversa….

Mi rendo conto che il tempo è un concetto metafisico , esiste la nostra realtà biologica ed esistono gli orologi per scandirla.

Detto poi in confidenza ogni volta che devo cambiare l’ora mi stupisco regolarmente di quanti orologi tengo ancora in casa mia!

Per non parlare di quelli elettronici per i quali ho dovuto farci sopra degli studi di settore e di quello della macchina che resta nel suo tempo ipotetico anche per mesi.

Ora per fortuna abbiamo il progressso e la mattina il mio telefono , il mio Pc, il tablet sono già aggiornati dalla magica rete che circonda tutto il nostro mondo .

In questo caso , anche se regolarmente ero portata a sbagliarmi nei ragionamenti ( vado avanti o indietro?) non mi sbaglio più.

E non vivo più il dilemma amletico che portò un figlio ingegnere a sbagliare clamorosamente e a ritrovarsi all’alba per la strada avendo messo indietro quando doveva mettere avanti gli orologi con il risultato di trovarsi con la differenza di due ore sul reale in un viale deserto la mattina di una domenica d’autunno.

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I miei affezionati lettori amici si stupiranno del fatto che oggi mi metta a scrivere del tempo quando dovrei ancora parlare della terra che mi balla sotto i piedi , dell’angoscia che prende alla bocca dello stomaco nel momento in cui tutto intorno si mette a tremare .

Ieri mattina avevo anche fatto la cosa cretina di filmare i lampadari ,la scossa è stata talmente lunga che ho fatto in tempo a girare per le stanze e a fare un video lunghissimo , poi ho pensato che i lampadari non fossero la cosa più drammatica da filmare e l’ho cancellato.

La tv  trasmetteva le immagini in diretta delle persone che arrivavando di corsa sulla piazza di Norcia davanti alla cattedrale di San Benedetto rasa al suolo si inginocchiavano a pregare .

Sembra che solo davanti alla violenza della natura l’uomo di oggi riesca a ritrovare il senso del divino , quel frate straniero che invitava alla preghiera , quelle monachelle spaventate erano la testimonianza di un mondo sommerso che solo la violenza della terra che si spacca sotto i nostri piedi riportava alla luce.

Mi ha fatto tenerezza quando ha detto San Benedetto non c’è più .. e poi ha aggiunto” la chiesa” perché San Benedetto invece è sempre con noi.

Deliziosa testimonianza di fede che viene dagli antichi borghi di questa terra antica.

 

 

 

delle Marche

 

 

 

 

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Quando arrivai nelle Marche ero una giovane orgogliosa della sua origine toscana e non capivo molto la bellezza tranquilla di questi paesaggi .

Poi piano piano sono entrata nella quieta bellezza azzurrina dei fondi delle tele marchigiane che a cominciare dal Quattrocento hanno narrato questa terra dura di rocce con i paesaggi sommessi e sempre un po’ metafisici raccontati dai pittori della scuola di Camerino.

Una vita la mia , anche politica , a girare le Marche e a scoprirne la bellezza nascosta, a conoscerne la natura delle genti : dalla costa fino alla montagna a riconoscerne il linguaggio dolce e le  espressioni ironiche e distaccate.

Gente che non “ se la tirava” direbbero i ragazzini di oggi .

Piano piano la mia toscanità si è stemperata in questa regione e adesso posso serenamente dire di essere tanto innamorata delle Marche e delle genti che la abitano con le dovute distinzioni tra la costa troppo urbanizzata ,la bellezza della fascia collinare e l’affascinante povertà della sua montagna spopolata.

Questi giorni in cui abbiamo ballato parecchio anche ad Ancona , ma da noi non facciamo mai notizia , ho rivisto in televisione i tesori perduti delle pievi diroccate e la gente composta avvolta nelle vestaglie con le ciabatte ai piedi rispondere con ironia alle domande cretine dei troppi giornalisti in cerca di scoop che tanto qui non troveranno mai risposte drammatiche.

Il marchigiano non ama l’iperbole , qui si è molto più ricchi di understatement dei londinesi della City.

Mi ritrovo piena di ricordi :a Ussita ci andavo a sciare ( i giornalisti ne sbagliano anche l’accento sul nome ) ad Amandola c’era un bel Festival teatrale , a Camerino una stupenda mostra con il grande critico Pietro Zampetti..

Una bella ragazza che ci faceva da guida mi raccontò di una signora milanese che guardando la Madonna della Candela del Crivelli disse : è più bella quella di Brera ! Ma guarda caso era proprio quella lì in mostra , la ragazza sorridente non volle offendere la signora dicendoglielo, una classica reazione tipicamente marchigiana.

I terremoti qui ci stanno di casa , alcuni non fanno molta notizia . Per esempio nel 73 ad Ancona ne abbiamo avuto uno bello tosto con uno sciame sismico che ci ha accompagnati da gennaio a settembre .

Nel 97 uno molto grande che ha colpito un po’ più a nord dei luoghi feriti di questi giorni .

Sempre senza clamore , in questa terra di confine dello stato pontificio , le cose sono sempre state fatte con modestia e tranquilità , anche le ricostruzioni dopo i terremoti.

Sono sicura che anche questa volta , piangendo i tesori perduti , dei quali l’Italia si accorge solo nel momento che non ci sono più ,la gente marchigiana rialzerà la testa sperando che questa faglia che ci spinge verso la Croazia ci lasci respirare quel tanto che serve per tirare il fiato tra una scossa e l’altra.

Dove il tempo si è fermato

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Tantisssimi anni fa , una vita fa , per andare da Ancona a Venezia si faceva una strada dal bellissimo nome di Romea , che di divertente aveva solo un momento quando ad angolo retto ad un tratto ci si trovava davanti l’Abbazia di Pomposa.

Allora il gioco in macchina era sempre lo stesso : un frate benedettino Guido d’Arezzo diede il nome alle note nell’abbazia di Pomposa presso Ferrara….

eravamo pronti per Mike Bongiorno.

Poi di nuovo curve su curve , trenta chilometri da Ferrara verso il Po.

Già , poi si arrivava a Po di Goro, forse il posto più triste del delta –

C^era anche un ponte di barche per attraversare il grande , lento fiume , ricordi lontani di un mondo scomparso.

Poi il viaggio riprendeva lil suo ritmo , mi piacevano i camini delle case che si allungavano , si sentiva nell’aria la promessa di Venezia.

 

Ieri ho risentito quel nome Goro , Gorino perché Il paese tristissimo è salito alle cronache per una assurda storia di egoismi tanto piccoli da fare grande notizia .i media non aspettano altro.

 

Io invece di pensare cosa ci fosse dietro le facce banali degli abitanti sulle barricate ho pensato allo sgomento di quelle dieci mamme con i loro otto bambini.

Di sicuro , qualinque fosse la loro provenienza , venivano da paesi solari , sicuramente poverissimi , probabilmente in guerra , ma che avevano fatto di male per essere sbattute nel tristissimo delta del Po?

Quei pescatori dalle facce indurite dalla fatica , quelle donne strette nei loro piumini da discount raccontavano di un paese con un solo bar ritrovo , l’unico svago nelle nebbie del loro semipaese.

La tv degli slogan egoisti e la paura , quella sì sincera del diverso ,li ha fatti salire su ridicole barricate .

Mi domando , ma non c’era un parroco in quel paese ? Mi domando anche se quel Prefetto di Ferrara avesse la minima idea di dove mandava quelle poche povere rifugiate con i loro figli.

 

Io sono contenta che le abbiano mandate via , credo che qualsiasi altra destinazione sarà per loro meno triste e nebbiosa di quella in cui le avevano spedite.

 

O namenlose Freude

 

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Grazie all’ennesimo programma di sala del Fidelio , comprato solo perché la collezione sia per quanto possibile completa , scopro una cosa nuova : l’inserimento della Leonora 3 dopo il riconoscimento degli sposi e l ‘arrivo del Ministro era la soluzione preferita di Gustav Mahler , come al solito una conferma che i miei gusti sono sempre allineati con i miei amori.

Ero partita con la convinzione che sarebbe stato un gran Fidelio , non immaginavo che sarebbe stato senza ombra di dubbio il migliore ascolto nella mia lunga frequentazione di questa strana opera che fu la mia preferita da quando la sentii la prima volta tantissimi anni fa.

Mi domando adesso che ne conosco ogni aria, ogni passaggio , ogni coro quanto ne avessi capito al primo ascolto .

Certamente , data anche la mia conoscenza musicale modesta , non devo averne apprezzato tutto quello che riesco a coglierne adesso che fa parte in maniera totale del mio bagaglio culturale. .

Nonostante tutto questo la lettura che ne ha dato sir Tony Pappano è stata talmente eccezionale da regalarmi ancora nuove scoperte , nuovi arricchimenti.

La capacità di leggere nel pensiero beethoveniano ogni passaggio , di cogliere nello scorrere in ogni momento musicale il pensiero sottinteso , la purezza mozartiana del primo atto ,i richiami evidenti letti con finezza ne hanno esaltato l’esecuzione.

Mi è sembrato che il lungo cammino che ha portato Beethoven alla conclusione del suo messaggio etico e morale sia stato raccontato da Pappano in questa straordinaria esecuzione con la semplicità di lettura che solo i grandi riescono a trasmettere.

La bella orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia conferma il grande livello raggiunto da questa compagine , ormai da considerarsi nel novero delle grandi orchestre d’ Europa e non solo.

Di grande livello la compagnia di canto a cominciare dalla giovanissima Leonore di Rachel Willis-Serensen orgogliosa dietro le quinte di mostrarmi la foto di due gemellini piccolissimi sul suo telefono , due su tre , ha detto con orgoglio.

Direi perfetta la compagine maschile su cui primeggia il Rocco di Gunter Groissböck , seguito dalla sicurezza vocale e scenica di Sebastian Holecek , Pizzarro.

Semmai per me , ma è anche una questione personalissima perché il registro di heltentenöre , riferito a Florestan , non è per me il più gradito , Simon O’Neil nella grande aria di apertura del secondo atto , il vero punto di forza del tenore , non si è neanche preso un applauso a scena aperta  e sì che il pubblico non ne è stato avaro , anzi ha fastidiosamente applaudito anche a sproposito diverse volte , forse a dimostrazione della poca dimestichezza con questo capolavoro.

Deliziosa la Marzelline di Amanda Forsyte , anche con un vestito molto elegante ( rarità nelle forme semi- sceniche ) corretti il Jaquino di Maximilian Schmit e il Don Fernando di Julian Kim , una volta tanto un coreano alto.

Perfetto e prezioso l’apporto del coro , amorevolmente preparato da Ciro Visco che ci domandava compiaciuto se ne eravamo contente . La grande forza di Santa Cecilia è che tutti sono molto orgogliosi dei risultati che riescono ad ottenere , si che ogni orchestrale nel salutare la mia amica si fermava a domandare se ne eravamo rimaste soddisfatte!

Una parola sulla necessità dei dialoghi , arbitrariamente tolti in un famoso allestimento salisburghese. Fanno parte dell’opera , sono prezioso collegamento tra le arie , dimostrano anche la diversa capacità interpretativa degli interpreti .

Del Fidelio non si deve toccare una virgola , è perfetto nella sua gestazione difficile , nei suoi squilibri , nel miracolo del suo messaggio tra i piu alti nel raggiungimento della compiutezza del pensiero illuminista.

Anche tutte le letture “politiche” del capolavoro rischiano di sminuirne il suo valore in assoluto . L’idea del nobile perseguitato dal rivoluzionario folle non aiuta nelle molteplici interpretazioni che nei due secoli se ne sono volute dare .

Se Thomas Mann si chiedeva come fosse stato possibile il successo del Fidelio durante il regime nazista forse la chiave più giusta è quella che lo stesso Beethoven ricercava e lo dichiara nel titolo : Fidelio , ovvero l’amore coniugale . Tra tutte le letture interpretative non ne ho trovata nessuna che esaltasse così chiaramente il ruolo fondamentale della donna .

Gli uomini tutti , buoni o cattivi , sono comprimari . Il protagonista Fidelio , una donna anche fragile ,se è vero che la grande Malibran ne sottolineava le sfumature di debolezza che a mio avviso ne fanno anche di più un grande eroico personaggio.

…mi par d’udire ancor….

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foto di Adriana

 

Confortata da tanta inattesa solidarietà in rete e coraggiosamente pronta ad affrontare gli attacchi che ho già avuto col mio primo pezzo sull’argomento torno a parlare del nuovo prodotto Sony .

Con costanza ho deciso di riascoltare Dolce Vita perché ho talmente amata la voce di Jonas Kaufmann che mi pareva quasi impossibile essere arrivata ad un giudizio tanto negativo da rifiutare una prova d’appello .

Ho pensato di essere stata influenzata dalla brutta esperienza napoletana , dalla confusione che l’ha caratterizzata e forse anche dal guasto che la fatica della giornata poteva avere provocato sulla voce del tenore .

Peraltro in una sua intervista ad una tv tedesca in occasione degli Echoclassic anche lui , con il dovuto garbo che lo contraddistingue e il suo sincero amore per l’Italia ha raccontato della confusione in palcoscenico , dell’incertezza dei tecnici , dell’ improvvisazione imperante.

Ho provato a riascoltare il Cd varie volte : pessima registrazione anche dal punto di vista tecnico , a fatica si riconosce la voce appiattita da un suono banale , quasi da renderla infinitamente più anonima .

Il risultato , forse incoscio , è che per un paio di volte mi sono assopita a metà, oppure ho saltato gli ascolti delle canzoni più brutte tanto che sono dovuta tornare indietro.

Poi stanotte , l’insonnia gioca brutti scherzi ,mi sono detta che sarebbe stata la volta buona per un ascolto pacato , magari anche rilassante.

Niente da fare , l’irritazione ha preso di nuovo il sopravvento e mi sono trovata a odiare le orchestrazioni esageratamente rumorose , gli effettacci da banda di paese , le incomprensibili ,per me, scelte dei testi della compilation.

Non capirò molto di mercati discografici ,ma tutto quello che avevo apprezzato nella ricerca musicale e storica del “Du bist die welt für mich “qui non esiste proprio.

Insalata temporale , altalena tra passato e presente , tra alta musica di tradizione e bassa scelta contemporanea.

Ho pensato che trattandosi di una cover avrebbero potuto trovare tanto di meglio nella produzione italiana , diciamo grosso modo , degli ultimi quaranta anni.

Faccio provocatoriamente dei nomi : Tenco , De Andre’ , Battiato …l

 

Mi sono dovuta purificare e ho preso il Cd dei Leader di Strauss. La voce tanto amata c’era tutta , riconoscevo il mio Kaufmann , il miracolo delle sue mezzevoci, l’eleganza della sua emissione.

Ho riascoltato Verdi e Puccini , tanto il sonno non c’era più. Il,risultato è sempre lo stesso : ammirazione e incanto .

 

Mi fa comunque piacere che il disco , fatto per il mercato di lingua tedesca , entri in classifica , magari che ci resti e che salga in graduatoria . Per me resterà sempre una brutta caduta di stile, incomprensibile e volgare .

Se voleva essere un omaggio all’Italia il risultato non lo ha certamente raggiunto.

 

 

 

Certi ragazzi

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Ogni tanto mi viene voglia di fare una divagazione sociologica , forse perché comincio ad essere veramente tanto colpita da quello che succede oggi intorno a me.

Mi capita spesso di fare le medesima strada nel vecchio centro di Ancona , una piccola media città di provincia dell’Italia centrale.

Quando attraverso la zona pedonale nell’ora di punta dello “struscio” che sarebbe il passaggio serale mi trovo in mezzo a tanti ragazzi , tutti vestiti nello stesso modo , omologati verso il basso , decisamente brutti nei loro jeans sdruciti , quelli delle ragazze poi sono anche vistosamente rotti sulle ginocchia .

Hanno tutti i capelli tagliati allo stesso modo , portano tutti il berretto girato all’indietro , le ragazze hanno tutte i capelli lunghi e se sono appuntati lo sono nello stesso modo a cipolla in mezzo alla testa .

Il risultato è quello di avere una sorta di replicanti di massa che si muovono in branchi e quando mi incrociano mi trapassano senza guardarmi , mi devo sempre scansare io perché letteralmente non mi vedono .

Maleducati e per lo più anche urlanti sono una sorta di allucinante visione apocalittica di una mutazione antropologica generale perché gli stessi “replicanti” li incontro a Berlino , a Parigi , a Roma , a Monaco , a Londra .

E’ una terribile omologazione verso il basso di intere generazioni europee a cui sembra non interessare niente , salvo una strana alienazione di gruppo.Le stesse folle le vedo nei telegiornali anche nell’Est europeo, le stesse faccie , la stessa indifferenza verso il reale politico nel quale ci muoviamo.

Sono la generazione urlante solo nella protesta , basta dire NO , il resto non conta.

Hanno una terribile sfiducia della politica , non è roba che li riguardi , la rabbia strisciante non è finalizzata a riscatto , solo al no qualunquista generalizzato.

Non sono solo bianchi , già nella nostra piccola citttà ci sono ragazzi che vengono da tanto lontano e che parlano italiano con lo stesso accento dialettale dei loro compagni di scuola.

Penso con terrore a cosa debbano affrontare i docenti con questi ragazzi attaccati ai loro smartphone come all’unico contatto col mondo.

Certo ci sono le élites , quelli che studiano , quello che non vedi allo struscio , quelli che saranno i padroni del domani.

Le masse non lo sanno e il solco si allarga sempre di più . Mi sembra , nella mia estrema età , di assistere ad uno strano ritorno verso un tempo di basso medioevo, come se fossero passati invano secoli di Rinascimento e di Illuminismo .

Sono il frutto estremo di una rivoluzione marxista fallita e di un capitalismo crudele che li emargina senza che loro se ne accorgano.

Tosca forever

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foto di Giorgio Pergolini fotografo

 

L’unicità drammatica del capolavoro pucciniano si può analizzare in tanti modi e più ci studo sopra più mi accorgo che ci sia ancora altro da dire.

Intanto l’ambientazione : Tosca si svolge a Roma in un giorno preciso ed è il 14 giugno 1800. Il giorno della vittoria di Napoleone a Marengo.

L’azione temporalmente circoscritta nell’arco di poco più di ventiquattr’ore si svolge in tre luoghi ben identificabile e reali .

il primo atto in Sant’Andrea della Valle , il secondo a Palazzo Farnese e il terzo a Castel Sant’Angelo .

Detto questo si potrebbe pensare addirittura ad un’opera verista , ma niente è più lontano dal verismo di questa opera ineguagliabile.

Infatti Tosca è molto di più. Intanto è una ben dichiarata presa di posizione anticlericale :dobbiamo ricordare che il barone Scarpia era il capo della polizia dello Stato pontificio e non è che la polizia ci faccia una bella figura .

Di fronte alla fede ingenua della cantante , portai fiori agli altari…alla fine ci sarà la magica romanza ..e lucean le stelle , un disperato addio alla vita dal forte sapore erotico , non c’è fede in Cavaradossi . solo un rimpianto molto terreno e sensuale.

Tosca è una cantante , una donna forse neppure tanto più giovane che ama un uomo molto carnalmente tanto da farle considerare il suo canto in base alla lunghezza( è spettacolo breve) poi ..poi c’è la speranza di una serata nella casa al mare .

Cavaradossi invece , spavaldo e tutto sommato un po’ ( molto ) ingenuo si va a infilare nel suo tragico destino perché in fondo per lui l’amore conta sì , ma conta anche dare l’aiuto politico al perseguitato ex console della spenta repubblica romana..

Il terzo protagonista , il barone Scarpia , eterno “vilain” , dipinto con il suo tema d’ingresso tragico ha scritto nella lussuriosa bramosia  la violenza della sua tragica fine

Un feulleitton perfetto , nei ritmi e nella successione degli eventi..

Se poi ci aggiungiamo il grande talento di Puccini nell’accompagnare i tre personaggi ciascuno preceduto dal proprio tema si arriva ad una perfezione addirittura cinematografica.

Puccini ha sicuramente inventato il cinema prima del cinema , non l’ho detto solo io.

Nella breve vita del Teatro delle Muse di Ancona questa è già la seconda volta che viene messa in scena Tosca e devo dire di gran lunga migliore della prima.

Non è una Tosca tradizionale , c’è un’idea registica confermata dal largo uso di video e spostata in un indefinito contemporaneo.

Il regista Pete Brooks , che ad Ancona aveva portato una sua originale produzione di prosa The train si è cimentato con l’opera e non è un’impresa facile con un materiale così provocatoriamente difficile come Tosca.

Il risultato forse non è omogeneo , infatti prevale teatralmente la riuscita del terzo atto , di gran lunga il più drammaticamente riuscito della messincena.

Qualche piccola sbavatura , i tempi ahimè sempre più risicati delle prove , anche per un’opera di repertorio ,non levano niente al risultato drammaturgico dell’insieme.

Ottima la Tosca di Cellia Costella , dalla bellissima figura e resa scenica che ne hanno evidenziato tutta la drammmatica attualità del personaggio .

Antonello Palombi , a cui sicuro non manca la potenza vocale era purtroppo un po’ penalizzato dai postumi di una faringite e specialmente nel primo atto , dura e senza rete l’aria d’entrata “recondita armonia”, lo avevano leggermente reso meno centrato nella vocalità peraltro ampliamente riscattata nel secondo e soprattutto nel terzo atto dove si è rivelato ineccepibile.

Di sicura validità scenica lo Scarpia di Alberto Gazale , sicuro nel fraseggio e dalla bellissima chiara dizione.

Piacevole il Sacrestano di Davide Bartolucci che giocava in casa e all’altezza del risultato complessivo anche tutti gli altri.

Precisa direzione di Guilliaume Tournaire che ha diretto con sicurezza l’Orchestra Sinfonica Rossini, sempre valido il Coro lirico marchigiano preparato dal maestro Morganti e una piacevole sorpresa il coro di voci bianche diretto da Angela De Pace ,nel quale spiccava la giovanissima voce del Pastorello , pulita e intonatissima.

 

 

 

 

UN INCUBO

 

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Stanotte ho fatto uno strano sogno , anzi per meglio dire è stato un incubo.

Mi trovavo in un ‘aula di tribunale , di quelle tipo telefilm holliwoodiani ed ero seduta al tavolo dell’accusa ,praticamente ero quello che in Italia si chiama rappresentante della parte civile .

Accanto a me la persona offesa , abbastanza male in arnese ed era Jonas Kaufmann!

Dall’altra parte , dalla parte degli imputati un gran collegio di difesa : americani e giapponesi per lo più.

Gli imputati erano Dolce e Gabbana , un press-agent ed altri volti meno noti . Mi avevano però informata che erano gli autori delle orchestrazioni , i rIcercatori della compilation , gli agenti della promozione .

Il corpo del reato giaceva in mezzo, contornato da orribili video e si chiamava Dolce Vita.

Il pubblico era formato quasi esclusivamente da donne , perlopiù scalmanate e , particolare agghiacciante , tutte con le teste girate all’indietro , come in un girone dantesco.

Il mio cliente , stordito e confuso , parlava molto sottovoce e le sue parole uscivano a fatica dalla sua bocca .

Mi annotavo il particolare che mi sarebbe servito in seguito per far capire alla corte quanto la vicenda lo avesse ridotto in stato confusionale, lui che in tempi passati ci voleva un soldo per farlo discorrere e un capitale per fermarne la naturale e felice logorrea.

Anche il suo abbigliamento era strano , aveva una vecchia giacca di Armani e nonostante il pericoloso ingrassamento ancora riusciva a metterla e a sembrare dignitosamente elegante.

Dopo tante ore di prove a discarico , documentazioni pubblicitarie , articoli a pagamento ,testimonianze false di alienate mentali toccava a me , parte civile a parlare per ultima.

Nel silenzio , con la giuria annoiata che già aveva scritto in faccia il verdetto assolutorio mi alzavo per formulare l’ultimo atto di accusa .

Signor presidente , signori della corte : a tutti capita di sbagliare una volta nella vita , a tutti capita di dire “non tutte le ciambelle riescono col buco” , ma questo atto proditorio , questa colpevole congiura ai danni di un ingenuo tenore il cui unico torto è quello di avere un grande amore per l’Italia non doveva portare ad un così delittuoso risultato tanto plateale da far sprofondare nel ridicolo il mio povero cliente.

Se ho accettato questo  incarico è perché un giorno lontano , vicino ai camerini del Festpielhaus di Salisburgo avevo detto a Jonas perché non fai un Cd di canzoni italiane ?
In fondo stai cantando Leoncavallo e lui ha scritto una bella romanza intitolata Mattinata .

Fu un momento magico perché Jonas mi cantò sottovoce : “l’aurora di bianco vestita” …e mi commossi perché la conosceva e la cantava nel modo dovuto.

Era infatti giustamente una romanza , qualcosa che è molto più vicina alla grande tradizione liederistica tedesca di quanto si possa pensare .

Le romanze italiane sono bellissime e per fortuna sbircando fra i titoli dell’infausto cd dal nome cretino di Dolce vita avevo visto qua e là dei titoli che mi lasciavano sperare in un mix salvabile , poi ho sentito le criminali orchestrazioni, il resto è nelle orecchie di tutti.

 

Se si aggiungono poi i video stereotipi di un’Italia anni cinquanta , un’Italia che non esiste più col bellimbusto in spider rossa che sfreccia su strada solitaria in riviera , braccino di fuori alla latin lover che gira col fiasco di vino per incantare le turiste tedesche ….

Oggi sono gli immigrati dell’est che taccheggiano le turiste ,il ragazzo italiano non ha più la spider ,sa le lingue ed è all’estero a cercare di lavorare per mettere a frutto la sua laurea.

La colonna sonora del Padrino , bellissima e magica non è una canzone , infatti le poche parole della versione cantabile si ripetono inutilmente varie volte : oggi la mafia da cartolina del Padrino è sostituita dalla violenza di Gomorra , una criminalità molto più dura e internazionale.

Io parlavo , parlavo ma nessuno mi ascoltava : neppure il mio cliente convinto che ormai la macchina infernale del consenso la avrebbe avuta vinta sulla qualità della sua avventura sbagliata .

Poi mi sono svegliata , spero che si sia trattato davvero di un brutto sogno e che il cd venda tanto da ripagare il mio povero cliente da tutte le critiche che la stampa specializzata gli vomiterà addosso .

Ha tanto tempo per recuperare…spero che presto esca il Cd con la registrazione del Das Lied von der Erde che è stata fatta a Vienna!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rivedere FidelioI

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Ieri avevo una scelta da fare : rivedere , o meglio risentire in streaming sul computer i Meistersinger da Monaco oppure più comodamente seduta davanti alla tv di ben 42 pollici rivedere il tanto da me aborrito Fidelio di Salisburgo sul canale 3sat dato il lusso sfrenato che mi sono concessa con l’allargamento al satellite Astra.

Scelta difficile : da un lato la sublime musica di Wagner magnificamente diretta da Kiril Petrenko , ma ahimè orbata dell’assenza di ben tre dei protagonisti con cui l’avevo vista direttamente a Monaco ( soprattutto mancava lui , il grande assente di queste settimane ) dall’altro rivedere un’opera che adoro con il Florestan di Kaufmann , ma in una messa in scena che dire soltanto che mi aveva irritato è regalargli ancora qualcosa.

Ho optato per Beethoven , anche per una questione di orari e devo dire che la scelta mi ha riservato una gradevolissima sorpresa .

La regia televisiva ,molto sapiente e probabilmente mixata da diverse riprese mi ha regalato una visione molto più che passabile del capolavoro beethoveniano.

Dato che la visione non aveva nei titoli la firma del regista autore delle riprese televisive sono portata a ritenere che si trattasse di Brian Large e che quella che vedevo era il risultato di un mixaggio di riprese che indubbiamente miglioravano nel ritmo dei tagli visivi il contesto discutibile della scelta di un Fidelio senza i dialoghi .

In effetti si tratta del solito discorso di un singspiel senza spiel.

Certamente è la versione in vendita del DVD che anche se non ha avuto grande successo , tanto è vero che è già in svendita su Amazon , merita comunque di essere presa in considerazione .

Un raro caso in cui la ripresa televisiva regala una qualità migliore all’allestimento .Che fosse un mix me lo confermavano per esempio molte riprese dall’alto che non erano nella diretta e che alleggerivano i momenti vuoti dei “ rumori fuori scena”.

Inoltre ad una fanatica come me , che di Kaufmann guarda anche il sudore abbondante ,in questa ripresa una volta aveva la giacca bagnata vistosamente e in altro momento era bello asciutto e stirato.Solo con una pignola e attenta attenzione ai particolari questo poteva risultare evidente.

Quindi , dato che lo vendono ad un prezzo scontato, ho deciso che il Fidelio di Salisburgo , di cui ho detto tutto il male possibile , finirò per comprarlo , anche perché non sia mai che mi manchi nella collezione un allestimento del mio amatissimo tenore.

 

 

la foto di Petra

 

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Qualche giorno fa ho pubblicato sulla mia bacheca una foto tratta dal Corriere della Sera in cui mi dicevo emozionata , ma non spiegavo perché.

Ho pensato che fosse giusto raccontarlo sul mio blog , anche perché è una vicenda molto carina e che riguarda il tanto teatro classico che ho fatto in un numero ragguardevole di anni dentro il Centro Teatrale Rinaldini che ancora vive ,malgrado le sgradevoli traversie scolastiche che ci hanno defenestrato dalla scuola.

 

Ecco quindi che oggi voglio raccontare una storia di teatro , una specie di novella che è cominciata tanti anni fa, quando al tempo in cui mettevo in scena l’Ippolito pensai di affidare ad una ragazzina in gamba l’ingrato ruolo del Messaggero che racconta la tragica fine del figlio di Teseo, travolto dai suoi stessi cavalli.

In realtà dovrebbe essere un ruolo maschile ma nel teatro della scuola spesso si danno le parti ..a chi le sa fare e Petra , ne ero sicura , lo avrebbe fatto bene.

Figlia d’arte aveva ed ha nel sangue la scena e alla prova successiva Petra la parte lunga e difficile l’aveva già fatta sua.

Era capace , anche in prova , di rotolarsi recitando e quando ebbe addosso anche il cappottone marrone di scena se lo metteva tra le gambe senza farlo vedere e si rotolava , perfetta e senza perdere la battuta.

Questa ragazzina aveva e ha un bella erre rotonda , dizione perfetta , padronanza assoluta del gesto.

Con me è stata vari personaggi : voglio ricordare il Matto nel De Reditu e soprattutto una deliziosa Alcesti , anzi direi che quella volta la scelta del testo la feci proprio su di lei.

Poi Petra, tra insuccessi e fatiche è finalmente approdata dove doveva andare , in una grande scuola di teatro , nazionalmente riconosciuta.

Col mio lavoro presso il Liceo classico ho collezionato una serie più o meno felice di attori , di aspiranti tali , molti ragazzi hanno poi fatto scelte professionali meno fantasiose , so però di avere sulla coscienza tutta una serie di spettatori consapevoli e questo forse è tutto sommato il risultato più importante.

Ma vedere Petra Valentini sul Corriere della Sera accanto a Tony Servillo mi ha commosso, lei forse non ha avuto bisogno di me , però gli anni del Centro Teatrale Rinaldini sono sicura che in qualche modo le sono serviti e questo mi rende molto orgogliosa.

 

colore d’autunno

 

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Quando arriva l’autunno con le belle giornate di sole le ortensie riprendono colore ,diventano bellissime e dorate ,come dipinte di rame.

Le giornate sono ancora tiepide e sul mare scivolano le vele placide nel mare calmissimo.

Ma il bell’autunno mi ha anche portato via l’ultimo gatto di casa :il nero Black Magic , bastardone nato da una certosina giovanissima un po’ troppo emancipata .

Del certosino aveva la stazza e soprattutto i bellissimi occhi di ambra , sembrava davvero un gatto stregato.

Nacquero poi i fratelli blasonati con tutto il predigree a posto e lui se ne stava comunque dignitosamente insieme a loro , forte della sua bellezza e della sua diversità.

Della cucciolata titolata ne avevo tenuti due :Duca e Doge che suscitavano l’ammirazione di tutto il vicinato quando se ne stavano come sfingi eleganti sulle colonnine ai lati del cancelletto di casa.

Black no , non si concedeva ( nel frattempo il Magic ce lo eravamo perso per strada) lui era semplicemente Black e la sua vita se la viveva in elegante solitudine .

Solo dopo la morte per malattia di Doge si era avvicinato al fratello Duca , sempre però con la dovuta giusta distanza.

Lo scorso anno mi aveva lasciato anche Duca , i gatti di razza sono spesso meno forti dei gatti meno paludati.

La sua morte abbastanza strana tanto da assomigliare ad un suicidio era stata anche argomento di un mio pezzo sul blog.

Adesso che era rimasto solo Black si era concesso una maggiore confidenza , sempre con nobile distacco , con un gatto del vicinato ,nero come lui ,che ogni tanto lo veniva a trovare soprattutto per rubargli i croccantini , cosa che lui lasciava fare con grande signorilità e indifferenza.

Da qualche tempo però dimagriva , la sua età cominciava ad essere notevole ed io che sono contraria ad ogni tipo di accanimento terapeutico anche con gli umani non ho fatto niente per contrastare il suo naturale declino.

Contrariamente al solito ha avuto una prima fase in cui cercava di venire a dormire vicino a me , poi a cercare sempre più spesso angoli più nascosti fra le siepi del giardino .

Così una mattina l’ho trovato già freddo e non mi è rimasto che fare l’ennesimo funerale , la gatteria di Dona Adriana si è chiusa .

Per adesso non penso di prendermi un altro gatto , sono troppo girovaga ma non escludo che se un giorno un povero gattino nero bagnato bussasse alla mia porta non ce la farei a resistere senza aprire .

Per gli amici di Facebook un sospiro di sollievo , non vedranno foto di gatti sulla mia bacheca , anche se i miei erano veramente bellissimi.

Questa tutto sommato è una minaccia, ci potrei ripensare.

 

 

L’ipotesi peggiore

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Puntuale , ecco ritornare la crisi di canto di Jonas Kaufmann ed il mio blog che ha il suo nome per sottotitolo non può ignorarla.

Ricapitoliamo : al ritorno dalla caotica giornata napoletana , aldilà del trionfalismo di comodo ad uso propagandistico per l’uscita del prossimo CD , il tenore rinuncia in sequenza a cantare a Berlino , Budaperst e soprattutto dà forfait per le tre ultime repliche dei Meistersinger a Monaco , l’ultima delle quali prevedeva anche lo streaming in diretta dell’evento.

Si pensava ragionevolmente ad un suo ritorno a Parigi , sia per la Liederabend al TCE e soprattutto per i Contes di Hoffmann all’Opera Bastille programmato per l’inizio di novembre .

A questo punto contrariamente a quello che è sempre avvenuto in precedenza quando Kaufmann disdiceva i suoi impegni futuri in modo misterioso tanto da sembrare quasi una ben programmata serie con tanto di suspence: torna , non torna, tornerà? questa volta , e mi risulta sia la prima volta lui stesso si mette , si fa per dire , a tavolino e spiega con dovizia di particolari medici che si tratta della rottura di una vena alle corde vocali per cui il suo silenzio è necesssario per garantirgli un ritorno sulle scene in futuro.

Ovviamente questo fa sì che le palpitanti seguaci di tutto il mondo si affrettino a spedire auguri , benedizioni e raccomandazioni senza recriminare per i soldi perduti , i voli cancellati , gli alberghi annullati.

Si sprecano i commenti circa una sua presunta stanchezza , ma il suo calendario parla chiaro : dal 19 agosto al 12 settembre era stato in vacanza e quindi forse c’è ben altro in questo episodio

Mi domando quindi quanto la Sony con la sua schiacciante invadenza e quanto la Zemsky&Green possano spremere un grande tenore con serate nei castelli e ville e negli inutili Gala vetrina prima che la stanchezza vera non stronchi anche un generoso e disponibile grande cantante prima che avvenga l’irreparabile?

Se da una parte le vestali piangenti scrivono “take our time…una certa critica paludata e cattiva ne sancisce una sorta di De profundis canoro.

Il rischio vero è che a un certo punto il MET , L’Opera Bastille , il ROH comincino a stufarsi di mettere in cartellone quella specie di gallina dalle uova d’oro che è il tenore più amato al mondo e comIncino a pensare che puntare su di lui diventi troppo rischioso.

Ricordo una serata londinese con una platea semivuota quando aveva disertato una Carmen….

 

Io vorrei tanto che una volta tanto Kaufmann leggesse il mio blog , scritto con sincerità e mi permettto di dire anche con affetto :

comincia a proteggerti da solo , non tutti quelli che ti stanno intorno ti vogliono bene davvero .

Tu sei intelligente ,colto e disponibile : tutti sappiamo della tua generosità nel canto e nella gioia dell’incontro con le persone che ti vogliono riabbracciare    ma non è razionando i backstage che ti salvi da quella specie di macchina infernale che è diventato lo starsistem che ti ruota intorno.

C’è già un secondo comunicato nel quale dici che si sta cercando una nuova data per il concerto di Parigi, ovviamente con il margine di tempo necessario al riassorbimento di quell’ematoma alle corde vocali di cui sono sicura (perché c’ero ), ne sia in parte colpevole la brutta serata al San Carlo.

La tua voce era stanca dal troppo parlare , dalle troppe interviste , quando hai cominciato a cantare non era già più la voce che conosco.

Con mestiere hai finito l’esibizione , ma la tua bellissima voce era già tanto appannata.

Ho avuto la fortuna di sentirti quest’estate ben tre volte nei Meistersinger e soprattutto di avere assistito al meraviglioso Das Lied von der Erde al TCE.

In quell’occasione un critico ha scritto che la tua voce era addirittura sfacciatamente bella .

E’ quella voce che spero di risentire presto , con tutte le cautele e contro tutte le ipotesi peggiori.