Dopo il tempo del Mito dell‘Anello e il tempo della tragedia della Walkiria con il Sigfrido entriamo nel mondo della fiaba . Ci sono tutti gli ingredienti : Il biondo ragazzo che non conosce la paura , gli uccellini che parlano , il drago , la fucina del nano ,e poi il viandante misterioso , gli enigmi da sciogliere.
Di tutta la Saga Sigfrido è sicuramente la pagina più ostica e forse per questo quasi mai rappresentata singolarmente .
C’e in effetti un cambio di registro tra il secondo e il terzo atto , l‘autore letteralmente gira pagina e questo finale altro non diventa che il prologo all‘ultima giornata la quale non a caso si apre sul viaggio di Sigfrido sul Reno.
Del resto Wagner lo aveva detto …lascio Siegfried nel bosco ….
Che però prima di uccidere il drago si era chiesto : doch heise mich das : har der Wurm ein Erz ? ( mi chiedo se il drago ha un cuore …) ed e‘ attraverso il sangue di quel cuore che Sigfrido capirà un nuovo linguaggio ma gli verrà anche detto : ora guarda chiaro , vedi come finisce…..
Un terzo atto musicalmente strepitoso che anche in un allestimento tutto sommato modesto e anche un po‘ datato con un primo atto di una bruttezza quasi imbarazzante si riscatta per la musica travolgente , per questa orchestra mirabile che sotto la guida dell‘incredibile piccolo uomo magico diventa uno strumento unico , una massa compatta e al tempo piena di raffinatezze quasi cameristiche.
Si capisce bene che tredici anni non sono passati invano , ogni tanto affioravano qua e là nella lunga prolusione di Wotan accenni a momenti di Hans Sachs e nel finale travolgente d‘amore sappiamo che Tristano è passato di lì.
Grandi interpreti , tutti dalla perfetta vocalità wagnerina . Il riassunto lo farò alla fine …..stasera vale la pena di ricordare quelli che ci perderemo per strada : Mime di Wolfgang Albringer-Sperrhacke , l‘ Erda della solidissima Okka von der Dammerau, Fafner di Ain Anger che si giova forse del momento scenico più suggestivo , l‘apparizione del Drago.
Non sono in grado di apprezzare ( o meglio di stigmatizzare ) l‘ironia antiebraica dell‘eloquio di Mime mentre ho capito bene la tristezza del saluto di Erda che ritorna nel suo eterno sonno., il suo fallimento presago della fine del tutto mi ha provocato quel brivido in più che scandisce la fine non compresa di Wotan.
Non riesco a parlare serenamente di Stefan Vinke . So che il ruolo è impervio ma scenicamente sa solo ridere da grullo e roteare la spada . Francamente davvero un po‘ pochino.
Evviva Petrenko.
Effettivamente lui vale da solo tutta la Tetralogia