Certe volte , non volendo , nello scrivere un mio modesto pensiero provoco un effetto quasi di indagine psicologica ed è di questo che vorrei parlare oggi.
Avevo scritto , a scanso di equivoci , un requiem per la lirica anche dichiarato nel titolo e la chiusa ne era la triste conferma.
Ebbene le reazioni vivaci si sono tutte focalizzate sulla questione degli applausi che hanno avuto tanti difensori e tante spiegazioni che non era mia intenzione provocare né mettere in dubbio.
Come se molti miei lettori , evidentemente appartenenti quel quel mondo di ieri ( per citare Stefan Sweig) non volessero accettare la realtà di un mondo che cambia e si rifiutassero , anche solo ipoteticamente , di ammettere che c’è un tipo nuovo di spettatore , ammesso che ci sia , che vede il mondo della lirica in un modo diverso e nella loro valutazione considerarlo obsoleto anche nei riti che lo compongono.
Metà , più o meno , dei miei lettori aveva capito quello che avevo scritto , ne avevano colto l’amara conclusione e la triste prospettiva.
A loro va il mio modesto grazie , a tutti i difensori degli applausi , una sorta di Fort Apache della lirica , tutta la mia comprensione .
Siamo sul Titanic e stiamo ballando insieme la fine di un’epoca , si tratta solo di accettarla e di essere più o meno consapevoli di essere una specie in via di estinzione.
Non basta fare appello ad una inutile e retorica speranza che ci sia bisogno della scuola per riportare i ragazzi a teatro : dove sono gli insegnanti capaci di insegnare quello che non sanno neppure loro ?