San Lorenzo

Ieri mattina , come ogni anno da quando ne ho memoria mi recito i bellissimi versi di Pascoli e quando arrivo alla fine : ..e tu cielo dall’alto dei mondi sereno infinito immortale … mi commuovo e mi sento anche un po’ vecchia scema.

Ma ho un amico , tanto più giovane di me , che vive lontano in una stupenda isola che quella poesia sul suo profilo la mette tutta e finisce che ci scambiamo un saluto , un ricordo della nostra lontana frequentazione e amicizia.

Chi dice che i social sono solo stupidi e pericolosi strumenti per idioti non sa invece quanto si può essere vicini attraverso il banale strumento che diventa nelle mani di chi li usa con intelligenza un modo di sentirsi vicini anche quando la vita e le sue conseguenze ci portano a vivere materialmente lontani.

I giovani si servono soprattutto di Istagram , a me serve per avere notizie di figli e nipoti , così come un tempo si mandavano  le cartoline oggi si posta qualcosa così si fa sapere dove sono , come stanno , se si divertono.

Io lo uso poco anche perché, confesso , non ho ben capito come usarlo correttamente, non tutto riesce alla Silver fox , come affettuosamente mi chiama il tecnico del negozio nel quale vado per i miei problemi ed acquisti.

Torno ai social e alla bella compagnia dei miei amici disseminata in tutto il mondo , quando poi per caso ci incontriamo fisicamente diventa un ritrovarsi molto allegro , specie quando avviene nel foyer di un teatro.

Si ,perché un filo comune ci tiene : tutti o quasi siamo dei melomani e melomani anche un po’ selettivi , confesso.

Ho anche una regola alla quale mi attengo scrupolosamente , anche se qualche volta mi sfugge un commento politico : cerco di non confondere i temi anche se so benissimo che selettivamente ci siamo già scelti anche nelle idee e nei riferimenti culturali.

Insomma , quando al mattino mi affaccio sulla rete so di avere davvero una bella compagnia da salutare.

Un segreto

E’ importante capire quanto fosse difficile applicare quello che Giuseppe Verdi indicava agli interpreti delle sue opere : recitar cantando.

Sembra una formula , una indicazione registica ed è invece l’essenza di quello che fu il fascino di intere generazioni che vissero la novità del melodramma come emozione intima e come esperienza di vita.

Se è difficile cantare ricordando le parole lo diventa anche di più se si deve andare a tempo , rispettare le entrate , seguire lo spartito e coordinarsi con gli altri interpreti.

Intonare i propri ingressi , muoversi con naturalezza , difficilissimo un tempo , oggi più naturale perché spesso c’è anche l’occhio impietoso della telecamera.
Cantando guardare il Maestro che da l’avvio senza farlo vedere , deve essere una specie di strano sguardo obliquo , una percezione  che fa essere credibili i personaggi da interpretare.

Una fatica mostruosa alla quale si aggiunge anche il fatto di cantare in varie lingue e non sempre il/la cantante è di lingua madre nel ruolo da fare vivere in scena.

Insomma se si chiede naturalezza e credibilità ad un attore di prosa questo si moltiplica enormemente per i cantanti lirici.

Entrare nel personaggio , farci soffrire dei suoi dolori , gioire delle sue gioie , fremere dei suoi tormenti.

Dimenticavo : risparmiare la voce per quello che c’è da cantare dopo , saggiamente calibrare la propria prestazione , non soffrire negli abiti scomodi , spesso troppo pesanti per il caldo delle luci del palcoscenico.

Segreti per arrivare vivi alla fine ( anche se poi tocca morire in scena) non ce ne sono o meglio ce n’è uno solo : amare il proprio lavoro , credere in se stessi , studiare tantissimo prima di affrontare un ruolo nuovo.

Che sappiano fare bene tutte queste cose ne conosco pochissimi e quei pochissimi e pochissime sono nel mio cuore , sappiano che io li amo per tutti i sacrifici che fanno per me , perché io creda a loro quando vestono le vesti dei loro personaggi e li amo perché mi fanno dimenticare tutte le fatiche che fanno per farmi godere della loro difficilissima arte.

Non faccio nomi perché chi mi legge sa benissimo di chi parlo.

Tristezze

Uno scrittore , inviato da un grande quotidiano , torna in Ukraina e improvvisamente risveglia la memoria appiattita dal passaggio delle notizie di una guerra così tanto vicina a noi dalle prime pagine , era il 24 febbraio di un anno fa , alle seconde e terze pagine.

Ogni tanto una foto straziante , un servizio al  Tg delle sera con le solite immagini viste e riviste.

La sensibilità media si addormenta  : Tszaporija . Donbass , Kherzon ormai sono nomi noti , quasi musicali che non ci risvegliano più l’orrore di una guerra di invasione e di un popolo che la vive nel quotidiano cercando di sopravvivere alla follia.

Forse solo le immagini dello scempio alla Cattedrale di Odessa o il ricordo della famosa scalinata su cui correva la carrozzina del film di Eisenstein ci fanno ancora pensare che la follia di Putin non è cosa che non ci riguardi da vicino.

Izmail è una citta sulla riva sinistra del  Danubio, a destra c’è la Romania e una città ,Tulcea con un grande cantiere navale , basta l’errore di un drone e la guerra ci arriva in casa perché la Romania è nella Nato.

Ma le notizie scivolano dalla prima alla seconda , poi alla terza pagina e ci si addormenta tranquilli anche se Navalny , l’uomo che aveva osato sfidare politicamente e democraticamente il despota del Cremlino , dopo essere miracolosamente sopravvissuto alla classica forma di eliminazione dell’avversario tramite avvelenamento è stato di nuovo condannato ad altri diciannove anni di carcere duro.

L’Europa protesta  , gli Usa protestano ma intanto il grano non parte più dai porti del Mar Nero e le popolazioni povere dell’Africa avranno un motivo in più per mettersi in marcia nel deserto per cercare di raggiungere un minimo di speranza di vita in un altrove che spesso si tramuta in un miraggio di morte.

ll povero vecchio papa stanco parla ai giovani con una voce sempre più debole alla folle sventolanti di Lisbona , mai ho sentito così inutili i suoi appelli di pace , una droga per ignoranti festosi.

Sottocultura

Qualche volta è davvero difficile spiegare ad amici stranieri come sia possibile che in Italia Bocelli sia considerato un tenore , o che lo siano i tre garbati cantanti del Volo .

Nel paese  che fu di Caruso e poi dei grandi :Corelli  ,Del Monaco , Di Stefano  , cioè della più grande tradizione musicale oggi si considerino loro eredi dei degnissimi personaggi , assolutamente degni di un successo dimensionato alle loro vocalità e che qui invece vengono valorizzati in modo sbagliato rispetto ai loro meriti.

Siamo di fronte a fenomeni di successo e la radice dell’equivoco sta nella elementare mancanza di cultura musicale di base nel paese che fu la patria del “bel canto”.

La grande tradizione musicale si è persa , i ragazzi non hanno formazione musicale a scuola , le loro conoscenze si limitano a quelle poche ore della scuola media , spesso male utilizzate con programmi inutili e banali , unica fonte  di valutazione resta il mondo della canzone sanremese , che se in passato forse servì in qualche modo a indicare una sorta di gusto italiano ma ormai è schiava del mercato musicale che perlopiù genera mostri effimeri.

In questa realtà anche una svolazzante bionda Bioscaline può essere scambiata per un direttore d’orchestra , come lei chiede imperiosamente di essere chiamata.

Davanti a ben più gravi problemi culturali in cui versa l’Italia quello della considerazione sbagliata del valore musicale di noti personaggi sembra davvero essere un male minore , se persino il Presidente del Consiglio non ha saputo rispondere sull’origine storica del significato del tricolore della bandiera nazionale : many things….

Già ,molte cose che ormai si sbriciolano come valori perduti nel vento di una Storia mal studiata e peggio oggi addirittura falsata nel suo faticoso divenire..

Operazione nostalgia

Ogni tanto vado a curiosare sul sito delle Admires , così tanto per fare , ed è sempre più pieno di ricordi , di immagini lontane di un incantatore dalla voce magica che suscita tenerezze antiche in chi quello straordinario tenore lo ha sentito e visto dal vivo molti anni fa.

Adesso la notizia più fresca è quella che ha dato indirettamente la facoltosa amica arrivata a Sidney , ne consegue che non sia andata li per caso.

A me fa lo stesso effetto che mi fanno i ricordi lontani di memorie perdute per strada : la gioia di una discesa sciando al mattino presto , la passeggiata col cane in campagna, il bagno nel mare greco dalla barca, appena sveglia .

Cose di ieri , senza rimpianti.

Anche le emozioni che mi ha dato Kaufmann  appartengono in gran parte al passato e in fondo ammiro le “admires” arrivate da poco , quelle che ancora riciclano i ricordi di un piccolo video dietro le quinte del favoloso Werther parigino.

Nel mio carnet futuro ho molte rinunce e vaghe prenotazioni  , mi mancano i suoi Lieder , quelli non ancora sentiti , molto meno le canzoni da film , anche se so che finirò per comprare il CD tanto per completare la raccolta di tutte le sue incisioni.

Non che nuovi divi si affaccino alla ribalta , purtroppo non vedo all’orizzonte personalità così  forti da farmi desiderare di prendere un treno per andarli ad ascoltare .

Comunque non ho smesso di amare la musica dal vivo e quantomeno l’opera. 

Con l’autunno , forse, “il vento fa il suo giro” come mi ricorda uno splendo film di Giorgio Diritti.

Macbeth

Se è certamente vero che lo streaming non rende una valutazione completa dello spettacolo  si può ragionevolmente pensare che se non provoca la stessa emozione dell’opera vista dal vivo consente comunque di capire quanto la regia si sia avvicinata al nocciolo della questione : è utile la rivisitazione operata su un classico verdiano come il Macbeth?

Direi proprio di no ,evidentemente Warlikowzi ha qualche problema con Verdi e me ne ero già accorta col suo Don Carlo parigino, una faraginosa messinscena fuori luogo , fuori tempo e soprattutto fuori lo spirito verdiano che la condizionava tutta.

Il regista polacco è a suo agio con autori più vicini a se per  formazione e per affinità culturali , fedele alla sua cifra stilistica realizza spettacoli , qualche volta felici come il suo Tristan und Isolde a Monaco ma  più spesso interviene  con personali visioni rifacendo i classici a modo suo.

Mi riferisco alla sua Elettra così diversa dalla lineare e bellissima ultima prova di Chéreau.

Del Macberth ricordo un classico di Enriquez al Maggio fiorentino ,laddove si ritrovavano il senso scespiriano e la forza di una illustrazione verdiana capace di assemblare le fonti con la musica perfetta.

Lo spettacolo di Salisburgo mi è apparso assai deludente anche dal punto di vista delle voci : modesto il baritono e molto nei suoi limiti anche la superdotata Grigorian che ormai recita sapendo di recitare con il risultato di non trasmettere più niente del personaggio della Lady alla quale dona tutta la sua gamma ormai stereotipata di espressioni.

Ben altrimenti la ricordo , ancora non divizzata in una Suor Angelica a Roma ( era il secondo cast e mi commose veramente).

Una scena lunga lunga , una gran moltiplicazione di bambini vittime ,un corridoio in alto che taglia i personaggi , il filo elettrico di un abajour fastidiosamente lunghissimo  , ho cominciato a pensare quando si sarebbe saccata la spina , poi ho capito che sarebbe servito alla  intrecciatissima Armin per legare a sé l povero Macbeth invalido in carrozzella . 

Ovvero il potere punisce ma i due  si amano tanto , cattivissimi loro.