Roma -Auditorium Parco della Musica – concerto diretto da Ivor Bolton in sostituzione di Myung Whun Chung infortunato . Dopo la sinfonia n.39 di Mozart il clou del programma : lo Stabat Mater di Rossini in occasione dei 150 anni dalla morte del compositore.
Dopo un paio di mesi di digiuno musicale mi sento appagata dalla musica dal vivo.
In ottima compagnia , incontro anche amici vecchi e nuovi e che la festa abbia inizio .
Questa preziosa composizione è interessante anche perché rompe il silenzio di Rossini , chiuso nella sua nevrosi che nasconde la grande crisi personale dopo l‘ultimo suo capolavoro , il Guglielmo Tell.
Nel pubblico silenzio però , su sollecitazione di un amico banchiere spagnolo e con la promessa che questa musica non sarebbe uscita dalla sfera privata compone questo Stabat con la promessa di farne un uso strettamente privato.
In effetti il grande pesarese questo silenzio se lo era imposto nel suo rifiuto di riconoscere l‘evoluzione musicale del Romanticismo .
in realtà sappiamo che alla fine ,per motivi particolari in realtà il compositore fu costretto a rimettere le mani alla sua composizione che non voleva fosse eseguita monca della sua creatività.
Lo Stabat Mater, opera forse fuori tempo , resta comunque ( insiema alla Petite Messe) , il regalo di un genio che forse si considerava superato , ma che con la sua grande arte ci regala ancora oggi una pagina mirabile .
Ripreso dalla sequenza dei versi di Jacopone da Todi la partitura si articola in nove parti che partendo da compianto della Vergine attraverso l‘invocazione del Figlio si arriva alla mirabile chiusa corale che chiude circolarmente la stupenda pagina.
Mentre ascolto mi viene di pensare una cosa particolare : le quattro voci soliste sono tutte italiane , caso raro e sono tutti e quattro giovani , il che mi da un motivo di speranza per il futuro della nostra musica.
Due addirittura li conosco da tempo , cioè da quando ad Ancona si faceva ancora della buona musica con giovani cantanti , come usa dire , di belle promesse.
La compagine è composta da Eleonora Buratto , Veronica Simeoni , Paolo Fanale e Roberto Tagliavini e si esibiscono coadiuvati dal grande coro mirabilmente preparato da Ciro Visco.
Devo dire che il reparto femminile è decisamente prevalente : Eleonora Buratto brilla di una voce aperta e sicura che sale agilmente , la sua maturazione è percepibile , una grande voce italiana ormai.
Veronica Someoni mi si rivela , aldilà dei suoi recenti successi , una voce interessante sul versante interpretativo , mi piacerebbe sentirla in un repertorio liederistico , per me potrebbe essere una sua strada interessante .
Paolo Fanale , alle prese con l‘aria più nota e impervia dell‘intera composizione parte sicuro e brillante , forse però tutti abbiamo nelle orecchie tante interpretazioni preziose , credo debba seguitare a studiare , la sua qualità vocale lo merita.
Chiude il basso Roberto Tagliavini , corretto e preciso ,non ha dalla sua una pagina che ne valorizzi appieno la vocalità e forse è il più penalizzato dagli scolastici inserimenti corali.
Chiude la grande corale a cappella che riprende l‘incipit e ci procura un vero brivido finale .
il Cigno di Pesaro è stato onorevolmente omaggiato anche dalla nostra più prestigiosa compagine orchestrale.
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