Il grido finale

Leggo spesso le garbate note di un colto conoscitore di Puccini, (diciamo che è il lato luminoso dei social ) e recentemente mi è capitato di leggere un suo post in cui ha riportato l’ attenzione su quel magico e oserei dire quasi perverso meccanismo che riguarda la chiusa di due capolavori pucciniani : Boheme e Butterfly.

Lui , che lavora a teatro e ama stare dietro le quinte alla fine di queste due opere si sposta a guardare il pubblico : c’è chi piange e c’è anche chi fa finta di piangere , ma su tutti scende una emozione  totale , sia che l’opera la si conosca a memoria sia che si sia dei neofiti, peraltro difficili a trovare con quei due titoli.

Osserva con spirito che per quanto si cerchi di cantare male , di dirigere peggio , di cercare ogni mezzo per distruggere l’effetto commovente non ci si riesce mai del tutto : il meccanismo  funziona comunque , si sa benissimo come le cose vanno a finire , si conoscono il grido di Rodolfo Mimì Mimi ! come si conosce quel Butterfly fuori scena dell’inutile corsa di Pinkerton..Niente da fare , il cuore si stringe e si piange sui dolori del mondo che sembrano concentrarsi in quei gridi finali così noti e così ogni volta sempre e di nuovo sconvolgenti.

Puccini , in  tutti i suoi capolavori tocca le corde più fragili dell’animo umano ma in questi due finali succede qualcosa di più ed è come una irresistibile onda emotiva che avvolge e scuote le sfere più intime della nostra coscienza.

Si muore spesso nei melodrammi e sicuramente si muore con tristezza , ma la crudele perfezione di questi due capolavori ci lascia sempre indifesi , il pianto è la scorciatoia salvifica che ci redime da colpe inespresse , nella morte di Mimì e di Cio Cio San c’è tutto il dolore del mondo e quel  genio lucchese è riuscito a trasmetterlo a tutti noi , siamo tutti nudi e senza difesa davanti alla fine più amara e più intima , possiamo solo arrenderci piangendo.

Arena bollente

Se dovessi giudicare il concerto di Kaufmann all’Arena di Verona da quello che ha trasmesso la ZDF direi che non solo ho fatto bene a non andare ma che se ci fossi andata sarei uscita molto amareggiata dallo spettacolo così poco elegante da rasentare il kitch.

Confezionato per uno spettatore medio di area germanica , non un grande successo commerciale per la Fondazione veronese , il mezzo concerto visto ieri sera era un “centone” pubblicitario a cui partecipavano due comprimari ( e Tezier non sembrava neanche contento).

Mancava la prima parte , quella in smoking per intenderci , ma personalmente non ne ho sentito molto la mancanza , i duetti dall’Otello e dallo Chenier hanno avuto ben altri interpreti , ben altra tensione , per quello che già si vede su YouTube.

La Youncheva è in un buon periodo della carriera ma almeno imparassse le parole di “Oh mio babbino caro” se ne è inventate una metà!

Mi dispiace dovere ammettere che le stelle brillano se non sono tanto lontane e il mio carissimo Jonas stavolta era veramente lontano dai suoi standard e non mi riferisco solo al grande tenore tante volte ammirato nei suoi coinvolgimenti attoriali nel personaggio ma anche alle sue prestazioni dei concerti di puro intrattenimento .

Forse faceva davvero troppo caldo , certo non so se era più penoso il palco o le osannanti accaldate spettatrici acritiche e perse in una beatitudine ridicolmente estatica.

Spettacolo da dimenticare  e da quello che si vede non credo che sarà un gran  successo neppure il Cd di prossima uscita a metà settembre.

Sempre pronta a ricredermi , ma le musiche da film ( di chi è stata l’idea balzana?) non mi sembrano neanche tanto coinvolgenti.

L’ascolto

E’ opinione diffusa e credo anche documentata scientificamente che l’ascolto della musica di Mozart sia percepito anche dai futuri nascituri nel grembo materno e comunque Mozart piace anche ai bambini  piccolissimi , li distende e li tranquillizza.

Pensavo all’effetto terapeutico della musica in generale perché mi succede nei periodi di stress , quando come in questi giorni sono tesa e non riesco a dormire , quando montano le angosce notturne anche io ricorro ad una musica terapeutica ,ma non è Mozart: la musica di cui si nutre la mia mente nei momenti difficili viene da tutta un’altra parte : se cerco una pace mentale che mi aiuti  a trovare il sonno mi rivolgo al preludio del Parsifal , è in quell’incipit ripetitivo e lento che il mio respiro si allenta , i pensieri si fanno fluidi e spesso , con quel suono mirabile mi addormento.

Mi viene da sorridere pensando al mio modo di percepire la musica di Wagner che  non è stato un amore giovanile , il gusto musicale si affina e forse cambia col passare degli anni , adesso una mia graduatoria personale in fatto di scelte musicali si è spostata lentamente verso autori un tempo per me più difficili da amare , ma credo che la lenta evoluzione del gusto corrisponda ad una  maturazione ed a un diverso modo di ascoltare che corrisponde maggiormente al mio intimo sentire.

La mia musica dell’anima oggi porta i nomi di Gustav Mahler e di Richard Strauss , anche se devo confessare che ancora per me un autore come Bruckner resta intellettualmente più difficile da amare.

Pensavo a questo ieri quando con quattro dei miei nipoti seduti a tavola ( una gioia che mi capita raramente) ascoltavo citare nomi misteriosi , i loro gusti musicali un enigma che probabilmente non scioglierò mai e mi sentivo in un’altra dimensione spazio/tempo che non prevede collegamenti o dialogo.

Ci deve essere una generazione ponte che partendo dai classici arrivi alle loro musiche probabilmente degne di essere ascoltate , la distanza siderale con il mio modo di ascoltare non penso la si possa colmare invitandoli ad entrare in una sala da concerto , mi manca un passaggio che non so proprio come far loro attraversare. E poi sicuramente mi sto addentrando in un discorso troppo difficile per me.