In ricordo di Paola

Mi è arrivato un piego di libri grande e misterioso : non avevo ordinato libri recentemente e grande è stata la mia meraviglia e anche la mia gioia nel trovarmi tra le mani un libro importante che ricorda uan persona alla quale fui molto vicina.

“L’architettura civile di Paola Salmoni “, questo è il titolo del libro che illustra la sua attività di architetto durata tutta la vita nello Studio Salmoni da lei fondato insieme al fratello Claudio .

Un po’ più grande di me avevamo passato molti anni insieme , unite dalla comune militanza politica e dal fatto di avere i suoi due adorati nipoti in comune . Lei la Zia per eccellenza , io una specia di zia B , acquisita e ormai l’unica rimasta della famiglia.

Con tenerezza ho prima sfogliato e poi cominciato a leggere con attenzione questo suo ricordo fatto con amore dai nipoti architetti e ci ho ritrovato il suo rigore , la sua serietà professionale , il suo intendere l’architettura in maniera elegantemente misurata , senza estremizzazioni eclatanti.

Prima donna architetto ad Ancona , la sua attività cominciata in ritardo per le leggi razziali che non le permisero studi regolari, Paola è stata la colonna dello Studio quando il suo amato fratello (e mio carissimo cognato ) ci aveva lasciati troppo presto nel momento in cui anche la sua carriera politica stava arrivando ai massimi livelli nazionali.

Di Paola ho tutta una serie di ricordi personali che si intrecciano a livello familiare e politico : mi piaceva il suo modo semplice e raffinato di vestire , mi piacevano i suoi gioielli semplici ( non si levava mai un braccialetto lineare come lei , mentre io a quel tempo ero molto più fantasiosa .)

Mi piaceva il suo umorismo raffinato , il suo sguardo azzurro e il suo modo pacato di affrontare i problemi : “girala in positivo” mi disse una volta e mai insegnamento di vita mi è stato così prezioso e utile come questa sua piccola perla di saggezza. 

Un solo piccolo neo nel bellissimo ricordo illustrato : spesso viene citato il suo ( e mio ) impegno politico.

A quel tempo eravamo dirigenti del Movimento Femminile Repubblicano e non femminista , come con una certa confusione viene nominato più volte nel libro.

Non che non fossimo femministe , lo eravamo tutte in quegli anni ,ma il nostro status era ..molto meno plateale e molto più istituzionale  .

Paola ci ha lasciato tanti anni fa , io ho avuto ancora modo di fare politica , cambiando partito anche più volte senza peraltro mai cambiare le idee che sono ancora oggi le stesse anche se ormai la politica la guardo da molto lontano e penso che tutto sommato lei ha avuto la fortuna di vivere un tempo in cui fare politica era ancora una cosa seria .

Un sondaggio divertente

Sono riuscita in una strana impresa senza averne veramente valutato la portata .

E’ successo dopo avere ascoltato il Lear di Reimann da Monaco nel quale tutti i cantanti sfoderavano un tedesco duro e pieno di consonanti confrontandolo  a quello di Kaufmann che invece canta in un tedesco dolce , tanto da farmi amare davvero quella lingua ostica ai più , perlomeno nel nostro paese.

Ho buttato là in bacheca una semplce domanda ipotizzando alcune risposte : era un piccolo pensiero del mattino e non avrei mai creduto di suscitare un vero dibattito , con certi interventi addirittura colti e serissimi .

Un successo incredibile stando al numero di persone che , una volta tanto , non si sono limitate alle odiose iconcine ma si sono addentrati in spiegazioni storiche , per la verità non tutte concomitanti , anzi qualche volta in deciso contrasto tra di loro.

Se fossi come quel mio amico giornalista che si diverte a fare le classifiche direi che la risposta vincente è quella più poetica : lui è speciale . La terza che hai detto come ha sintetizzato una simpatica signora romana.

Non so se per un miracolo , in questo momento altamente improbabile , riuscirò a sentire il suo Tristano quest’estate . Per adesso la vedo brutta , ma per capire come sarà  la sua interpretazione mi basta riandare a quel secondo atto in concerto da Boston nel quale  (si trova su YouTube)  canta il bellissimo brano della spiegazione del suo amore per Isolde al re Marke.

Quel suo cantare Wagner come un legato becanstico  farà sicuramente del suo Tristano un’altra pietra miliare della sua ineguagliabile carriera .

Mi resta solo da sperare che le norme anti-Covid allentino le rigide regole anche in Germania e se nel caso per ora non sia possibile sentirlo dal vivo , cercare di campare ancora abbastanza per levarmi la soddisfazione di trovare conferma alle mie supposizioni.

Per Carla Fracci

Adesso che tutti hanno scritto un ricordo di Carla Fracci  , adesso che tutte le televisioni ci hanno ricordato la sua grazia e il suo gesto unico di danzatrice mi permetto anch’io un piccolo ricordo personale , che non riguarda la danza piuttosto un dato del suo carattere così particolare che me la faceva amare anche per quel suo essere una persona vera e concreta , bene immersa nel mondo reale , nel quale ha vissuto il suo impegno civile.

Come tanti della mia generazione l’ho conosciuta in palcoscenico , ha ballato talmente tanto e con partner così prodigiosi che sicuramente potrei inanellare ricordi, molti dei quali ormai si perdono nel tempo lontano della memoria ma la sua ultima apparizione trionfante credo che l’abbia fatta nel Ballo Excelsior quando ormai , vera icona della danza , appariva alla fine a siglare il Progresso.

Quel progresso al quale la figlia del tranviere che scampanellava quando con il tram numero 1  passava davanti alla Scala dove la sua piccolina imparava la dura arte che l’avrebbe portata sulle punte a calcare i palcoscenici di tutto il mondo  credeva , quel progresso al quale credeva anche con la militanza politica di solida ragazza lombarda.

Milanese era la Fracci in quel modo concreto che si può ancora trovare nella milanesità vera ( perché ci sono ancora i milanesi a Milano ), quella particolare generosità senza enfasi che ho riscontrato per esempio frequentando Casa Verdi , la casa dei musicisti e i volontari che ci vanno per testimoniare l’amore per l’arte che è una componebte dell’impegno civile della città.

La Milano della Scala , non intesa come tempio della lirica ( ormai da tempo il suo cartellone non è più quella somma massima di eventi che era un tempo ) ma la Scala di chi la frequenta con la tranquilla abitudine del ritrovarsi per ascoltare insieme , magari polemizzando perché così si è più concretamente vicini alla istituzione.

La Scala che non ha onorato abbastanza la sua figlia prestigiosa ma che non mancava mai comunque di essere presente , leggera e biancovestita agli appuntamenti importanti , con il suo garbato sorriso e la sua ferrea volontà , anche nei tempi più recenti della sua malattia.

Faceva tenerezza quel suo marito , ormai vecchissimo accompagnato da quel gigante buono del figlio tanto voluto , quando ripeteva durante l’ultimo omaggio alla moglie teneramente amata come un mantra :la danza non deve morire .

La danza non morirà , come non morirà quel senso della partecipazione democratica che Carla Fracci ha sempre dimostrato nella sua vita e che ne fa un esempio , anche più  necessario in questi tempi difficili.