Attualmente

Piangono gli uffici del turismo di Giordania ed Egitto , andare in Yemen che già  era difficile oggi non ci pensa proprio più nessuno.

Si è ristretto quel mondo libero che abbiamo vissuto e gli echi di guerra si ripercuotono anche negli aeroporti , si riaccende  la paura diffusa  mentre già da tempo la vertiginosa salita dei prezzi per i voli aveva già spento l’entusiasmo di molti.

Riporto da un articolo di approfondimento politico : “ l’ordine mondiale di stabilità e valori democratici che abbiamo cercato ( con scarso successo ) di portare nelle società tribali anche a causa della tecnologia digitale si sta trasformando nella tribalizazione delle società democratiche”.

Colpiscono gli atteggiamenti da tifoseria che invadono le piazze in Europa e negli Stati Uniti , si tifa per una Palestina libera , si innalzano cartelli con slogan da stadio , difficile però credere che quelle masse pro/ contro sappiano veramente la storia lontana , gli errori recenti , le motivazioni di questi massacri che invadono i nostri schermi.

Credo che la speranza di ognuno di noi sarebbe quella di avere la notizia semplice di un cessate il fuoco sia in Ukraina che nella Striscia di Gaza perchè nessuno vuole il proseguimento delle guerre ma i giochi non si fanno qui e ora.

Pechino e Mosca aspettano che magari torni vittorioso Trump nelle prossime future elezioni americane e credo che questa sia anche la segreta speranza di Nethaniahu.

Dolore e rabbia si intrecciano nei notiziari e noi , che siamo lontani dai teatri di guerra ,abbiamo solo voglia di non vedere più quello che quotidianamente ci sbatte in faccia la televisione.

Papa Francesco sembra davvero “ voce che grida nel deserto” quando invoca una pace mondiale probabilmente oggi impossibile.

Inutile sperare nell’Europa , mai come adesso la nostra speranza di unità si sbriciola negli atteggiamenti contrastanti dei singoli stati.

Comunque anche se mi costa fatica cerco di non stare in silenzio , altro davvero non posso fare.

Il segretario di stato

Inizialmente non lo avevo neppure notato , una faccia quasi inespressiva , il monopetto nero di rigore con la cravatta scura : Antony Blinken , Segretario di Stato americano mi sembrava una faccia qualunque.

Poi un giorno a Tel Aviv il nefasto premier israeliano gli ha fatto vedere le immagini  del massacro al kibbuz e la faccia di Blinken è diventata tanto umana da non riuscire a trattenere l’orrore.

Da quel momento ho cominciato a seguirlo quando nei telegiornali lo si è visto metodicamente ( e inutilmente ) volare da uno stato all’altro , sempre correttamente e meccanicamente fotografato nell’atto di stringere mani davanti a quella bandiera americana che lo protegge ma che in fondo sembra segnarne , insieme al suo volto sempre più stanco , tutta l’inutilità del rito e tutta l’importanza del suo girovagare in Medio Oriente .

La sua bella faccia di civil servant impassibile con sceicchi biancovestiti e colorati , con panciuti premier ( o presunti tali) in odore di terrorismo , bucando incontri importanti e velocemente sostituiti con ministri di minor peso politico , sta diventando sempre più una faccia tragica.

Vorrei saperne di più su di lui , quale peso davvero ha sulle spalle questo americano dalle chiare origini europee di  cui so solo che ha origini ebraiche.

Allora ricorro a Google e così vengo a sapere che il padre era un banchiere che amava le arti e aveva tra i suoi amici Rodkho, che la madre con la quale aveva vissuto da ragazzo a Parigi era la manager di Merce Cunnigham , che tra glia amici di casa c’erano Arthur Rubistein e Grace Kelly.

La sua carriera diplomatica, dopo gli studi ad Harward , è cominciata con Obama e poi ovviamente è proseguita con Biden .

Stranamente però tutto questo sapere di lui mi ha solo confermato quello che si legge sulla sua faccia stanca . 

Sembra davvero il personaggio perfetto e raffinato di un libro : racconta la vita di un uomo colto che attraversa la storia con la forza di un vero democratico che ha sulle spalle tutta la cultura europea di cui conosce la bellezza e ne porta il peso del  dolore.

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Ancora Salome

Sul prezioso canale ARTE è possibile vedere l’ennesima versione di Salome , questa volta da Amburgo  e ci sembra interessante soffermarci sulle recenti messinscena del capolavoro strausssiano.

Perso ormai ogni riferimento fedele al testo si assiste ormai solo a strani ripensamenti e rivisitazioni .

Dalla Salome di Castellucci a quella di Cristof Loy passando per Michieletto adesso  questa ultima di Tcherniakov  nellle quali è un gioco inutile cercare fedeltà al libretto :

potremmo forse concludere che Salome non danza più quella celebrata danza dei sette veli che tanto scandalizzò in epoche lontane.

Ma questa ultima infedele e interessantissima chiave di lettura merita un approfondimento , vuoi per la preziosissima lettura musicale di Kent Nagano che per la straordinaria interpretazione di Armin Grigorian.

Siamo a cena per festeggiare il compleanno del Tetrarca in un tempo novecentesco abbastanza recente e l’irrompere in scena della ragazza inquieta che scatenerà la storia vede seduto a capotavola , di spalle un Johannah appartato e dichiaratamente non partecipe del festino volgare .

Un intellettuale che legge ostentatamente il suo libro e parlerà solo quando la ragazza inquieta solleciterà il suo vaticinio.

Scordiamoci i riferimenti al libretto , in antitesi con quello che si vede e che in un primo momento sono quasi irritanti nella infedeltà poi capiamo che si tratta di una nevrosi soggettiva e che quello che si svolgerà davanti a noi sarà una lettura filtrata da una mente malata.

Solo una grande interprete può riuscire  in una tale operazione , sicuramente sorretta dalla limpida lettura musicale di Nagano  la Grigorinan , attrice , mimo , ballerina a tutto tondo si immerge nel suo delirio di figlia ribelle con una forza e una violenza totali fino a restarne  vittima .

Johannah se ne va , non ci sarà né sangue né teste nel piatto , non ci sarà la danza come la vedevamo in ere lontane , ma il tragico volto imbiancato di Salome che con minimi gesti dello sguardo , con la flessuosità del suo corpo adolescenziale riesce a trasmettere l’angoscia e il disagio di una nevrosi raramente illustrata in maniera così feroce come in questa messinscena infedele e fedelissima ad un tempo.

All’Odeon

Una notizia piccola piccola sull’apertura di un nuovo spazio culturale a Firenze mi apre la mente ad un ricordo sepolto :potrei intitolarla “ c’era una volta il cinema Odeon”.

Era un cinema di “prima visione” e non ci andavamo mai , per noi c’era il cinema di quartiere e in quello mi sono persa negli anni lontani della adolescenza.

Ma ho un ricordo di lusso che riguarda quel cinema vicino a Palazzo Strozzi : la mia mamma mi ci portò a vedere Via col vento.

Avevo dodici anni e quel giorno per la prima volta mi era venuto il ciclo , non mi ricordo se fossi traumatizzata ,ma credo proprio di no , la maestra LoForese era molto brava e quindi penso che mi avesse adeguatamente preparata al cambiamento fisiologico , però volle con me fare una cosa particolare.

Al cinema , un ambiente un po’ art-deco e lussuosamente orientaleggiante c’era pure un sipario rosso che si apriva magicamente all’inizio del film .Una suggestione nella suggestione.

Non mi ricordo l’effetto del film su di me , l’ho rivisto tante altre volte nella vita che quel primo ricordo si è confuso con altre più recenti visioni , poi avevo già letto il libro e sapevo tutto di Rossella O,Hara.

Sapevo già da che parte stare e la mite Melania non aveva tutte le mie simpatie . Amavo Ashley , lo sfigato e non mi piaceva il baldanzoso Rett Butler.

Ma la cosa che mi piaceva di più era la frase finale : domani è un altro giorno . Credo che in qualche modo quella filosofia di vita magari inconsciamente l’abbia applicata anche alle vicende della mia vita .

Nella mia vita poi ho letto tanti libri molto più importanti e sicuramente maggiormente formativi : ai miei tempi si leggeva Thomas Mann , Proust e i classici russi tutti prima dei trent’anni , quando si costruiva su basi sicuramente già solide la ricerca di autori ai quali venivo spinta da sollecitazioni le più varie .

Non nascondo di avere avuto spinte anche da film e soprattutto dalla musica , una passione familiare che mi sono sempre tenuta come una ricchezza in più.

Ma in quel primo ricordo “da grande” c’è un tema , non mi ero mai accorta che fosse anche la sigla musicale di apertura di un famoso talk show !

Evidentemente per me la tv non rappresenta  il “mio pensiero dominante”.

Mai più

Non me ne voglia mia nipote se la metto al centro della riflessione di oggi, se mai leggerà questo post ,ma per capire le cose importanti qualche volta torna utile partire dal particolare , dal piccolo , dall’esperienza familiare.

Una tavolata di festa e un piccolo commento fanno scattare una scintilla di passione in una ragazza buona e gentile che si ribella quasi fino alle lacrime di rabbia contro una nonna e una zia che lei percepisce come filo israeliane.

E’ piena di rabbia repressa la sua argomentazione filo palestinese , non crede una parola di quello che la nonna e la zia le stanno dicendo, ci accusa di false argomentazioni , tende proprio a non ascoltare quello che le diciamo.

La zia mi dice sconsolata : i giovani sono tutti come lei e capisco che siamo a un passo da quel crinale terribile che divide come una lama anche le più banali argomentazioni storiche e politiche.

Le due persone più grandi ovviamente hanno tanti argomenti per portare avanti un discorso di eventuale equidistanza tra un orrore e un altro orrore generato da un governo sbagliato e antichi nodi non risolti  ma  abbiamo paura che il passare degli anni e l’affievolirsi del ricordo di terribili atrocità sia alla base di questa nuova ondata di antisionismo che ci metterebbe un attimo a diventare antisemitismo.

A tavola , in famiglia , si torna sereni. Basta un attimo e i grandi temi si stemperano nel nostro essere persone civili e che si vogliono bene.

Ma il ricordo delle lacrime di rabbia della giovane universitaria sono le stesse che vedo nelle piazze di mezzo mondo occidentale  come è lo stesso il mio stupore assurdo nel vedere tutte quelle bandiere e leggere quei cartelli che gridano odio contro Israele.

Zero Calcare che non va a Lucca perché la fiera del fumetto è patrocinata dall’ambasciata israeliana mi fa male come le la rabbia di mia nipote , capisco però che le generazioni che ci dividono possano generare quell’abisso nel quale è caduto addirittura il ricordo della Shoa e di tutto quello che ha rappresentato per chi è consapevole e che ancora ricorda .

“Mai più” si era detto , ma all’orrore di un passato orribile oggi si risponde , spero , anzi credo in perfetta buonafede , con uno sventolare di bandiere che rischiano di riportare l’umanità verso l’errore che piano piano si potrebbe trasformare in orrore.

Una serenata

Una coincidenza relativa al mio approfondimento relativo al ciclo di Lieder di Schubert Schwanengesang che ero andata a sentire a Monaco la scorsa estate e che per la defezione del mio carissimo Jonas Kaufmann non avevo potuto ascoltare mi aveva portato a scoprire l’intero ciclo in una bella incisione di un basso baritono che avevo già notato in un Così fan tutte salisburghese.

Andrè Schuen , ladino di La Valle , italiano di nazionalità anche se sicuramente la sua formazione musicale e culturale è molto più vicina alla sua radice culturale austriaca.

Una voce morbidissima , una bella figura e quel ciclo inciso con la Deutche Grammophon me lo hanno fatto amare , tanto che adesso lo seguo con maggiore attenzione e spero di riuscire presto a vederlo dal vivo in scena.

In realtà il quarto Lied lo conoscevamo già tutti , è famosissimo ,  solo che non lo avevo collegato al ciclo , come al solito anche indirettamente, Kaufmann seguita a fami regali.

Strano caso quello che mi fa associare la scoperta di italiani delle terre di confine e il pensiero corre al nuovo idolo Jannik Sinner di San Candido , un paese bellissimo in fondo alla Val Pusteria.

Tutta l’Italia è orgogliosa del giovane tennista che vola altissimo nelle classifiche internazionali anche se il suo nome ci fa capire che la sua italianità di confine è come quella di Schuen , sono ambedue  cittadini europei , in questo accomunati e dobbiamo essere orgogliosi di entrambi , della loro comune matrice culturale .

Ma io che di tennis non capisco neppure come si calcola il punteggio , invece capisco abbastanza di musica e di voci e la  bella voce maschile di Schuen , insieme alla sua bella figura ne fanno già un mio beniamino che spero davvero di ascoltare presto, magari negli amatissimi Lieder che affronta con ottima tecnica .

Per adesso ho condiviso su Facebook il Lied numero quattro : Ständchen : Serenata ,e sono dovuta andare a cercare sul vocabolario la traduzione , così diversa la parola italiana! 

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