Leggo spesso le garbate note di un colto conoscitore di Puccini, (diciamo che è il lato luminoso dei social ) e recentemente mi è capitato di leggere un suo post in cui ha riportato l’ attenzione su quel magico e oserei dire quasi perverso meccanismo che riguarda la chiusa di due capolavori pucciniani : Boheme e Butterfly.
Lui , che lavora a teatro e ama stare dietro le quinte alla fine di queste due opere si sposta a guardare il pubblico : c’è chi piange e c’è anche chi fa finta di piangere , ma su tutti scende una emozione totale , sia che l’opera la si conosca a memoria sia che si sia dei neofiti, peraltro difficili a trovare con quei due titoli.
Osserva con spirito che per quanto si cerchi di cantare male , di dirigere peggio , di cercare ogni mezzo per distruggere l’effetto commovente non ci si riesce mai del tutto : il meccanismo funziona comunque , si sa benissimo come le cose vanno a finire , si conoscono il grido di Rodolfo Mimì Mimi ! come si conosce quel Butterfly fuori scena dell’inutile corsa di Pinkerton..Niente da fare , il cuore si stringe e si piange sui dolori del mondo che sembrano concentrarsi in quei gridi finali così noti e così ogni volta sempre e di nuovo sconvolgenti.
Puccini , in tutti i suoi capolavori tocca le corde più fragili dell’animo umano ma in questi due finali succede qualcosa di più ed è come una irresistibile onda emotiva che avvolge e scuote le sfere più intime della nostra coscienza.
Si muore spesso nei melodrammi e sicuramente si muore con tristezza , ma la crudele perfezione di questi due capolavori ci lascia sempre indifesi , il pianto è la scorciatoia salvifica che ci redime da colpe inespresse , nella morte di Mimì e di Cio Cio San c’è tutto il dolore del mondo e quel genio lucchese è riuscito a trasmetterlo a tutti noi , siamo tutti nudi e senza difesa davanti alla fine più amara e più intima , possiamo solo arrenderci piangendo.