In morte di uno scrittore

Sono tutti in fila , allineati gli uni accanto agli altri tutti i libri di Jsmail Kadarè che ho cercato e raccolto anno dopo anno , alcuni facili da trovare , altri fuori stampa o nascosti negli scaffali delle librerie.

Ieri ho avuto la notizia della morte di quello che consideravo un amico , se ne è andato il grande scrittore albanese.

Attraverso i suoi libri ho imparato a conoscere la sua terra : il paese delle Aquile e i suoi eroi, le sue leggende crudeli  , i suoi miti e le sue contraddizione che sono in definitiva le contraddizioni e le leggende che si intrecciano in tutti i Balcani.

Gli Scupetari e il loro eroe Castriota mi erano diventati amici anche prima di avere fatto un viaggio in quel paese , quando dopo la fine della dittatura Ever Hocxa, ci sono finalmente andata.

Fra tutti i libri che Kadarè ha scritto forse il più noto tra noi è Il generale dell’Armata morta , forse anche perché ne fu tratto un film , non straordinario , interpretato da un vecchio Marcello Mastroianni.
Ma il libro che ho più amato è sicuramente La Città di pietra, il racconto della sua Argirocastro, per uno strano caso del destino anche la città natale del dittatore Hxha.

Molti dei suoi libri scritti in esilio sono scritti in francese e per molti anni il nome dello scrittore è apparso tra i papabili del premio Nobel che non ebbe mai , ma che come lui stesso diceva ridendo  di sé  che a forza di dirlo c’erano persone che credevano davvero che lo avesse vinto davvero..

Per me se lo sarebbe sicuramente meritato.

Compassione

C’è una parola bellissima che ricorre nel Parsifal : mitdleid ovvero compassione ed è la chiave attraverso la quale gli uomini riescono ad essere partecipi l’uno verso l’altro della pietà necessaria a contribuire alla crescita umana.

La mancanza di com-passione in questo nuovo millennio rischia di essere il vero confine che contraddistingue l’umana solidarietà.

Sarà attraverso la Mitdleid che il Reine Tore , il puro folle camminerà nella ricerca del bene , ed è la Compassione la chiave attraverso la quale si aprirà il grande messaggio del perdono e della ricerca della comune pietà che potrà salvare gli uomini.

L’ultima opera di Wagner , che tanto deluse Nietzche, è quel messaggio necessario ,oggi più che mai potrà riscattare gli esseri umani dalla perdizione che altro non è che una forma crudele di indifferenza all’orrore e al male assoluto.

 Ritornavo a questo pensiero leggendo un bellissimo articolo di Pietro Bianchi , Priore della comunità di Bose da lui scritto riflettendo sulla barbarie umana che sta alla base del fatto di Latina ,il povero bracciante abbandonato sull’uscio di casa , con il braccio tagliato dalla macchina gettato in una cesta da frutta .

Patire- con in definitiva è il vero senso della parola e di questa parola c’è molto bisogno .

La dovrebbero reinsegnare i giovani genitori distratti a quei poveri adolescenti che vedo camminare in gruppi sbandati nelle nostre città d’estate.

Non hanno neanche più la scuola che in qualche modo li costringeva , perlomeno superficialmente , ad una convivenza apparentemente civile.

Mi fanno un po’ paura nella loro visione del mondo che passa dai loro telefonini sempre in mano e sempre accesi su infami visioni iperreali.Forse oggi sono partita da troppo lontano , ma è di questo che mi sento di parlare con i miei sempre meno lettori, perché siamo davvero sempre meno quelli che cercano la pietà e la compassione