Non sono ebrea e non sono una sopravvissuta ai Lager ma raccolgo volentieri l’invito di Edith Bruck , una scrittrice ungherese sopravvissuta all’Olocausto ormai da tanti anni italiana ,che ha passato più di sessanta anni della sua vita girando per le scuola a raccontare la Shoa ai ragazzi.
L’invito di Edith Bruck è quello di continuare a testimoniare con forza la verità di quello che è davvero avvenuto e che piano piano nella memoria collettiva rischia di diventare come un vecchio film in bianco e nero , magari da premiare in un festival e poi da accantonare come una triste favola nera neanche davvero avvenuta.
Ero una ragazzina quando a Firenze mio padre mi portò a vedere in un cinema appena riaperto dopo la liberazione da parte delle forze alleate un terribile documentario girato dai registi americani che si fecero giornalisti e testimoni di quello che videro arrivando nei campi di sterminio disseminati in tutta l’Europa .
Avevo vent’anni quando mio cognato ebreo mi mise in mano un libro sconvolgente : Lo sterminio degli ebrei del Poniakowski e credo quindi di avere il dovere, da persona ormai tanto avanti negli anni di testimoniare con consapevolezza quello che fu l’estremo orrore che attraversò l’Europa quando ero una bambina cristiana che viveva a Firenze e che niente vide personalmente ma che ebbe la possibilità di documentarsi sia vedendo i terribili documentari che leggendo i libri giusti nell’età della ragione.
Ho anche il dovere di scandalizzarmi e di indignarmi quando un magistrato assolve “ perché il fatto non costituisce reato” una donna che si è fatta fotografare a Predappio durante una oscena marcia in ricordo di Mussolini indossando una Tshrt nera con la scritta Auschwitzland come se fosse una cosa spiritosa.
E’ una china pericolosa quella di ostentare simili orribili memorie come fossero battute di spirito , equivale a mascherarsi da SA durante una ricevimento di addio al celibato.
Finchè avrò un briciolo di forza sarà mio dovere raccontare quello che ho saputo , testimoniare quello che ho visto e raccontare ai giovani quello che ho letto. Non solo il 25 gennaio , ma tutti i giorni in cui incontrando dei giovani, mi sarà concesso di parlare in memoria di tutti coloro che ormai non ci sono più.