In un tempo molto lontano vivevo a Firenze , era la mia città perché ne ero padrona , letteralmente.
In Piazza Signoria giocavo sotto la loggia dei Lanzi , a cavalcioni dei leoni all’ingresso, conoscevo gli Uffizi perché ci andavo spesso , molto spesso e non mi ricordo neppure se pagassi un biglietto per entrare .
Il giardino di Boboli era uno spazio più libero ,lì avevo amici con cui giocare a nascondino tra le statue .
Poi crescendo ho cominciato a studiare di più le ricchezze fiorentine e scoprire cose anche più preziose . Per esempio ho fatto di corsa il Corridoio Vasariano insieme alle compagne di scuola , la mia favolosa insegnante di storia dell’arte ci raccontava la ricchezza dei tesori della mia città.
Ora guardo in televisione terrorizzata le file di turisti che aspettano di entrare in quelle stanze che furono mie e nelle quali ho imparato la bellezza pura del mondo.
Non vado più a Firenze da tanto tempo e solo l’idea di dividere la contemplazione di opere meravigliose stando in fila aspettando pazientemente che il gruppo che mi precede si allontani mi fa desistere dal tentare anche soltanto dal progettare una simile esperienza.
Mi rendo conto che il nostro è quel meraviglioso paese che vive letteralmente delle sue bellezze ma nessuno mi potrà mai restituire la gioia di sentirmi padrona e libera di godere di tanta arte in solitudine.
Ovviamente c’è ancora tanta parte della città da godere e soprattutto con mia sorella che è una guida bravissima riesco lo stesso a vedere cose mirabili , magari in momenti meno affollati che non nel per me tragico periodo delle gite scolastiche.
Ma la sensazione esaltante di essere da sola nella galleria dell’Accademia a guardarmi il Davide , quella so che nella vita non potrò permettermela più.
Non la conosceranno mai le file ordinate di giapponesi ( o forse sono cinesi) che ci passeranno davanti in fila ordinata , per questo non vado a Firenze a Pasqua , anche se mi era presa una gran voglia di partire vedendo un bellissimo servizio sul Museo nazionale del Bargello qualche giorno fa .
Ma di quel museo io ricordo la mamma in una specie di kimono nella calda estate dei ’44 spingere la carrozzina di mia sorella piccola e dentro c’erano le mezzine da riempire d’acqua al pozzo del cortile del Bargello .
Erano i giorni dell’”emergenza “, la città assediata e divisa in due : di là d’Arno gli inglesi , di qua i tedeschi , sui tetti i cecchini e noi stranamente sfollati in pieno centro .
Sono ricordi strani , di una bambina che viveva in mezzo alle ricchezze senza rendersene conto ,in quella Firenze che solo il genio di Rossellini ci racconterà poi in Paisà.
Oggi il blog ha girato in nostalgia , mi succede quando non prendo il volo per andare ad ascoltare musica …pericoloso restare a casa.
Pericoloso? No, bisogna farlo ogni tanto. Sono gioelli impareggiabili che vanno ricontemplati. Sono arrivata a Firenze meno di un anno dopo l’alluvione;
cosi l’ho imparato a conoscere anch’io senza turisti. Abitavo nel quartiere di S. Croce. Bargelli sindaco, “Maledetti Toscani” in ogni libreria. La città del giglio ancora ferita che rialzava già la testa.
Il sindaco si chiamava Bargellini . Scriverò sulla ..mia alluvione.
Bargellini, Bargellini.