E’ stato lungo il cammino di Jonas Kaufmann attraverso il personaggio di Parsifal.
Il ricordo corre dall’esteticamente raffinato Parsifal del Met , le fanciulle in fiore nel sangue che le colorava , il letto da parto di Kundry ,madre perduta , quel fisico giovane dell’eroe volutamente esibito . Il gesto della lancia fermata nel’attimo conclusivo .
Sembrava non avere paragoni , anche se poi nel mezzo ci fu un Parsifal viennese , da molti visto senza di lui , di cui resta uno spezzone sconvolgente della scena di seduzione di Kundry ( una Evelin Erlizius strepitosa).
Arrivò il Parsifal , definitivo musicalmente ,di Kirill Petrenko a Monaco di Baviera .
I grandi pannelli di Georg Baselitz , i costumi barbarici e il protagonista che si replicava coraggiosamente in una mitica scena illuminata a giorno nel suo grido “Amfortas , die Wunde.
La sua interpretazione aumentava in spiritualità , ancora il suo corpo coraggiosamente esibito nel ritorno del cavaliere “redento”.
Ed ecco Vienna , oggi.
Si divide coraggiosamente in due il Parsifal-Kaufmann e si sdoppia nella pietà e nella misericordia del perdono .
Ma lui ormai non è più doppio , è il reine Tor , è la somma di tutto un cammino artistico fatto nella piena consapevolezza del ruolo che per questa generazione non avrà rivali .
Lui è Parsifal , la sua voce , ormai un tutt’uno col personaggio, il suo sguardo di pietà che conferma il peso della colpa universale accettato in toto.
Nevica sulla memoria e gioca diversamente tra lo stupore giovanile e la tristezza di un passato da accettare.
Non c’è religione in questo Gral , tutte le religioni sono narrate attraverso segni materiali, emerge la spiritualità wagneriana e lo sguardo disperato di un grande artista che ha percorso l’intero cammino insieme al suo personaggio.