ll Teatro dell’Opera di Roma ha inaugurato la stagione con il Mefistofele di Arrigo Boito, opera un tempo molto amata e da un po’ di tempo considerata , abbastanza a ragione , un reperto molto datato di una stagione lontana nel gusto corrente.
Ovviamente si cerca di modernizzarla attraverso trovate registiche e riletture anche se il mito di Faust , come ho scritto già a caldo , aveva avuto già molte rivisitazioni musicale.
Mi domando allora se forse non sia il caso , visto il pastiche del libretto di trovare il coraggio di rimetterlo in scena all’antica : col diavolo dotato di corna regolamentari così che la sua aria del fischio gli consenta tutti gli svolazzi del mantello utili alla bisogna , con il dottore/ filosofo seduttore che alla fine si pente e torna in gloria , magari non nella casa di matti che ho visto ieri ( peraltro copiata di sana pianta da quella del Bayeriche di qualche anno fa ).
Dalla Damnation di Berlioz al doctor Faustus di Busoni , passando per il più banale Faust di Gounod troppi spettacoli sono passati sotto i ponti della scena operistica per non provare tutto il fastidio e l’irritazione che si prova vedendo la messinscena di Simon Stone che stavolta non ci ha proprio preso e mi dispiace perché avevo molto amato per esempio la sua città morta di Korgold.
Cosa si salva dalla prima romana : sicuramente Maria Agresta , sempre più splendida sia come cantante che come attrice , la sua aria “ l’altra notte in fondo al mare” è sicuramente il punto più alto della sua interpretazione.
Salvo anche Mariotti che cerca di cavare dalla partitura raffinatezze e riletture come pure Ciro Visco alle prese con un organico corale davvero cospicuo.
Dove casca l’asino è nell’abbondanza di “rumori fuori scena “ attese incongrue tra le scene e alcune amenità registiche davvero sconcertanti .
Si va dalle palline colorate ai soldati (?) in mimetica tra le colonne volutamente ironiche della scena di Venere , ma forse si dovrebbe spiegare al provocatore che certe provocazioni non provocano proprio un accidente di niente.
Buona la prestazione del tenore Joshua Guerrero ,che ha voce ma non sa recitare e nella norma il diavolone di John Reya , abbiamo visto di meglio , anche recentemente.
Nell’insieme una prima molto modesta , a parte i commenti pomposamente esaltanti del commentatore televisivo di turno.
Il commento migliore quello di De Cataldo nel primo intervallo , almeno lui sapeva davvero quello che stava dicendo.