Non l’avrei mai creduto , ma sabato mattina ho avuto paura e sono fuggita davanti alla folla che sciamava sul Corso della mia città.
Era quasi mezzogiorno e girato l’angolo da una piccola traversa mi sono trovata davanti una marea di persone , tutte o quasi con la mascherina d’ordinanza , alcune col cane , a gruppi , a coppie o in piccoli allegri assembramenti di conversazione.
Niente di allarmante mi dicevo mentre il cuore a cominciato a battermi forte e una violenta nostalgia del vuoto pandemico mi ha quasi provocato un malessere fisico .
Nessuna irrazionale paura , non ce ne era obbiettivamente motivo ma una feroce nostalgia del silenzio della strada vuota , un rimpianto per una felicità perduta , qualcosa che aveva a che fare con l’inconscio più profondo.
Respirando affannosamente sono corsa a riprendere la macchina e solo arrivata a casa , nel silenzio periferico del mio piccolo giardino ho cercato di analizzare in maniera ragionevole il mio irrazionale stato d’animo.
Non si può , neanche per scherzo, pensare di avere nostalgia di un incubo però io l’ho provato e ho anche pensato con preoccupazione cosa mi capiterà quando ( ed ecco l’assurdo della mia reazione), finalmente potrò riprendere un treno o l’ancor più desiderato aereo.
Fra i tanti strascichi che questo maledetto virus ci lascerà , se e quando ci lascerà davvero , ci sarà anche la diabolica nostalgia del silenzio e del vuoto delle pesantissime quarantene che tutti abbiamo fatto e che non vedevamo l’ora che finissero.
Pensavo fosse una reazione isolata , da persona anziana, poi leggo del solito studio americano fatto da eminente università e scopro che anche ai giovani quello che mi era sembrato il pensiero stupido di una vecchia matta è un fenomeno ricorrente anche in persone decisamente molto più giovani.
Meno male , pensavo di essere un caso di imbecillità isolato , invece pare che si tratti di una variante in questo caso non del virus ma della altrettanto nota “ sindrome di Stoccolma “, ovvero la nostaglia del prigioniero per il suo imprigionatore.