Autunnale

L’autunno si illumina di arancio , ancora sugli alberi nelle vecchie strade di campagna  si vedono i coloratissimi frutti : i cachi.

Nella mia testa però quei frutti che amo si chiamano in un altro modo , in Toscana quando ero bambina li chiamavo con un misterioso nome : diosperi.

C’è poi un altro nome poetico per lo stesso frutto e in  questi giorni mi gira per la testa una poesia di Franco Scataglini  e sono andata a ricercarla nel mio piccolo settore poesia , dietro le mie spalle , sullo scaffale in alto.

Ne volevo parlare e mi sono messa a fare la ricerca , giorni di festa vuoti e così ho scoperto l’arcano del misterioso nome toscano :

è il nome scientifico di un  albero che da anche il nome al frutto : albero originario del Giappone . Diospyros kaki , ecco trovata la chiave del mistero!

La raffinatezza linguistica toscana recupera il nome scientifico e in qualche modo richiama esoticamente anche il nome dialettale marchigiano della poesia : frutti loti.

Cachi , diosperi , loti  : tre modi per raccontare un frutto dolcissimo e antico che la mamma ci comprava nel breve periodo autunnale in cui comparivano anche nelle ceste fuori dalla bottega dell’ortolano . Diceva che facevano bene perché contenevano le vitamine come tutti i frutti arancioni e aveva ragione , anche se a quei tempi non si era così informati parossisticamente dei valori nutrizionali dei cibi.

Ed ecco la dolce poesia in antico vernacolo anconetano che prende il titolo da un sonetto di Jacopo da Lentini;

E per un frutto piace tutto un orto

La pazienza de i orti

Dietro a le reti lasche.

Arbori e ciafi morti:

cassette, pelli, fiasche.

Però ‘na luce splende

In quei grovigli imoti:

sopra’n ramo s’acende,

rotondi , i frutti loti.

Ancora tu Jonas

Credo che questo grand tour pucciniano di Jonas Kaufmann sia stato un successo ben meritato e ci sono state eroiche amiche che ne hanno voluto seguire anche quattro o cinque tappe.

Inizialmente anche io avevo pensato di farci una serata ma quando poi scoprii che l’unica data comoda per me era Monaco e a Monaco non c’era la mia amata Maria ho desistito.

Certo che in compagnia della soprano italiana con la quale Kaufmann aveva già diviso più volte il palcoscenico , (ammazzandola sempre in scena!, ) hanno avuto un valore aggiunto : il valore di una vecchia amicizia e stima professionale che va aldilà delle stesse note , ripetute per tante sere fino al punto che una sera ( lo riferisce una amica fedele ) anche a Jonas sia scappato un Viva Puccini! che forse avrebbe valso quanto tutto un viaggio.

Maria è leggera leggera ed è volata spesso in alto tra le braccia del tenore facendomi sorridere di tenerezza.

In privato mi aveva scritto : ero convinta di vederti a Vienna… 

Non ce l’ho fatta , per me Vienna è complicata per arrivarci e mi sono riservata un solo viaggio con il cambio a Monaco . 

Ci sarò , almeno lo spero , in gennaio , quando una ennesima volta 

Nedda cadrà pugnalata da Canio , spero solo che non sarà l’ultima

volta in cui si riformerà la coppia.

Del Cd che ha dato origine al giro però io ho amato soprattutto il brano del Tabarro perché la particina del marinaio Luigi non è da protagonista ma l’arte dei due interpreti , in questo caso con Armin Grigorian , ne fanno un cult in mezzo a tante altre pregevoli arie.

Quello che ancora mi colpisce è l’immutato fascino del tenore che in anni lontani ci fece impazzire per la voce , l’arte e la bellezza; oggi che forse di arte ne ha anche di più per fortuna ci resta la documentazione di tutto il resto . Guardare per credere :La fanciulla del West di Vienna del 2014 , quando ridendo disse che nessun altro tenore sarebbe stato capace di entrare a nascondersi in un armadio così piccolo!

Io che c’ero , però vedevo che ogni tanto apriva uno spiraglio nella porta perché rischiava di soffocare.

Filosofia della nostalgia

Una buona metà dei paesi che ho visitato nella mia lunga vita non si possono più visitare :  ci sono le guerre , i pericoli o addirittura la distruzione di importanti monumenti per i quali avevo fatto il viaggio.

Un esempio per tutti : la grande ruota di Homs in Syria e adesso leggo il rischio che corrono le splendide rovine di Baalbek in Libano.

Anche in Libia si andava solitari e felici , si dormiva nelle tende nel Sahara e ci succedevano anche tante avventure alle quali andavamo incontro consapevoli che non tutti gli accompagnatori erano fidati e serenamente si dormiva in alloggi precari.

L’altra metà , quella che ancora per fortuna si può visitare  i visitatori la vedono mischiati alla folla dei turisti che invadono vecchie rovine e monumenti famosi e francamente non so quale delle due calamità sia la peggiore.

Leggo di un amico che rimpiange la sua lontana visita a Istambul , anche io entrai nella meravigliosa piscina sotteranea vicino al Gran Bazar grati a un ragazzino che ci faceva lume con una specie di torcia artigianale o quando si poteva entrare a Santa Sofia che era ancora una chiesa , poi tornandoci , la trovai moschea e adesso so che non è niente di tutto questo , solo un museo da visitare mettendosi in fila alle entrate.

La scorsa estate ho visto una bella mostra a Monaco alla Lambach haus dal titolo suggestivo : la Istambul di Pamuk. Vedevo gli occhi disinteressati di mia nipote , una ragazza attenta e colta ,ma ho fatto fatica a spiegarle che quegli oggetti , quelle foto ingiallite , quell’atmosfera medio orientale erano un chiaro messaggio per me che non solo avevo letto tutto Pamuk , ma che avevo vissuto quelle atmosfere come quando volli andare a cena al Pera Palace , ormai vecchissimo negli arredi ma che mi rappresentava un’epoca di libri e incontri che avevano avuto luogo in quelle sale.

Ormai ho fatto il mio “ giro della prigione “ e ne sono contenta , il mio mondo è scomparso , forse sono scomparsi anche i valori che conteneva , non è colpa del nuovo turista al quale va tutta la mia simpatia ma quello screenscht della mia memoria non lo potrà mai rivedere , le mie atmosfere se ne sono andate con me.

Anniversario

Sono passati cinquanta anni , ma Pier Paolo Pasolini è ancora più vivo che mai nella memoria di chi lo aveva amato nei suoi scritti , nelle sue poesie , nei suoi film.

Ricordo quella mattina di novembre quando la radio trasmise la notizia , sembrava incredibile e ad un tempo  assurdamente tanto realistica da non sembrare vera .

Era la fine di un suo film : quando cominciammo a vedere le foto del corpo straziato del poeta nel fango , tra le baracche di quel luogo disadorno ci sembrava davvero che fosse la scena di un set .

Il mistero che circondò la verità sulla sua fine , chi furono i mandanti veri , chi volle chiudere la bocca di quel grande intellettuale che gridava forte dalle pagine del Corriere della sera “IO SO” .

Era una voce troppo scomoda e quel terribile vaticinio che accompagnò la sua ultima intervista suona ancora valido nelle nostre orecchie.

Lo ha commemorato con un grande affresco sulla Tv7 Aldo Cazzullo , un vero servizio pubblico fatto da una televisione privata ci dice quanto siamo messi male politicamente .

Il suo ultimo libro incompiuto , Petrolio , è forse la chiave che ispira maggiore sgomento e le pagine mancanti . scomparse nel nulla, urlano più di tutto quello che il poeta aveva raccolto nel tempo per quella ricerca sul male nero del nostro paese che bene si intonava al titolo viscido che aveva voluto dare ai suoi appunti.

Una persona che fu a me molto cara e che aveva militato nelle fila della Brigata partigiana Osoppo Friuli mi aveva raccontato la tragica storia della malga Porzus , la stessa brigata nella quale combatté e morì il fratello più giovane di PPP, ;  erano partigiani giovani , ragazzi liceali e credevano in un futuro che ancora oggi stentiamo a vedere nel nostro paese attraversato com’è da strani rigurgiti nostalgici.

Per quanto mi riguarda , nella mia piccola fetta di memoria , il compito di ricordare fino a ché avrò voce quello che ancora non è il nostro paese : una vera democrazia compiuta.