Una leggenda giapponese

Tantissimi anni fa , ero praticamente una ragazzina , vidi al Festival del Cinema di Venezia un film bellissimo che mi rimase nel cuore e del quale forse non avrei ricordato il titolo senonché ieri sera guardando le strazianti immagini delle RSA ( Residenze Sanitarie Anziani ) girate in Lombardia ad un tratto , senza neppure riflettere ho detto : Nayarama Bushikò. 

Questo era il titolo del bellissimo film sul quale avevo pianto tanto e che raccontava di una antica leggenda , Nayarama credo che fosse il monte e il titolo credo volesse dire La leggenda di Nayarama.

La storia straziante e dolcissima raccontava che quando una volta i vecchi del villaggio diventavano inutili , un peso per le famiglie , volontariamente perché questo era il loro destino naturale, si allontanavano per salire sulla montagna a morire .

La storia del giovane che disperato porta sulle spalle la vecchia mamma verso la fine era dolcissimo , perché intriso di amore : amore del giovane disperato , amore della vecchia mamma che sapeva di aiutare il figlio allontanandosi con un ultimo atto di generosità.

Ricordo che il film finiva con la lunga fila di vecchi che andavano verso il monte , o perlomeno me lo ricordo così.

Ne hanno fatto anche un remake negli anni Ottanta e ha pure vinto la Palma d’oro a Cannes, ma io che in quel tempo ero lontana anni luce dal pensare ad un giorno in cui avrei potuto trovarmi come quei vecchietti del film , ne rimasi tanto colpita.

Il contrasto con quello che nei nostri anni  crediamo civili è abissale .

Quelle residenze “corridoi per la morte” spesso non sono scelti dai vecchi , ma diventano scelte obbligate in una società che ne prevede una fine che si presume sia protetta e assistita decentemente : i figli lavorano , i vecchi sono scomodi , gli Enti religiosi ci lucrano , la Regione ( nel caso visto  ieri ) addirittura pensa di approfittare di quelle strutture per risolvere i problemi giganteschi che questo terribile morbo l’ha colta impreparata.

Non voglio chiamare il Covid19 uno tsunami , quella è una bellissima parola giapponese , significa grande onda “  la sua immagine grafica ha una forma elegantissima.

Niente di elegante invece nella fine ingloriosa dei miei coetanei meno fortunati di me , file di bare anonime in attesa di cremazione , senza la gioia di un ultimo abbraccio , senza quella pietas che dovrebbe sempre accompagnare chi allontanandosi dalla vita avrebbe il diritto del conforto di chi ha vissuto della loro dedizione e del loro amore.

Molte cose sono da rivedere nel nostro modello di società  , quando sarà passato il momento più critico di questa pandemia sarà il caso di ripensare anche il modello sociale che ha portato tanti dei nostri vecchi a morire soli in questo modo inumano e straziante.

Regie operistiche : confronto

La lunga e interessantissima intervista di Vincenzo De Vivo a Opera Click mi ha dato l’occasione per trattare di un’esperienza relativamente recente di cui volevo parlare e non sapevo se avrebbe potuto interessare in tempi così lontani da ogni interesse che non sia quello tristissimo della nostra sopravvivenza al Covid19.

De Vivo fa un’acuta osservazione circa il teatro di regia e sul ruolo gerarchico che dovrebbero avere nell’ordine : il direttore d’orchestra e il regista , mettendo in rilievo il ruolo di straordinario coordinamento affidato alla figura del direttore artistico .

Ebbene , nonostante il periodo di grande magra nello scorso mese di marzo ho putoto assistere ad una attesissima messa in scena del Fidelio a Londra e , pochi giorni dopo , in streaming alla visione di un Fidelio dal Theater an der Wien di Vienna.

Mentre a Londra c’era un regista :Tobia Kratzer  molto considerato recentemente per le sue realizzazioni ( vedi ad es: il Tahannauser di Bayreuth)  a Vienna ci si è affidati ad un attore teatrale di cui non conoscevo le qualità registiche ( Christoph Waltz ) e devo dire che il risultato viennese è di gran lunga superiore nella fedeltà al pensiero beethoveniano di quanto lo sia stata la seppur complessa e stimolante ricerca interpretativa dell’illustre collega , anche lui di origine germanica ( a parte che Waltz è austriaco ..e questo può voler dire molte più cose di quanto si immagini).

All’An der Wien i mezzi erano sicuramente inferiori , il cast molto meno importante e non tutto lo spettacolo mi ha così emozionato fino alla fine come avevo sperato , ma nell’insieme mi sono trovata di fronte a qualcosa di veramente emblematico in relazione a quanto afferma De Vivo nella interessante intervista.

Quel vecchio teatro viennese ha sicuramente dalla sua la ricerca qualitativa senza notevoli mezzi ( ci ho ascoltato recentemente una Clemenza di Tito  impreziosita dalla presenza di ben due controtenori di notevole spessore) e i risultati , sicuramente meno clamorosi ,sono di altissimo interesse.


Per ritornare ai due Fidelio : a Vienna l’Ouverture era la Leonora tre  e già questo per me è un punto a favore , a Londra , chissà perché si è preferito la “prima stesura “ e la Leonora tre mi è mancata proprio .

A Londra un terribile stacco tra il primo atto e il secondo , a Vienna un unicum omogeneo , per quanto la musica ( e il testo ) possano permetterlo .

Semmai a Vienna mi è mancata la chiusa con il meraviglioso coro finale , ma ho capito che ad un attore di teatro non interessasse tanto quel finale staccato , con le complicazioni relative alla povera Marceline , ma la bellissima preghiera del Governatore , quella sì non me la doveva tagliare .

Ma come diceva un altro grande viennese: Billy Wilder “ Nobody is perfect”.

Lo dice una che rischiando ( più di quanto avessi capito ) letteralmente la vita ero andata a Londra perché oltre al mio amatissimo Jonas Kaufmann , il suo Florestan non ha attualmete rivali su tutti i palcoscenici del mondo   c’era anche un altro mio grande amore : sir Tony Pappano alla bacchetta.

In questo momento non ho la possibilità di scambiare due parole né con l’uno né con l’altro , ma mi piacerebbe capire quale ruolo importante di coordinamento abbia avuto alla ROH la figura del direttore artistico e quanto ne abbia condizionato le scelte diciamo così, commerciali, circa la resa di immagine dell’allestimento.

Purtoppo è finita male , anzi è finita prima di finire e non ne abbiamo neppure lo streaming che era programmato per la metà del mese scorso.

A proposito di..

Cercare un po’ di leggerezza , tanto siamo tutti un po’ fusi .

Allora un buon argomento è commentare non il discorso di Sua Maestà ma il suo abbigliamento , i suoi gioielli , il tesoretto sul tavolo , i fiori artisticamente disposti. 

In quanto al discorso , quattro minuti e mezzo in ottimo inglese (ah aha ah!) ha avuto un solo attimo di umanità , la foto con la sorella , quando a quattordici anni  fece un appello alla radio per fare coraggio ai suoi sudditi colpiti dai bombardamenti .

Quella foto valeva più di tutto il discorso : la forza della continuità di un popolo che ancora crede nella propria identità  , nella propria dignità , nello splendido isolamento perché dobbiamo sempre ricordare che quando c’è nebbia sulla Manica” il continente è isolato.”

Il vestito : sempre uguale ; cambia solo il colore ( pare che questo verde più che alla speranza si riferisse al colore dei camici dei medici , ma io ne dubito.

Forse l’unica variante veramente scherzosa se la concesse col cappello “europeo” tanto per far capire che lei la pensava diversamente sulla Brexit.

A questo proposito mi allargo a constatare che piace molto agli uomini questa mancanza di fantasia “ alla moda” , li mette in sicurezza , fa molto abito di mamma , niente svolazzi e capricci modaioli.

Del resto anche la grande Mutti tedesca non ha mai cambiato taglio e forma alle sue giacche senza  collo , anche in quel caso il messaggio era rassicurante , noi non siamo frivole.

Adesso ci prova la von der Leyen con quelle giacchettine stiminzite tutte uguali , con la camicettina da scolaretta sotto : una tristezza infinita .

Allora , io che in fondo alla moda ci ho sempre fatto attenzione avrei preferito che queste donne : dalla Regina in giù , più o meno icone del potere, si mettessero davvero una uniforme , ma di quelle belle ,come usava in antico .

Se si deve essere rassicuranti esserlo perlomeno con lo stile militaresco che in fondo i loro abiti sottintendono.

Il grande re Giorgio ( quello vero , Armani voglio dire ) ci aveva provato a vestire le donne con dei meravigliosi abiti pseudo maschili ma morbidi con quei colori ( il suo fantastico greige!) che avrebbero permesso ad ogni donna di potere di passare fantasticamente inosservata , ma si sa , non tutti i fisici se li potevano permettere e così anche lui li ha lasciati nelle splendide collezioni d’antan.

Di frivolezza in frivolezza : oggi il blog è finito così: mi mancheranno le vetrine pasquali con i colorini pastello , gli unici colori che abbbiamo negli occhi sono quei verdi e quegli azzurri degli operatori sanitari , li guardiamo con commozione e il cuore stretto stretto.

Domenica delle Palme

Mattino presto : accendo automaticamente la tv , è sintonizzata su Classica e per un bellissimo colpo di fortuna sta cominciando la Passione secondo Matteo di Bach dal Concertgebouw di Amsterdam.

Resto inchiodata per due ore e il pensiero corre anche alle altre volte in cui l’ho sentita dal vivo.

La prima volta fu nel Duomo di Jesi , in quegli anni lontani  venivano Italia , per pochi soldi, magnifiche corali dell’Est europeo e quella era una di quelle occasioni . Ricordo le dure panche della chiesa , il freddo , probabilmente era una Pasqua bassa , ma ricordo anche la grande emozione che provai, fu una lunga preghiera che mi portai dentro per tanti giorni dopo.

La seconda volta fu a Londra : di quella ho ritrovato anche il programma , era alla Royal Festival Hall  ,marzo 1997,  cominciava alle undici di mattina e nell’intervallo gli inglesi mangiavano su plaid per terra , come un picnic sui prati .

Noi invece eravamo riusciti , senza avere prenotato! ( gli sprovveduti) a mangiare addirirttura  al ristorante .

Di nuovo l’incanto , di nuovo la grande emozione che solo ascoltando dal vivo si ha di queste incredibili stupende Passioni bachiane.

Stamani purtroppo mi devo accontentare , ma mi pare comunque un bellissimo regalo e per completare la cerimonia vado in terrazzo dove il vento aveva portato tanti anni fa il seme di un ulivo che è crescuito in un vaso a dispetto della bora che che soffia regolarmente su casa mia.

Ho tagliato un rametto , la benedizione mi manca , ma so che come recita un verso della Passione ,vicino al Sepolcro di alzò in volo una colomba con in bocca un rametto di ulivo , questo è il mio segno pasquale, virtualmente.

C’è silenzio intorno a casa , il cielo è terribilmente azzurro e ogni tanto passa un papà con un bambino , l’ora d’aria che mi mette insieme gioia e tristezza.

I cani e i rispettivi padroni ormai sono intimi , ci salutiamo con affetto : loro scodinzolano e io faccio grandi gesti col braccio ,dalla finestra.

In testa ho ancora il bellissimo coro che chiude la Passione , in un momento di demagogia avevo detto a mio marito : mi piacerebbe che venisse cantato al mio funerale.

Lui mi aveva presa in giro : sempre modesta mi aveva detto ! quel suo affettuoso modo di prendermi in giro resta legato al suo sorriso che non c’è più da tanti anni , adesso che i funerali non si possono neppure fare mi sembra anche più ridicolo pensare a eventi un tempo , neanche tanto lontano , del tutto abituali.

Le case degli altri

Questo è uno strano periodo in cui si guarda molto nelle case altrui , anche senza volerlo perché ogni volta che in Tv si apre il collegamento con  qualcuno che sta a casa , anche se l’inquadratura mostra solo il volto dell’intervistato  di turno ,poi io finisco per guardare anche dietro le spalle dei personaggi collegati.

Il mio occhio curioso guarda dietro le facce incorniciate.

Ci si arrangia come si può , ogni collegamento si apre sull’intervistato e ci racconta senza volerlo in qualche modo molto di più di quello che le sue parole dicono.

Quasi tutti hanno alle spalle la libreria, come a mandare il messaggio : in casa mia si legge, mica siamo ignoranti.

Ma le librerie sono curiose : alcune , vere e senza artifizi ci rivelano quel piacevole disordine di chi i libri non sa più dove metterli e allora ce ne sono di incastrati sopra i libri allineati , messi male , in quel piacevole disordine che significa : prima o poi li metto a posto.

Qualche altra volta , alla ricerca di un effetto , (me lo immagino il futuro intervistato girare col pc intorno casa per trovare l’angolo giusto ) e allora si ricorre alla pianta , è molto gettonata la monstera o il filodendro , segue il ficus anche se più banale.

Poi ci sono quelli che tentano l’inquadratura scenografica ad effetto : mensola con candelabri e/o foto di lontane infanzie non meglio identificate .

Poco interessanti  sono quelli che dietro ci mettono le bandere , per solito sono collegamenti istituzionali e quelli che invece la buttano sulla foto di famiglia , meglio se con molti bambini . 

Finisce che io mica ascolto quello che dicono , mi diverto a curiosare : spio il non detto nelle case degli altri.

Ma quelli che mi fanno impressione sono quelli con la libreria in ordine e a meno che non si tratti di illustri filosofi le cui librerie scure sono la testimonianza di anni di studi molto profondi spesso rivelano un “ voglio e non posso” che è peggio di una sana dichiarazione di ignoranza.

Poi c’è quello che ha un tinello sgombro , spesso è giovane e sembra di passaggio anche a casa sua ,al massimo si può ammirare un quadretto casuale , molto ereditato dall’inquilino precedente , si capisce che lì non ci starà a  lungo.

Discorso a parte le case dei cantanti ,vere e proprie sale di incisione e penso con tenerezza al piccolo pianoforte verticale di Gustav Mahler , quello che adesso sta in un angolo di un salone al Wienerstaatsoper.

Ora la musica nasce da una serie di tastiere , microfoni , mixaggi e sofisticate diavolerie che neppure conosco , poi a definirla musica il passo è abbastanza lungo .

Insomma  , per farla breve , concludo che la mia curiosità nei confronti degli altri si nutre anche di questo involontario voyerismo.

Lo sappiano quelli che stanno per collegarsi , io mi diverto molto a scoprire quello che molto spesso si preferisce lasciare alla fantasia .

Generalmente però devo dire che comunque il livello medio dei collegamenti ci racconta  il notevole benessere degli intervistati , l’Italia non  è un paese povero , a giudicare dalle case degli italiani che contano.

Storia da un altro mondo

Oggi , un mese fa: 2 marzo 2020.

Partenza dall’aeroporto di Ancona –Falconara , sosta a Monaco di Baviera , il mio solito percorso per andare ovunque.

Arrivo a Londra  Heathrow, Blu Line , scendo contenta a Covent Garden , un saluto alla Ballerina in fondo a Floral Street , il solito albergone sullo Strand con portiere gallonato in tuba :poca fila al ricevimento: bella cameretta rinnovata , sono contenta , nonostante le minacce che riguardano uno strano virus , nonostante che in Italia si parli di zona rossa in una parte della Lombardia io non ho rinunciato al mio Fidelio londinese , già mi considero fortunata per aver trovato un biglietto stante il sold out di tutte le repliche.

Unico dubbio , non è che Jonas mi darà la sòla ? a Londra non sarebbe la prima , ma è nel calcolo delle probabilità. Poi vedo che lui e sir Tony sono andati a prendersi un premio dalle mani del principe Carlo e questo mi tranquillizza non poco.

Ho già raccontato la serata , è andato tutto bene , anzi meglio del previsto perché ho fatto anche due chiacchiere con il mio amato-amico tenore che mi ha anche detto : poverini , che cose brutte succedono in Italia ! 

Poi il tranquillo rientro il giorno dopo , con la stessa strada fino a che all’aeroporto di casa sono stata accolta dall’Esercito in tenuta anti-virus.

Il mondo si è sospeso in quel momento , oggi , a distanza di un mese da reclusa in casa ripenso come un sogno la mia strana esperienza di un mese fa. Forse l’ultima volta in cui ho viaggiato libera in un mondo tutto ad un tratto cancellato dalla Storia.

Guardando indietro sono contenta di avere fatto quest’ultima follia di persona libera in un mondo libero e credo per sempre scomparso nella sua banalità.

Più ci ripenso e più mi sembra talmente irreale tutto quello che da quel 4 marzo , quando ho riaperto la porta di casa e ho chiuso i miei progetti futuri , tutti ben catalogati e ordinati nelle cartelline di plastica , nell’attesa sempre più probabile di stare consumando l’ultima porzione di vita prima della mia fine naturale.

Nel  probabile scadenziario della ripresa  quelli come me  sono gli ultimi della fila , noi poveri pensionati della vita che riempivamo i teatri , noi che in quei teatri sparsi per il mondo cercavamo quelle emozioni che nessun streaming ci potrà mai rendere.

Mi sono accorta con orrore che anche i concerti in tv mi addormentano , non parliamo delle opere , tutto mi crea un sottile disagio : noi vivevamo in simbiosi con i musicisti , con i cantanti, con la cerimonia delle luci che si abbassano , con l’attimo di silenzio prima dell’applauso finale.

Oggi 2 aprile 2020 , non mi accontento dell’appiattimento della curva   del Covid19 , stiamo su una specie di pianoro di cui non vediamo la fine , nel frattempo il bollettino del Male che ha falciato amici e conoscenti mi ha fatto perdere il ritmo delle giornate , mi ha regalato tanti giorni lunghissimi e tante notti bianche a pensare  uno ad uno i rischi che correvano tutti i miei cari , a scrivere testamenti che poi la mattina dopo riponevo in un angolo remoto della mente.

Meno male che avevo fatto la follia di essere andata a Londra un mese fa!

PS: per strani motivi scaramantici non pubblico la foto preziosa dell’incontro informale , non vorrei fosse davvero l’ultima.