Premesso che la FdD non è tra i massimi capolavori di Verdi l’opera ha in sé comunque alcune mirabili pagine tra cui sicuramente l’ouverture ma alterna anche impossibili momenti quali il Viva la guerra e l’impossibile Ratataplan .
In questi casi servirebbe intervenire di regia e ci fu una volta , memorabile in quel di Monaco , in cui la manipolazione rese l’opera decisamente diversa e bellissima.
I momenti drammatici alternati con gli inserti leggeri in realtà appesantiscono lo scorrere narrativo e verrebbe voglia di intervenire di forbice . In realtà Verdi provava qualcosa di nuovo e ben gli sarebbe riuscito alla fine quando con leggerezza mirabile arrivò al Falstaff , ma questa è un’altra storia.
Veniamo quindi a Milano : regia convenzionale che piace al melomane medio ( rubo al sommo A.M ) , molto contento Chailly a cui piace recuperare anche le virgole della partitura.
Veniamo al cast : la Diva ancora abbisogna dei sovrattitoli per la dizione e pazienza ,non le si perdonano invece i riccioloni dorati dopo anni di astinenza e “misero pane “ ma piace a tanti e forse sbaglio io.
Tezier si è tenuto tutto lo spettacolo , splendido come sempre , soprattutto con un Alvaro non pervenuto.
Qui vale il detto morettiano : mi si nota di più se vengo o se non vengo ?, infatti si notava l’assenza .
Il bravo tenore americano ce la mette tutta , la voce è buona ,ma se non affronti un “al chiostro” urlato con disperazione a noi vecchi fedeli manca davvero qualcosa.
Al solito il migliore dei comprimari è il fantastico Carlo Bosi , a lui ormai non si deve chiedere nulla , evviva la classe.
Preziosilla , detta Prezionilla dall’ormai immarcescibile Vespa è brava e buoni il padre guardiano ( un po’ leggerino come basso profondo ) e Fra Melicone molto misurato.
Perla tombale della Carlucci : per l’idea del finale “manzoniano” s’inventa che Alvaro prenda i voti ! peccato che li avesse già presi un atto prima.
Citando in chiusura quella mitica messinscena bavarese alla fine Alvaro getta malamente il crocifisso con un rumore secco.
Una lettura anticlericale o semplicemente una condanna per una storiaccia che la religione aveva condizionato tramutandola in vendetta.