Still wie Die Nacht

Mi arriva oggi un piccolo bis di un concerto di Lieder che Kaufmann ha tenuto a Bad Wörishofen due giorni fa.  Il Lied lo conoscevo bene perchè a suo tempo é stato una delle scoperte del bellissimo Selige Stunde .

Prima di quell’ascolto non conoscevo l’autore :Carl Bohm ed è intitolato Still wie die Nacht.

La mia  amica lo accompagna col commento : Königsklasse e non posso dargli torto , sono le perle preziose che il grande tenore regala durante i suoi concerti.

Il piccolo regalo mi permette di ritornare ancora una volta sul Peter Grimes appena ascoltato e alla mia piccola recensione.

Non tutti leggendola avevano capito che non mi era affatto piaciuta la regia e avevo cercato di” dire e non dire” che anche il nostro amato tenore non mi era sembrato al massimo della forma fino a quei quindici minuti finali , davvero sconvolgenti.

Poi è uscita una recensione più esplicita di quanto avevo pensato anch’io e allora “ apriti cielo”! lesa maestà , le acritiche amiche si sono offese per tanto oltraggio .

La verità era che l’inizio dell’opera e per buona parte ha cantato risparmiandosi  , senza offesa e mi era sembrato un pensiero banalmente oggettivo .

Ho concluso che evidentemente si legge solo quello che si vuole leggere e se non ci piace fingiamo pure di non capire .

Per quanto mi riguarda dirò sempre quello che penso , questo è il mio piccolo spazio privato e lo conservo solo per la mia libertà di pensiero.

Rosetta Loy

Se ne è andata anche lei , piano piano mi lasciano anche gli scrittori amati nel tempo.

Ieri ho ripreso in mano La parola ebreo, un piccolo libro bellissimo che avevo molto apprezzato a suo tempo.

Poi , come spesso succede l’ho aperto e ho cominciato a rileggerlo fino a che si è fatto buio  e il mio cuore si era ristretto fino a farmi male.

Parla di quella bambina che negli anni trenta del secolo scorso ( e al quale non avevo mai riflettuto abbastanza di appartenere ) vive da cattolica benestante la tragedia che le passa accanto : quei vicini ebrei che lei considerava persone uguali e tranquille che poi furono portate via dalla follia della storia.

Il suo libro , un misto di dolci ricordi  ( mi ha commosso la citazione di un libro per l’infanzia che avevo amato anch’io La teleferica misteriosa) e la parte pesante di ricerca storica , evidentemente fatta a posteriori e che per me rappresenta una delle più lucide e crudeli testimonianze di quelle che in Italia furono le conseguenze delle leggi razziali.

Nata in una famiglia , larvatamente fascista , come fu anche la mia, il suo cammino di conoscenza dell’orrore si dipana tra piccole storie nella bella casa romana fino ad allargarsi alla denuncia angosciante dei tanti silenzi e tradimenti che il nostro paese fu capace di compiere nell’indifferenza di troppi.

Ho chiuso il libro che era già buio , poi ho acceso le luci cercando di non essere troppo triste .

In fondo la bellezza degli scrittori è quella di non morire quando lasciano le loro opere sui nostri scaffali .

Perché la memoria non muore e spero che passi a quelli che verranno dopo di me e non getteranno i miei libri in una discarica.

Giù la maschera

Non credo che lascerò la mascherina in un cassetto. 
Ne tergo una in borsa insieme alle cose necessarie come il portafoglio , le chiavi e il telefono . Potrà sempre servire , in fondo i popoli dell’Est asiatico le portano per abitudine per proteggersi dallo smog e per cercare di prendersi meno microbi influenzali.

Non è una cattiva abitudine e poi ha i suoi vantaggi : un po’ nasconde le rughe e fa risparmiare sui cosmetici, anche se ammetto che in certe giornate calde levava un po’ il respiro .

Utilissima quando non riconoscevo le persone al volo causa distrazione/ invecchiamento reciproco/ anzianità :

_ sai , non ti avevo riconosciuto con queste mascherine!  E la brutta figura rimandata a data da destinarsi.

A causa di molte dimenticanze in caso di necessità ho finito per averne una buona scorta : due -una bianca e una nera stanno sulla leva del cambio in macchina , poi ci sono quelle un po’ più facili da usare anche se non regolamentari . Ancora impacchettate le chirurgiche che ho visto ancora molto usate in Baviera e le famigerate FFp2 nere da teatro .

Avevo molto invidiata una signora napoletana che al San Carlo ne ostentava una di paillettes , vera sciccheria partenopea.

Non credo sia il caso di rimpiangerle ma per adesso le tengo con cura , non sono affatto convinta che non si ritorni a qualche necessario periodo di protezione , anche se come tutti non me lo auguro.

Dall’uso delle medesime si capisce il periodo nel quale si è girato uno spot pubblicitario , si è registrato un concerto , si è girato un film.

Come tutte le cose che segnano il tempo ci ricordano un periodo delle nostra vita , come quando nei film si fumava o si girava in moto senza casco.

In fondo , senza tornare alla “bautta veneziana” il mondo spesso ha cercato di nascondersi dietro una maschera per proteggere la propria identità e nel nostro caso anche di proteggere la nostra salute.

Anche se per ora non è il caso di esaltarne l’uso con un ‘Ode alla mascherina perduta”.

Attila alle Muse

Anche quest’anno la stagione lirica ad Ancona si inaugura con un titolo che ha profumo delle memorie lontane , infatti in questo glorioso  teatro  rinato esattamente venti anni fa , il titolo non era mai stato in cartellone.

L’opera giovanile verdiana ci racconta di sentimenti risorgimentali e di afflati patriottici , di quella rivolta di Aquileia dalla quale noi sappiamo che nacque Venezia.

Per la messinscena lo scenografo Lucio Diana e il regista Mariano Bauduin hanno scelto una strada ben precisa : la ricostruzione in chiave naif della storia trucolenta che Temistocle Solera su richiesta di Verdi aveva tratto dalla tragedia Attila , Köenig der Unnes di Zacharias Werner.

Una scelta premiata dal risultato ultra-realistico e interessante sul piano figurativo in un tempo un cui tutto si tende ad attualizzare e a portare in trascrizioni che risultano a volte provocatorie e incomprensibili.

Questa è una recita semplice , una pagina strappata da un vecchio libro di scuola impreziosita però da un cast notevole di voci   che val la pena di citare tutti :
Da Attila di Alessio Cacciamani , a Ezio di Vitaly Billyy,che si è formato ad Odessa , dal russo Sergey Radchenko,  ( a teatro non esistono popoli in guerra!) fino alla gloria italiana : Marta Torbidoni , indomita Odabella : chiudono degnamente  l’Udino di Andrea Schifaudo e Andrea Tabili nei ruoli minori.

Ottima l’orchestra Rossini diretta con mano sicura dal Maestro Marco Guadarini.

Il vecchio e glorioso Coro Bellini ha la sua parte di merito anche se ha certamente bisogno di un  rinnovamento generazionale nelle sue file.

Tanti ragazzi in Galleria e bene ha fatto il teatro ad attuare questa promozione culturale perché un bel drammone storico di stampo risorgimentale può solo fare bene alle giovani menti , tutto sommato entusiasticamente partecipi alla intelligentemente oleografica rappresentazione.