Un amico gentile mi ha fatto avere lo streaming del Werther scaligero che per una strana sottile diffidenza non avevo trovato il tempo di andare a sentire personalmente.
Avevo incontrato un simpaticissimo Benjamin Bernheim a Vienna e in quell’occasione il giovane tenore si era un po’ lamentato con me per non essere ancora venuto in Italia.
Sapevo del successo del suo Werther a Zurigo e della regia di Christof Loj , un regista di cui spesso ho ammirato le messinscene.
Ebbene , questo Werther mi ha un po’ deluso e ho cercato di spiegarmi il perché , senza essere tacciata di essere sempre la solita ancorata ad un ricordo che non riesce a cancellare.
Intanto in premessa di tutto devo dire che Bernheim ha una voce bellissima , una perfetta dizione ( ci mancherebbe altro!) e in una certa misura sa anche recitare ma…
Come si fa a riempire la lunghissima scena della morte dell’eroe affollandola di personaggi ?
Già di per sé è una pagina musicalmente lunghissima , se non si ricorre ad un perenne primo piano dei protagonisti diventa ancora più lunga e forse anche un po’ ridicola.
L’amore di Sophie per l’infelice innamorato è talmente evidente che non c’è proprio bisogno di sottolinearlo facendo della sorellina una specie di antagonista di Charlotte , tutto inutile.
.Eppoi , eppoi … mi è mancata tutta l’infelicità goethiana , tutto il romanticismo del primo Ottocento che invece un ben altro interprete a Parigi aveva così bene evidenziato.
I tormenti del giovane Werther sono tedeschi fino nel midollo , non sono una banale storia francese di provincia.
Sono tra coloro che fecero in tempo a sentire Alfredo Krauss e a quel tempo il capolavoro di Massenet non restò nel mio cuore .
Ce l’ha inchiodato Jonas Kaufmann con quel capolavoro assoluto che fu la messinscena parigina e che neanche lui riuscì a ripetere al Met qualche hanno dopo.
Aveva cannibalizzato il ruolo , come una volta succedeva alla Callas , non è colpa mia se non riesco a superare quel magico ricordo.