Il ponte di Calatrava

Per tutti coloro che arrivano a Venezia dalla terraferma c’è un ponte bellissimo da attraversare.

Lo progettò il grande architetto Santiago Calatrava ed era il quarto ponte sul Canal Grande dopo i famosi ponti dell’Accademia , degli Scalzi e  il  più famoso di tutti , quello di Rialto.

Grande fu l’interesse culturale intorno a questo nuovo progetto , doveva essere leggero , elegante e nuovo.

Ma la prima volta che lo attraversai , era inverno e calava la nebbia sul Canale , ebbi quasi paura di cadere .

Il ponte aveva gli scalini di vetro , una patina umida e bagnata li rendeva scivolosissimi , ricordo di avere pensato che non sempre gli architetti ci azzeccano con le loro idee.

Eppure gli architetti li amo , se non altro per il grande numero di parenti che hanno esercitato la nobile professione a cominciare dalla mia adorata sorella , da  ben due nipoti e una carissima congiunta , tanto che quando uno dei miei figli manifestò l’idea di fare l’architetto dicemmo che ce n’erano già tanti in famiglia!

Amo le moderne architetture eleganti che ormai costellano i nostri paesaggi urbani e ricordo che l’unico motivo di interesse che provai in un viaggio negli Emirati Arabi furono le interessanti costruzioni delle torri che risaltavano  sullo skyline del deserto.

Leggo oggi che a Venezia si sono arresi all’evidenza , dopo le tante cadute e le fratture conseguenti , dopo che gli scalini ogni tanto dovevano essere sostituiti perché sbeccati dai trolley e dai carretti dei portabagagli l’amministrazione comunale ha deciso di sostituire gli scalini di vetro con un qualche materiale meno pericoloso per la deambulazione dei viandanti.

Pare che si sia arreso all’evidenza anche l’illustre progettista , non sempre pensare il bello assoluto può significare pensare anche il pratico, dolorosa conclusione di una bellissima e avveniristica utopica idea .

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Asmik

Si annuncia per la felicità degli addicted la prossima prima scaligera del 2025 : la Grigorian torna alla Scala!

Questa giovane straordinaria interprete che ormai non mi stupisce più con la sua arte continua a divertirmi con i suoi vestiti talmente anticonformisti da sembrare quasi provocatori.

Si presenta ai concerti in strane vesti monacali , non è la prima volta , e a Napoli ha spiazzato tutti col vestitino  grigio da monaca abbottonato fino al mento e l’acconciatura retro.

Va controcorrente quella che oggi , specialmente nel suo difficile repertorio in cui spazia da Shostakovich a Strauss, da Janacek  a Prokofiev fino a Dvorak e riesce ad essere grandissima anche nel repertorio pucciniano.

E’ giovane e bella , vista da vicino pare anche più ragazzina e fragile anche se la sua solidissima preparazione musicale la porta davvero molto in altro nella scali di valori sopranili.

E’ una di quelle creature da palcoscenico che si mangia la scena e il personaggio  ed io  cercherò di seguirla fino a quando mi sarà possibile , nei miei sempre più stretti limiti di forze.

Mi fa molto piacere continuare a leggere commenti napoletani anche se ancora non tutti hanno capito la fortuna di averla in scena al SanCarlo in uno dei suoi ruoli preferiti in uno spettacolo che continuo a ricordare con emozione .

Avvenne a Milano

Premesso che la FdD non è tra i massimi capolavori di Verdi l’opera ha  in sé comunque alcune mirabili pagine tra cui sicuramente l’ouverture ma alterna anche impossibili momenti quali il Viva la guerra e l’impossibile Ratataplan .

In questi casi servirebbe  intervenire di regia e ci fu una volta , memorabile in quel di Monaco , in cui la manipolazione rese l’opera decisamente diversa e bellissima.

I momenti drammatici alternati con gli inserti leggeri  in realtà appesantiscono lo scorrere narrativo e verrebbe voglia di intervenire di forbice . In realtà Verdi provava  qualcosa di nuovo e ben gli sarebbe riuscito alla fine quando con leggerezza mirabile arrivò al Falstaff , ma questa è un’altra storia.

Veniamo quindi a Milano : regia convenzionale che piace al melomane medio ( rubo al sommo A.M ) , molto contento Chailly a cui piace recuperare anche le virgole della partitura.

Veniamo al cast : la Diva ancora abbisogna dei sovrattitoli per la dizione e pazienza ,non le si perdonano invece i riccioloni dorati dopo anni di astinenza e “misero pane “  ma piace a tanti e forse sbaglio io.

Tezier si è tenuto tutto lo spettacolo , splendido come sempre , soprattutto con un Alvaro non pervenuto.

Qui vale il detto morettiano : mi si nota di più se vengo o se non vengo ?, infatti si notava l’assenza .

Il bravo tenore americano ce la mette tutta , la voce è buona  ,ma se non affronti un “al chiostro” urlato con disperazione  a noi vecchi fedeli manca davvero qualcosa.

Al solito il migliore dei comprimari è il fantastico Carlo Bosi , a lui ormai non si deve chiedere nulla , evviva la classe.

Preziosilla , detta Prezionilla dall’ormai immarcescibile Vespa è brava e buoni il padre guardiano ( un po’ leggerino come basso profondo ) e Fra Melicone molto misurato.

Perla tombale della Carlucci : per l’idea del finale “manzoniano” s’inventa che Alvaro prenda i voti ! peccato che li avesse già presi un atto prima.

Citando in chiusura quella mitica messinscena bavarese alla fine Alvaro getta malamente il crocifisso  con un rumore secco.

Una lettura anticlericale o semplicemente una condanna per una storiaccia  che la religione aveva condizionato tramutandola in vendetta.

Butterfly ad Ancona

Forse la più bella emozione di questa ripresa della Butterfly di Ancona è stata la generale per i ragazzi delle scuole della città.

Centinaia di giovani  e i più bravi sono stati quelli più piccoli ,hanno partecipato allo spettacolo con un calore e una partecipazione sulla quale non avrei scommesso molto alla vigilia.

Applausi scroscianti “ quasi giusti “ nei momenti topici confermano la grande forza emotiva del genio musicale di Puccini.

Forse non piaceva a Busoni , lo leggo nel valido saggio sul programma di sala di Gabriele  Cesaretti e lo si può capire anche se leggendo attentamente in filigrana quanta raffinatezza si trova nella musica del grande lucchese.

Bella serata alla Prima , finalmente in una data “ giusta” nel calendario .

Dicembre è un mese che invita all’Opera , speriamo si riesca a mantenere il tempo giusto in futuro.

Questa è la terza volta che l’opera con la regia di Renata Scotto viene riportata sul palcoscenico dorico.

E’ un allestimento classico , amorevolmente ripreso da Renato Bonajuto che della Scotto fu assistente.

Un cast equilibrato , interessante la giovane promessa Giuseppe Infantino , forse sarà uno di quei battesimo delle Muse di cui sentiremo presto parlare molto.

Precisa e partecipe la direzione di Francesco Angelico , di cui capisco la cultura europea e il suo rammarico di dirigere poco in Italia.

Una Suzuki di alto livello : Manuela Custer  sostiene Mirtò Papatanasiu al suo debutto nel ruolo.

Segnalo il Goro di Raffaele Feo e corretto lo Sharpless di Sergio Vitale.

Interessanti anche nei ruoli minori gli allievi dell’accademia di canto di Osimo.

Il mio solito totale plauso al direttore artistico Vincenzo De Vivo che sempre fa i miracoli della moltiplicazione dei pani con le poche risorse doriche.

Concerto in TV

Non sono andata a Milano e non andrò alla Forza.

Scelte che hanno privilegiato una Rusalka napoletana e la presenza ad Ancona per la piccola stagione lirica locale.

I miei lettori si sono stupiti che non commentassi la defezione di Kaufmann ma io che lo conosco abbastanza bene  non mi sono stupita , anzi lo avevo previsto ,

Il lungo impegno con la Sony per promuovere il CD pucciniano e la serietà con cui professionalmente il tenore rispetta il suo lavoro lo hanno portato a rinunciare a Milano , troppe prove avrebbe saltato e lui che rispetta i colleghi e ha anche qualche problema familiare gli hanno fatto fare una scelta che però ha mantenuto per il concerto scaligero nella ricorrenza pucciniana.

L’ho visto in tv e come al solito si è dimostrato quel grande affabulatore che è ogni volta che esce in palcoscenico.

Il suo gesto “Viva Puccini! “ e la rosa a Ganci sono atti di un padrone della scena quale è sempre nel momento dei saluti.

Mi diverte da anni vedere il suo richiamo alla diva  di turno per sollecitarla ad andare a chiamare il Maestro e quel suo gesto di incoraggiamento al coro perché venga avanti per i saluti condivisi.

Forse ,oltre alla tecnica ormai saldissima e alla grazia personale , quello che mi ha sempre colpito in lui è l’assoluta  padronanza accompagnata all’intelligenza di chi sa il valore anche di un minimo gesto.