Oggi 7 luglio nel lontano 1860 nasceva a Kaliste nella lontana Boemia Gustav Mahler .
Amo la sua musica che riconosco sempre , quasi senza averne una immediata riconoscibilità , non sono una musicista e la mia cultura musicale è sicuramente modesta.
Eppure appena ascolto qualcosa che in qualche modo mi turba e mi affascina contemporaneamente so che sto ascoltando una sua composizione.
La radio è sempre accesa in macchina e la musica parte senza una mia scelta.
Difficile rendere a parole la sensazione di qualcosa che struscia nel profondo dell’anima , che mi fa tendere all’ascolto come se mi sentissi attraversata e sollecitata come una corda di violino .
Ma c’è una pagina particolare di Mahler che tengo nel cuore in un modo così tanto struggente che rischia addirittura di farmi male.
E’ il lungo lied finale del Canto della terra: Der Abschied e quando lo dissi in un breve colloquio a Jonas Kaufmann ( avevo ascoltato la sua versione a Parigi e avevo con me il Cd che ne era stato realizzato), lui mi ha sorriso quasi con complicità , evidentemente anche per lui quella pagina ha un valore particolare e allora mi scrisse una strana dedica con un pennarello rosso e io ci avevo messo un po’ per capirne il testo , comunque bellissimo.
Quegli ultimi sette Ewig che finiscono nel nulla sono una dissoluzione dell’anima .
Ha scritto un colto amico che leggo sempre con piacere che forse vorrebbe che quel sublime finale risuonasse nella sua mente nel momento dell’ultimo addio .
Credo che sarebbe una bellissima fine per ognuno di noi che amiamo il grande genio e che nel ritiro di Dobbiaco l’ha composta lasciandola a noi , che ancora possiamo goderne la sublime bellezza.