Or che tutto finì, dopo che tante foto ….spezzoni di emozioni e fiumi di elogi sono stati versati ,tu piangi. ( Don Carlo .atto V ).
Sono tornata a casa e ho davanti a me la locandina del concerto che un generoso amico mi ha regalato , ho il programma stropicciato e con il frettoloso logo di Jonas rilasciato tra la calca impazzita del dopo concerto , accompagnato però da un delizioso stupito Ciao!, io sono davanti al computer e vorrei descrivere la serata scaligera senza ripetere tutti gli elogi , le analisi e le emozioni che in tanti hanno già descritto a cominciare dalla migliore stampa paludata.
Non è stata una qualsiasi Liederabend e questo lo sapevo già prima di partire , avevo già letto dei concerti della lunga tournée , dei cinque bis di Parigi , dei sei di Vienna e soprattutto mi ero letta e riletta i testi dei Lieder in modo da potere meglio godere della visione del cantante senza dovere abbassare lo sguardo sul programma .
Mi piace quella sua postura quasi ieratica , la gestualità delle mani che diventano bellissime nel muoversi appena , quello sguardo che si perde mentre le parole prendono vita e qualche volta si perdono nel dolore di un racconto .
Bisogna amare i Lieder per conoscere l’anima tedesca , aveva scritto Thomas Mann , io ho imparato ad amarli grazie a Jonas Kaufmann , che come ha detto giustamente un caro amico , è un cantante d’opera che canta i Lieder.
Preziosi in questo senso i due brani di Listz: Es ver ein König in Thule e i Die drei Zugeuner, racconti che prendono vita e si animano di luce propria.
Poi tutti i brani di Mahler : li amo con la particolare predilizione che nasce dalla conoscenza . Ricordo di avere già sentito dalla voce di Jonas a Berlino alla Philahrmonie come bis , sotto la direzione di Baremboim ,Ich bin die Welt abbanden gekommen, „(Ormai non mi ha più il mondo“ nella splendida traduzione di Quirino Principe.)
Era il periodo in cui il cantante aveva appena ripreso a cantare dopo la lunga sosta forzata e quel canto doloroso lo aveva come sussurrato .
Alla Scala ha strappato l’appplauso fuori tempo , come a Vienna , tanto era emozionante la resa del canto disperato .
Poi la tragedia del martellante Um Mitternacht, un colpo al cuore ogni ripetizione.
Lievi e leggeri i brevi canti di Hugo Wolf , anche lui ormai da me ben conosciuto ( due volte in un anno ho sentito gli Italienisches Liederbuch ,ormai anche di questo autore raffinato comincio a conoscere l’arte di cui avevo solo letto molto in passato.
Poi la grande rivelazione finale : i Vier Letzen Lieder di Strauss . Ricordo il sorrisetto di sir Tony quando ne avevamo parlato , sembrava la bravata di un cantante onnivoro che vuole tentare di tutto e invece , come era già successo con i Wesendonck-Lieder di Wagner , quando Kaufmann si impossessa di una musica e la fa sua sembra non esista più un’altra versione possibile.
Se può sembrare in salita il suo Frühling, ma già a Milano era pù facile l’ascolto , a partire da September ci si domanda perché Strauss non li aveva pensati per un tenore .
Vero che l’autore aveva una predilizione per la voce femminile ,ma dopo un Bein Schlafengehen così intimo e soprattutto con il prezioso finale di Im Abendrot si capisce che è Strauss che parla con le parole del poeta e che il cantante ce le restituisce nella loro intensa verità.
Che dire di più oltre al fatto che sono stata seduta sulla punta della poltrona trattenendo il fiato , come in apnea e soprattutto pensando : ma quest’uomo non prende mai il respiro? La sua voce sgorga come un’orchestra accompagnata da quel suo prezioso mago-maestro , sua vera metà del miracolo musicale che l’allievo un pò matto , (che aveva accettato incuriosito tanti anni fa ) e poi diventato una parte di sé, Helmuth Deutch ci rende impreziosita.
Poi i bis , il regalo alla Scala ,all’Italia patria dell’anima : tanto emozionato da sbagliare un „avverrasse“ mai detto , poi sfavillante nel finale in diminuendo ricoperto di „bravoooo“ dal teatro , come fosse Menfi tutta!
Generoso e leggero , come solo lui sa essere , giocando col prezioso tablet , è davvero un ragazzo ,strappa il sorriso a tutti noi innamorati della sua gentilezza e sembrava finito lì, anche se con un certo scetticismo mi sono avviata in via Filodrammatici con un’ amica.
Pensavo fuggisse nascostro sotto un plaid dentro una BMW, in fondo deve ancora finire il giro con un ultimo concerto , c’erano già le cinquecento persone d’ordinanza ammassate lungo la stradina e nessuna ipotesi di cordone (alla bavarese) per regolare il flusso.
Così quando con un boato la sua testa è apparsa tra la folla si è solo sperato che non ne venisse travolto .Aveva voglia Pereira a dire : dobbiamo andare via! Lui serafico ha tirato fuori il pennarello e ha cominciato a firmare locandine e programmi sospinto dalla folla che lo abbracciava e devo dire a disdoro di chi pensa che la lirica sia morta che c’erano veramente tanti giovani , anzi erano addirittura in maggioranza.
Le tanto vituperate groupie agées, quelle dei pacchettini , erano davvero in minoranza e i fiori , fortunatamente non tanti, glieli hanno portati delle giovani avvenenti fanciulle nerochiomate.
La lirica non è morta , certo che di Kaufmann , come fu a suo tempo di Maria Callas ,non ne nascono ogni giorno sotto i funghi .
Certi miracoli avvengono a distanza di generazioni , mi è andata bene che ne ho potuto apprezzare l’arte di tutt’e due.