Giorno della memoria : sono in treno , guardo i commenti ed inevitabilmente la mente torna al ricordo del mio viaggio in Polonia .
Ero con il Fai e avevo scelto di andare ad Auschwitz, altri invece preferirono le miniere di sale .
Mi colpì in modo particolare un dotto signore che nello scegliere le miniere mi aveva detto : andate a vedere quella pagliacciata di ricostruzione ?
Un negazionista assoluto e quello che mi fece male fu il pensare che quella persona , per altri verso colta e preparata ,svolgeva anche una professione di alta responsabilità sociale .
Fu un viaggio doloroso , ma sapevo che era mio dovere vedere con i miei occhi, anche se conoscevo già tutto l’orrore che avrei visto.
In pulmann la guida intelligente ci lesse la poesia di Primo Levi che è in esergo di Se questo è un uomo e arrivammo a Oswiechim , questo è il nome polacco dell’inferno terreno concepito dalla follia umana.
Mi colpirono i fiori alle finestre delle case dei polacchi che abitavano a pochi metri dall’orrore assoluto.
Sappiamo che ancora scavando pochi centimetri sotto terra la polvere che si trova è polvere umana ma contemporaneamente ormai l’atmosfera comincia ad essere quella di ogni località turistica e all’interno del campo i soli fiori che trovai furono quelli davanti all’angusta cella in cui era stato incarcerato un prete , fatto poi santo, che si era offerto in sacrificio per salvare una intera famiglia.
Io camminavo con il cuore stretto e le mani strette a pugno mi facevano male .
So soltanto che davanti al cancello “Arbait macht frei “chiusi la macchina fotografica nello zaino e non ebbi il coraggio di fare neanche una foto.
Ho ancora negli occhi le montagne di valigie ( scriveteci il vostro nome sopra ..prima di andare alle docce), gli occhiali e le terribili migliaia di scarpe infantili.
Io non posso fare a meno di ricordare .