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Due giorni di febbre, un banale raffreddore probabilmente causato da questi primi giorni di caldo insieme ad un po’ di stress per le molte emozioni provate la scorsa settimana. Dopo i meravigliosi quattro giorni di Salisburgo e una emozionante cerimonia di laurea del mio primo nipote a Milano finalmente a casa a riprendere tutte le cose banali che la vita di ogni giorno ci impone. Poi il crollo, evidentemente non mi piace ammettere che l’età avanza e che certi momenti di surmenage poi un po’ li pago. Pazienza, ho anche più tempo per leggere le notizie del mondo. Ma, forse, proprio a causa della depressione causata dalla febbre non è che il mondo mi piaccia proprio in questo momento.
Generalmente tendo a dire che non c’è mai niente di nuovo sotto il sole, che i fatti anche orribili ci sono sempre stati solo che adesso con la grande diffusione mediatica si ha un effetto moltiplicatore che rende il mondo più piccolo e anche più malato. Ma una notizia fra tutte, forse la meno grave sul lato umano, non c’è sangue per terra in quel video mi ha fatto veramente ripensare alla mia volutamente ottimistica e tenace volontà di vedere sempre con distaccato realismo ogni bruttura che ci circonda. Mi riferisco al video che ci mostra, se non avessimo voluto credere a quanto ci avevano comunicato i folli del Califfato, alla distruzione del sito archeologico di Ninive.
https://www.youtube.com/watch?v=Nizbkppblds
Nimrud, l’antica Ninive, non c’è più. La Mesopotamia, la terra tra i due fiumi, ci spiegavano in anni lontani alle lezioni di storia , si cominciava a studiare da lì e mi piaceva pensare a tutte le fantastiche storie di quei popoli: i sumeri , gli assiri , i persiani, quelle cifre a.C. così perse nella polvere dei secoli e sapere che in paesi moderni, con altri nomi, quelle rovine c’erano ancora, che quelle storie che cominciavamo a studiare e poi a leggere nella Bibbia erano ancora protette dalla sabbia del deserto. Non si era ancora scoperto il nero veleno che giaceva sotto quei deserti poveri, il petrolio, che poi ci avrebbe portato all’assurdo dei giorni nostri. Non so mai se siano peggiori i sunniti o gli sciti, mi è sempre parsa l’origine di una strana faida di famiglia (la famiglia di Maometto intendo) e non sono in grado di analizzare storicamente gli eventi. So solo che appena ho potuto sono andata in quei posti ed un po’ li ho visitati, mi sono fermata a trecento kilometri da Bagdad perché c’era la guerra dell’Iraq, ricordo i cavalli di frisia e già ci consideravamo dei pazzi a girare da quelle parti. Ricordo anche di avere pensato, ci ritornerò presto. Invece quel presto non si è più realizzato.
Nel frattempo sono successe tante cose: ho perduto una dolce sorella architetto che aveva fatto la sua bellissima tesi di laurea insieme a due studenti afgani sui Budda della valle di Bamian e forse pensare che lei non avrebbe visto quello scempio mi è stato quasi un pensiero consolatorio. Ho perduto il compagno di viaggio di una vita con il quale mi avventuravo nei paesi tra il Tigri e l’Eufrate che tanto amavo, non mi comprerò più un tappeto logoro vicino allo splendido hammam di Aleppo, e ora so che non potrò neanche più sognare di andare a vedere le rovine di Ninive. L’ISIS non lo sa, nella crudeltà delle immagini terribili dei suoi massacri, delle sue folli esecuzioni di poveri ostaggi occidentali non distrugge l’Occidente, distrugge la propria storia, la storia del mondo da cui tutti nasciamo e se quei poveri cretini occidentali che scelgono questa violenta strada di distruzione avessero studiato un po’ di più a scuola forse non diventerebbero il boia dal buon accento inglese borghese che conosciamo e non sanno che distruggendo le memoria non distruggono la storia e la cultura che ci ha generati.
Distruggono solo se stessi e saranno seppelliti dalla polvere dei secoli che loro incoscientemente hanno sollevato.
Tristi giorni. Quel boia disprezzerebbe sicuramente – qualora le conoscesse – queste parole di un suo connazionale: “The oldest hath borne most; we that are young/Shall never see so much, nor live so long.”
Bellissimi versi, non li conoscevo. Di chi sono?
Shakespeare. Sono le ultime righe del Re Lear.
Orrore, mia terribile mancanza di memoria ..e pensare che adoro il Re Lear, comunque grazie mia cara per avere commentato con tanto onore il mio piccolo articolo.
…senza parole!
Sai cosa mi ha detto Emanuela? Depressione influenzale….
E’ un vero peccato lasciar cadere nel vuoto questo tuo scritto senza un commento anche se e’ estremamente penoso ed impegnativo pensare a tutto questo. Come ho gia’ scritto sul blog di Caterina de Simone, oggi come oggi io tendo a non occuparmi delle notizie di attualita’, tendo cioe’ a mettere la testa sotto la sabbia..del deserto. E in genere tendo anche a vedere le cose orribili come un eterno ritorno, una filosofia piuttosto spicciola e consolatoria per cercare di trascorrere gli anni della “maturita” nel miglior modo possibile, dato anche che mi sono rovinata la giovinezza occupandomi dei mali del mondo. Pur non essendo mai stata in quei luoghi, e mi rendo conto di che viaggi avventurosi dovesse trattarsi, li ho vissuti profondamente in modo letterario. Circa 28 anni fa fui costretta a letto per una forte influenza ed ebbi il tempo di prendere in mano il primo volume della quadrilogia di Thomas Mann “Giuseppe e i suoi fratelli”. L’incipit era molto difficile: “profondo e’ il pozzo del passato. Non dovremmo dirlo insondabile?” e cosi’ continuava con una lunga sequela di nomi fascinosi tra cui spiccavano Ur e Nimrod. Mi ricordo che per andare avanti nella lettura mi dovetti affidare al Capitolo sulla Mesopotamia del fondamentale libro divulgativo che era “civilta’ sepolte”. Poi quei quattro volumi mi hanno tenuto compagnia per tanto tempo, e quei luoghi sono stati un sogno irraggiungibile fino a quando non sono diventati meta di un turismo quasi di massa (vedi Petra in Giordania) ed allora……ma, profondo e’ il pozzo del passato, chi vuoi che oggi sia interessato a questa frase? Ecco Nimrod e’ sparita, speriamo solo che i,nostri bei teatri d’opera del ‘700 d.c. Si salveranno!!!!
Scusate, quando ho incominciato a scrivere non c’erano ancora visibili gli altri commenti. La frase di re Lear mi ha molto colpita ma non trovo piu’ il volume dell’Einaudi perche’ mia figlia se lo e’ portato a Torino: proprio in questi giorni doveva fare una traduzione su Re Lear. Come vedete tutto ritorna….Ma Il caro Internet mi fornira’ cio’ che mi manca.
Profondo è il pozzo del passato : dovremmo dirlo insondabile ?
Uno dei più meravigliosi incipit della letteratura mondiale ……lo cito a memoria da anni…grazie di avermelo ricordato.
Anch’io! anch’io! e nell
Riproviamo: stavo dicendo: nella mia vita, ho conosciuto poche altre persone che abbiano letto, ed amato, Giuseppe e i suoi fratelli! Si, l’incipit è un incantesimo. Ci resta almeno quel pozzo profondo.
Ci si conosce per strane vie oggi , ci chiamiamo…amici di mouse?