Gianni Schicchi al cinema

Non grido al miracolo dopo aver visto il Gianni Schicchi di Damiano Michieletto al cinema perché lo Schicchi di Forzano/ Puccini è già di per sé un miracolo , ma ne esco rallegrata e felice perché è una operazione riuscita  di avvicinamento vero per coloro che sono lontani dal  mondo ormai di nicchia dei frequentatori della lirica.

Tutto è stato pianificato con intelligenza : la lunga introduzione di un Giannini clamoroso “as” Buoso che ci spiega tante cose : la sua ricchezza , lo scherzo che “vorrebbe” fare ai parenti , la descrizione dei sullodati e poi ..inizia l’opera che non sembra neanche quella cosa noiosa dalla quale rifuggono le masse.

Come ha detto giustamente lo stesso regista lo Schicchi è già di per sé una sceneggiatura cinematografica.

Il buon gusto aiuta ,la bravura di tutti gli interpreti ( tra cui spicca per carattere e genialità la Zita di Manuela Custer) , l’ambientazione raffinata , le trovatine apprezzate dagli esperti tra cui risalta la bellissima trovata della Mula rombante con risata e raglio della mula vera.

Eravamo quattro gatti ahimè, Ancona è una città sorda e chiusa, ma era con me una giovine signora digiuna della storia , di musica e di Dante che però si è divertita davvero. Segno che l’operazione è valida.

Alla fine dopo avermi chiesto chi avesse scritto la musica mi ha detto che però una canzone la conosceva ..e si trattava di O mio babbino caro!

Per me che nacqui in riva d’Arno Firenze è come un albero fiorito  mette dentro una vera commozione e anche la chiusa con Firenze bella è come il canto dell’esule lontano.

Eppoi “i mulini di Signa “ ormai sono nel lessico di tutti coloro che vedono nelle beghe tra parenti lo stesso sguardo ironico e disincantato di un Puccini in gloria e di un Forzano sodale perfetto .

IL capolavoro è fatto , Michieletto lo ha tradotto per l’oggi distratto.

Lunga vita a Gianni Schicchi e a Frontali mai visto così comico  ed è una bellissima rivelazione.

Ovviamente sono tutti bravissimi e con ciò si dimostra che essere cantanti lirici si è qualcosa di più che  essere semplici attori : sono attori che cantano pure.

Incantesimo napoletano

Ogni volta che torno a Napoli provo tutta una serie di emozioni anche contradditorie fra di loro  che comunque vada mi provocano quella che arriverei a definire una tempesta emotiva 

Anche quest’ultima volta , tra un caldo atroce e la pioggia tropicale ho avuto le stesse sensazioni in contrasto fra loro e incredibilmente me le ha risvegliate la visione pochi  giorni dopo ( dopo secoli al cinema!) la visione del film di Sorrentino.

Una emozione particolare : una scena girata nella piazzetta Matilde Serao ,proprio davanti all’albergo delizioso in cui ho alloggiato.

Unico particolare differente, il cancello irragionevolmente chiuso che porta in Galleria Umberto nel film era aperto . Potenza del cinema dove ogni vero è un falso.

Ma quello che più mi ha colpita è stata tutta una serie di foto e di commenti estasiati da parte delle tante amiche e amici stranieri calati al Sud per il bellissimo Otello del San Carlo.

Tutti , dico tutti ,i commenti e i reportage sembravano non cogliere il lato nero della città ; nessun accenno scandalizzato al traffico caotico , alla sporcizia diffusa , al disordine urbano.

Solo bellezza , la grande bellezza dei musei , delle chiese , dei mercati immaginifici. 

Gli occhi dei miei tanti amici che hanno fotografato , raccontato , sognato nelle giornate napoletane mi sono sembrati come preda ad un incantesimo che vietasse loro ( e per fortuna ) le tante troppe incongruenze sociali della incredibile e irrazionale città.

Nessuno si è lamentato ( salvo un’amica friulana ) dello sporco in Galleria , nessuno ha sottolineato il misterioso ammontare del costo di una corsa di taxi  “ a piacere” secondo modalità segrete e poco riconducibili alla logica del percorso.

Nessuno ne ha visto  il lato nero e questo sicuramente è la conferma , se ce ne fosse bisogno , che Napoli ha in sé una magia strisciante e sotterranea che nessun raziocinio riesce a scalfire.

La variante Omicron

Vaccinata due volte con convinzione ho poi fatto anche il richiamo e non so perché lo chiamano Booster quando c’è una bella parola italiana chiara che lo definisce.

A questo punto pensavo di essere a posto , perlomeno per un anno quando è arrivata la notizia della variante che ha fatto crollare le Borse in tutta Europa, panico diffuso nel mondo , la variante sudafricana ci ha tolto le speranze di essere alla fine dell’incubo.

E’ stata di nuovo la sensazione di vivere come in quel film nel quale il povero protagonista si risveglia ogni mattina ripetendo gli stessi gesti , ascoltando la stessa musica , muovendosi negli stessi posti.

Stiamo vivendo l’incubo del Giorno della marmotta e devo confessare che questa volta non è stata la paura che mi ha preso alla gola , piuttosto una sottile forma strisciante di angoscia , più simile ad un brutto sogno che a qualcosa di reale.

So che studieranno le varianti , so che con tutta probabilità la grande macchina scientifica delle multinazionali del farmaco troverà il modo per fermare ancora una volta le mutazioni del virus.

Ma fino a quando e per quanto ancora ?

Guardo indietro e penso alla mia lunga vita trascorsa , quando programmavamo con leggerezza i viaggi anche nei luoghi oggi quasi impensabili .

Sono stata fortunata , ma i giovani di oggi riavranno la gioia che ho avuto io di vedere Petra e Palmira , di passare il capodanno a Dely,

di andare serenamente a rinnovare il passaporto perché aveva le pagine tutte piene di strani timbri esotici?

Mi sono trovata ripiegata su me stessa , svuotata e intristita.

Scusatemi lettori , ma oggi il blog solo questo aveva da dire. 

I paragoni

Per buona creanza una volta si diceva “ i paragoni son sempre odiosi” e questo è vero quasi sempre  essendo il “quasi” la possibilità di rivedere le tre messinscena di Otello che Jonas Kaufmann ha cantato a partire dal 2017.

Nel suo primo Otello a Londra alla Royal Opera House il tenore al debutto ha avuto dalla sua un grande partner in un amico , quel Tony Pappano col quale aveva già fatto una notevole parte del suo percorso nell’acquisizione dei ruoli , tanto diversi tra loro passando da Puccini a Giordano .

Un amico , la cui italianità di origine lo ha indirizzato nelle sfumature del personaggio che poi il tenore con intelligenza ha fatto sue nel prosieguo del suo cammino.

Negli stupendi costumi che sono sempre una cifra degli allestimenti inglesi il suo Otello primigenio è di una bellezza sfavillante.

E’ venuto poi l’Otello di Monaco , facciamolo strano , facciamolo brutto e complichiamo le cose con un Gerard Finley per me addirittura fuori ruolo come Jago.

Anche la Harteros si muove male , una Desdemona nevrotica e attempata in una messinscena di doppie immagini , molte delle quali non aiutano la facile lettura del testo , solo il gioco del fazzoletto ( ma lo è nella ripresa video  ) è giocato con abilità.

Ma a Monaco c’era Kirill Petrenko e tutta l’orchestra del BSO nel massimo del suo splendore .

Kaufmann ha avuto gioco facile , riprendendo le sottigliezze londinesi e sorretto dal prezioso appoggio del più grande direttore oggi sulla scena capace di guidare con la magia del suo gesto anche la  preziosità del canto.

E arriviamo a Napoli , con le difficoltà delle norme anti.covid , la riduzione orchestrale , la impossibilità di muovere le masse corali , la rinuncia da parte della Palli di alcuni passaggi scenografici .

Eppure , nonostante tutti questi impedimenti questo terzo Otello kaufmanniano risulta per me essere il migliore dei tre.

La storia fila perfettamente , il racconto scorre con coerenza e se i puristi cercano Shakespeare in Verdi e i verdiani ci cercano il Bardo qui si trova un plot narrativo di tutto rispetto, ben recitato e cantato con felicità da tutti gli interpreti.

Kaufmann si è trovato una Maria Agresta in grande ascesa rispetto a Londra , sicura e bellissima in un ruolo che sente suo e anche il resto della compagnia di canto è abbondantemente sopra la media, Martone conosce bene il gioco di palcoscenico e una Emilia così determinante come quella di Manuela Custer è un lusso che pochi si possono permettere.

Jago di Golovatenko è prestante e forte , la cattiveria è di tipo militare e ci sta tutta , vista l’ambientazione.

Se poi ci aggiungiamo il fascino del San Carlo , di una intera città che ha in sé qualcosa di magico direi che questo Otello resterà nella memoria di molti come un evento eccezionale.