Gli amanti della lirica si sono sempre divisi in due visioni contrapposte : da una parte i tradizionalisti , quelli per i quali vale ancora l’allestimento fedele con i cantanti che vengono al proscenio a farsi la loro bella aria incuranti della drammaturgia , con le scene “ com’era e dov’era “ e quelli come me che quelle messinscene non le reggono più , a meno che non si tratti di una ripresa filologica e allora si tratta di una specie di riesumazione storica .
Ho sempre sostenuto che lo svecchiamento e la ricerca della rivisitazione avrebbero fatto bene e portato un pubblico nuovo a teatro.
Senza averlo programmato ho fatto l’esperimento portando una nipote ventiduenne alla Tosca di Monaco e il risultato non mi ha confortato, era la sua prima Tosca e anche Kaufmann quando l’ha saputo ha esclamato :proprio questa le dovevi fare vedere ?
La ragazza intelligente ha comunque apprezzato tutto quello che c’era da apprezzare ma le è rimasta la voglia di capire come può essere l’opera davvero , tanto che verrà a prendersi una delle tante edizioni che ho nel mio personale archivio per apprezzarla appieno.
Premesso che era forse anche la persona più giovane a teatro ( e anche questo non depone bene per un futuro del melodramma ) devo anche ammettere che vedo spesso un pubblico giovane a teatro , specialmente in area austro-germanica , ma più frequentemente per ascoltare musica sinfonica.
In conclusione mi pare di potere affermare che esiste una specie di confine da non valicare e soprattutto è necessaria l’idea registica valida sia culturalmente che scenicamente .
Non era certamente questa volta il caso di Monaco e l’ho già ampliamente scritto nel mio precedente articolo.
Questa mia aggiunta l’ho fatta solo perché sono stata stimolata da una deliziosa foto che una carissima amica intelligente mi ha fatto dall’alto : la didascalia diceva “ la nonna spiega la Tosca alla nipote.”
La foto è di Helga Geistanger.