Il test della tenda

Per uno strano senso civico che mi porto dietro da sempre accetto un ruolo modesto ( rappresentante di lista) al seggio dove voto.

Seduta su una sedia, di lato , tanto non servo a niente vedo le persone che , scheda e matita in mano vanno verso la cabina elettorale che è costituita da un traliccio di metallo con una  tenda davanti che se alzata a dovere permette l’ingresso nel piccolo abitacolo.

Ma come cani pavloviani i votanti non percepiscono l’ingresso in cui basta solo smuovere la tenda per entrare e girano intorno , vanno dietro a cercare un ingresso e solo dietro suggerimento del presidente di seggio capiscono l’errore e spesso scusandosi finalmente trovano l’imboccatura misteriosa.

Un tempo le cabine erano di legno ed effettivamente si girava intorno per trovare l’ingresso ,ma adesso il sistema si è fatto semplice , troppo semplice per l’elettore medio italiano.

La mattina vota tutta gente adulta , ahimè credo che i giovani a votare non ci verranno  proprio , ma la mia osservazione che dura qualche ora mi fa capire tante cose e azzardo a pronosticare l’intenzione di voto dei probi cittadini così  già ben indottrinati che metteranno la loro croce senza pensare troppo al prezioso gesto che stanno per compiere.

La democrazia è bella , ma forse meriterebbe di essere coltivata di più dal punto di  vista politico in senso stretto.

Se il 70/80 per cento delle persone non riesce neanche a capire come si entra in cabina come sarà potrà essere ponderata la loro scelta politica ?

Il presidente stufo di dovere continuamente spiegare che è semplice , che si entra davanti , mette una scopa a sbarrare il giro inutile.

Ebbene , l’elettore medio sposta pure la scopa per fare il giro verso il retro.

Torno a casa , non so coma andranno le elezioni comunali . sono però abbastanza avvilita alla vista del test della tenda .

Dio salvi la democrazia!

Una firma in più

Nella vita accade di fare dei gesti che stanno tra lo stupido e il velleitario come quello di rispondere positivamente a un accorato appello on line:

Salva le api , poi è arrivata salva l’orsa , poi salva gli elefanti  , poi tutta una serie di appelli , alcuni molto fantasiosi e non ce la faccio più a stare loro  dietro .

Non ho ben capito  cosa ci sia dietro a questa specie di catene di sant’antonio che in effetti non mi costano niente ma che mi fanno capire quanto sia cretino aprire il varco ai mille appelli inutili che circolano in rete.

Ora le cancello tutte , ma prima di annullarmi nel vuoto galattico ci vorrà sicuramente tanto tempo .

Contemporaneamente essendo una osservata speciale del grande fratello ho commesso l’errore di cercare su Amazon un vaso toscano da mettere  sul basamento triste del fu-cedro davanti casa .

Passa solo un giorno e sono sommersa da tutte le forme di vasi , portavasi , finti tronchi d’albero portavaso , cesti e cestelli alcuni dei quali , anzi quasi tutti , decisamente brutti.

Spero molto nell’arrivo dell’intelligenza artificiale che perlomeno da come ce la spiegano sarà in grado di capire che se compro un libro non è che poi mi offrono i fumetti o che se compro la Turandot mi arrivano aberranti DVD di epoca micenea con cantanti sconosciuti .

Tutto questo poi non sarebbe grave se non nascondesse il vero pericolo , per ora solo molto letterario , di classificarmi anche politicamente e di conseguenza di pormi in una lista pericolosa :quella della classificazione di pensiero.

Per fortuna per adesso a nostra destra becera e  ignorante si limita a farsi conoscere in tutta Europa per quello che è , ma mi ricordo con tristezza quando , molti anni fa in India , involontariamente passai avanti ad un altro passeggero in fila per salire su un aereo e quello mi gelò con uno sprezzante “ berluscones”.

Ma se mi chiamano “melones” giuro che stavolta non resto in silenzio.

Le otto montagne

Un film diverso dai tanti che circolano sui nostri schermi e che nonostante affronti un tema universale quale l’amicizia non lo si può considerare un film semplicemente educativo in senso classico.

Sta diventando un film molto premiato  perché dopo avere vinto il Grand Prix del Festival di  Cannes in questi giorni ha ottenuto anche il premio David di Donatello come miglior film italiano .

Basato sulla solida base dell’omonimo  romanzo  di Paolo Cognetti che a sorpresa di molti vinse nel 2017 il premio Strega   ( non l’ho ancora letto ma mi ripropongo di metterlo in testa alle mie letture estive) , è anche un film strano nella forma : girato in 4:3  all’inizio avevo pensato che la formula fosse relativa alla prima parte del film , quella del ricordo per poi arrivare a spiazzare largamente sui bellissimi paesaggi montani in cui il film è girato.

Poi ho capito che la scelta non era strumentale a una sola parte del racconto ma serviva a mantenere viva l’attenzione sui personaggi ; la montagna , bellissima , sempre parte integrante del racconto , ma sullo sfondo , non diventa mai protagonista e anche l’uso del drone è limitato ad una sola lunghissima inquadratura verso  il finale , quando senti che fisicamente i due amici si allontanano per sempre.

Due registi  belgi : Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeerch, una cooproduzione belga e francese ma il film è a tutti gli effetti un film italiano magistralmente interpretato da due tra più talentuosi giovani attori del nostro cinema : Luca Marinelli e Alessandro Borghi e non saprei dire quale dei due sia l’uno più bravo dell’altro .

Amici anche nella vita i due si sono ritrovati in questa storia dopo avere avuto la prima affermazione insieme nel film Non essere cattivo nel 2015 del compianto regista Claudio Caligari.

La storia ad un tempo semplice e poetica si basa sul rapporto di fratellanza e di   amicizia maschile  e si snoda verso i diversi destini , dalla nuda montagna valdostana fino all’Himalaya ed è totalmente autentica , infatti io  credo  che sia uno dei motivi della grande presa che la storia  ( non la voglio raccontare ) di due uomini in cammino attraverso la vita , ciascuno ricercando la propria storia attraverso la capacità di ritrovare se stesso.

Anche le figure di contorno , un merito speciale a Filippo Timi e Elena Lietti , tutti contribuiscono a ricreare un mondo molto reale  e semplice mentre la storia cammina , attraverso la voce dell’io narrante , anche se devo dire che è usata con molta parsimonia.

Otto mesi di riprese , i registi e gli attori hanno realmente costruito la casa in cui si svolgono gran parte delle riprese e a anche le scene che potevano sembrare documentaristiche sullo sfondo esotico del Tibet riescono a mantenere vivo il racconto lineare e di una semplicità artistica encomiabile.

Mi associo a chi ha voluto premiare questo film raro e prezioso , poi se oltre a tutto si ama la montagna c’è anche da godere dei paesaggi volutamente sempre sullo sfiondo ma che profumano del senso del vento e della neve.

Le piccole patrie

Siamo cittadine europei , crediamo in un progetto comune che rafforzi la nostra posizione nel mondo globalizzato , poi si legge di un delizioso piccolo paese che risponde al nome poetico di Sambuca Pistoiese che vuole passare all’Emila perché non hanno più il dottore nel loro paese.

Vogliono un referendum ; a quel punto della lettura si cita il nome del confine : il ponte della Venturina e ho un tuffo al cuore .

L’ho passato tante volte percorrendo la valle del Reno , detta anche la valle del freddo quando andavo d’estate a trovare i miei parenti a Gavinana  facendo quella strada nella quale sembra essere tornati nel medioevo , il fiume in basso nella gola e la parete di roccia incombente sull’altro lato.

Si passa da Marzabotto , poi si arriva a Porretta e siamo in Emilia, lo dicono i panorami , le case che sembrano disegnate da Morandi e soprattutto lo dice la lingua emiliana se ti fermi anche solo  a prendere un caffè.

Poi , passato il ponte della Venturina impercettibilmente cambia il colore delle case di un bel giallo toscano e se al primo stop possibile chiedi  un’informazione ascolti il linguaggio diverso :

sei in Toscana , anche se hai fatto solo una manciata di chilometri.

L’Italia tutta intera è una realtà tanto recente se pensiamo al flusso millenario della storia e i piccoli Stati sono stati realtà per secoli.

Da una parte lo Stato della Chiesa e dall’altra il granducato di Toscana .

Pare impossibile , ma una cesura così netta del linguaggio forse non è riscontrabile altrove così platealmente come attraversando quel ponte  dal poetico nome messo a dividere le vecchie divisioni storiche.

Non so se quel referendum i pochi cittadini dello sperduto paese nell’Appennino lo faranno davvero.

Di sicuro , a parte il problema del dottore, di non facile soluzione perché purtroppo i dottori di base scarseggeranno dappertutto in tutto il paese , resterà il fatto che seguiteranno a parlare in modo tanto differente anche tracciando una linea burocratica spostata di qualche metro.

Pensiero pesante

Si muore in tanti modi , ma la pubblicità della propria morte sembra appartenere solo al cancro , malattia fino a poco tempo fa sicuro termine del fine vita.

Anche se oggi , grazie alla ricerca sempre più avanzata , per molte forme della malattia c’è addirittura, anche se i casi non sono poi così tanti , anche una speranza di guarigione.

Mi mette sempre un po’ a disagio l’esibizione della propria malattia come testimonianza e nel caso di Micaela Murgia il risalto che si è data con la pubblicazione di interviste su tutte le testate di rilievo , il senso di disagio è diventato anche più grande.

Ho sempre pensato che esiste un tempo dell’addio che se possibile deve essere molto privato , può succedermi anche domani, ma non credo che cambierei idea.

Penso che gli animali , quando sentono la morte vicina si allontanano da casa , si nascondono agli occhi di chi li ha amati , senza arrivare al classico dei classici : il cimitero degli elefanti , chiunque ha avuto animali conosce bene la loro progressiva sparizione via via che si sentono  più vicini alla fine.

Per gli umani invece scatta questa esibizione impudica , rivendicata come una conquista di civiltà , però vale solo per il tumore anche se in realtà si muore anche di tantissime altre patologie ,forse meno letterariamente raccontate.

Non a caso nella narrativa attuale , specie in quella americana , si muore di cancro spessissimo , un modo semplice per risolvere molte storie.

So che la mia è una voce molto fuori dal coro , forse la mia anima è troppo debole per pensare ad una esibizione finale pubblicizzata , anche perché non ne fregherebbe niente a nessuno o quasi , sapere dei miei mali.

Credo semmai sia bello che le persone che hanno una vita pubblica e che la malattia l’hanno vinta o quantomeno combattuta raccontino la speranza , condividano la possibilità di vittoria .

Questo serve davvero a chi è malato e sta cercando di sopravvivere lottando.

Viva il re

Finchè c’è sta lei , la regina Elisabetta seconda , nei suoi settant’anni di regno non avevo mai pensato quanto fosse anacronistica ogni cerimonia , ogni giubileo , ogni festeggiamento che la riguardasse.

E’ stato un tempo fermo , un’immagine che rassicurava anche noi che suoi sudditi non eravamo.

Ieri invece , quando per poco tempo ho seguito la festa di incoronazione del re Carlo terzo ho trovato tutto così assurdo in questo nostro terzo millennio che ho anche smesso di seguire la tv, come se si trattasse di un sequel di una fiction in cui l’unico personaggio divertente era quel rosso di pelo relegato in terza fila , come in ogni script ben fatto per il quale valesse la pena di seguire la storia.

Ho cominciato a pensare a una famiglia che si chiamava Sassonia Coburgo Gotha che si è pure inventata un nome d’arte : Windsor per non sembrare troppo tedesca per le orecchie inglesi , operazione che del resto fece anche Filippo di Battenberg , scambiato in Mounbatten sempre per lo stesso motivo.

In definitiva , anche se la tradizione li fa risalire a novecento anni di regno troppe volte hanno  pure cambiato i nomi per essere sempre in linea con il trono che rappresentavano.

Per carità , a fronte di alcune democrazie scalcinate , a molte autocrazie velate appena di aperture e soprattutto davanti alle dittature che esistono numerose nel nostro mondo ben venga ancora un regno ,anche se poi in definitiva è tutta pompa e poco circostanza ( vedi Elgar) infatti i sudditi inglesi stanno ancora meglio loro di tanti abitanti di questo pianeta.

Quanto potrà durare ancora tutto questo fasto inutile e anche dispendioso per le tasche dei cittadini non lo so , oltretutto i reali inglesi non hanno neanche un minimo della forma che ha l’unica altra istituzione così ancora legata al fasto solenne : la Chiesa cattolica .

Ma lì c’è dietro un pensiero forte che non mi pare alligni nelle menti sovrane inglesi.

Comunque per quello che ne ho visto devo dire che era divertente, come una bella rappresentazione in maschera , anche se siamo lontani , in quanto alla trama, dalle grandi opere del Bardo.

Qui a volere essere larghi siamo più dalle parti di Netfix ed è in fondo quello che ancora diverte il mondo.

De profundis del cedro

come eravamo…

Stamani , mentre una piccola squadra di giardinieri lavorava velocemente a distruggere pezzo per pezzo il cedro che fu piantato ,piccolo , quando ci inventammo la vegetazione che avrebbe contornato casa mia dove prima c’era un greppo incolto, mi ronzava in testa un verso di Cardarelli : Cosa mi colpisce ormai…

Mi colpisce anche la fine di un albero , forse un po’  meno della morte di una animale di casa , mi è sempre un segno di cambiamento prospettico avendo la consapevolezza che non ci sarà in futuro l’ipotesi di vedere ricrescere qualcosa la in mezzo.

L’omino di burro che sorridente e devo dire con molta perizia da capo ha sbrigato tutto in una mattinata , mi ha spiegato che non devo tentare di piantarci niente  sulla base del tronco rimasta , tanto perlomeno per una diecina d’anni non ci crescerebbe niente.

Compri un bel vaso e ci metta una bella pianta è stata il saggio suggerimento.

L’idea mi ha convinto , ora si tratta di cercare il bel vaso e la bella pianta : sarà un gioco nuovo anche se ho capito che non sarà un gioco  molto economico.

E’ un po’ la teoria del bicchiere mezzo pieno , quella che si deve cercare di adottare sempre se non si vuole finire a piangersi addosso anche per le cose materiali , in questo il lato più ferrigno di me  aiuta.

Con questa pillola di filosofia spicciola oggi il blog finisce qui.

Passo e chiudo.

Un concerto

Un prezioso video del concerto di Vienna della primavera del 2022 viene finalmente riproposto  dalla Tv austriaca e su ARTE

La tournée aveva riguardato tante mete europee ma la ripresa elegante è quella del Musikverein , bellissimo ,con sapienti mezze luci che illuminano le cariatidi dorate.

Kaufmann-Damrau-Deutsch, Un programma accattivante e colto : da Schumann a Brahms . Perché non c’ero andata ?

Me lo domandavo mentre seguivo ammirata sullo schermo del mio computer lo svolgersi del raffinato programma .

Poi ho capito perché; gli spettatori avevano tutti la maschera , a Vienna erano ancora in vigore le norme anti-Covid , che imponevano il controllo tampone , col rischio che se si era positivi si doveva restare dieci giorni confinati prima di poter ripartire .

Me lo sono perso dal vivo , ma adesso me lo ascolto ammirata per la sapiente miscela dei testi , sicuramente opera di quel mago del pianoforte che risponde al nome di Helmuth Deutsch.

La cura nel passaggio da Schumann a Brahms quasi non la cogli se  non dopo un paio di ascolti ( e questo è il pregio della visione televisiva), il gioco delle parti tra la meravigliosa voce morbida e calda di Jonas e il trillo sicuro della partner che sta al gioco , come del resto avevano già sperimentato negli Italienisches Liederbuch di Hugo Wolf ,che invece avevo ascoltato dal vivo ben due volte.

Molte pagine preziose per chi ha scoperto il Lieder romantico un po’ tardi , come me, e la conseguente sorpresa di tesori che solo attraverso il mio tardivo studio del tedesco aiutano a capire meglio l’incanto della musica.

Un amico italiano , colto quanto basta per amare quasi esclusivamente il melodramma italiano , mi ha detto : ma se sono tutti uguali!

Ho sorriso cercando di spiegare che sono gioielli preziosi e diversissimi tra di loro grazie ad un tessuto musicale raffinato  che si apprezza di più ascoltando il fluire del pianoforte che accompagna  sottolineando il testo  e si stacca mirabilmente  creando  l’unicum tra le due parti.

Ciò non toglie che anche il preparato  pubblico viennese scoppi in un applauso non previsto dopo il notissimo Stille tränen , cantato dal magico Jonas  e che poi rimedia , forse un pò pentito ,con un  un analogo applauso alla Damrau che sa benissimo essere la sparringpartner  di tanto tenore.

Komunisti in Austria

Per una frequentatrice del festival di Salisburgo  è una notizia quasi divertente : nella città di Mozart alle recenti elezioni regionali il Partito Comunista Austriaco ( PKÖ ) ha ottenuto il 22%  e rientra nel parlamento regionale .

Noi che di Saltzburg conosciamo solo l’oasi fuori del tempo della Altstadt pare una notizia incredibile  ,ma una volta tanto tempo fa presi un taxi per andare in stazione e capii che la città vera era molto più grande e più moderna di quell’isola rarefatta e turistica che abitualmente frequentavo.

In Italia la notizia è stata riportata solo da qualche trafiletto sui giornali più qualificati ,ma mi ha incuriosito l’evento strano e ho cercato di capirne di più.

In un paese piccolo , ordinato e apparentemente addormentato , nel quale si celebra ancora un mega ballo delle debuttanti che vengono da ogni parte del mondo e le cui famiglie spendono un mucchio di soldi per vedere le loro figlie allineate ai lati della platea dello Stadtstoper mentre la star di turno canta i pezzi forti del repertorio , ci sono sacche di povertà nascosta e soprattutto dietro il conservatorismo dell’ex Impero asburgico c’è tanta corruzione e infatti i governi cadono per incapacità di ben governare.

Non è un paese facile l’Austria si si va a vedere che ci fu un momento ,nel 1936, in cui si costruirono affascinanti case popolari , in cui le   tensioni nascoste nell’alternarsi al potere le forze politiche attuali non hanno brillato per misure di buon governo.

Allora studiando meglio capisco che questo risultato comincia dalla Stiria , da Graz ( leggo che viene anche chiamata Stalingraz!) dove una sindaca donna ha avviato una politica di sostegno alle fasce deboli e questa politica , ormai consolidata negli anni ha portato a questo , per me quasi anacronistico e divertente risultato elettorale.

Citando citando

Un film di Nanni Moretti è sempre un evento per chi negli anni ha molto amato questo regista e si è divertita dai tempi lontani di Ecce bombo e di Palombella rossa a fare proprie le famose frasi fatte che entrarono nel lessico di molti ( faccio cose  ,vedo gente ..), così anche se sempre  più raramente avviene, prendo la strada del cinema per vedere Il sol dell’avvenire.

Sappiamo già tutto , soprattutto l’assunto finale che segnò la fine di una possibile svolta italiana del Partito Comunista che non condannò i carri armati sovietici nel 1956 quando entrarono a Budapest per reprimere la rivolta popolare.

Devo dire subito che , contrariamente alla conformistica onda di consenso generale plaudente , il film non è riuscito ad emozionarmi se non in pochi attimi di buon cinema , ma forse il merito di quei momenti va piuttosto a Tenco e Battiato.

Sono sempre restata aldiquà della storia , troppo fellinianamente  evocativa di un passato intellettualmente molto ideologizzato .

Forse il regista si  è divertito , ma i suoi temi ( l’attacco al cinema di genere è vecchio , ricordiamo le bave verdi di condanna e come è vecchio il suo giocare a ricostruire una sequenza di Kiewslowski che dura un’eternità e che se non hai visto il sesto capitolo del Decalogo ( non uccidere) è pure cinematograficamente noiosa. 

Ci si diverte (?) a riconoscere gli amici in marcia verso un banalissimo futuro al quale non crede lui come non crediamo noi , vecchi davvero e ci manca la zampata del leone che forse avrebbe auspicato il buon Silvio Orlando ( vorrei un   finale in cui mi ammazzo davvero!)

Oggi questo film si ferma dove invece sono arrivata io uscendo dalla sala alle nove di sera in una piccola città , la mia, in cui incontro solo gruppetti di ragazzi cingalesi , magrebini , sudanesi; dove le luci della Fiera di maggio cominciano ad accendersi su bancarelle tutte uguali , con famigliole in uscita domenicale che portano a spasso una sola carrozzina alla quale capisci bene che non ne seguiranno altre.

Mi sembra di essere , io , in un set da una delle tante serie Netfix così snobbate dal Nanni nazionale . La vita è questa  , nella quale il contratto a tempo indeterminato è un miraggio per troppi giovani , dove noi vecchi restiamo sempre più soli , dove anche nella tranquilla provincia marchigiana si è contenti di rientrare a casa in orario serale a basso rischio.