I molti volti di Carmen

Secondo e ahimè anche ultimo spettacolo della piccola stagione lirica di Ancona .

Se il Flauto magico era stata una scelta coraggiosa che ha pagato in termini di consenso non credo si possa dire lo stesso per questa Tragédie de Carmen , un testo di Peter Brook che ebbe successo negli anni Ottanta del secolo scorso e che produsse fra l’altro ben tre versioni cinematografiche.

Partendo dalla novella di Merimèe il gioco degli eventi , come in un puzzle, si può comporre e scomporre : del resto il destino teatrale dell’’opera di Bizet fu altrettanto rimaneggiato e forse anche mistificato nonostante il suo successo planetario  

Ne esiste una versione “ singspiele “ integrata con testi parlati e soprattutto ne esiste , ed ebbe molto successo ,la versione italiana  (era nel secolo scorso la lingua ufficiale della lirica ) che tagliò con l’accetta le psicologie dei personaggi dandoci la banalizzata versione della Carmen selvaggia mangiatrice di uomini .

Poi ,e dico fortunatamente ,l’opera tornando all’originale francese riacquistò le molte sfaccettature del personaggio  principale , ma anche di tutti gli altri  protagonisti della tragedia.

Oggi si arriva alla rappresentazione fedele e contraria di Carmen vittima di femminicidio ,  saltando tutte le implicazioni sottili che invece ne hanno fatto quel mito che resta  tanto che nella graduatoria delle opere più rappresentate al mondo occupa un posto d’onore in graduatoria.

Nella versione di Ancona si assiste ad un altro capovolgimento ,  ovviamente tutto è permesso con un canovaccio così stimolante : Carmen ritorna al mito ancestrale , Circe / Medea e tutto si scarnifica , rallenta ,si fa archetipo rituale.

Purtroppo però la crasi tra quello che si vede in scena e le musiche fisicamente sensuali di Bizet c’è come uno iato che non riesce a compensare il brivido necessario che ne determina la catarsi  finale.

Si tratta di una operazione comunque interessante anche se lascia perplesso il pubblico indeciso addirittura un attimo prima del doveroso applauso finale.

Ne viene uno spettacolo pulito e comunque interessante , i giovani interpreti sono tutti altamente impegnati nel difficile  esercizio in cui si muovono senza l’aiuto del gesto realistico che le notissime arie permetterebbe loro di esprimere.

Onore al merito , soprattutto del mago artefice . il direttore artistico Vincenzo De Vivo che scopre talenti e comunque ci propone uno spettacolo assolutamente non banale .

Anche questo non è un merito da poco.

Musiche da film

Un mese fa è uscito un Cd di Jonas Kaufmann sul quale non ho scritto niente

Questo mio silenzio , per la prima volta non commento sul blog che al cantante fa riferimento ( anche se sempre più raramente perché viaggio di meno e non ho molte occasioni per parlare di novità) , ma soprattutto perché  The sound of Movies mi ha lasciato decisamente perplessa. 

Credo che il settore marketing della Sony abbia puntato soprattutto sul mercato “di casa” anche se magari mi sbaglio e mi piacerebbe essere smentita.

La scelta dei brani da film è piuttosto una lista di cover , alcune delle quali decisamente pericolose per il difficile paragone con l’originale.

I due brani in  italiano hanno dei testi orribili e fino a poco fa non capivo neppure il perché della scelta ,che se in qualche modo era giustificata nel brano di Mission essendo musica di Ennio Moricone ,mi risultava assurdo per Il Gladiatore , a meno che non si pensasse al fatto dell’ambientazione antico-romana.

Poi una amica mi ha spiegato che in realtà i due brani sono nel repertorio di una sorta di pseudo tenori di successo presso un certo pubblico popolare in Italia nonché cantati anche da un pseudo-tenore di altrettanto successo planetario che si rivolge allo stesso pubblico .

Cosa abbia spinto Kaufmann a fare queste scelte (credo che nonostante le dichiarazioni da ufficio stampa , lui c’entri fino a un certo punto ,) per me resta un mistero.

Sono una appassionata ascoltatrice della magica voce dell’amato tenore e credo di avere ascoltato fino alla consunzione la Winterreise e Die schöne Müllerin.

Selige Stunde è un miracolo di incisione e anche nei canti di Natale ho privilegiato il Cd delle musiche antiche scoprendo alcune perle rare come Maria durch ein Wald getragen..

Questo Cd delle musiche da film proprio non mi appartiene e non si tratta di risparmiare quei venti euro che in altri casi sono stati per me un acquisto prezioso.

So che questo mio post potrà addirittura suscitare ire furibonde , ma anche per distrarmi un po’ da tutto l’orrore che sta avvenendo nel mondo ho preferito divagare , parlare d’altro , anche se so benissimo di aprire un vaso di Pandora che potrebbe portarmi alla lapidazione per lesa maestà.

Private

Giorni d’attesa per quello che potrà ancora succedere in Israele , su quello che potrà succedere a Gaza .

Ho cercato nella memoria le immagini di un film ,  una famiglia palestinese in una terra di confine , una pattuglia di soldati israeliani, una casa che sarà al centro di un tesissimo dramma . 

L’ho ritrovato , in rete c’è davvero tutto ed è un bellissimo film del 2004 , premiato a Locarno e che fece conoscere per la prima volta Saverio Costanzo.

Il film è tutto in arabo ed ebraico , pochi gli inserti in inglese , ci si trova immersi in un dramma umano e politico ,tutti i personaggi vivono la realtà di una situazione senza uscita.

E’ intitolato Private e non a caso , quasi in maniera circolare finisce la dove era iniziato , praticamente senza soluzione.

 E’ la stessa sensazione che credo di provare anche io di fronte ai fatti orribili di questi giorni.

Si aggiunge alla storia del film l’elemento assurdo del terrorismo, ma questo terrorismo islamico non nasce adesso , è lo strisciante verme velenoso di Al quaeda , dell’Isis , di tutte le forme del terrore di cui si nutre l’estremismo poliforme che corre in tutto il mondo islamico.

Lo straziante contrasto dei giovani ignari che ballavano nel deserto mentre calavano su di loro i deltaplani a motore dei terroristi assume quasi un valore simbolico : la democrazia ignara ed egoista si nutre della convinzione di essere nel gusto , la realtà di Israele che si muove in marcia tutti i venerdì da mesi per protestare contro una riforma conservatrice della giustizia mentre pochi chilometri più in là il terrore , sicuramente foraggiato da chi non vuole serenità in quelle terre ,scava nei cunicoli il destino di orrore verso tutti coloro che ormai al sicuro di una effimera democrazia abbassano lo sguardo e non riflettono verso quel nido di odio  che in definitiva è la striscia di Gaza.

Vaiont

Ci sono degli eventi di cui ricordi esattamente dove eri e cosa facevi in quel momento : la sera del 9 ottobre 1963 ero a cena in una vecchia trattoria che non c’è più , avevamo finito di cenare e stavamo guardando la televisione in alto sul trespolo , come era uso in quegli anni lontani .La famiglia riunita , ero in attesa del mio terzo figlio che sarebbe nato nella primavera successiva.

Quella notizia assurda , ancora non erano chiari i motivi della sciagura . si diceva che fosse scoppiata la diga del Vaiont sopra Longarone , con un brivido pensammo subito a quella strada di Alemagna che percorrevamo per andare a sciare .

Il Piave di lato e le tante curve che adesso non ci sono più, era la strada della gioia , la strada della vacanza.

Quando negli anni immediatamente  successivi ci passavo vedevo quel deserto assurdo , post-atomico con qua e là una scala nel nulla , una rotaia svettante del cielo e lassù in alto l’immagine fissa della diga intatta.

Mi ci sono voluti anni per avere il coraggio di fermarmi a Fortogna dove c’è il cimitero delle vittime : file e file di cognomi uguali e tante tombe vuote , ancora oggi quella ricorrenza la sento molto mia , stasera alle dieci e quaranta mi fermerò in comunione con tutti coloro che in qualche modo lo ricorderanno con me.

So che anche nella chiesa devo vado abitualmente proietteranno il film  che non riesco a vedere perché mi fa male anche solo il ricordo di quella sciagura che in qualche modo ha anticipato tante altre vergogne che hanno attraversato la vita del nostro paese.

In questo periodo fa molto caldo , un piacevole tempo anomalo che comunque ci sta raccontando la malattia del nostro pianeta surriscaldato .

Venti di guerra ,  viviamo una ulteriore  malattia , ma stasera mi fermerò nel ricordo . La diga grigia e incombete resiste , mi sembra un Moloch minaccioso.

In guerra

Un sabato sereno , gioie familiari compreso un saluto dal figlio lavoratore in Romania.

L’abitudine , accendo la tv e improvvisamente entro in una tragedia tanto nuova quanto purtroppo antica . Hamas all’alba ha attaccato a sorpresa Israele , in uno shabbat particolare , è lo Iom Kippur.

Pensare che dalla striscia di Gaza possa esserci stato un attacco vero e cruento pare impossibile ma basta pensare alla bomba demografica di quel territorio , al tunnel nascosti da cui entra di tutto e alla distrazione di un governo israeliano che ha abbassato la guardia attento solo a varare una discutibile riforma della giustizia che da mesi porta in piazza milioni di cittadini.

Non ci vuole uno statista per comprendere quanto ci sia dietro l’Iran preoccupato per l’accordo israelo- arabo con gli Emirati , “tous ce tiens,” ma è il sangue che corre di nuovo sulle strade di Israele e ovviamente in quelle di Gaza, con  la risposta feroce dell’aggredito .

Oggi le letture parlavano della vigna del Signore , bellissimo accostamento tra il brano di Elia che promette solo distruzione e l’analogo testo evangelico con la chiusa aperta verso la fiducia nell’uomo .

In quella terra da cui tutti veniamo è di nuovo guerra , presi a tenaglia tra l’Ukraina e Israele , la guerra circonda la vecchia Europa , spettatrice incapace di inserirsi autorevolmente nel gioco mondiale.

E’ il gioco delle risorse energetiche che determina gli eventi di oggi , sono però le vittime civili che giacciono sulle strade insanguinate dei kibbuz , sono i palestinesi stretti nelle loro povere case di Gaza che pagano i giochi perversi di chi davvero comanda nel mondo.

Le calde giornate di ottobre ci consentono di risparmiare energia , cinicamente dovremmo solo rallegrarci di questa regalia metereologica se non sapessimo che un filo di cinismo accompagna la constatazione che stiamo risparmiando mentre in nome di un dio unico e scisso, ormai tanto lontano e divisivo ,in queste ore si muore in quelle terre antiche in nome di un dio moderno , il cui nome è petrolio.

Morte a Marghera

Sfoglio la rassegna stampa di oggi e la ricerca della causa del  tragico incidente sul cavalcavia di Marghera riempie i titoli di tutti i giornali.

Malore dell’autista , guasto tecnico del mezzo ,vetustà del guardrail

Sono tutte ipotesi che distolgono dal Vero : il Fato che ha messo quelle persone su quel mezzo ,non in quello prima o quello dopo , la scelta di vedere Venezia proprio quel giorno e a quell’ora .

Ogni volta che accade qualcosa di diverso   dal banale cammino della nostra vita dovremmo innanzitutto pensare a quel quid di casualità che ci spinge a vivere la nostra presunta eternità , il nostro essere vivi per caso.

Le pagine dei giornali si riempiranno delle  storie , quei destini incrociati in cui ancora ci sono i superstiti e le loro ferite non sappiamo ancora quanto sanabili.

La precarietà è la nostra condizione umana e c’è solo una certezza ed è quella della fine.

Ricordo il senso di compiutezza e di pace che mi dette la visita al Cimitero dei Cappuccini a Palermo: nessun senso di orrore alla vista di tutte quelle mummie tra le quali passeggiavo in silenzio.

Una giovane custode leggeva in un angolo seduta su una sedia e mi disse che lo stare lì le trasmetteva un senso di pace.

Solo una piccola mummia recente : una bambina molto ben vestita e conservata mi fece male , era una intrusione di vita nella perfezione del silenzio.-

Il senso della vita , il perché dei nostri giorni , il grande mistero .

Siamo disabituati alla morte : applaudiamo ai funerali , lanciamo palloncini inquinanti in cielo, ma siamo incapaci di tendere davvero la mano al fratello finché il nostro passaggio su questo pianeta ci possa permettere di non farne una circostanza inutile.

Su quel cavalcavia sono passata diecine di volte , forse anche più di diecine , oggi c’è la solita fila di traffico al rallentatore , la vita per chi vive continua , la stampa cerca la ragione pratica dell’incidente , io seguito a pensare a quel quid di incomprensibile che ci livella tutti nel grande gioco del Caso.

Dimmi come ti vesti

Che bellezza , non esiste più la moda e soprattutto non esistono più regole che hanno condizionato le donne  e uomini per secoli: quando in un negozio mi hanno chiesto come volevo fosse accorciato un vestito mi sono resa conto che potevo dire qualsiasi misura , tanto vanno bene tutte!

Corto , lungo , mini ,maxi ; parole vuote e lontane come sperse in una galassia di iperuranio  nella quale galleggiano anche le idee che ci sia stato nel tempo qualcosa da mettere di mattina che fosse diversa da quella del pomeriggio , poi ( ma siamo nel giurassico ) nel tempo del cocktail e goduria massima l’idea che esistessero quegli oggetti inutili chiamati abiti da sera!

Oggi è tutto un bellissimo carnevale perenne e mi riempie di gioia la vista delle sottanone di tulle con il chiodo d’ordinanza.

I poveri stilisti corrono dietro alla ordinaria follia delle sfilate , tanto poi uomini e donne si vestiranno ciascuno come gli pare , in qualsiasi occasione .

Questo può provocare nelle menti deboli un senso di spaesamento , sai come erano sicuri gli abitanti del pianeta terra un tempo, quando si rientrava nei codici rigorosi  del pensiero obbligato!

Una amica amante delle parole crociate convinta che mantengano viva la mente  ,( e non è per niente vero,) mi ha detto allibita di avere trovato una definizione: la portavano le donne e la risposta era : la gonna !

Se alla libertà di abbigliamento corrispondesse davvero la libertà di pensiero sarebbe una autentica conquista dell’umanità invece la verità è molto più amara e anche banale , la libertà di abbigliamento ha provocato al contrario una massificazione del pensiero unico , liberati dai codici tutti si sono allineati al banale , senza le regole  comportamentali tutto si è appiattito  nel pensiero falsamente liberatorio del populismo modaiolo diffuso.

Così quando tristemente a teatro mi capita di vedere indifferentemente di tutto , a prescindere dal posto che si occupa , dall’età di quello che si mette addosso quello che gli pare mi passa per la mente solo la fatidica frase : è la moda , bellezza!