Il mito della pizza

Mette allegria la scoperta di un affresco pompeiano: incredibile e perfetta si riconosce l’antenata della odierna pizza sull’elegante vassoio , col calice di vino , il melograno e la frutta secca.

A volere essere pignoli per essere una pizza gli mancano la mozzarella e i pomodori  solo perché  che duemila anni fa non erano ancora stati importati nel bel paese.

Ma la forma inequivocabile della focaccia rotonda con i bordi rialzati è una bella pizza , magari condita con elementi strani per i gusti di oggi anche se mi è successo a Monaco di Baviera , convinta che si trattasse di una pizza con le patate  ( che mi piace moltissimo ) al primo morso mi sono accorta che si trattava di una pizza all’ananas!

Devo dire che discretamente e senza farmi accorgere l’ho buttata in elegante contenitore per spazzatura , non volevo offendere il pizzaiolo bavarese.

Tornando a Pompei penso che doveva essere un signore allegro quell’anfitrione che aveva commissionato l’affresco ,sicuramente gli piaceva mangiare e ricevere ospiti fino a richiedere all’ignoto pittore la descrizione delle delizie della sua tavola.

A conferma che si trattava davvero dell’antenata della pizza a Pompei hanno anche trovato dei forni in tutto molto simili a quelli che ancora oggi servono per sfornare il cibo napoletano che si è diffuso in tutto il mondo.

C’è tutta una letteratura sul mitico piatto povero , ci sono pizzerie  ovunque e fra tante storie intorno a questo cibo semplice e meraviglioso mi piace ricordare uno dei tanti modi tutti partenopei che si usavano una volta : la pizza a otto: la mangi oggi e la paghi tra otto giorni….la miseria e la fantasia intrecciate tra i vicoli di Napoli.

Transgender

Ammetto di non sapere niente dei drammi e delle difficoltà di vita di chi non è nato o nata in quella che chiamiamo la parte giusta né mi ero mai posto il problema se non pensando che dal punto di vista delle libertà individuali ho grande rispetto per le scelte di tutti , ma un film particolare che mi è capitato di vedere in un afoso pomeriggio alla ricerca di qualcosa di interessante nella rete estiva quando si vedono quasi esclusivamente repliche di tutti i programmi mi ha permesso di entrare in un mondo sconosciuto attraverso un film bellissimo che invito tutti a vedere .

Il film  non è recentissimo , premio Oscar al miglior film straniero qualche anno fa , è di un regista cileno :Sebastian Leilo e si intitola Una donna fantastica.

Sembra all’inizio una banale storia d’amore , poi un malore che si trasforma in  tragedia ci fa lentamente scoprire che i protagonisti della storia non erano quello che sembravano e lentamente e quasi con stupore ci accorgiamo che la donna del titolo è una persona particolare ( una sconcertata ex moglie del morto la definisce una chimera ) e si entra in un mondo in cui crudelmente scattano tutti i pregiudizi sociali nei confronti di chi è o non è quello che sembra.

Non sapendo niente del film anche io ho vissuto la storia con lo strano disagio che mi provocava quel personaggio normalissimo e tanto diverso , esplicativa è l’inquadratura in cui  si guarda allo specchio le parti intime e noi vediamo solo il solo il volto di una persona , quella che lei è.

L’interprete ha un nome femminile , ma è un transgender lei stessa , solo facendo delle ricerche poi ho capito perché mi domandassi anche io il perché di questa figura sospesa che pur nella sua normalità non riuscivo ad inquadrare correttamente.

Il regista racconta una storia semplice che si potrebbe anche definire la ricerca della elaborazione di un lutto , ma è molto di più : una strana finestra che mi si è aperta su un mondo che credevo mi fosse indifferente , certe volte anche il cinema ci può aiutare a capire la vita .

Corsi e ricorsi

Come andrà a finire questo “non colpo di stato” in Russia non lo sappiamo , sappiamo però che non è una novità una bella congiura  al Kremlino , non è una storia inedita e straordinaria.

Amante come sono del melodramma , ovviamente anche di quelli storici di Mussorski , mi pare di sapere già tutto . 

Basta sfogliare i libretti :dalla Kovanchina al Boris Gudonov è sempre stato un congiurare e un tiranneggiare con largo uso di veleni e tradimenti incrociati.

Quel grande immenso paese sembra destinato a rinnovare continuamente la sua storia ed è in fondo un mistero che le grandi menti che hanno generato i capolavori classici che tutto il mondo ha amato non siano state capaci di correggere il senso tragico della Storia che inesorabile ripete i suoi errori.

C’è come una tragica frattura tra la grande letteratura russa e l’immenso popolo sperso nel grande paese .

I tiranni si sono alternati ai tiranni , le congiure alle congiure , i dissidenti sempre imprigionati , avvelenati , persi nella Siberia .

Mi domando se sia proprio impossibile seminare uno straccio di democrazia , magari modesta e corrotta da quelle parti.

Ogni tanto un pezzettino dell’impero si ribella : ci ha provato la Georgia , poi l’Ukraina e qualche lontana landa asiatica , ma la grande Russia con tutti gli annessi ancora resiste .

Eppure i ragazzi di Mosca sono vestiti come i ragazzi di Berlino , i media ci sono , i social magari soffocati resistono.

Cosa manca per fare un vero salto nel mondo occidentale?

Forse , mentre stavo scrivendo mi è balenata una strana idea in testa .

Che sia la grande anima russa che ancora ha il sopravvento sul nostro peraltro poco invidiabile mondo democratico?

In silenzio

Amo il mio nome da quando il destino mi ha portato sulle rive dell’Adriatico , certamente non fu pensando a questo mare che mi fu dato ma lo scoprii quando lo individuai nel suono che lo ricorda e soprattutto quando giovanissima in Croazia mi accorsi che lo stesso mare che qua di fronte si chiama Jadran  e generava lo stesso nome di donna : Jadranka.

Anche in Romania Adrian e Adriana sono nomi diffusi , lo ritrovo quasi dappertutto nei Balcani ma da qualche giorno ho nel cuore una visione : quel barcone affondato davanti a Pilos , in fondo al Peloponneso si chiamava Adriana e mi stringe il cuore pensare a quella bara in fondo al bellissimo mare greco piena di creature che niente di più avevano chiesto alla vita che un futuro dignitoso per sé e per i propri figli e per i quali affidandosi ad una barca stracarica erano partiti sicuramente con il cuore stretto ma con la speranza di un ipotetico e vago avvenire migliore .

Laggiù in fondo giace Adriana , forse non si saprà mai dove e chi le dette quel nome , ma il destino le ha riservato il ruolo tragico di essere l’ultimo sacro luogo per quei seicento ( ma chi sa quanti erano veramente ) che in lei sono rinchiusi.

Fluttueranno  i capelli di quei bambini mossi dalle acque profonde ?

Agiteranno le braccia quelle madri che li stringevano al petto?

Era calmo quel giorno il mare , liscio e sicuro , ma erano arrivati allo stremo da giorni senz’’acqua da bere , sotto il sole cocente .

L’idea folle di un traino , non si dice “corda” ( in barca le corde non ci sono!) si trattò di una cima sicuramente , ma sicuramente fu errore maldestro di una guardia costiera greca che non valutò il rischio di una operazione demenziale.

D’altra parte i greci sanno navigare da isola a  isola , il mare lo conoscono ma non sono certamente i più capaci soccorritori utili in certe imprese .

La colpa è tanto diffusa da risultare impossibile da trovare , intanto l’Adriana laggiù nel fondo dell’azzurro mare tanto amato culla nel silenzio profondo le vittime di un mondo  ipertecnologizato che  non sa rispondere ai poveri della terra che chiedono asilo per continuare a vivere. 

Il giorno dopo

Ieri prima prova dell’esame di maturità , oggi le interviste ai ragazzi all’uscita delle scuole : risposta unanime : Quasimodo non lo avevamo neanche fatto.

In questa ingenua risposta , neanche tanto scandalosa sta tutto il fallimento di una scuola nozionistica , arretrata e assolutamente non all’altezza dei tempi in cui si dovrebbe valutare il grado di maturità dei giovani all’indomani della loro scelta successiva di vita .

Non lo avevamo fatto ! come se neanche fosse mai entrato nelle loro teste un verso addirittura abusato …ed è subito sera ..o se non avessero studiato , magari alle medie ..e come potevamo noi cantare 

Sono versi più che noti , abusati , e il fatto che il non avere “fatto” Quasimodo oltre che un fallimento scolastico è la riprova che la nostra scuola non forma cittadini e , salvo rare eccezioni che comunque ci sono sempre , non consente alle giovani menti di spaziare libere nel mondo della conoscenza.

Il tema storico , si doveva affrontare Cavour , ma quest’anno non lo abbiamo fatto! Ecco di nuovo questo indice di sapere misurato con un metro inutile ,non certamente formativo per una conoscenza di cittadini maturi.

Pare che i  temi siano affidati ad un algoritmo , unico segno di modernità ministeriale: cervelli all’ammasso  direbbe mia madre vecchia maestra d’un tempo.

Lontani dalla politica , spersi nelle loro adolescenziali angosce , quelle davvero ci sono sempre state , oggi i giovani davanti alla prima banale prova di vita dimostrano ,non il loro fallimento , ma quello di un sistema formativo incapace di consegnare le giovani menti ad un grado di maturità necessario per dare loro gli strumenti necessari per affrontare il mondo reale che li circonda.

E’ la solita storia del pastore …ma anche questo è arabo per i giovani , ogni anno si ripete un rito inutile , coraggio ragazzi .

Oggi avrete la seconda prova , andrà più o meno bene , ma sarà ininfluente ai fini di valutare davvero il vostro grado di maturità.

Proposta minima : cominciamo a cambiargli il nome a questo esame superfluo , chiamiamolo test del cittadino .

Magari cominciando dai fondamentali si potrebbe arrivare a sondare davvero la capacità di verificare la minima conoscenza del mondo che andranno ad affrontare.

Un centenario in tv

Ci ho messo una vita a capire che Aida è un grande capolavori intimista e , contemporaneamente , che non si può essere del tutto melomani si non si è stati almeno una volta all’Arena di Verona per partecipare a quel rito collettivo sempre uguale a se stesso , il trionfo del Kitch , cioè l’Aida areniana.

Niente di questo si trova in questa inqualificabile , inutile e superflua rappresentazione del Centenario.

Brutta oltre ogni immaginazione , mal diretta,  cast modesto eccetto la Diva che qui ha qualche problema in più non avendo tende a cui aggrapparsi modello Francesca Bertini.

Il povero marito al seguito non ci prova nemmeno a recitare , meno ancora a esibirsi “nel trono vicino al sol” neppure cercando di provare il diminuendo d’ordinanza.

Pertusi probabilmente pensa a levarsi al più presto l’orribile costume, così penso sia per la povera Amneris di Olesya Petrova.

Eppure un tempo Stefano Poda , un regista di belle speranze , aveva azzeccato qualche  spettacolo decente , anche se sempre con una sola chiave di lettura , simbolica e alla lunga ripetitiva.

Pensare all’Aida in Arena è  sfidare il destino ( anche la Fura del Baus ci si era fatta male ) e cercare una chiave di lettura che tenti di conciliare , almeno minimamente il plot narrativo con le esigenze di puro spettacolo è opera difficilissima e allora si giustifica il grido sortito dal cuore dei veri appassionati : aridatece gli elefanti!

Inutile fare finta di apprezzare l’assenza di armi (?) e allora come la mettiamo con Guerra , guerra?

Le mani sulle picche non avevano un bell’impatto visivo e la manona ha perso l’occasione di chiudere in bellezza col medio alzato , perlomeno poteva essere uno sberleffo ironico.

La pioggia , munificamente ha salvato la Prima permettendo alla larga presenza di Governo di farsi ammirare con dovizia.

Alla solta Carlucci l’invito una volta tanto di non sbagliare ripetutamente anche il nome della Diva : si chiama Netrebko , non ci vuole tanto a dirlo correttamente , magari una sola volta.

Ciao Laura

Un sera di tanti anni fa in Via Filodrammatici : una bella folla di ammiratori e ammiratrici in attesa speranzosi di vedere uscire il nostro idolo.

Non ricordo se fosse dopo la Dichterliebe o dopo la Winterreise , era una mezza stagione calda e si facevano delle amicizie nell’attesa , chiacchierando .

Era il tempo in cui ancora facevo la file per un autografo , poi divenni più vicina a Jonas e gli autografi glieli chiesi facilmente in occasioni private.

Io mi alternavo seduta su un paracarri con una giovane brillante milanese , neofita ed entusiasta per avere scoperto quel miracolo della natura che corrispondeva al nome di Jonas Kaufmann.

Mi raccontò di non essere tanto esperta di lirica , lei amava molto anche il cinema e mi chiese ( a me già nota per il blog Altrodime ) se avrebbe potuto inventarsi una specie di pagina di servizio , uno spazio di informazioni , insomma un suo contributo personale al tenore.

Si chiamava Laura Fontana e  dopo poco tempo  , con la concretezza lombarda che la distingueva , la sua pagina era on line , una pagina alla quale si rivolgevano tutte e tutti perché lei traduceva ogni articolo , ogni informazione tanto da diventare nel breve tempo una fonte preziosa per tutte quelle che seguivano Kaufmann.

Ci siamo poi rincontrate spesso , mi ricordo in particolare la cena a Torre del Lago per il Premio Puccini , con lei c’era il suo elegante marito , sorridente e orgoglioso della sua piccola moglie intraprendente.

Tante occasioni per un saluto , poi qualche tempo fa quel breve annuncio che per un po’ di tempo la sua pagina non sarebbe stata più attiva.

Non mi piacque per niente la notizia , io sono diventata molto pessimista per età, e l’annuncio tristissimo della sua scomparsa è caduto come un macigno sulle mie tante memorie e sulla mia vita sempre più ristretta.

Mi mancherai molto Laura , non tanto per le tue preziose informazioni , ma per il tuo sorriso , il tuo concreto essere presente per anni nel nostro cammino di fedeli ammiratrici di tanta voce.

Spero davvero che in qualche aldilà lontano tu continui a sentire la voce che ha accompagnato il tuo prezioso lavoro e un abbraccio a quel tuo compagno del quale eri tanto orgogliosa.

Conto alla rovescia

Mancano tre giorni al debutto del Werther londinese e già fioccano le curiosità , i ragionamenti , le speranze di rivedere un Kaufmann 54quattrenne interpretare il Tormenti del giovane  goethiano.

Già leggo nei post delle fedeli ammiratrici la volontà di non restare deluse e  alla fine so anch’io che non lo saranno.

Troverà il modo di leggere il personaggio in controluce , ne accentuerà il ricordo di un amore e in definitiva , sono quasi certa che uscirà bene dalla prova.

Io però voglio raccontare perché prima di lui l’opera di Massenet non era nelle mie corde e perché un lontano ricordo riaffiorò dalla memoria quando vidi l’opera nel mitico allestimento parigino che letteralmente mi era esploso dentro.

Ero molto giovane , a Firenze, e una sera vidi Alfredo Kraus nel suo cavallo di battaglia .

Ricordo l’anziano in polpe , le gambe magre nelle calze bianche del damerino settecentesco , lo ricordo perfettamente al proscenio mentre cantava il pezzo forte : Pourqui me réveiller e di non aver provato nessun brivido tanto che il ricordo è riemerso poi per interposta persona !

C’era da dire che quando sentii Kraus probabilmente era già molto avanti negli anni e nonostante che il Werther fosse uno dei suoi cavalli di battaglia ( credo che avesse un repertorio abbastanza ristretto ) e ci vorrebbe un melomane più esperto di me per entrare nei particolari e spiegare il perché di una mia indifferenza giovanile.

Kraus era un tenore lirico -leggero , spagnolo di madre austriaca ed era considerato un fuoriclasse per quanto ricordo e anche un gran signore  in scena.

Ma il suo Wether non mi colpì per niente  forse perché in quegli anni era la sua vocalità quella che si prestava al ruolo , anche se avevo letto che in realtà l’autore aveva inizialmente pensato ad un baritono  per il ruolo del titolo.

Tutto questo per dire che tra i tanti meriti di Kaufmann c’è anche quello di avermi restituito un capolavoro in tutta la sua espressività.

Ormai ho deciso di restare a casa , spero solo che qualche anima pia ci anneghi di foto e , magari, di qualche spezzone rubato del suo canto.

Oltre tutto è sir Tony Pappano che dirige!

Battute toscane

Sicuramente tutto cominciò con Roberto Benigni  , poi di seguito ci fu il tempo di un gran fiorire di comici toscani e a me fiorentina che vivevo lontana da casa , come è scritto mirabilmente nelle Sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi , in Ancona , dove “quell’in” era segno di misteriosa lontananza , fece molto piacere perché mi divertiva molto ascoltare l’accento natio.

Pieraccioni , Panariello , i Giancattivi con  quel Francesco Nuti che infilò una serie di deliziose commedie di successo furono una sorta di invasione intelligente di una comicità toscana che finì  anche per  diventare una moda.

Ieri  la notizia , passata molto a margine in una giornata in cui stampa e televisione parlavano di ben più rilevante evento funebre ,della  morte di Nuti è rimasto solo un trafiletto .

Stava molto male da tanti anni e la visione in una foto rubata di quel viso distrutto e devastato stringeva il cuore , penso che la sua morte abbia messo fine ad una straziante e penosa vicenda di una persona che credo fosse già morta da tanto tempo , perso in un mondo di sofferenza senza ritorno.

Ma io lo voglio ricordare per una frase , a mio avviso mirabile , che lui aveva pronunciato in uno dei suoi ultimi film nel quale impersonava un padre uscito di galera che si muoveva tra uffici e burocrazia per ritrovare un suo bambino perso per le sue vicende giudiziarie.

Davanti ad una scrivania dietro la quale si ergeva , megera infame  (mirabilmente interpretata da Laura Betti ) una assistente sociale che negava al padre la possibilità di conoscere il luogo dove viveva il bambino perduto il padre disperato aveva sparato una frase lapidaria.

Di fronte al muro negativo della donna , magari convinta che il suo silenzio servisse a salvare il figlio dal padre interpretato dall’attore lui se uscì con una frase lapidaria : “tu sei una troia perché non sei una  troia”.

Non so se l’avesse scritta lui , ma era una sottile perfetta condanna per chi stava agendo secondo la norma e la legge.

Non era solo un comico toscano , era un attore intelligente , purtroppo come talvolta succede addirittura vittima del suo stesso successo.

Ma io lo voglio ricordare per quella frase che mi è capitato di citare più di una volta quando ci si trova davanti a persone rigidamente avvolte nella convinzione del diritto costituito.

In memoriam

Lunedì 12 giugno, verso le undici del mattino.

Faccio la fila alla Posta di quartiere per pagare le tasse molto irritata perché una signora bionda , sui cinquanta , entrata con piglio deciso ha detto : non faccio la fila di nuovo , perché l’ho fatta già una volta per mezz’ora e passa avanti a tutti !

Siamo tre o quattro persone più anziane e nessuna obbietta , certo tutti pensiamo che certi atteggiamenti una volta non sarebbero stati tollerati.

La vicina mi dice : poi chissà se chiuderanno le Poste ora .

Io domando stupita: perché? e lei con fare sussiegoso mi comunica che è morto Berlusconi e si atteggia referente tipo faccia da funerale.

Io che non sapevo la notizia commento con un,, ah bè che deve sembrare irrispettoso e la rassicuro che mi parrebbe esagerato chiudere le Poste per lutto.

La bionda prepotente passata davanti a tutti ad un tratto mi pare la perfetta incarnazione di quell’atteggiamento di berlusconismo rampante che ha cambiato in peggio la nostra qualità della vita .

Sicuramente l’associazione mentale è un po’ azzardata , ma per tanti anni abbiamo subito  questa specie di stigma come se essere italiani fosse sinonimo di furbetti seguaci di un tycoon che si è permesso di tutto passando allegramente sulle regole di civiltà vincendo cause con squadre di avvocati magari eletti in parlamento e quindi pagati da noi , facendoci anche passare da fessi con la storia della nipote di Mubarak.

Mi dispiace , umanamente quando suona la campana suona per ciascuno di noi , ma non avrà la mia santificazione  , né le mie bandiere a lutto. E’  morto un uomo molto malato che solo alla fine è diventato degno di pietà.

Respingimenti

Una foto sul molo dell’isola di Lampedusa , una delle solite .

Appena sbarcati da qualche barcone o da qualche motovedetta della Guardia costiera osservo quei volti vuoti di speranza di persone giovani che vengono da tanto lontano e hanno davanti un futuro molto incerto in questa terra ad un tempo sognata e inospitale che si chiama Europa. Non so se provare tristezza o sgomento.

Leggo che la politica cerca risposte , si muovono le istituzioni per cercare di mettere ordine in questo esodo biblico che di ordinato non ha proprio nulla.

Credo che le regole un po’ complicate e cervellotiche circa i rimpatri siano destinate all’insuccesso. Ma chi li vuole indietro questi esseri umani assetati solo di un lavoro credibile e desiderosi di uscire dalla fame atavica per entrare in un mondo  che non sia loro ostile?

Nessuno vuole  pagare pegno se non li vuole nella propria casa eppure la soluzione sarebbe tanto semplice se non ci fermassimo alla paura che incute  il diverso colore della pelle , il diverso atteggiamento di chi parte dal presupposto di una superiorità culturale tutta da dimostrare.

I bambini indios sopravvissuti nella jungla ( ci avete fatto caso al tempo biblico dei quaranta giorni di attraversamento del deserto che è raccontato nella Genesi?) ci dicono che ci sono conoscenze ataviche perdute per molti di noi e che una nuova linfa vitale , fatta di conoscenze “altre” potrebbe riportare i nostri esangui fratelli europei a risalire una china di indifferenza umana nella quale siamo precipitati in questo terzo millennio.

Servono braccia nuove per lavorare una terra abbandonata da chi non ama più coltivarla , ci sono interi paesi abbandonati e vuoti sulle nostre montagne , ci sono frutta e fiori da cogliere nelle terre ricche di questo nostro ricco suolo europeo , ci sono ospedali che cercano personale sanitario , medici e infermieri capaci di una umanità altrimenti perduta , credo davvero che ci sarebbe posto per tutti se non si pensasse soprattutto a difenderci nel nostro asfittico mondo occidentale.

E invece studiamo solo regole per rimandarli indietro , anche se l’unica cosa  da dire  è che non si ferma l’acqua del mare con le mani e non si ferma la Storia che da sempre ha raccontato le migrazioni e le contaminazioni dei popoli.

UNA RISATA

 

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Un incontro consueto ,, di quelli che la ROH manda in streaming regolarmente prima di ogni Prima : una intervista generica , i cantanti in fila , quattro chiacchiere sull’autore Massenet   , le differenze tra  la musica francese e quella tedesca o italiana.

Ma c’è Jonas Kaufmann  . non è solo il protagonista dell’opera , è anche lo startenor che riprende dopo tanti anni un suo ruolo carismatico e lo fa con il suo caro amico Sir Tony Pappano , in questa estate londinese che vede questo titolo come spettacolo di punta della stagione.

Ma c’è una perla nascosta nella conversazione quando il conduttore chiede ai cantanti Il senso dei loro ruoli e tutti seriamente rispondono cercando di spiegare il modo di affrontare il personaggio , le motivazioni di una scelta .

Ma è allora che il sornione Jonas se ne esce con una clamorosa boutade accompagnata poi dalla sonora risata che spiazza anche l’intervistatore molto british: nel melodramma la soprano ama il tenore , nessun equivoco possibile!

E con questo chiude tranquillo , non c’è più storia.

Tutto il resto è burla , pare sentirlo trasformarsi verdianamente in Falstaff e compagni. Non andrò a Londra , una decisione presa da tempo perché preferisco serbarmi il ricordo di un Werther che fu ,ma adesso un po’ mi dispiace perché credo sia affascinante vedere ancora una volta il grande istrione entrare in scena per suicidarsi , masticando un orsetto gommoso , lui che ha spesso dichiarato che è veramente matto uno che si spara per amore e poi riesce a  trasformarsi  a vista nel dolente eroe ghoetiano che tutti abbiamo amato perdutamente