Fidelio a Monaco

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E‘ noto a tutti che il Fidelio è un‘opera strana , non completamente realizzata , nonostante ci abbiano messo le mani ben due librettisti e che lo stesso Beethoven ci sia tornato sopra più volte tanto che esistono ben tre versioni del preludio , di cui la Leonora 3 , la versione più nota viene eseguita regolarmente nei concerti come ouverture  a parte .

Ovviamente si potrebbero scrivere fiumi di inchiostro per spiegare che nonostante i suoi innegabili difetti , la sua disomogenea partitura sia comunque una delle opere più amate da molti e da me in particolare.

Sarà per quello splendido canto dei prigionieri che chiude il primo atto , sarà per il luminoso trionfante finale , sarà per le stupende arie di Leonore e soprattutto il Gottt….del tenore che apre il secondo atto , per tutto questo il Fidelio è un‘opera che ho cercato di vedere tante volte quante mi è stato possibile.

Per tutti questi motivi e soprattutto per il suo essere una specie di opera aperta è anche diventata un invito ai registi per farne una palestra delle proprie idee .

Non avevo mai visto dal vivo e per intero questo Fidelio di Calixto Bieito e devo dire che di tante originali messinscena questa per me è la migliore e la più felice .

Uno spettacolo per certi versi sconvolgente , angosciante , claustrofobico  e al tempo stesso di una fedeltà assoluta al messaggio beethoveniano.

Per assurdo , anche se molti/molte dissentiranno è addirittura più efficace nel primo atto , quello normalmente liquidato come prologo al trionfo del secondo , quando finalmente entra in scena il prigioniero Florestan.

Bene a fatto l‘Opera di Stato della Baviera a riprendere spettacolo , gli anni che sono passati dalla prima rappresentazione non hanno intaccato minimamente il messaggio : i tanti regimi politici liberticidi che ci sono nel mondo sono molto bene rappresentati da quei prigionieri senza nome che salgono come dannati dalla fossa dell‘orchestra e che seguitano a muoversi come insetti ciechi nelle intelaiature accecanti della scenografia volutamente e anche fastidiosamente rumorosa .

Certo che per mettere in scena uno spettacolo di questa levatura occorrono cantanti non solo bravissimi , ma anche coraggiosamente disposti a cantare salendo e scendendo sui praticabili , rotolandosi e arrampicandosi in un continuo crescendo che comunica agli spettatori la giusta ansia che i loro movimenti provocano .

Se poi si  aggiunge quello straordinario direttore che è Kiril Petrenko il risultato finale non potrebbe essere più che ottimo.

Anche il calare delle gabbie dei musicisti sui disillusi prigionieri ancora non liberati dalla loro prigionia interna che suonano un adagio dal quartetto per archi opera 132 a -moll  segna il ricordo delle tristi orchestrine dei Lager , il passaggio finale alla liberazione dopo l‘ultima ferita , tutto serve oggi che era anche un giorno particolare , la liberazione dei sopravvissuti di Auschwitz,  a creare un valore aggiunto alla rappresentazione.

Ho trovato decisamente splendida Anja Kampe , è in ruolo molto suo e credo anche in una serata particolarmente felice , il Florestan di Kaufmann non potrebbe essere più perfetto . Con un Gott ..che parte dal pianissimo fino a dispiegarsi nella sua grande potenza di voce è da solo motivo per il viaggio!

Gunter Groissböck , eccellente attore oltre che un basso di grande potenza è Rocco , Wolfgang Koch , un lubrico Pizzarro ,  nonostante il fisico che non lo aiuta più di tanto riesce comunque ad infilarsi coraggiosamente nelle anguste strutture di scena , fantastico il Ministro Jolly Joker  acrobatico di Tareq Nazmi , una rivelazione di voce e di presenza .

Ho lasciato per ultimi la coppia giovane : Marcelina e Jaquino , giovani davvero , lei con una voce limpida e pura svolazzava festosa anche dotata di tacchi alti:  Hanna -Elisabeth Müller,  lui Dean Power, un giovane di squadra nella ricca compagine bavarese lo avevo sentito tante altre volte , qui riesce a brillare di più del solito , il ruolo acrobatico gli si addice .

 

Una serata felice , laddove si dimostra ancora una volta che non esistono regie troppo moderne : esistono regie belle e brutte , fedeli e noiose , provocatorie e stupende .Questa per me appartiene alla seconda categoria.

Domenica 27 gennaio 2019 . Monaco di Baviera

 

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Alle nove esco dal mio amato albergo : non fa neanche tutto quel freddo che si temeva , nel caso comunque sono vestita come in montagna  . All black : dalla testa ( colbacco nero ) ai piedi ( doposci Tecnica) passando per un piumino da cui esce il sottanone-pantalone .

Praticamente un tappo nero.

Mi avvio alla Messa in Alte Peter , la mia chiesa quando sono qui . Ovviamente Messa solenne in latino .

Sotto il pulpito di destra il solito orante a forma di Z che sta lì perlomeno da set/ sette anni per quanto ne sappia.

Inizio grandioso , conto , oltre al celebrante  e al concelebrante il solito numero di chierici  , sette in scala , tutti con cero altissimo acceso in mano.

Organo a tutto volume : luci sfolgoranti sull‘altare barocco ad illuminare  la grande scenografia . La cantoria a livello di coro operistico con solisti di buon livello.

C‘e uno spreco di incenso che basterebbe a dieci messe in cattedrale italica.

Mi accorgo che esiste una notevole regia teatrale ben oliata ,al momento del Vangelo una luce in più illumina il pulpito , il chierichetto più piccolo ha problemi per tenere il cero alto per fare simmetria con quello dall‘altra parte , poi riceverà anche qualche spintone di correzione di percorso . Avrà al massimo sei anni , per me si stanno allevando un futuro miscredente.

Il massimo teatrale l‘apertura automatica del tabernacolo per ostensione del calice , purtroppo il mio interesse laico e teatrale prevale sul mistico , sono ammirata da tanta perfezione, il tutto accompagnato da un livello musicale altissimo: Bach soprattutto , ma credo anche Mozart verso la fine .

Due ore di spettacolo puro, purtroppo il mio scarso tedesco non è riuscito ad apprezzare l‘omelia alla quale sono pure stata attentissima : il sacerdote ha parlato molto di oggi , dei guten Menschen…ma non sono riuscita a captare la parola Juden ..per me non l‘ha detta mai.

In  questa cattolicissima Baviera , a pochi metri da una famosa birreria in cui un pazzo trovò pericolosi seguaci comincio a guardare con occhi sospettosi i chierici biondi , le vecchiette osservanti e il mio cattivo diavoletto interno mi porta a pensare lontano , verso casa mia dove un bieco figuro megalomane gira col rosario in mano mentre noi stiamo ancora zitti a sopportarlo.

 

Ho avuto un momento di felicità pura quando un prestigioso filosofo come Massimo Cacciari ha sbroccato di brutto davanti ad un omuncolo , oggi ministro e gli ha urlato un Io So ! grande come una casa …

Uscendo di chiesa , non sono stata decisamente molto partecipe , pensavo piuttosto ai 47 al freddo in mare davanti a Siracusa, per quanto tempo ancora dovremmo democraticamente sopportare tutto questo?

Corsi e ricorsi della storia , avrei bisogno del filosofo per farmi spiegare i perché delle follie che il mondo attraversa ciclicamente.

Poi molto laicamente vado a controllare la locandina a lato del teatro per vedere se stasera il cast sia completo come da programma .

 

Nei giorni della Memoria

 

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Sono i giorni dedicati alla Memoria e sui teleschermi passano e ripassano film che ne ricordano l’orrore.

Io nel tempo li ho visti praticamente tutti e certe sere non ho proprio voglia di rinnovare l’angoscia già  provata in passato.

Allora mi rifugio nella musica , oppure leggo in cerca del sonno .

Ma ieri sera mi ha attirato un titolo , un film di cui non sapevo niente  :Bye bye Germany , dalle poche note indicative ho capito che poteva esssere qualcosa meno angosciosa delle terribili immagini su cui tante volte ho sofferto .

Ho scoperto un film molto interessante e molto bel fatto e che mi ha fatto riflettere su qualcosa che mi restava dentro non chiarita su alcuni atteggiamenti relativi agli ebrei sopravvissuti alla Schoa e che sono rimasti in Germania.

Il titolo originale del film ( al solito la traduzione è decisamente banale ) è  “Es war enmail in Deutschland “ovvero “C’era una volta in Germania “e risponde meglio al tono ambiguamente leggero con cui è trattata la storia.

 

Un guppo di ebrei sopravvissuti ai Lager , ciascuno con il suo enorme peso e la colpa di essere ancora vivi ,nel lontano 1946 si unisce sotto la guida di uno strano uomo , sulla cui ambiguità si basa il racconto e si mettono insieme in un affare che consenta loro di trovare i soldi necessari per emigrare in America .

Non voglio raccontare la trama, il film è visibile e si può anche acquistare  ma quello che racconta e soprattutto quello che ci dice alla fine e cioè che solo 4000 sopravvissuti sono rimasti in Germania e non hanno saputo neanche spiegare ai propri figli il perché di questa scelta mi ha forse chiarito un mistero.

Con nomi dichiaratamente ebraici quei pochi hanno preferito sentire nella Germania la propria Heimat e sono rimasti , alcuni può darsi  anche per vendetta o per rivalsa nei confronti del popolo tedesco.

Il film è tratto da un libro , ovviamente molto più articolato , il regista di origine tedesca è quello che ha filmato anche un delizioso capolavoro di produzione inglese : “il talento di Irina Palm “, ho letto anche che la pellicola è molto piaciuta in Germania , siamo in quella zona di riflessione che i tedeschi hanno avuto il coraggio di affrontare e che invece è mancata totalmente al nostro popolo italiano abituato storicamente a perdonarsi senza analizzare le colpe.

 

La storia del raccontatore di barzellette ebraiche David Baumann è una piccola parentesi della tragica storia di un popolo ma vale la pena di soffermarsi a vederla.

A me , forse , ha chiarito qualcosa su cui mi interrogavo  da molto tempo.

 

 

A DAVOS

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Mancano alcuni leader importanti , in compenso la neve c’è e abbondante .

Le cosiddette élites economiche si incontrano negli alberghi e stipulano accordi economici importanti , poi i loro rappresentanti vanno a fare i loro discorsi “seri” dal palco sulla globalizazione , l’importanza dell’integrazione, sulla salvaguardia del clima  e via banalizzando le drammatiche realtà del nostro pianeta in cui due terzi della ricchezza mondiale è in mano di pochissimi mentre miliardi di esseri umani si dividono quel terzo di cui resta solo qualche moneta di scarso valore nelle tasche dei medesimi.

Non mi piacciono le statistiche e le “torte” , fredde testimonianze della follia di questo terzo millennio , però fra tante lussuosissime banalità leggo qualcosa di interessante e riguarda proprio il mondo in cui mi trovo a scrivere.

 

Secondo Google l’enorme potere di mercato e l’intelligenza artificiale rendono più facile la vita alle persone comuni.In effetti l’uso abbondante e diffuso delle news, delle mappe, dei servizi di viaggio, le informazioni sanitarie possono rappresentare un allargamento globale alla conoscenza dei popoli.

Qui però entra in gioco l’uso distorto e abbondante della possibilità di informazione e di nozioni inutili che l’uso generalizzato dei media comporta.Ci si domanda allora se non sarà arrivato il momento di cancellare qualcosa :

miliardi di inutili gattini, cibi , bevande , commenti sul meteo che tanto poi dopo la neve  viene il sole …..Allora si studia anche il modo di “ripulire “ i muri ingolfati da tanta piccola banalità.

Faccio un esempio anche più settoriale : da dieci giorni vedo le stesse foto , gli stessi commenti e gli stessi “Danke, Merci ! al termine di una tournée di un beneamato tenore . Foto tutte uguali , tutte esibite come trofei dalle grupies fedeli che vanno in giro a riascoltare più e più volte lo stesso programma. Ma questa è solo una notazione per gli intimi….

 

Ma torniamo a Davos e alle considerazioni serie : se qualche osservazione interessante mi è venuta leggendo le considerazioni dei “Big Tech”  restano gravi le assenza ; soprattutto i motivi delle grandi assenze: la sempre più problematica uscita del Regno Unito dall’Europa , la debolezza attuale della Merkel ,l’onda populista francese, la follia di Trump e del suo muro.

 

Noi comunque possiamo stare tranquilli : il sedicente primoministroconte ci sarà e vorrei tanto esserci a sentire il suo “banality-round “ dal prestigioso palco, ne saremo tutti fieri e rasserenati.

 

Matera , capitale europea della cultura

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A Matera mio portò un libro straordinario : Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi.

La sua descrizione della stazione della città che non c’era  e lui intellettuale al confino , mandato al Sud più  profondo dal regime fascita , per trovarla scoprì una città segreta , incredibile : scavati nella roccia delle Murgie vide con stupore i Sassi abitati da un popolo povero e quasi fermato nel tempo.

Ne scrisse e il suo libro mi fu da guida.

Venne poi anche Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini , quegli incredibili abitacoli scavati nella roccia erano incredibilmente simili alle abitazioni di due millenni prima.

Il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso erano ancora lì  ,fermi nel tempo verso la fine degli anni Sessanta, quando li vidi io : anche se ufficialmente non più abitati dalla metà degli anni Cinquanta in realtà camminando dentro quelle incavature dantesche che si avvitavano verso il basso fino alle piazze profonde alcune avevano ancora degli abitanti : ci fu da guida un ragazzino che ci portò a vedere le abitazioni più preziose e addirittura affrescate da tempo immemorabile : quando gli regalammo qualcosa per averci condotto nel percorso ci regalò due conchiglie fossili , come a compensarci dignitosamente con uno scambio di doni.

Le conchiglie fossili ce l’ho ancora , preziosa memoria di una giornata particolare.

 

Oggi che Matera è diventata capitale europea della cultura non credo che tornando a rivedere i Sassi proverei lo stesso stupore , la stessa meraviglia e anche lo stesso sgomento perchè anche quella era Italia e io che venivo da Firenze mi accorgevo che abissale differenza ci fosse ancora nel nostro paese tra una Toscana piena di monumenti rinascimentali e questa città di pietra scavata verso il basso, una città altrettanto bellissima come le nostre chiese preziose ma distante secoli se non millenni , segnata da una cultura antichissima e primordiale.

La Basilicata nasconde ancora tesori poco conosciuti  e magari attraversando l’Italia per andarci fermarsi anche al Vallo di Diano dove di può vedere  la bellissima Abbazia di Padula .

Spero che questo evento “turistico culturale “ sia vera occasione per scoprirne le bellezze preziose e la profonda civiltà di un paese più segreto ma non meno ricco delle nostre più conclamate mete abituali.

 

A giudicare dal penoso evento televisivo inaugurale che ci è stato propinato viene da chiedersi se non si vergogna la RAI a mandare in Eurovisione uno spettacolino di paese , oltretutto intristito dalla pioggia battente e dalle notizie pesanti dei nuovi naufragi nel Mediterraneo.

L’Italia tutta merita di meglio.

 

 

Trucchi di scena

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Ho fatto teatro con i ragazzi per più di trent’anni e una delle prime cose che si insegna  loro è  quella di non “impallare” gli altri che sono contemporaneamente in scena e ,se nel caso la cosa avvenisse , avere la sensibilità di uscire da soli dal cono di copertura.

Significa in ultima analisi avere il senso della scena , lo sguardo laterale come gli insetti , il senso del palcoscenico.

Sembra facile , ma c’è chi nasce con questo sesto senso e chi inesorabilmente impalla gli altri o resta regolarmente impallato .

Per questo mi ha fatto teneramente sorridere quella specie di “necrologio “ che dettò per sé con molta ironia Vittorio Gasman: “fui attore , non fui mai impallato” .

Non ho assolutamente idea sul come possa tradursi in altre lingue questo particolare verbo ad uso dei teatranti ma sono convinta che ne esista la traduzione in ogni lingua , sui vocabolari non la trovo , troppo specificatamente gergale , ma la pratica credo che esista in ogni tipo di teatro.

Vittorio Gassman ( con una enne sola !) , la seconda anagraficamente l’aveva lasciata e poi ora è ripresa dal figlio ugualmente attore che lo ha commemorato insieme a tanti altri grandi di ieri in spezzoni molto importanti del nostro teatro e del nostro glorioso cinema in un bel documentario televisivo , di quelli che passano su Sky Arte e sono fatti molto bene.

 

Mentre ascoltavo la voce fuori campo ricordare questa specie di dichiarazione orgogliosa del proprio essere stato un grande della scena mi sembrava di sentire la sua bella voce impostata , sentita tante volte a teatro nella mia fanciullezza: un ricordo vivo è ancora il suo Otello con Salvo  Randone , mostruosi ambedue nerll’alternanza dei ruoli Otello/Jago.

 

Quel genere di attori così è merce molto rara sui nostri palcoscenici odierni, l’arte di non farsi impallare ignota a molti , anche perché la pratica di recitare spesso anche per la televisione rende inutile questa scienza teatrale .

Sono le telecamere che si spostano per chi non sa spostarsi da solo.

 

 

 

 

Dai diamanti non nasce niente

 

 

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Sono giò passati vent’anni eppure il ricordo di Fabrizio De André è vivo nel cuore di tanti di noi : anche nei vecchi che lo amarono già da adulti .

Chi fu giovane al suo tempo se lo porta dentro come una delle memorie più importanti e formative della propria musica.

Ciascuno ha il suo canto particolare , il suo ricordo legato al proprio film della vita.

Io comincio con un ricordo lieve : le mie sorelle andavano da ragazzine al mare in tenda a Lerici e mi portarono al ritorno uno strano 45 giri , scandalosissimo per l’epoca : Il ritorno di Carlo Martello dalla battaglia diPoitiers.

Ce lo ascoltavamo come congiurate la storia del re beffato dalla puttana e quel verso : per voi che siete il sire son cinquemilalire , un prezzo di favor! ci faceva ridere come bambine scandalizzate.

Così incontrai il grande Faber , mai così leggero come in quel censuratissimo disco d’esordio che ebbe poi una strana storia per la collaborazione con un altro grande genovese : Paolo Villaggio.

Passarono gli anni e quando un altro mio grande amore musicale si uccise a Sanremo Fabrizio gli dedicò la sconvolgente Preghiera in gennaio, una provocazione e un ricordo doloroso e sincero.

Ricordo che il solo De André fra tanti cantanti andò al funerale d Luigi Tenco ,anche in questo comportamento sempre fuori dal coro.

Poi ho inanellato ricordi su ricordi , ma la canzone che mi resta dentro e che ogni volta che lo penso sento il bisogno di risentirla è Inverno , una ballata lieve come quella neve che cade sui camposanti di cui lui canta nei suoi semplici versi piani.

Sembrano facili le rime di questo grande poeta e sono invece tracce durissime nel cuore di chi ascolta la sua voce inimitabile , scura , con la dizione ligure sbagliata negli accenti .

Le sue vocali aperte , le sue invettive forti , il suo canto d’amore sempre delicatissimo della Canzone dell’amore perduto sono patrimonio di tanti di noi e poi i capolavori assoluti come il Pescatoree La battaglia di Pierosono più importanti di tante inutili battaglie politiche.

In questi giorni sono molte le celebrazioni , facile salire sul carro per coloro , e sono tanti, che gli furono vicini e che gli devono ancora tanto .

La mia personale celebrazione è l’ascolto privato in quieto raccoglimento della sua voce inimitabile : come una ragazzina mi ero regalata la collezione completa delle sue opere corredata pure di un volume contenente i suoi testi .Una delle mie nuore mi ha detto : questo lo lasci a me quando te ne andrai?

 

La Tebaide di Emanuela 2019

 

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Il presepio è una tradizione antica , ormai si fa solo nelle chiese o addirittura se ne fa un‘attrazione turistica da consumarsi durante le feste natalizie . Si fanno anche presepi viventi e allora diventano una specie di sacra rappresentazione con tanto di coinvolgimento teatrale dei partecipanti .

Molto più  di rado si fanno nelle case e direi che più che una questione di fede è un ricordo da rinnovare e un gioco quando lo si fa per divertire i nipoti.

Il mio è talmente sempre uguale a se stesso che credo si potrebbe fare anche da solo : un solo problema , mi è

sempre più difficile montarlo e smontarlo , credo sia proprio per progressiva mancanza di forze.

Uno solo dei miei figli lo fa e quest‘anno mi ha orgogliosamente mostrato un nuovo acquisto : una fantastica roccia con cascatella e laghetto . Gli ho visto l‘orgoglio negli occhi per cotanto oggetto di ingegneria idraulica , io ne sono intimamente contenta , perlomeno qualcuno in casa prosegue la tradizione che per quanto mi riguarda parte dal ricordo della mamma maestra che lo faceva sia a casa che a scuola e che quando riponeva le statuine scriveva sulla scatola un misterioso S.D.V che poi mi spiegò significava se Dio vuole , un Inshalla cristiano , un augurio per l’anno successivo.

Ma il presepio più fantastico è quello di mia sorella : mi ha mandato le foto , anche di particolari della scena ma il vero interesse me lo ha suscitato il suo racconto con la spiegazione di ogni particolare : praticamente animato da figurine piccolissime rappresenta un mondo contadino ed è anche un percorso di fede!

Lei che non va quasi mai in chiesa , lei che contesta tutto mette nel suo presepio tanta di quella fede da essere commovente : mentre mi spiegava il percorso verso la capanna , mentre mi raccontava del muro delle capre , mentre mi faceva notare lo scoiattolo nascosto , il lupo, le galline , mi raccontava una scena che si animava nella sua fantasia .

Io dalle foto ho visto solo un presepio uguale a tanti altri della mia memoria , lei ci ha messo la tenerezza e la gioia del Natale sincero .

Mi ha detto anche che le dispiace smoltarlo.

Kaufmann canta Mahler

 

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Era prevedibile che non avrei riprovato l‘emozione sconvolgente della prima volta quando ascoltai al Theatre des Champs Elisèe Das Lied von der Erde cantato da Kaufmann.

Quella volta alla fine ero in preda a qualcosa che credo somigliasse alla cosiddetta sindrome di Stendhal , le gambe mi tremavano per la troppa bellezza ascoltata , emozionata e felice quando poi ebbi la possibilità di comperarmi il Cd a ricordo della stupenda prova d‘artista.

Ieri sera al Gastaig di Monaco le cose erano molto diverse , ormai la musica era mia ,le parole non più suoni ma comprese nel loro significato e questo semmai era un valore aggiunto.

Non c‘era il fascino della scoperta , ma c‘era qualcosa di nuovo nella voce di Kaufmann , praticamente era Gustav Mahler che cantava in lui .

L‘orchestra era decisamente non all‘altezza dei Wiener , qualche sfilacciatura negli attacchi , qualche suono anticipato o ritardato , il direttore caro amico ma lontano anni luce da quello che può essere una direzione degna del difficile autore .

Ma Kaufmann cantava i versi dei rarefatti Lieder cinesi con l‘amore e la tenerezza di chi li ha fatti decisamente suoi.

Ho la sua dedica , scritta male con la calligrafia che assomiglia a strani geroglifici ( e per di più con pennarello rosso!) che recita  : un abschied che diventa ..per sempre….e in quelle poche parole mi indicava il suo prezioso attaccamento a quella strana magica musica che Mahler compose per paura di scrivere una Nona e che resta un unicum nella sua produzione.

Ci fu poi anche una Decima incompiuta ma la frase dell‘abschied che Mahler aggiunse di suo pugno al poema cinese  ci dice tanto del suo stato d‘animo quando li compose :‘ gli uomini stanchi dormendo sognano di imparare una nuova gioventù ,…..

Ebbene quando il cantante con la sua stupenda dizione ha ripetuto quella frase ho cominciato ad avere le lacrime agli occhi .

 Il senso di quei versi  rivive stupendamente attraverso la voce del tenore che per me  è davvero immenso in questo repertorio .

Mi sembra persino sbagliato sentirla cantata da una voce femminile , quello è decisamente un addio virile , il distacco di un uomo che torna , o meglio che si allontana totalmente dalla vita con gli altri, un ultimo saluto al compagno che resta e che quasi non capisce questa fuga in cerca di pace.

Il pubblico di Monaco , decisamente abbastanza aduso a prestazioni eccelse ha cominciato frettolosamente ad allontanarsi , anche l‘orchestra riponeva velocemente gli strumenti : hanno una tournée veloce davanti .

Kaufmann pochi inchini frettolosi , un pacchetto dono e un gran mazzo di fiori , tutto qui il bottino della serata.

Uscendo nell‘intervallo , dopo un veloce saluto augurale  alla futura mamma, mi sono persa la piccola gag di Jonas che in camicia sistemava la posizione del reggi-tablet , puntualmente fotografato da chi era rimasto in sala.

Forse l‘unico momento originale della serata , peccato .

 

 

 

 

 

Leggere Oz

 

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Nelle ultime pagine di un libro di Amos Oz che avevo in libreria , tra i miei amati scrittori israeliani  e che non avevo letto, forse un regalo rimasto in attesa di futura lettura ,ho trovato un brano di una poesia di Joseph von Eichendorff da cui Schumann ha tratto uno splendido Lied : Moondnacht.

Ho nelle orecchie la dolcissima  musica , la citazione colta è di quelle che ti fanno capire  tanto di una società lontana , ma totalmernte permeata della cultura europea.

Qualche anno fa andai a Tel Aviv al seguito di un amico famoso pittore  e furono giorni di incontri particolari : una vecchia amica che viveva ormai da tanti anni in un Kibutz verso Haifa , poi una scrittrice di successo nata in Italia e sposata con un avvocato polacco : nella loro piccolissima casa solo tanti libri e foto del figlio militare morto sul Golan .

Sensazioni e memorie che il bel libro di Oz mi ha risvegliato  e soprattutto mi ha risvegliato il ricordo di uno strano pranzo in una grotta nel deserto ,tra i beduini , mentre i nostri accompagnatori , gigantesche guardie del corpo armati di mitragliette ,vigilavano discretamente .Il cibo era dai colori e dai sapori arabi , la colonna sonora invece era un quartetto di Beethoven.

Il gruppo dei partecipanti al pranzo era formato di ricchi ebrei europei in gita , le loro donazioni permettevano l’acquisizione di nuove opere al museo di arte contemporanea di Tel Aviv, io ci stavo per caso , ma quella strana atmosfera surreale tra l’ambiente esotico e la musica che si diffondeva nella grotta erano l’esatto ritratto di un paese incredibilmente diverso da ogni altro e con una cultura millenaria diffusa e riunita qui dai quattro angoli della terra.

Io amo in egual misura arabi ed ebrei , mi sento vicina ad entrambe le culture , fra miei viaggi più belli ricordo con particolare piacere quelli fatti in quella parte del mondo e non riesco a schierarmi mai nelle loro guerre fratricide.

Il libro di Oz , uno dei tanti dello scrittore recentemente scomparso racconta della vita raffinata e sradicata di una coppia triste in una triste città ai confini del deserto.

La protagonista del libro si imbatte in un libro intitolato IL Lied tedesco da Mozart a Mahler , una strana parentela letteraria con quella Noa mi ha procurato un sorriso particolare in un giorno di gennaio di freddo e di vento davanti ad un Adriatico verdissimo mentre faccio la nonna dell’ottavo nipote.

 

 

 

 

Buon anno nuovo a tutti!i

 

 

 

Unknown

 

Stamattina l’’ho cominciato con una impresa faticosa  : smontare l’albero storto delle meraviglie.

Nel rimontarlo dopo la rovinosa caduta pre-natalizia si erano disperatamente intrecciate tutte le luci , e non vedevo l’ora che passasse il Capodanno per riporlo a futura … speranza.

Peraltro non mi sono mai piaciuti  i tristi addobbi natalizi che seguitano a penzolare nelle nostre strade ben oltre l’Epifania.

Fra i tanti riti stupidi  che coltivo ho anche una visione della web-cam di Marienplatz di Monaco di Baviera , ci vado spesso e mi diverte vedere che tempo faccia lì.

Ebbene , con mia ammirazione e stupore il giorno 27 dicembre erano praticamente già sparite all’alba le bancarelle del mercatino di Natale!

Ovviamente la piazza libera era più sicura in attesa della notte di Capodanno , ma non è solo per questo che mi è piaciuto , mi ha provocato invidia e ammirazione il fatto che tutto sia avvenuto di notte, velocemente e senza clamore.

Stamattina era vuota anche la fontana del pescatore : qualche avanzo del Capodanno da levare e domani anche quella sarà in ordine.

Diversa la storia da queste parti : i mercatini natalizi , a falsa imitazione e pieni di cianfrusaglie cinesi rimarranno ad ingombrare le strade e le piazze anche dopo l’Epifania , i festoni “buone feste” ciondoleranno fino a metà gennaio procurando solo tristezza a chi distrattamente ci butterà uno sguardo.

Quello che invece non si tocca , e guai a pensarci! è il presepe .

I Re Magi devono ancora arrivare dall’Oriente e  per loro la sacra rappresentazione deve ancora essere completata.

Si sposterano le statuine  per fare loro spazio davanti alla capanna , un cambio teatrale in piena regola.

Una volta ho anche scritto una poesia che in qualche modo li riguardava anche se in definitiva è un buon proponimento per tutti .

 

Avvisati da un angelo i re magi

per altra via tornarono alle case…

 

Stella da traguardare

per nuove epifanie

cercando di cambiare

vecchie per nuove vie.