Quasi un oratorio

Nel mio ormai scarso calendario operistico tra una settimana dovrei risentire per una ennesima volta il Parsifal.

Intanto martedì prossimo sul canale ClassicaHD  passa un allestimento viennese che fu fatto senza spettatori in periodo Covid.

La regia di Serebrennikov , strana e molto russa mi era tutto sommato piaciuta perché una volta tanto il liet motiv del doppio aveva una sua ragione d’essere e giustificava un Parsifal invecchiato e non  per questo meno affascinante.

Così nella memoria mi sono tornati alla mente tanti altri allestimenti cominciando dal  primo infausto Parsifal viennese con un tenore cover di cui peraltro ho anche perso la locandina e il nome.

In quel caso le fanciulle fiore di Klingstor erano delle entreuneses illuminate dalla luce stroboscopica del nightclub.

Diversamente a Berlino erano bambine in abito a fiori con i calzetti bianchi corti, ma le più belle nella memoria restano quelle del Met immerse nel lago di sangue con le lunghe chiome orientali e le alte  lance a simulare quasi una foresta.

Diversamente le ragazze della rivista Schloss nell’allestimento con una meravigliosa Kundry di Elina Garanca erano impiegate e giornaliste , più o meno.

Poi ci furono le tutte nude di Monaco , ma erano volutamente laide e invereconde, forse quelle che mi hanno convinto di meno.

Pescando le memoria mi sovviene anche un Parsifal bolognese di Romeo Castellucci di cui ricordo solo un serpente bianco e una folla in marcia verso la fine che faceva molto rumore disturbando la musica.

Direi che non mi piacque.

La verità è che la musica di Parsifal è quasi un oratorio e tutto sommato la si può ascoltare in forma di concerto e forse in questo modo ciascuno di noi è libero di immaginarsi uno spettacolo personale.

Mi bastano le note del preludio per entrare in una dimensione altra , questa ultima opera wagneriana ha un fascino tutto suo e basta chiudere gli occhi per essere accompagnati nel mistico mistero del Graal , nella dimensione della misericordia e del perdono che coinvolge i nostri animi affaticati.

Non è un caso che la si trovi spesso nel calendario durante il  periodo pasquale.

Una lettura interessante

Come molti cittadini europei mi capita di domandarmi perché i partiti della sinistra hanno perso il richiamo degli elettori e spesso ci si trova battuti da una destra sovranista e populista se non addirittura minacciati dall’estrema destra di stampo nazi -fascista.

Ebbene una riflessione seria mi è venuta dalla lettura di una intervista fatta ad uno studioso inglese – Daniel Chandler che ha pubblicato un libro interessante : Liberi e uguali – manifesto per una società più giusta.

L’economista e filosofo tenta di dare una risposta a questo fenomeno e lo fa in maniera a mio avviso molto convincente .

Partendo dal presupposto che le sinistre europee si sono spesso perse in battaglie contingenti  hanno contestualmente perso di vista un elemento importante che riguarda il grande fenomeno dell’ìmmigrazione .

Di fronte ad una accettazione di stampo umanitario non hanno tenuto conto che una regolamentazione seria e rigorosa del fenomeno ha lasciato largo campo alla destra .

Indubbiamente i cittadini europei , anche i più aperti e disponibili al richiamo di chi parte da situazioni di estremo disagio ,sente una necessità di arginare con regole precise i flussi migratori indiscriminati.

Anche se è vero che la denatalità e la necessità di forza lavoro nuova sono necessari non si deve dimenticare che una entità nazione che si riconosce in valori condivisi ha la necessità di proteggere le proprie tradizioni e le proprie regole di appartenenza.

Oltre tutto sono anche gli immigrati di più lunga permanenza nelle nuove patrie che lo richiedono.

Chi arriva deve sottostare a regole nuove , rispettare i costumi di chi accoglie ,deve in ultima analisi uniformarsi al nuovo paese che accogliendoli , non indiscriminatamente, progetti una nuova cittadinanza rispettosa delle usanze della nuova patria che li accoglie.

Su questo , è la tesi dell’economista inglese , la sinistra deve operare un ripensamento importante altrimenti lo spazio di difesa dei cittadini impauriti viene lasciato alle forze più conservatrici , spesso anche poco preparate sul piano politico ma capacissime di raccogliere molti consensi facendo leva sulle paure ancestrali verso il nuovo che comunque avanza.

Abbandonando un universo di valori distintivi e la loro identità i  partiti di centrosinistra si sono alienati il loro stesso popolo e hanno perso il senso di chi erano.

Una guerra nuova

Fu così che Donald Trump dopo avere promesso in campagna elettorale che avrebbe risolto in poche ore le guerre di Ukraina e  della striscia di Gaza si è inventato una nuova guerra  come arma di distrazione di massa : la guerra dei dazi.

Con una messinscena formidabile nel giardino delle rose alla Casa Bianca ( prima non gli piaceva e aveva anche detto che ci avrebbe fatto una gettata di cemento perché le signore con i tacchi ci affondavano) lo ha invece usato come fondale per la sua pazzesca sceneggiata con tanto di cartello per chi non capiva e chiamando a sé anche il vecchio operaio pensionato che gli è servito da spalla per dimostrare al meglio la sua immaginifica  trovata.

Poco importa che si siano bruciati miliardi di dollari in poche ore , che le Borse di tutto il mondo siano sprofondate nel profondo rosso che eguaglia , se non  supera , la grande recessione del 2008.

Se ne sono accorti anche i piccoli risparmiatori , quelli che non giocano in borsa ma che tengono i loro preziosi risparmi in banca e soprattutto se ne accorge il povero carrello della spesa a tutte le latitudini.

Nessun paese è stato risparmiato dalla furia iconoclasta del tycoon,  come su un pallottoliere mondiale il gioco delle cifre ha colpito ovunque : dai grandi miliardari del web che erano corsi in massa alla sua incoronazione agli industriali grandi e piccoli di tutto il mondo.

Adesso persino Elon Musk posta il video di un grande economista che spiega con una matita in mano che in un mondo globalizzato il vecchio strumento della gabella è una pura idiozia irrealizzabile.

Il rimbalzo , rivelatosi un fake di mezz’ora nella giornata di ieri aveva riportato un attimo di ossigeno : fantastico grafico rosso profondo che per pochi attimi schizza in un attimo in alto verso il verde nella speranza di una moratoria .

E’ il gioco pazzesco che tiene il mondo col fiato sospeso.

Intanto le guerre vere continuano imperterrite : si continua a morire ogni giorno , ma l’interesse sembra essersi spostato dalle speranze di pace alla speranza di un rimbalzo monetario.

Non so come andrà a finire la vicenda , la parola d’ordine di non farsi prendere dal panico trova poca rispondenza nei comportamenti dei governi europei , ancora non si vede una strategia unitaria di difesa.

Intanto la Cina osserva da lontano e non si è ancora mosso il colosso India.

Credo che il mondo di domani ne vedrà delle belle.

Basta

Un elemento accomuna i recenti fatti di sangue di cui sono vittime le giovani donne che si sono liberate dal senso di vassallaggio nei confronti del maschio dominatore  che ancora condizionava le loro madri.

Cadono così , accoltellate e strozzate giovani studentesse di cui ci resta una bella foto nelle prime pagine dei giornali.

L’assassino , gli assassini sono sempre , a detta dei parenti e dei vicini bravi ragazzi un po’ chiusi , se ne risaltano anche le passioni come se la loro normalità malata fosse una giustificazione degli aberranti gesti compiuti.

Siamo ancora nella sfera di valori antichi : alle donne non è   permesso essere libere e magari tanto vanitose da farsi dei selfie , da truccarsi pesantemente : la stampa esalta la colpa senza dirlo apertamente , brutta piega di una stampa scandalistica di regime che esalta i particolari seguita da una tv trash che sembra gioire nei racconti pesanti.

Il tocco finale lo da il vecchio ministro che afferma dai banchi del governo : “per certe etnie la donna è ancora un soggetto di cui ci si sente padroni “ anche se le storie riguardano ottanta casi su cento in cui  l’assassino è sempre l’italianissimo ragazzo della porta accanto e che perlomeno la metà di questi delitti avviene in ambiente domestico.

Spostare la colpa un po’ più in la , farne una denuncia razzista , tanto tutto serve ad una destra fondamentalmente xenofoba a spostare la drammaticità della cronaca sempre più pesante.

Non esiste in Italia un report ufficiale ,ci si affida al volontariato di associazioni che seguitano a denunciare e in qualche modo a proteggere le donne : esistono numeri di telefono di urgenza , esistono metodi fisici , (come una mano dietro la schiena per avvisare del pericolo ) , sappiamo che le richieste di aiuto aumentano in modo esponenziale .

Più le donne sono libere di dire NO più si accaniscono le violenze del maschio insicuro.

Non servono leggi nuove , servirebbe una scuola più attenta sul piano educativo e soprattutto servirebbero famiglie in grado di educere e proteggere i figli trasmettendo valori , quelli si antichi , che iniziassero dal rispetto dell’altro , uomo o donna , tutti degni di essere liberi di dire no alla sopraffazione.

Sugli allestimenti

La telefonata di un vecchio caro amico melomane riapre un discorso mai veramente concluso : “guarda sul canale , e qui dice il numero, c’è un’opera che potresti conoscere.”

Ci vado subito e ovviamente riconosco una Tosca di quelle che dopo un po’ cambio canale e se sono in teatro mi viene voglia di alzarmi e andare via.

Il caro amico è molto conservatore e spesso sono stata dalla parte di chi innova e ho fatto l’avvocato difensore degli innovatori che rendono gli allestimenti più interessanti delle classiche messinscene di una volta.

Ma sulla Tosca in particolare  ( all’età mia se ne sono viste davvero tante ) il museo degli orrori è particolarmente ampio.

Non sto qui ad elencarle tutte , so soltanto che si arriva a rimpiangere la storia vera  “ com’era e dov’era “ , perché il libretto fantastico e la splendida musica pucciniana non hanno bisogno di stravolgimenti della storia.

Se da una parte il modo tradizionale di allestire un’opera può risultare obsoleto e al contrario vederne una edizione rivisitata in maniera colta e intelligente fa sì che si riesca a  vedere del nuovo anche dove si conoscono i più piccoli particolari la via giusta per affrontare la regia è sempre la stessa.

Ci vuole un’idea valida , buon gusto e soprattutto l’educazione musicale che abbia il giusto rispetto della partitura.

Tutte le famose firme , da Carsen a Warlikowski, da Guth a Tcherniakov hanno fatto cose bellissime ma anche loro qualche volta ci hanno lasciati perplessi.

Ognuno di questi famosi registi  , ma la lista è più lunga, ha uno stile personale e spesso riconoscibile per la cifra interpretativa tanto che ormai si guarda il cartellone anche per vedere il nome del regista che rappresenta una delle componenti di richiamo insieme a quello del direttore e degli interpreti.

Forse , con la scusa di avvicinare un pubblico nuovo alla lirica , si è un po’ esagerato nell’innovazione , per quanto mi riguarda in generale preferisco rischiare un nuovo allestimento  ma dobbiamo sempre ricordare che ci può essere un nuovo spettatore che quell’opera non l’ha vista mai e rischia di non capirci nulla se il regista ci ha messo le mani un po’ troppo.

Come quando ad una mia nipote neofita ho detto : ascolta la musica che la storia te la spiego io durante l’intervallo.

Primo aprile

Sembra uno  scherzo se guardiamo la data sul calendario ma guardando fuori della finestra vedo soltanto un cielo grigio e il povero albero di Giuda che a dispetto dei santi ha deciso comunque di fiorire sbattendo  furiosamente dietro una spaventata palma spelacchiata.

Il metereologo spiega che dalla Svezia ci è venuto dritto dritto un freddo polare che ha attraversato diagonalmente tutta l’Europa e si è fermato sulle nostre regioni del medio adriatico fermandosi qui al di qua degli Appennini.

Fin qui tutto è chiaro  ,meno chiaro il fatto che fa freddo come a febbraio e il codice morale impone di non accendere i termosifoni , anche perché banalmente sono da poco arrivate le bollette invernali ed è meglio infagottarsi in sciarpa e scialletto e recuperare il piumino stupidamente tolto in base alla data beffarda.

Una certa tristezza impone scelte drastiche e per allietarmi ho ripreso l’amato Selige Stunde  perché ho letto meraviglie di un ultimo Lied a chiusura del programma del tour in giro per l’Europa.

Ich bin der Welt abhanden gekommen  , forse la più struggente musica di Mahler , cantata con una dolcezza dolente che non ha eguali in altre interpretazioni e le note del pianoforte scandite da quel mago di accompagnatore che è il professor Deutch completano la perla musicale.

Il ricordo felice è di averli sentiti dal vivo : eravamo nel mezzo della pandemia che sembrava essersi rallentata : in una Scala semivuota , una poltrona occupata e due no , Jonas che entrava con la mascherina e se la toglieva quell’attimo prima di cantare , un pubblico raro e non abituato ai Lieder che batteva le mani dopo ogni canzone , io che contavo i brani e mi pareva tutto così breve il tempo che mi consumava la gioia preziosa, un attimo di vita da mettere tra i ricordi gioiello.

Oggi me lo sono risentito tutto , c’è pure un autografo fatto con la biro in copertina , sembra una incisione .Non mi ricordo più quando mi fu donato.

Lentamente 

Forse è l’ordine naturale delle cose , di sicuro incide il momento terribile in cui cadono tutti i principi educativi con i quali ho vissuto , forse il peso degli anni ha il suo ruolo ,certo è che non mi interessano più gli avvenimenti legati agli spettacoli per i quali un tempo neanche tanto lontano partivo con entusiasmo per lidi lontani.

Mi pare di avere già visto tutto , o meglio che  non ci sia più niente per il quale valga la pena di muovermi.

Bruttissimo segno che non mi piace per niente perché è il segno sicuro di un accenno di depressione se non di vecchiaia grande, io che avevo sempre pensato di essere immune da depressioni e che fino a poco tempo fa sfidavo l’anagrafe con spavalderia.

Succedono però troppe cose nel mondo che rendono impossibile continuare a leggere i giornali  ,vedere la tv senza provare un moto di scoramento totale.

Allora i piccoli viaggi , le gioie dell’ascolto di buona musica mi paiono qualcosa di inutile e di estraneo , anzi provo addirittura una specie di stanchezza riflessa nel confronto di chi , ancora entusiasticamente , mi racconta sui social delle proprie  trasferte lontane.

Ben poche occasioni attirano ancora la mia voglia di partecipare e le foto sempre uguali che gli amici generosamente postano a futura memoria degli ultimi eventi ai quali partecipano non mi muove più nessuna voglia di rimettermi in giro.

E invece , tanto per smentirmi , ho ancora un paio di piccoli viaggi nel mio calendario e spero che tutti sommato mi diano la spinta per rimettermi in giro altrimenti , come mi ha detto una persona cara ,non mi resta che stare sulla sdraia a guardare le onde che arrivano ai miei piedi.

In nome del padre

Quando , dopo cinquanta anni di matrimonio , dovetti riprendere a tutti gli effetti  legali il mio cognome di ragazza lo feci con fatica tanto che , salvo problemi giuridici , i nomi li mantenni entrambi.

Leggo adesso di una strana proposta di legge che prevedrebbe dare ai figli il nome della madre .

Una volta tanto , femminista convinta , la proposta mi è sembrata inutile e addirittura quasi offensiva.

Praticamente si passerebbe dal secolare patriarcato al matriarcato

non so bene con quali fini se non quello di un riconoscimento inutile del ruolo che da sempre hanno le madri nella vita dei figli.

Capisco invece la possibilità di mantenere due cognomi , le motivazioni possono essere di vario tipo anche per il convivere in famiglie nelle quali ci possono essere figli di unioni diverse.

In tempi lontani si entrava nella famiglia del marito , se ne prendeva il nome e si accettavano le nuove regole : ricordo il padre della sposa che accompagnava la figlia all’altare , consegnandola al futuro sposo.

Per le donne , poche , che avevano un lavoro serviva mantenere quello che si diceva “ il nome da ragazza” e la mia mamma insegnante ha sempre mantenuto il suo sul lavoro.

Invece a me succedeva che ,essendo arrivata sposa in una città lontana dalla mia di origine quando mi presentavo col mio nome alle elezioni non mi trovava nessuno sulla scheda , ero praticamente in incognito.

In definitiva mi pare che la proposta di legge che vuole essere provocatoria serva soltanto a fare un titolo di giornale .

Con tutti i problemi che le famiglie si trovano ad affrontare in tempi abbastanza difficili sotto tutti gli aspetti economici e sociali credo che l’ultima pensata di dare il nome delle madri ai figli sia solo una fantasiosa idea inutile di una politica di sinistra che invece avrebbe tante altre battaglie da combattere a cominciare dal riconoscimento della cittadinanza a tutti i piccoli nati in Italia da genitori stranieri che continuano ad essere considerati stranieri anche se parlano italiano meglio di noi.

Uova e pacifismo

Crudele destino americano : trovarsi con i nuovissimi F47 e contemporaneamente non avere può le classiche scrambled eggs per la colazione del mattino.

La cronaca ci sta abituando a vivere un tempo pieno di contraddizioni e spesso di orrori eppure pare che una mano divertita in ambito sovrumano si diverta a rimescolare le carte e che dal Messico arrivino clandestinamente a borsa nera le tanto agognate uova per la colazione yankye.

A Musk si rompono le carrozzerie dalla Tesla , si staccano parti della carrozzeria per una colla difettosa per la quale forse non era necessaria la super competenza tecnologica spaziale.

In questo mondo impazzito ,nel quale non riesco più a guardare i telegiornali perché mi è diventato impossibile guardare quei lenzuoli bianchi pieni a metà che nascondono a Gaza i corpi piccoli di chi ha avuto il torto di nascere in quel dannato lombrico di terra , la crudeltà e l’indifferenza sembrano andare a braccetto  e resta da sperare soltanto che l’umanità ritrovi la strada della civile convivenza tra i popoli.

Se questo cammino deve passare attraverso la strada della deterrenza penso sia arrivato il momento di dire basta ai falsi appelli di pace dei sepolcri imbiancati di chi non ha capito che solo ripristinando i fragili equilibri che ci aveva regalato l’inizio del terzo millennio ritroveremo un po’ di vera giustizia .

Nella Bibbia , anche nel messale di domenica c’era una bella invocazione al “Dio degli eserciti,” facciamocene una ragione.

Serve una legge

Ancora una volta la Corte Costituzionale ha raccolto il senso vero del  desiderio popolare venendo incontro a quanti , certamente con intento generoso vorrebbero adottare un bambino abbandonato e rinchiuso in un orfanotrofio anche se sono persone single.

Non è una strada semplice quella delle adozioni e sappiamo che non tutti paesi concedono l’autorizzazione a che ne fa richiesta , sappiamo che anche per le adozioni in patria la strada è lunga e piena di ostacoli.

Infatti , se nel 2000 le adozioni erano circa 8000 ,lo scorso anno sono scene alla misera quota di 500.

Eppure basterebbe a chi ancora avrebbe la possibilità di agevolare questa volontà , cioè il Parlamento con i suoi rappresentanti , che facessero l’esperienza di entrare in un orfanotrofio ( ce ne sono ancora troppi nel mondo )  e trovarsi un bambino o una bambina che si stringono a te e ti “chiedono portami via” per capire quanta sofferenza ci sia nelle creature abbandonate che aspirerebbero solo ad avere quell’affetto negato dalla vita che li porta a vivere senza il calore che solo la convivenza d’amore può offrire loro..

Sappiamo bene che adottare un bambino rappresenta comunque un salto nel vuoto e che non sempre si riesce ad annullare quella sottile differenza che comunque può essere ostacolo alla totale  integrazione di un minore  , però cinicamente mi viene da dire che neppure con i figli nati da noi sempre si riesce a colmare un gap di comprensione e di armonia.

Quello che deve spingere il legislatore , con tutte le dovute precauzioni caso per caso  per ridurre i tempi delle pratiche atte ad ottenere l’autorizzazione , perché se spesso occorrono anni e anni e prima di arrivare alla fine del percorso adottivo si rischia di procurare tanta ulteriore sofferenza ai minori che seguitano a vivere senza quel rapporto prezioso che è la convivenza felice con persone che per scelta hanno deciso  di volerti bene.

Ricordando Ventotene

Primo giorno di primavera , temperature sotto la media del periodo dice il metereologo, per fortuna c’è il sole e io sto uscendo da un raffreddore megagalattico che mi ha lasciato bianca come un cencio e svogliata anche nel pensare.

Ma ieri , verso mezzogiorno , la tv accesa come sottofondo, sento qualcosa che per un attimo risveglia la mia apatia : la nostra presidente del consiglio nel suo ruolo istituzionale alla Camera in  chiusura di un suo intervento di replica lancia “un sasso in piccionaia” con l’evidente scopo di fare imbestiare l’opposizione.

Legge , con astuta copia incolla , alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene , uno dei documenti sui quali  si cominciò a costruire la Comunità europea, ma li legge con sapiente ignoranza .

Poi ovviamente se ne va , quello che si scatena dopo non la riguarda , la sua potente distrazione di massa è servita allo scopo.

Lo sdegno delle sinistra , il pianto di un degno uomo che su quel documento ha studiato , le interruzioni della seduta non la riguardano.

Ma stasera in televisione c’è Roberto Benigni   con un bellissimo monologo sulla storia e la speranza dell’Europa ed è la più bella risposta allo sgangherato intervento della premier.

Certo i programmi della RAI non erano stati concepiti in risposta all’evento del mattino  , forse salterà pure qualche testa , ma io invito tutti quelli che si sono persi l’evento di andarlo ad ascoltare su Raiplay : è diviso in capitoli , c’è pure quello specifico sulla storia dei tre confinati Spinelli , Rossi e Colorni che sullo scoglio di quell’isola in piena guerra mondiale  pensarono una cosa grande e ne fecero un manifesto  , certo non tutto oggi accettabile , ma dobbiamo ricordare che erano un socialista , un comunista e un liberale e il loro sogno soprattutto concentrato sul pensiero di una Europa federata e unita al disopra delle nazioni  era una bellissima utopia che poi abbiamo visto realizzarsi con tutti i suoi difetti e alla quale siamo molto affezionati.

L’inno alla gioia

Mentre pensavo che sarebbe stato bello chiudere la manifestazione per l’Europa con l’Inno alla gioia dalla Nona di Beethoven ho visto che c’era l’ audio di saluto di un noto cantante , di quelli che riempiono gli stadi , che parlava proprio dell’inno europeo .

Ho voluto ascoltarlo e mi sono vergognata del livello di incultura del mio paese.

E’ cominciato con una tromba che intonava in modo  molto scroccante le note semplici dell’inno ,ovviamente il “musicista” noto ha chiesto all’uditorio se lo riconoscevano poi è partito con un racconto che voleva essere edificante nel quale ha detto che una volta c’era pure andato a sentire la Nona ma con grande stupore il motivetto proprio non lo sentiva.

Ha dovuto ascoltare quasi un’ora ( ha spiegato che la Nona è lunghetta  e si era anche un po’ distratto ,) poi finalmente per pochi minuti , finalmente , alla fine il motivetto l’ ha potuto ascoltare .

Facendo un alato e ardito paragone ha spiegato che quella roba in fondo è un po’ come l’Europa , chè bisogna avere pazienza per vederla unita. 

Non si è reso conto , uno che si definisce musicista di non avere  mai ascoltato la Nona , se non una volta ,e che poi c’erano anche le parole di un inno e ha pure citato Schiller , ma sicuramente non si è mai chiesto il senso di quelle parole né si preso la briga di capirne il significato.

Mi sono ricordata allora di avere visto una volta migliaia di persone in piedi sull’Unter der Linden ad ascoltare Baremboim che dirigeva i Berliner.

I bambini sulle spalle  , le coppiette abbracciate , un popolo che ascoltava in religioso silenzio e ho pensato che siamo ancora anni luce lontani dall’avere una patria europea comune.