Un reportage da Lampedusa : si riesce a guardare la fila dei barchini di latta che arrivano lentamente stracarichi di uomini e donne sfiniti dal viaggio , si sente il calore dell’asfalto bollente della banchina , si vedono bottiglie d’acqua buttate da volontari alla folla disperata , ormai sembra che tutto sia possibile..
Una inviata racconta una storia piccina e risveglia la mia sensibilità assopita : è arrivato anche un bambino di tre anni ( circa ) solo , non parla , non è accompagnato.
La cronista ci spiega che in realtà quel bambino solo è arrivato fino a Lampedusa perché un tredicenne nel deserto infuocato vedendolo vagare senza meta gli ha teso la mano , lo ha preso con sé e in questo modo poi è arrivato a Sfax , poi sulla barca e infine sempre solo e senza voce è arrivato fino all’isola.
Una mano di un tredicenne tesa nel deserto , un bambino piccolissimo che si aggirava sperduto , un istinto di vita che raccoglie una vita.
Adesso quel piccolino senza nome e senza famiglia probabilmente troverà nell’isola un approdo , nella cronaca c’era già la notizia di famiglie che ne hanno richiesto il momentaneo affido.
Ma è la bellissima immagine di pietà che colpisce : un ragazzino che prende la mano ad un bambino piccolissimo , chissà se anche lui non abbia lasciato indietro dei fratellini , se in un angolo del grande continente sub sahariano non ci sia una famiglia lasciata con dolore –
La catena umana , non la paura di una invasione ridicolmente urlata dai palchi della politica incapace di risposte concrete e possibili è la risposta che dobbiamo a chi ha solo bisogno di essere accettato con dignità , attraverso il lavoro del quale l’Europa ha bisogno insegnando le lingue , formando lavoratori specializzati , inquadrando civilmente chi chiede solo la dignità di una accettazione sociale.