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Ho smesso da qualche anno di andare a teatro per vedere la prosa per molti motivi, ultimo ma non meno importante è quello che per me il teatro di prosa in Italia attraversa un periodo di vera crisi.
La più pericolosa delle tendenze è quella che riguarda i testi facili, con pochi personaggi, interpretati dai televisivi di turno, cioè quegli attori/attrici le cui facce da telefilm attirano le vecchie signore dell’ abbonamento turno A .
Questi testi, spesso sono di autori anglosassoni tradotti, sarebbe come dire cotti e mangiati sul successo d’oltreoceano.
Poi c’è tutto l’interminabile repertorio classico che va abbastanza a onde: Shakespeare sempre, Goldoni e Moliere sometime, Pirandello a seconda delle annate.
Per quanto riguarda il classico antico rivolgersi per favore alle rassegne estive prego, in cui ci se la cava con cori ridotti al minimo e poche pretese scenografiche.
Ovviamente poi ci sono le dovute eccezioni, quando cioè si ripete quella strana alchimia che ti fa stare attento, emozionato, partecipe sulla tua poltrona.
Sempre più raro questo tipo di teatro, spesso affidato a singoli attori/autori non tutti uguali, anzi nella loro eccezionalità decisamente diversi e di diverso impatto sulla platea.
Uno di questi è Pippo Delbono e ieri sera per la prima volta è sbarcato ad Ancona, città di piatte abitudini teatrali.
Per la verità c’era stato anche un’altra volta durante un festival estivo in cui lavoravo anch’io e non era stato facile trattenere il pubblico infuriato che lo aspettava per le nove e lui seraficamente perso in qualche ingorgo estivo era arrivato per il suo monologo ben oltre le undici.
Ieri no, tutto regolare, anzi il suo spettacolo era stato addirittura preceduto dalla proiezione di un suo film (Delbono è abbastanza poliedrico) e da un dibattito con il pubblico attento e incuriosito.
Delbono quindi lo conoscevo da anni, i suoi spettacoli spesso violenti sicuramente provocatori e talvolta anche sgradevoli sapevo che sono di quelli che lasciavano il segno.
Quel suo Bobo, presenza totemica e muta , quel minuscolo alter ego faceva parte della sua poetica teatrale e difficilmente ne ignoravi la fortissima presenza scenica.
Lo spettacolo di ieri è intitolato Orchidee e merita, per me, di essere visto senza scindersi dal film Sangue che l’ha preceduto.
Parlerò quindi prima del film: è uno spettacolo che mi ha fatto molto soffrire, in certi momenti al limite della mia partecipazione emotiva e la domanda che alla fine non gli ho potuta fare per motivi di tempo era proprio sulla impudica insistenza della visione della morte che lui ci ha messo sotto gli occhi perché non sono sicura che la sua adorata mamma fosse così felice di essere ripresa in quel momento, il più sacro dopo la nascita, in cui il nostro corpo disfatto si allontana per sempre .
E non mi basta la lunga bellissima inquadratura della morta elegante a giustificare quel suo voyerismo esasperato.
Meno coinvolgente la parte che riguarda la lunga intervista al brigatista Senzani, niente è più triste di vedere un uomo sconfitto raccontarsi senza pietà e mi pare assolutamente ridicolo parlare di istigazione alla violenza e alla lotta armata . Quel pover’uomo oggi ci fa solo una pena infinita.
Passo allo spettacolo: Delbono prosegue nel raccontarsi a modo suo, ma forse questo è uno spettacolo più dolce, più elegante rispetto a sue precedenti performance .
Uno spettacolo rigidamente scandito nei tempi, elegante nella forma, forte l’influenza più o meno dichiarata con il Tanztheater di Pina Bausch l’ho trovato addirittura elegiaco in certi momenti.
Soprattutto il finale, quella stupenda citazione di Ofelia- mamma è stato come la risposta alla domanda che non ero riuscita a fargli.
Il tuo messaggio caro Pippo è diventato più lieve, si vede che anche tu invecchi e che il tuo enorme Ego si placa nella memoria e ne trovo la conferma nella bella poesia di Sant’Agostino che la tua mamma ti recitava a fatica nel suo tenerissimo ligure.
Il tuo scritto sul teatro e’ per me, come al solito, molto coinvolgente. Perche? Perche’ intrattengo con il teatro un rapporto di odio/amore. Quandi avevo 16 anni fui ospite a Milano di una mia compagna un po’ piu’ grande di me che mi porto al Piccolo a vedere “i sequestrati di Altona” con Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer, un spettacolo potente al cui confronto tutto quello che ho visto dopo e’ risultato sbiadito e….noioso! Qui a S.benedetto e Grottammare ci sono due deliziosi teatrini dove c’e’ una stagione teatrale, ed anche al Teatro dell’Aquila di Fermo, oppure al Ventidio Basso di Ascoli, ogni anno prendo i programmi e poi finisco con strapparli e buttarli nel cestino. Quando ci ho provato, con una di quelle commedie che tu citi devo confessare che mi sono addormentata. Non c’e’ niente di piu’ vergognoso che dormire a teatro specialmente se si russa. Certo bisognerebbe andarci sempre per scoprire che qualche chicca c’e’, ma ormai la disaffezione e’ tanta. Infatti Pippo Delbono non lo conoscevo affatto, non me lo faro’ scappare se lo trovero’ da qualche parte! Ti saluto amica interessante.