Una vita diversa

Una famiglia finlandese aveva deciso di scendere a vivere verso il Mediterraneo e in un primo momento si era fermata in Spagna.

Poi ,osando forse troppo, era arrivata a Siracusa e la gentile madre aveva pure iscritto i tre figli a scuola.

Dopo appena tre mesi , inorridita , perché qui fanno tutti troppo rumore ,i ragazzi non riescono ad andare a scuola da soli in bicicletta , i programmi delle scuole non sono di suo gradimento ha deciso di ripartirsene con gran clamore .

La notizia riportata con risalto dalla nostra stampa sempre esterofila ha evidenziato che la delusione della brava madre finlandese era decisamente legittima essendo le scuole finlandesi molto ma molto più a misura di ragazzo di quanto avviene dalle nostre parti.

E’ chiaro che il nostro sistema scolastico fa schifo se confrontato ad altri paesi di un ‘Europa mediamente più avanzata in quanto a edilizia scolastica , stipendi ai docenti e ammodernamento dei programmi.

Ma altrettanto legittimamente vorrei domandare alla gentile finlandese cosa pensava di trovare nel paese “ dove fioriscono i limoni” come scriveva Goethe ,la possibilità di proporre gli stessi standard scolastici ai figli del Nord più profondo?

La Finlandia , meraviglioso paese dove è buio per quasi sei mesi , dove di sole vero ne hanno si e no un mese e mezzo, dove la popolazione è in tutto di 5 milioni in un paese più piccolo dell’intera isola penso sia facile mandare i ragazzini da soli a scuola in bicicletta e penso sia altrettanto facile avere un rapporto docente / studente decisamente più basso che in Sicilia , ma davvero l’ingenua signora nordica pensava che il suo stile di vita potesse replicarsi nella nostra meravigliosa isola mediterranea?

Quando  io arrivavo con il liceo di Ancona a Siracusa in maggio vedevo le buganvillee  a grappoli , le zagare profumate e mi sentivo felice di tanto trionfo della natura.

Se ne riparta la signora con la sua famiglia , verso qualche altro paese più a sua misura ,ma non facciamoci noi sopra tanto clamore .Magari nei suoi vagabondaggi in cerca della perfezione metta sulla bilancia il clima , la cultura , il carattere diverso delle popolazioni e poi tiri le somme.

Il bilancio non batte mai in pari , il sole batterà sempre il freddo del nord profondo e la vita facile sotto un cielo tanto più triste è sicuramente meno allegra. 
Si informi meglio quando rifarà le valigie.

Amici miei

Comincia con un impietoso confronto il concerto di Baden Baden due due amici cantanti .

La sinfonia dell’Innominata apre come a Berlino , ma altri suoni echeggiavano sotto la strepitosa bacchetta di Petrenko, i Berliner la vincono facile e il confronto dispiace per il povero Rieder che comunque fedele e sorridente accompagna i trionfali concerti di Kaufmann da quando era maestro suggeritore a Zurigo.

La prima parte del concerto è tutta un collage di pezzi dell’opera che mi riportano nostalgicamente alla versione di Monaco : praticamente tutto quello che tenore e baritono cantano insieme fino allo strepitoso salto di Alvaro frenato  giusto alla gola di don Carlo che qui adesso ovviamente rischia molto di meno.

Ma lo strepitoso mestiere dei due grandi ci fa dimenticare il passato e se la giacca di Tezier si è allargata alla taglia giusta lo stesso non si può dire di quella di Kaufmann che seguita a mettersi vestiti che farebbe meglio a regalare e a non ostinarsi ad abbottonare giacche della taglia di qualche anno fa.

Molto più prestigiosa la seconda parte , più variata, che ha la sua punta di diamante e che provoca brividi nel duetto dell’Otello dove l’arte e la recitazione dei due grandi cantanti ci fa dimenticare di essere ad un concerto.

Anche i brani individuali  Cielo e mar e il Credo sono strepitosi e comunque è bellissima l’atmosfera che non conosce la competizione e fa godere l’uno dell’altro del giusto plauso del pubblico.

Pubblico che ogni tanto viene inquadrato e rivela una selva di teste bianche che mi mettono tristezza perché se è chiaro che il costo dei biglietti non è per i giovani il fatto che comunque ci siano solo vecchi ad ascoltare non depone certo a favore del futuro della lirica.

Veri gioielli sono anche i bis programmati : decisamente abbandonata da Kaufmann la pretesa di allacciare il bottone i due sodali si divertono nel breve bozzetto dallaBohéme e soprattutto nell’inno all’amicizia , talmente vera da superare anche la versione di scena del Don Carlo che i due si concedono abbracciati davvero :Tu che nell’alma infondere è come un’apoteosi di due vite diverse che hanno trovato una straordinaria armonia nelle voci e ,  credo , anche nella vita.

Un teatro nuovo

Se è vero come è vero che gli architetti di oggi non sanno più progettare le chiese e salvo un paio di luminose eccezioni non è che nel Novecento siano state costruite chiese nelle quali si possa cercare di pregare in raccoglimento , altrettanto direi della recente progettazione di teatri.

Pensavo a questo qualche sera fa , quando prima dell’inizio del Don Carlo a Firenze passeggiavo in quella sorta di hangar grigio che è la hall del teatro nuovo del Maggio Musicale Fiorentino.

Un lungo corridoio ,  vuoto di riferimenti , in fondo un bar senza logica , provare per credere a fare una fila , tutto  è senza capo ne coda e grazie alla maleducazione italica per la nota allergia a mettersi in fila neppure facendo uno scontrino prima dell’inizio dell’opera sono riuscita e bere un caffè in nessuno dei due intervalli.

Gente disorientata in cerca di informazioni circa tutto : dove sono le toilettes, dove si va per sentire la presentazione dell’opera , dove lasciare un cappotto.

Un guardaroba , uno solo ! , ovviamente poco frequentato perché molti preferiscono non rischiare all’uscita cosicchè si sta in sala come in attesa nell’ambulatorio dal medico.

In sala poi con pazzeschi scalini di diverse misure e mi dicono che ogni tanto si vedono precipitare spettatori e che in galleria è peggio , anche perché il pregiato pool di architetti progettatori non ha previsto corrimano utili alla protezione dei deabulanti precari spesso non giovanissimi spettatori.

Il colore dominante è il grigio-tristezza e grande è il mio rimpianto per il vecchio Comunale nel quale passai i verdi anni della mia giovinezza.

Abbastanza pratica di teatri in giro per l’Europa posso dire che a Firenze si è raggiunto il non invidiabile primato di bruttezza unito alla scomodità.

Pare che tutto sia stato reso necessario dalla mancanza di torre scenica del vecchio teatro .

A giudicare da questo primo nuovo allestimento penso che quei soldi di tutti se li sarebbero potuti anche risparmiare.

Don Carlo a Firenze

Valeva la pena di andare a Firenze per il Don Carlo ? Direi tutto sommato di si anche se sentirlo in quattro atti e senza il Lacrimosa sul corpo di Posa è per me quasi offensivo.

Ma c’era da rivedere una sorella amata , il respirare quell’aria di casa che mi da la sola vista dei colori fiorentini delle case ; quel grigio della pietra serena che si valorizza nel giallo degli intonaci , quella cupola del Brunelleschi in fondo alla Santissima Annunziata , insomma la somma degli addendi mi fa considerare il risultato positivo.

Per quanto riguarda lo spettacolo al classico Viva Verdi aggiungo un Viva Daniele Gatti , la sua direzione intensa e originale mi ha fatto scoprire preziosità nuove in un’opera amatissima che mi canta dentro dalla prima all’ultima nota.

Poi c’è da dire tanto sul nulla cosmico di una regia inutile e forse offensiva per un grande teatro un tempo considerato molto in alto per la qualità dei suoi allestimenti tanto che arrivata all’Autodafè sono sbottata in un : ma facciamolo in forma di concerto che è molto meglio !

L’orchestra del Maggio è decisamente all’altezza e anche il coro se non sbattuto fuori scena si fa apprezzare, ma che dire del buio delle brutte scene inutili , delle dame di corte con i veli neri nella festosa Canzone del velo, del Grande Inquisitore con la papalina di Buoso Donati del Gianni Schicchi?

Il cast molto disomogeneo mi fa rimpiangere ben altri allestimenti : il Don Carlo o Carlos che dir si voglia abbisogna di cinque gradi voci e , aggiungo; di interpreti che si ricordino del detto verdiano “ del recitar cantando” e in questo caso di interpreti grandi ce n’era uno solo : Eleonora Buratto , un soprano che seguo da anni e che sarei andata volentieri a salutare , se non fosse che una delle difficoltà pratiche di quel teatro è anche quella di trovare un taxi all’uscita se non nell’immediatezza della fine dell’opera.

Glielo scrivo qui , ho trovato che lei era l’unica che aveva capito Gatti e mi ha regalato una splendida Elisabetta.

Meli è bravo , forse il nostro miglior tenore su piazza, ma lo amavo di più in un repertorio puramente lirico e Don Carlo necessita di salite vertiginose che possono essere in dote naturale o ricercate con tecnica , ma allora ne va della naturalezza della recitazioe , insomma bravo , ma non è colpa sua se io amo altre voci…

Poi a scendere : una Eboli a fase alternata , un Posa inesistente ,un Filippo non abbastanza basso , un basso profondo che non c’era :

Insomma mi sono accontentata di seguire il Maestro e ascoltare l’orchestra.

Con questo chiudo e torno all’inizio del mio pensiero aggiungendo : ma è cosi difficile mettere in scena un Don Carlo degno di essere interamente apprezzato ?

Ma questo lo ha già scritto anche Enrico Girardi.

Pensiero sulla morte

C’è qualcosa di osceno nella foto di un selfie col morto anche se si tratta di un morto molto amato e a suo tempo molto famoso.

La foto fa il giro del mondo e mi provoca una serie di considerazioni che trascendono l’episodio e oltre tutto lo riallacciano ad un altro casualmente coincidente evento di una vera portata mondiale.

L’esposizione contemporanea della salma di Pelé e del Papa emerito Benedetto XVI scatenano lo stesso impudico accorrere di masse .

Mi domando cosa può spingere i brasiliani ad omaggiare il loro idolo calcistico e a questo riesco a dare una facile risposta , un idolo calcistico mitizzato in un paese sudamericano lo capisco.

Molto più difficile per me capire la fila di persone che lentamente in San Pietro scorrono davanti a quella ormai terribile statua di cera di un vecchio uomo che fu Papa e che credo avrebbe poco gradito tutta quella esposizione post-mortem.

 Se per le suore in fila la risposta è chiara e lo è anche per quei pochi osservanti cattolici , non credo che le migliaia di persone che rendono questo omaggio all’ex pontefice siano spinte da rinnovata devozione.

C’è uno strano sentimento di curiosità accompagnato dalla voglia di dire “io c’ero” che spinge i tanti anonimi nessuno che fanno la fila , solo per poter dire un giorno che quella volta avevano partecipato all’evento clamoroso di un ex papa che aveva scelto volontariamente di rinunciare al papato.

Ciò non toglie che quelle masse mi provochino un grande malessere , c’è in me un grande rispetto per la sacralità della morte e faccio fatica a comprendere quello sfacciato accorrere laddove chiunque sia il morto dovrebbe restare nel silenzio e nell’ombra della sua immagine passata, mi verrebbe da dire : chiudete quella bara!

Un semplice saluto

Una grande abbondanza di Patria e Nazione , ovviamente tutto molto maiuscolo nei falsamente colloquiali discorsi del “ presidente del consiglio” tanto femminile da volere essere chiamata al maschile per paura di non essere abbastanza virile nelle sue decisioni.

Onore al merito, anzi l’onore delle armi che sicuramente a lei piace di più.

Ma a me questa abbondanza retorica fa venire una strana orticaria mentale , mi puzza di ricordi lontani perché data l’età ragguardevole fui un giorno anche Figlia della Lupa e (con mio grande rammarico infantile) cadde il fascismo e non potei mettere la gonna svolazzante di Piccola Italiana.

Ma torniamo ai discorsi retorici del Presidente : mai che gli sfugga un “paese” , bellissima parola che profuma di pane e di basilico.

L’illustre intelligente signora sfoggia un notevole inglese e anche un acclamatissimo spagnolo e mi permetto di darle  un suggerimento linguistico diverso : esiste in tedesco una parola bellissima e intraducibile :Heimat che io amo molto.

Sul vocabolario si traduce con “paese natale “ anche se è molto di più.

E’ l’appartenenza ai valori , alla memoria ,(forse anche ai disvalori ) ma è qualcosa che attiene all’intimo e non ha niente di trionfalistico e retorico.

Dato che perlomeno a parole la ragazza dice di non volere deludere e vuole restare a lungo al comando e in questo ha un grande alleato nelle derelitta sinistra , cerchi qualche volta di dismettere tutte quelle retoriche maiuscole utili per i Patrioti che magari hanno anche nostalgia di preoccupanti strani gesti a braccio virilmente alzato , ci conceda un semplice ciao con la mano.

Siamo un grande paese , molto minuscolo e molto complicato e con questo spirito paesano le mando il mio saluto assolutamente non cameratesco.

Concertando

Ho viaggiato da Berlino a Dresda , da Venezia a Vienna e tutto senza muovermi da casa .

Ormai i concerti di Capodanno sono parte della tradizione e la devono subire anche i miei poveri nipoti da quando il mio ultimo figlio mi accoglie al pranzo tradizionale col suo mega televisore acceso perché sa che la mamma ama questa tradizione.

Un tempo molto lontano , quando eravamo tutti in pista a sciare verso l’una si aprivano le portiere della macchina e se era una giornata di sole i valzer viennesi riecheggiavano tra le Dolomiti innevate , tenere immagini lontane che fanno sorridere al ricordo.

Adesso mi viene anche naturale fare una specie di graduatoria , ormai tutto lo si giudica in base al gradimento , ovviamente in base al mio personalissimo gusto.

La vince Berlino ma soprattutto per il divertimento che emanava dal piccolo gigantesco Petrenko alle prese con un programma vario e intelligente ,ovviamente anche grazie al cantante -star che sfoggiava come perle le sue arie consuete .

Malignamente posso dire che mi è mancato un famoso “passaggio” dell’Improvviso dell’Andrea Cheniér ,ma sappiamo che il nostro esce da giornate di non perfetta forma delle sue corde vocali e dove non arriva con la voce arriva con la sua tecnica sublime.

A Dresda una Nona perfetta e scolastica quanto basta . Grandissime voci anche se KFV mi pareva un po’ leggerino nel suo pezzo solistico del finale.

Vienna , noiosissimo direttore e Wiener con la solita morbidezza di suono, altri direttori abbiamo visto in tempi neanche tanto lontani scaldare di più il pubblico festante e ben pagante che assistevano al “sacro rito”.

Ultimo metto Venezia , città amatissima , teatro rinato dalle ceneri lustro e dorato quanto basta : ottimo soprano , buon tenore ( molto americano nella pronuncia) e validissimo Harding alle prese con un repertorio troppo ..usato sicuro .

Notazione a latere : le coriste veneziane avevano tutte finalmente un uguale abito d’ordinanza , certe cose io le apprezzo davvero.