A proposito di A.I.

Una cosa l’ho capita : l’intelligenza artificiale è utile se ti servono informazioni nuove su qualcosa che comunque già sai .

Sopra tutto nel mondo del lavoro , di qualsiasi lavoro , velocizza le informazioni , accelera i risultati di ricerca , risponde con precisione .Incuriosita da una semplice dimostrazione di un nipote su cosa fosse questa IA  che mi ha detto fammi una domanda a caso: e io : la Decima di Mahler :mi risponde in pochi secondi su tutto quello che sapevo e quando ho detto :ma di Alma non parla! È venuta fuori anche lei , con i tradimenti e le dediche.

Praticamente ti analizza velocemente i dati e ti risolve un problema di progettazione , esamina le lastre di un radiologo e vede velocemente tutte le macchie strane , le chiedi di progettare un ponte e te lo progetta , ad un avvocato scrive una comparsa conclusionale facendo tutte le ricerche e a un poeta scrive pure una poesia .

Traduce velocemente un testo da una lingua ad un’altra , riconosce la musica e da informazioni su tante cose che però a me servono molto relativamente, ma forse perché io non lavoro.
Sono andata su Google e ho postato IA ; viene fuori ChatGPT  , ce n’è pure una  gratis , deve essere una forma semplificata perché non costa niente.

Certo che da Hal9000 di Odissea nello spazio al mio Iphone di acqua ne è passata sotto il ponte dell’informatica , se non altro per la dimensione dell’oggetto necessario a dare risposte , ma resta sempre in me la sensazione che stiamo ancora parlando di macchine che dipendono dall’uomo e non credo che un giorno la macchina diventerà più potente dell’uomo che l’ha creata anche se l’apocalittica immagine attira e spaventa per la sua forza.

Certo che il mondo del lavoro ne risentirà , quando più ci sarà bisogno di un essere umano per tenere un bilancio aziendale , per fare una ricerca del personale , per controllare i calcoli di una progettazione? 

Ma sarà sempre necessario metterci le informazioni giuste se poi vorrai ottenere i risultati giusti , altrimenti vale il vecchio detto :if you put shit you will get shit.

Siamo già tutti schedati e controllati , siamo praticamente un PIN che cammina ma intanto facciamo le guerre , moriamo di malattie , incidenti stradali , usura del tempo ( non la chiamiamo più vecchiaia per pudore ) , mi pare però che di sicuro siamo ancora bene ancorati nella nostra eterna “ condizione umana”.

.. sempre a proposito

Leggo le trionfali recensioni del secondo atto del Tristano a Gstaad e a Baden di Kaufmann e mi viene quasi da ridere .

Vero è che il secondo atto è quello più coinvolgete emotivamente  , vero è che , come il primo atto della Walchiria , tocca le corde romantiche delle ascoltatrici , ma è anche vero che quando il nostro eroe affrontò per la prima volta questo frammento lo fece per testarsi sulla tenuta dell’intera partitura che, per l’interprete maschile ,ha la sua punta di diamante nel terzo atto :quarantatré minuti di canto pressoché ininterrotto.

L’abbigliamento anche un po’ troppo volutamente understatement con cui si è presentato non bastano a giustificare il risultato e ancor meno a mandare in estasi le adoranti ammiratrici .

Mi ha fatto ridere la Nylund col suo abito blu a paralume e lui che ,si e no, si era fatto lo shampoo prima di uscire di camera.

Non ho visto di persona lo spettacolo e ho letto che era una lettura semi-scenica predisposta da Christiane, perlomeno ho capito così.

La lontananza con i luoghi delle due serate mi aveva fatto escludere l’ipotesi di mettermi in viaggio , come sempre un po’ me ne dispiace , ma in questo caso per consolarmi mi è bastato rivedere e riascoltate l’intera opera in quella davvero magica occasione di Monaco che credo , ormai , sia irripetibile e che resterà nella memoria di chi c’era come una delle punte più alte della grande arte del nostro amato tenore.

Però sarei più contenta se non si esaltasse fuori misura quello che resta un evento meno eccezionale di quanto viene raccontato sui social.

A proposito di

Per la terza volta mi sono messa all’ascolto di Asmik Grigorian nell’interpretazione dei Vier Lelzen Lieder e per la terza volta ho provato lo stesso sentimento di incompiutezza e di delusione .

La prima volta ( era a Torino ) detti la colpa alla giovane età dell’interprete e all’orrendo saio marrone che mi aveva distratto dalla valutazione , la seconda a Roma con Pappano e adesso su Arte con Dudamel.

Niente da fare , questa interprete che avevo tanto apprezzato dal vivo  nella Turandot di Vienna e nella Dama di picche alla Scala pare proprio che non sia all’altezza di questo prezioso ciclo straussiano , evidentemente non basta avere una voce e una preparazione tecnica che sulla carta sembrano garantire una esecuzione perfetta per rendere la magia di quelle quattro poesie  date al vecchio e stanco compositore ed essere diventate quelle pagine di culto per molti di noi.

Mentre scrivevo mi sono interrotta nella scrittura per leggere la dotta critica di FMC , il quale fa risalire alla mancanza di tradizione gran parte della deludente esecuzione.

Mi permetto di dissentire ( in parte ) perché io il brivido vero durante il canto l’avevo provato con Anja Harteros a Monaco , qualche anno fa , esiste la registrazione su Youtube , si può controllare .

Questa straordinaria interprete , così rapidamente scomparsa dalla scena , mi era molto cara e i suoi Vier Letzen avevano avuto per me quella emozione intima che la Grigorian proprio non riesce a darmi.

Penso che a lei occorra un personaggio in cui entrare per restituirci le emozioni necessarie a trasmettere il senso di quello che canta.

Non può essere solo il fatto di non essere tedesca che non le faccia capire il testo , evidentemente ci sono dei limiti culturali nell’affrontare  un repertorio invece di un altro .

Vero è , purtroppo invece che molti oggi che ascoltano con poco bagaglio culturale , si accontentano del bel vestitino rosa e mettono insieme Lieder e Sinfonia in un accozzaglia di emozioni che poco o niente hanno a che vedere con un vero ascolto realmente meditato. 

Una sceneggiatura

Già me la vedo le serie Netflix sulla tragedia del Bayesian : sembra una sceneggiatura già scritta.

Del resto , non so bene perché , le barche a vela sono sempre state ispirazione per film horror , delitti al sole con tutte le varianti cinematografiche possibili.

Da Calma piatta a En plain soleil le storie incredibili ( e purtroppo spesso vere ) sino state fonte di ispirazione e questo megayacht i presupposti ce li ha tutti.

Ne ho incrociati tanti nei mari delle Grecia e per noi piccoli era una dannazione averli in fila davanti quando nei porti aspettavamo il turno per fare acqua , ci schiacciavamo le giornate aspettando che finissero il rifornimento.

Poi c’era il lato snob : “spia cosa bevono sulle barche dei ricchi“ diceva una vecchia pubblicità di una bevanda gasata ed era sempre divertente scoprire chi c’era  a bordo di quei gioielli sfacciatamente belli e che sprizzavano abbondanza da tutti i pori.

Poi c’è il lato  mystery e in questo caso davvero sembra uscito da  una diabolica penna .

Metti il tycon , l’avvocato , il supertestimone tutti insieme a bordo e quello che manca lo falci mentre fa yogging in Inghilterra.Il capitano della barca non c’è : è a Rottererdam che aspetta il cambio , qui c’è un capitano di riserva che non guarda i bollettini meteo e non guarda neanche i pescatori del luogo che quella sera restano in porto. Solo a  venti chilometri da Palermo in macchina e il porticciolo turistico viene snobbato , si resta in rada, gente troppo importante per mischiarsi alla folla curiosa.

Il portellone a poppa aperto , la chiglia rialzata anche se sono solo pochi metri e lì il fondale è alto, l’ancora a picco che così tiene meno , chissà quanti metri in più potevano calare  ed ecco che in un finale assurdo succede una tragedia , a coronamento del fatto sappiamo che la barca vicina aveva lasciato il motore acceso ,  prudentemente.

Qui tutto tace , però cominciano ad arrivare anche gli investigatori inglesi. Qualcuno comincia a scrivere lo sceneggiato.

Scherzi della memoria

Nello scrivere il mio piccolo ricordo di Alain Delon avevo citato il bellissimo film di Zurlini con il titolo L’ultima notte di quiete  poi ormai ho imparato a controllare di più e ho ricercato le informazioni sul film  scoprendo che era invece intitolato La prima notte di quiete  , citazione di un verso di Goethe che definisce così la prima notte dopo la morte e mette la frase in bocca al protagonista.

Correggo e pubblico   , poi ascolto l’intervista a Barbera , il direttore della Biennale cinema di Venezia e cita il film dicendo L’ultima …

Sorrido  . è un piccolo lapsus , c’ero cascata anch’io.

Ieri  una bella intervista al mitico Mereghetti e anche lui ( ops! ) dice l’ultima notte di quiete .

Eppure bastava controllare , in rete ci sono le locandine del film , le spiegazioni utili , allora perché tutti sbagliano ?

Il film finisce tragicamente e nella memoria collettiva resta diffusa la convinzione che il titolo fosse più tragico.

In un mio tempo personale in cui spesso mi trovo a faticare nel ricordare tante cose della mia vita mi è venuto un dubbio esistenziale : se è facile che ci si possa scordare il titolo di un film quante altre cose importanti , magari senza volerlo, cancelliamo e semplicemente accomodiamo i nostri ricordi?

Lo scherzo più facile della memoria è quello relativo allo slittamento del tempo : non chiedetemi il film visto ieri sera o quello che ho mangiato a colazione  , avrei difficoltà a rispondere con sicurezza.

Però  ricordo benissimo , o almeno credo di ricordare il numero di telefono della bottega del babbo a Firenze , le fermate del tram numero 16 che mi portava a scuola e i nomi delle amiche della scuola fiorentina .

Posso anche citare il testo della lapide che leggevo dall’aula di disegno: qui nacque Francesco Ferrucci , morì da forte a Gavinana il 3 agosto 1530. Sarà esatto ?

Il cappotto di cammello

Forse è addirittura crudele il destino che condanna a sopravvivere a tanta bellezza  e Alain Delon questo peso lo sentiva su di sé, aveva spesso dichiarato negli ultimi tempi che non desiderava più vivere , lui che era stato , forse l’uomo più bello del mondo.

C’era però sempre un fondo di malinconia nel suo sguardo  e noi lo rivediamo nel  suo Rocco quando ricordava “il paese dei chiari di luna” , il suo triste gangster Viso d‘angelo di Pierre Melville , (in originale Le samurai).il suo cinico stupendo Tancredi e sopra tutti , per me il professore in cammino nella nebbia sul porto canale di Rimini.

Il suo cappotto di cammello , nessuno lo ha più portato con la sua stessa eleganza , era un film straordinario girato da queste parti quando la Villa Favorita alla Baraccola svettava su una piana che non era ancora la selva di capannoni industriali a sud di Ancona , il film di Zurlini La prima notte di quiete resta per me il ricordo più dolente di un attore bellissimo e forse non abbastanza apprezzato per la sua capacità di raccontare i suoi personaggi tristi e solitari.

Gli avevo già dedicato un mio articolo nel giugno del 2022 perché

l’avevo voluto rivedere, quando certi ricordi li puoi ritrovare sulle piattaforme e so di essere balzata sulla sedia col cuore in gola sulla secca e violenta inquadratura finale del film.

Un’icona del Novecento , un mito costruito tra l’Italia e la Francia , le sue due patrie cinematografiche , un attore che ha sicuramente attraversato con la sua presenza e la sua bellezza sfacciata tutto il percorso cinematografico di un secolo, quello che fu anche mio.

Per noi che nel 2000 ci siamo entrati per caso piano piano ce ne stiamo andando tutti , Alain Delon credo sia stato contento di chiudere finalmente la sua avventura terrena.

Una cerimonia

Forse il medioevo prossimo venturo è arrivato senza preavviso , la cartina del meteo è rossa. il mare pieno di filamenti appiccicosi , l’aria è ferma..

le città morte nella luce abbacinante , aria condizionata che sembra quasi non bastare e si temono interruzioni di corrente per il sovraccarico degli impianti.

C’è sicuramente qualcosa di malato in questo caldo africano e innaturale che avvolge l’Europa meridionale.

E’ Ferragosto ,nella baia di Portonovo laggiù in fondo tra gli ulivi secolari nella piccola chiesa romanica a picco sul mare si celebra una Messa.

Il rito è antico , da quelle parti i monaci si erano ritirati in preghiere in secoli lontani e  oggi i turisti arrivano stupiti di tanta bellezza nascosta.

Una cerimonia ingenua con la banda di paese , Vescovo celebrante e il Sindaco con la fascia.

Ci sarebbe anche una Confraternita e i vecchi sopravvissuti con la veste cenciosa tirata fuori per l’occasione portano con orgoglio lo stendardo e l’immagine della Madonna.

Poi Franco , ogni anno più tremante nel suo abito da pescatore porta il pesce in una cesta all’Offertorio.

Nella semplicità e fuori da rappresentazioni folcloristiche patinate si assiste a qualcosa di tanto vecchio e autentico , difficile raccontare la tenerezza di tanta povera rappresentazione che pure ha il suo fascino proprio nella sua  semplicità.

Forse il mio è uno snobismo alla rovescia , ma il fascino della Messa tra gli ulivi , davanti alla chiesa raccontata da Dante , con  la lieve aria che accarezza le antiche pietre sembra davvero la preghiera di un popolo che ha perso la fede ma che si raccoglie ancora in preghiera davanti a questo Adriatico melmoso in questo tempo accecato da un sole feroce e inclemente.

Tristan

Tra qualche giorno Jonas Kaufmann canterà di nuovo il secondo atto del Tristan und Isolde in concerto e cominciano ad apparire gli screenschot del meraviglioso spettacolo di Monaco del 2021.

Fu una follia partire con la mascherina sulla faccia , sfidando il Covid ma ne era valsa davvero la pena .

Resta per me uno di quei ricordi piantati nel cuore che fanno addirittura un po’ male da quanto fu tutto così straordinario.

Ricordo il distanziamento in teatro , nell’avvicinarmi ad una persona conosciuta fui richiamata all’ordine addirittura da una maschera .

Ma in buca c’era Kiril Petrenko e io riuscivo a vederlo perché ero abbastanza avanti e laterale da goderne le mani incantate dalle quali sembrava uscire la musica.

L’allestimento fu davvero speciale e se in altre occasioni Warlikosky mi aveva irritato quella volta fu sublime , almeno per me .

Tristano lo avevo visto tante volte e quasi sempre l’allestimento non aveva mai aggiunto niente alla musica , tanto che spesso finivo per ascoltare ad occhi chiusi.

Fu l’ultima volta di Anja Harteros , so che aveva studiato tre anni per cantare Isolde , me lo aveva detto proprio Jonas e quel suo canto del cigno me lo tengo nel cuore.

La magia della voce di Kaufmann che non ama cantare tutta l’opera . sono cinque ore di testo spesso complesso e ripetitivo , è comunque straordinaria perché riesce a cantare con dolcezza laddove generalmente  anche i seppur dotati Heldertenor sulla piazza incidono con durezza germanica il testo wagneriano.

Lui no , canta dolcemente come se cantasse Puccini , il suo Tristano è unico e irripetibile come del resto è sempre tutto il suo Wagner , ma forse è proprio in questa opera mostruosamente difficile che risalta la sua unicità di interprete.

Nel momento in cui Tristan dice ad Isolde che se ne va nel suo mondo lontano alla fine del secondo atto e per la prima e unica volta le si avvicina per baciarla in fronte Kaufmann aveva di fronte una Isolde terrorizzata dal contagio che tratteneva il fiato , questo non si vede perché lei è inquadrata di spalle e gli aveva detto di fare presto.

Solo un grande interprete quale lui è non fa capire la difficoltà dell’interpretare comunque con naturalezza quel passaggio.

Lo guardo e lo riguardo , la voce dolcissima che invita a seguire l’amata è nel mio cuore , i piccoli frammenti navigano in rete e il mio cuore ritorna ogni volta a quella magica e unica serata bavarese.

11 agosto

L’undici di agosto del 1944 Firenze fu liberata dall’esercito alleato.

Nella notte , fuggendo , i tedeschi avevano fatto saltare i punti sull’Arno.

Noi vivevamo in centro , ammassati nel magazzino sopra la bottega, fuggiti dalla campagna per il timore dell’avanzata del fronte da sud.

In Via Condotta c’era la cartoleria del babbo e al piano di sopra , ci si arrivava con una scala a chiocciola , tra gli scaffali della carta e le scatole della merce  la mamma aveva ricavato uno spazio per la nostra vita precaria di sfollati al contrario ,ammassati nel centro  di Firenze.

Ricordi nettissimi della guerra partigiana : si sparava dai tetti , i franchi tiratori rincorrevano i cittadini tra le viuzze impolverate del centro della città , una notte sentii per ore il lamento di un ragazzo ferito che agonizzava per terra : il suo mamma mamma mi è rimasto nelle orecchie per tanto tempo.

La guerra davvero , con i vetri per terra  che scricchiolavano dopo che lo scoppio dei ponti saltati che aveva fatto tremare tutte le case.

Via Por Santa Maria alzava le torri medioevali tra le rovine ; per salvare il Ponte vecchio avevano minato le due vie d’accesso e anche via Guicciardini era tutta macerie.

I ponti erano saltati la notte del mio compleanno , avevo otto anni e lo spostamento d’aria ci aveva trovati tutte rannicchiate in un mucchio abbracciate tra le braccia della mamma.

Giorni rivisti con stupore tanti anni dopo in un  film di Rossellini , rivissuti negli anni con il nitore di un ricordo indelebile.

Il babbo era andato a cercarmi medicine , forse avevo il mal di pancia : si mangiavano strane provviste accumulate nel tempo al mercato nero e l’acqua la mamma ; ricordo la sua vestaglia a chimono , l’andava a prendere nei fiaschi spagliati con la carrozzina di mia sorella Renata  dentro il cortile del Bargello ,li  c’era un pozzo con l’acqua buona –

Poi la mattina dopo quattro strani esseri alieni in tuta verde erano apparsi da via Magazzini : erano grossi e sorridenti e uno ci aveva gridato alzando lo sguardo verso le nostre teste nascoste dietro le finestre : noi siamo americani !

Agosto

Due mesi senza programmi , una prospettiva serena .

Partita per ferie anche la collaboratrice domestica tanto mi arrangio , la casa silenziosa , sembrava tutto okay.

Poi piano piano comincia la sottile angoscia del vuoto , se ne vanno davvero tutti in vacanza e anche se restano hanno tutti tanti programmi legittimi e la nonna è , giustamente , l’ultimo dei pensieri.

Pericoloso camminare nel silenzio delle stanze ordinate , intanto si cominciano a vedere le crepe , le ragnatele , le piccole usure quotidiane che non si notano quando si ha qualcosa di concreto da fare e la penombra calda che filtra dalle persiane non aiuta , i ricordi degli anni i cui si correva dietro ai bagagli bisogna cercare di evitarli , evitare anche le navi che la sera sfilano lontane verso quei lidi un tempo tanto frequentati , è la vecchia legge che colpisce i vecchi , una volta toccava agli altri , adesso tocca a noi.

Non ci aiuta la tv , si sprecano le raccomandazioni come se tutt’a un tratto ci si accorgesse che anche se non si è diventati totalmente scemi si deve stare attenti alle truffe telefoniche , alle chiamate finte di nipoti che chiedono aiuto , si deve bere molto , e soprattutto non si deve aprire la porta agli sconosciuti. 

Vabbè , per sopravvivere in questo mese in cui piano piano come birilli che cadono si chiudono tutte le sorgenti di aìuto cosa può succedere ?

La prima e più scema è la caduta del vetro dello sportello della vecchia Panda , un sinistro rumore e trac! Non si alza più .

Il carrozziere riapre a fine mese, per fortuna ho il cellulare e riesco a sfruttare all’alba una sorta di miracolo , prima di andare al mare riesce a ritirarmi su il vetro malefico , per l’aggiustamento se ne riparla dopo il 27, bisogna ordinare il pezzo di ricambio . 

Nel salutarmi mi fa notare un rumorino nel motore … dovrei passare anche in officina  ma anche quella è già  chiusa.

E siamo solo a San Lorenzo. Stasera guarderò le stelle che cadono  pensando con tristezza a quando vidi il cielo in Sudan , neanche da paragonare ai miliardi di stelle in più che si vedono da quelle parti.

Ricordi su ricordi .

Letture

Tanti anni fa ho passato un mese in Nuova Zelanda , ci ero andata per seguire le regate di Coppa America e tra un turno di regate e l’altro ho visitato le due isole che compongono quello straordinario paese unico per le bellezze naturali e per la semplicità della vita della sua gente.

Qualche giorno fa in una preziosa trasmissione culturale che seguo ( una delle poche ) ho saputo che Katherine Mansfield , di cui conoscevo poco e non avevo letto niente, veniva da qual lontano paese.

Incuriosita ho comprato un piccolo libro con tre suoi racconti e ho fatto una scoperta bellissima , non immaginavo quanto fosse moderna e preziosa la sua scrittura che in un primo momento mi è sembrata quasi difficile da seguire.

In realtà bisogna entrarci nei suoi “ momenti di essere” parafrasando un’altra grande scrittrice della stessa area culturale.

Nei suoi racconti ho trovato , oltre al fascino di una scrittura ellittica e poetica , il ricordo di quel bellissimo paese che avevo accantonato tra le esperienze di viaggio più belle della mia vita.

Leggendo i suoi racconti si respira un’atmosfera che mi ha ricordato Cekov e i suoi personaggi sospesi in attimi di vita in cui tutto si può illuminare o perdersi , epifanie che aprono scorci profondi dell’io e tutto questo immerso nel paesaggio lussureggiante e misterioso di quella terra lontana , dalla quale la Mansfield partì senza fare più ritorno. 

Davvero non si finisce mai di imparare qualcosa , certe volte sono molto contenta di avere ancora molte cose da sapere e da conoscere nella vita .

Stamani ho ordinato un altro libro dei suoi racconti.

Lo squarcio

Spesso negli  anni mi è capitato di aspettare nella sala d’attesa della stazione di Bologna , sempre aspettando una coincidenza e ogni volta con la sensazione di entrare in un luogo sacro.

Ma quello squarcio nel muro , quella lapide lunga di nomi ormai sono visti con indifferenza dai passeggeri annoiati in attesa .

Una volta mi è addirittura capitato d raccontare a due giovani turisti asiatici  incuriositi cosa significasse quel buco nel muro e quando ho raccontato loro brevemente la storia della strage mi hanno guardato stupiti e increduli.

Io non posso dimenticare anche perché per un caso della vita due dei miei figli avevano rischiato di passare da quel luogo in quell’ora .Ho un ricordo vivissimo del caldo di quella giornata d’agosto , il caos sulle strade e anche il nostro silenzio mentre andavamo a riprendere il figlio piccolo rimasto a Livorno mentre il grande era passato prima perché quella domenica aveva le regate ad Ancona.

Erano anni in cui facevo politica ed ero amica della prima Presidente del comitato delle vittime , seguivo con apprensione le vicende oscure del nostro paese , ho netta la memoria di tutte le stragi , di tutte le bombe che hanno squarciato le nostre città , di tutti i morti sull’asfalto che abbiamo contato in quegli anni lontani .

Per molti anni passando da San Benedetto Val di Sambro andando a Firenze vedevo i resti del treno 904 , monumento contorto e annerito della nostra memoria.

Io non dimentico , non posso dimenticare e mi sento in dovere di raccontare ai nipoti , anche se molti di loro lo sanno , quanto è stato difficile mantenere la nostra giovane democrazia mentre l’Italia cresceva nel benessere e contemporaneamente doveva riuscire a mantenere la strada diritta tra le nazioni d’Europa .

Ho alle spalle anni di militanza politica , adesso mi resta il dovere della memoria e lo esercito anche soffermandomi ogni volta  in raccoglimento nella sala d’attesa della stazione di Bologna.