Un biglietto aereo

IMG_3571

 

Chissà se assomiglia di più a sorriso o a una stretta del cuore quello che mi ha provocato il  foglietto caduto dal libro.

Lo raccatto e con  stupore mi accorgo che è un biglietto d’imbarco: Mumbai –Varanasi  .

Leggo anche la data , gennaio 2003. Una vita fa.

Ho sempre l’abitudine di usare le carte d’imbarco come segnalibri , me ne sono trovate diverse di strane ed esotiche nei miei libri . Una volta  ne trovai una in cirillico , memoria di un viaggio per un volo interno in Unione Sovietica , viaggio nel tempo e nello spazio viene da dire.

Il libro che cercavo non era quello da cui il libro è caduto ,non mi ricordavo assolutamente di averlo portato in viaggio ,anzi addirittura non mi ricordavo di averlo letto!

Però quello che ricordo grazie  quella carta d’imbarco così leggera che mi è svolazzata tra i piedi è l’odore di fango e latrina che saliva quando ancora era notte e non ancora l’alba dalla molle terra nella quale i miei piedi affondavano mentre mi avvicinavo ai Ghat , le scalinate del Gange.

Fu quella notte che amai violentemente l’India mentre salivo sulla barca , i lumini in mano abbandonati in preghiera nelle acque limacciose della grande madre Ganga.

C’era anche l’odore delle pire e il fumo del crematorio comunale (  farsi cremare lì costa meno)  eppure io ne ho riportato un ricordo insieme violento e di pace.

 

Era il mio secondo viaggio in India , avevo pianificato di farne un terzo e forse un quarto , poi la mia vita ha preso altre strade e non in senso metaforico.

 

Riprendo la ricerca del libro al quale sto dando la caccia , ne ho troppi e non sono mai stata capace di farne una seria catalogazione , vado a occhio , stanza per stanza e non sempre trovo quello che cerco.

i libri hanno questo di bello , li trovo qundo smetto di cercarli , ma spero sempre che tra le pagine svolazzi giù una carta d’imbarco.

In questo tempo di foto continue vale molto di più la sensazione della memoria : E’ proprio il  caso di dire l’attimo fuggente.

 

 

 

Kaufmann e Anita nel bosco

IMG_2734

Se non fosse stato per tutta quella saga dei Nibelunghi che mi ero organizzata di andare a sentire un salto a quella specie di  anfiteatro hitleriano che è la Waldbühne un salto ce lo avrei fatto .

Anche se a me di sentire le canzoni italiane della Dolce vita non mi interessava proprio ( ne avevo anche detto malissimo del Cd omonimo)   Ma l’idea di ritrovare Anita mi attirava e poi non doveva essere male questa serata berlinese ….ma arrivare a Berlino e vai a sapere come si arriva alla cavea …insomma : ho risparmiato e l’ho visto sul satellite , quello che offriva la ZDF , più i ritagli generosi di Anita gia’ abbondanti sul web.

Il concerto è iniziato abbastanza a freddo , letteralmente . Mica facile per dei cantanti abituati al buio delle sale e alle luci teatrali improvvisare davanti a tutta quella gente incartata negli impermeabili  il duetto tra Santuzza e Turiddu e forse il momento migliore è stata l’uscita ..teatrale di Kaufmann che riesce sempre a ricrearsi il ruolo anche …a freddo.

La sua voce morbidissima e magica però non mi basta .Mi accorgo di pensare piuttosto a quando fa presto a ricrescergli la barba …l’otto il Parsifal era glabro .

Poi piano piano scende il buio e il pubblico scompare mentre Anita mi regala forse il momento più magico della serata : il suo omaggio a Dalla è da brividi , abituata a frequentare anche il  jazz ci regala un Caruso straordinario

Direi che il meglio della performance è  nei bis : in crescendo : ovviamente ai berlinesi  piacciono le canzoni napoletane , la voce di Jonas ha quel fascino buio che seduce le attempate kaifmaniane doc .

A me tutto sommato ha divertito il Volare col fischio finale e … perdono e pietà per gli arrangiamenti .

Spengo la tv contenta : ho un appuntamento a Monaco con Sigmund , io ci sarò, spero che sia anche lui.

Messaggio in bottiglia

 

Think-global-grow-local_4K--1920x1013

Non avrei mai creduto di sentirmi così estranea nel mio paese.

Lo so che il mio blog dovrebbe parlare solo di musica , di cose belle come libri e  teatri ma quando la mattina non riesci neanche più a sfogliare i giornali , quando la visione di un telegiornale provoca solo crisi di panico se non di rigetto allora significa che la vita in Italia per persone mediamente accolturate diventa quasi impossibile.

Non passa giorno che il ministro del terrore ne studi una nuova per  farmi vergognare del mio paese , non passa giorno che quell’altro povero ex-muratore-barista –stewart non rivendichi a proprio onore tutti questi fallimenti lavorativi come una collana di benemerenze.

 

Gli fanno seguito tutti i miracolati di questo parlamento , a nostra vergogna i più pagati d’Europa , a cercare di emularli .

I ministri , i sottosegretari impreparati mediamente anche a fare l’amministratore di condominio ( mestiere ben più qualificato e difficile del loro) a dire castronerie e , quel che è peggio a cercare di tradurle in leggi che nella maggioranza dei casi , quando sono valide , ci sono già o se per caso sono inventate ex nuovo sono prive di ogni connnotato di civiltà.

 

Perle su perle comportamentali e ci si mette anche quella borgatara della Meloni a dire che bisogna abolire il reato di tortura , ma lei è fascista dentro e con un piede dentro e uno fuori dalle stanze dei bottoni studia il modo di giustificare la sua presenza-assenza dalle medesime.

 

Sinistra , se ci sei batti un colpo! Belli e solidamente occupati a farci del male da sempre adesso il nostro masochismo arriva anche come bava strisciante sui social.

Vivo in una piccola isola felice dove un sindaco donna ,pragmatica quanto basta è riuscita nel miracolo di restare al comando di una giunta di gente perbene e si è ben guardata dal chiamare gente da Roma durante la campagna elettorale tutta basata sulle cose concrete che è riuscita a fare per la nostra città .

Ora la portano a spasso come la madonna nelle processioni , ma già i cosiddetti compagni sempre scontenti si fanno reciprocamente il pelo e il contropelo ….. ben altristi alla Veltroni.

Per fortuna il presidente della Repubblica , ultimo baluardo di buon senso e civiltà ci salva dall’ennesima figuraccia di fronte al mondo .

Mi domando però di quale mondo : quello dove i più livorosi ministri degli esteri si autodefiniscono “ volentierosi” nel volere chiudere frontiere e confini : non si ferma l’acqua del mare con le mani , non si fermano i grandi fenomeni migratori biblici che ci aspettano.

E non sarà neppure quel ridicolo americano ( con la faccia da bassa- Baviera dei suoi nonni) che peraltro si autodefinosce “genio” a fermare i fermenti che per fortuna seguitano a circolare nella vecchia Europa .

 

Io forse non vedrò il crollo dei populismi , ma sono certa che avverranno, mi raccomando ragazzi studiate , imparate le lingue , viaggiate , il mondo si salverà.

 

 

 

Parsifal in livestream

IMG_2733

Doverosamente , da wagneriana doc mi sono messa davanti al computer per risentire e rivedere il Parsifal in livestream da Monaco.

Come ogni volta mi accorgo quanto sia diversa la visione rispetto a quella dal vivo e piena di diverse sollecitazioni.

Comincio da quelle positive : meraviglioso potere vedere Petrenko dirigere, sul suo viso passano le emozioni , la gioia della condivisione con l‘orchestra, scompare la sua timidezza e lo si vede  nella nudita‘ del grande interprete.

Estremamente interessante la posizione degli strumenti , Petrenko sposta le masse orchestrali realizzando effetti di una sonorità  diversa , anticonvenzionale . Si e‘ detto di una direzione cameristica , attenta a non coprire mai le voci , si e visto come i cantanti siano soggiogati dal suo gesto . Gentile e sorridente trasmette amore in ogni suo sguardo  sicuro.

 

Resta invece a mio avviso estremamente problematica la visione buia , apocalittca , di Baselitz.

Non mi ha convinto a teatro e confermo la mia idea : un pittore , magari grandissimo non sara‘ mai uno scenografo.

Invece la ripresa televisiva ha messo in maggiore risalto i pochi momenti forti che la caratterizzano la regia:

li cito in sequenza  : il sipario che si cala un momento sul gesto di Gurnemanz che chiude con le mani il volto di Parsifal …du siehst mine sohn ….spazio che diventa tempo visivamente .

Secondo momento forte : la luce accecante della conoscenza dopo il bacio respinto di Parsifal a Kundry , complice anche un ardito stacco musicale che esalta il grido : Amfoooortas ….

Ultima la bella intuizione dell‘ascesa finale dal basso di Amfortas prima e dei cavalieri del Graal poi , a  teatro ero troppo vicina per apprezzarlo

 

Impietosi i primi piani , certamente non è stato cercato nessun abbellimento estetico attraverso le luci , si salva Kaufmann che come lo metti è sempre bello . Non cosi si può dire della grandissima Stemme , che solo nel terzo atto riesce a recuperare un po‘ della sua grazia naturale .

 

Resta comunque  a mio avviso irrisolta la chiave di lettura del capolavoro wagneriano che peraltro  di ipotesi ne offre  tantissime .

Sicuramente il racconto del Parsifal  si basa su di un concetto religioso  : la Mittleid ,la pietà,la compassione appartengono a molte religioni , ma in questa rappresentazione la magia del riscatto , la redenzione non c‘e .

Pietà l’è morta. Parsifal si allontana , oscuro tra la folla , preceduto dal saggio Gurnemanz , sulla scena restano Amfortas caduto sulla tomba di Titurel e , forse salvata , la sagoma abbandonata della povera Kundry.

La luce accecante , macchia informe finale risalta sul diminuendo sublime della musica : finale aperto quanto non mai.

 

 

Arabella

images-1

 

Uno spettacolo elegante , una strepitosa Anja Harteros , un’altra conferma della qualità eccelsa delle messinscene bavaresi.

Questa ultima collaborazione tra il grande Strauss e l’intellettuale Hofmannstahl si concluse seccamente con un ´ultima lettera di accompagnamento sull’ipotesi del primo atto.

Il giorno successivo , durante un furioso temporale , il figlio dello scrittore si uccideva e il giorno del funerale improvvisamente moriva anche il padre,

Arabella rimase molti anni nel cassetto quasi conclusa fu poi portata a termine da Stefan Zweig , anche se , nel peraltro bellissimo ( more solito ) programma di sala questa ultima collaborazione non è neppure menzionata.

Arabella é una commedia  ma è anche un testo dalle molte letture , come sempre nella visione raffinata del graffiante intellettuale  con una musica altrettanto suggestiva e piena di rimandi straussiani precedenti.

Nasce da un racconto che lo scrittore aveva scritto nel 1910 intitolato Lucidor , poi trasformato in commedia dal titolo «  Il cocchiere come conte « 

Nel frattemp però il testo era già diventato Arabella  , anche perchè il vecchio Strauss voleva testi con al centro forti personaggi femminili.

Si apre sulla frenetica musica che imita il ritmo dello skat , il gioco di carte amato da Strauss e qui messo a commento delle sfortune del padre giocatore conte squattrinato nella Vienna del demi-monde .

Le sue speranze sono tutte basate sull’ipotesi di un buon matrimonio della bella figlia Arabella e per lasciarle tutto il campo di conquista è pure sacrificata in vesti maschili la figlia più piccola…..che coltiva segretamente un tenero amore per uno dei tanti spasimanti infelici della indipendente fanciulla che vive in quella Vienna decadente degli anni già difficili in cui si balla ancora sulle memorie dell’Austria Felix.

Intanto la madre si affida ad una cartomante un pô imbrogliona e si diverte da par suo nelle feste viennesi…

 

Ma entra in scena il personaggio maschile che sconvolge tutti i piani : un rozzo ricchissimo che arriva dalle foreste della Slavonia , vedovo non proprio inconsolabile che ha in tasca il ritratto della bella viennese , la quale da par suo era già  rimasta colpita da uno strano sconosciuto per strada .

La commedia si snoda tra balli ed amori : il valzer viennese è già una languda memoria , eleganze e perdizione , equivoci e travestimenti .

Siamo lontani da Octavian , anche se la sorellina sacrificata ne ricorda là vocalità e il finale aperto , amaro

 e possibilista nel quale la bella Arabella , dopo essersi ritirata delusa dalla mancanza di fiducia del novello amore per bere in solitude un «  bicchier d’acqua » scende di nuovo le scale dell’albergo degli equivoci per tornare dal suo incredulo amore e quando gli si avvicina invece di offrirglielo… glielo butta in faccia .

Novella Marchallin , delusa da ogni reazione maschile , gli canta in faccia : ma io sono così !

Dicevo , lo spettacolo . Raffinatissimo , giocato su rossi e neri che risaltano sulla spirale di scale bianchissime che si snodano come le storie che i nostri personaggi vivono.

Il lento fluire delle persone che salgono e scendono , mai casualmente , sembrano un gioco e sono un raffinatissimo accompagnamento della musica .

Harteros in stato di grazia si dimostra anche una notevole attrice di teatro leggero , credo si sia divertita molto con questa sua capricciosa Arabella .

Un pubblico molto casalingo , pochissimi i giovani ed è un peccato . Un testo modernissimo , facendo i miei conti , siamo vicini al secolo da quando fu scritto meriterebbe molto di più che non l’amore degli straussiani di stretta osservanza.

 

Il vascello fantasma

 

Unknown

 

l’articolo si riferisce allo spettacolo del 2 luglio

Come è noto  la prima idea di Wagner di  scrivere un’opera ispirandosi ad una antica leggenda risale alla paura che  il malcapitato debitore si prese durante una tempesta mentre era in fuga dai creditori   in una avventurosa traversata verso l’Inghilterra.

La leggenda racconta del condannato a navigare perpetuamente sul suo vascello per espiare una colpa terribile a cui solo  solo ogni sette anni veniva concesso di atterrare nella speranza , ahimè vana , di trovare una donna capace di riscattare con il proprio sacrificio d’amore la colpa dell’innominato comandante . Da qui parte Der fliegende Holländer , detto anche dalle nostre parti „Il vascello fantasma.“

Wagner aveva concepito l’opera in un solo atto senza intervallo , poi invece la consuetudine lo dava rappresentato addirittura in tre atti.

I temi wagneriani ci sono tutti : l’ignoto innominato , la colpa da espiare , la speranza della redenzione , il „wahn „ la sottile follia che serpeggerà nelle sue opere future e qui è rappresentata nell’ossessione di Senda nell‘amore oer il ritratto di uno sconosciuto ,ma siamo   nel   periodo dei suoi primi successi : qui Wagner è ancora alla ricerca di se‘ , ci sono troppi ballabili e canti da osteria ma sentiamo la zampata del leone già nel preludio, il Leitmotiv della disperazione dell‘Olandese comincia violento e s‘infrange nelle onde vorticose della tempesta.

A Monaco hanno ripreso la modalità primitiva , un solo atto senza intervallo , due ore abbondanti di musica.

Comincia bene : sfondo di nuvole tempestose , le cime che ancorano le navi, lampi e saette.

La nave del capitano Dalan ha un equipaggio in vesti anonimamente moderne , buone per tutte le stagioni mentre l‘Olandese e il suo equipaggio sono vestiti da pirati dei Caraibi , tutti neri, tipo saga cinematografica.

Poi dopo un velocissimo cambio di scena a sipario chiuso ci troviamo in una luminosa palestra con le „tessitrici“ in cyclette che pedalano furiosamente cantando …e il teatro ride .Giustamente , dico io.

Senda , la grulla, si aggira col ritratto tipo Rembrandt dello sconosciuto e Erik esce dalla sauna in accappatoio bianco.

Musica da un lato , regia per conto proprio. Il povero Holländer si aggira mascherato tra le cyclettes , Senta si veste da sposa seicentesca infilandosi il vestito sopra i pantaloni .

A tratti ogni tanto la musica ci regala il brivido del mistero , il senso di un amore che nasce per vie misteriose , una catarsi finale inevitabilmente mal risolta ..col botto e buio sul palcoscenico.

 

Teatro gremitissimo e pubblico festante , ovviamente mancava il frisson della sera prima ma il successo non è mancato comunque.

Ogni tanto guardavo due teneri bambini sui sei, otto anni con i visini protesi verso il palcoscenico in una barcaccia.

Cosa ci avranno capito se non glielo spiegava papà seduto dietro di loro ?

Avevo uno splendido posto centralissimo , niente a che vedere con la sera prima quando pure abbastanza avanti mi perdevo i cantanti se non entravano nel mio corridoio visivo….

Non mi sono annoiata , come al solito la compagnia di canto di altissimo livello : avevo lasciato Wolfgang Koch , Klingstor la sera prima , lo ritrovo protagonista stasera. Non si scherza a Monaco ! Nella parte di Senda una giovanissima ,bravissima Elena Stiknina, Erik , tenore possente un po‘ oversize Timolslav Muzek, impeccabile Franz-Josef Selig , il capitano Dalan e una sicura  Okka von der Damerau come Mary.

La direzione senza infamia e senza lode di Bernard De Billy, certo che è duro prendere la bacchetta dopo Petrenko.

Regia Peter Konwitschny, nome difficile da scrivere , posso dimenticarlo facilmente.

 

Parsifal

 

 

IMG_2713
Per avvicinarsi al Parsifal ci sono molte strade , in ogni caso ci si addentra in un labirinto nel quale ci si perde : si aprono porte su porte e si finisce per smarrirsi in questa musica infinita nella quale conviene abbandonarsi senza cercare soluzioni . Wagner stesso era partito molti anni prima di affrontare l’opera da una suggestione della quale si trova traccia nei suoi scritti giovanili . All’inizio c’è un parallelismo tra la figura del Cristo e quella di Apollo , poi l’imput si perde nelle mille leggende orientali di cui lo stesso onnivoro lettore si nutre. Leggere le bellissime pagine di Mario Bortolotto nel suo insostituibile « Wagner l’oscuro « significa seguire il pensiero wagneriano nell’evoluzione del poema prima e della musica poi. Giocando da par suo nelle etimologie il primo soggetto è sulla figura di Amfortas, facile anagramma di Infirmitas : la colpa come ferita insanabile , la figura del riscatto attraverso la redenzione passa per quel Perceval, Parceval ́ forse derivato dall’occitano « percer val « , attraversare la valle , piu probabilmente dal « farsi o parsi « attraverso la cui origine si arriva al puro folle che non conosce niente di sé , neppure il peccato che riscatterà il perdersi della colpa non consumata attraverso la conoscenza . I cavalieri del Gral, anche qui ci perdiamo nell’origine del nome di questa grolla ( graal) forse all’origine pietra sacra , poi contenitore prezioso , se ne contano tracce in mezza Europa come anche il nome del castello , forse il riferimento è ai Cavalieri Templari , come il nome del castello che trasforma il Mont Salvat in Monsalvato . Parsival é l’ultimo dei senza nome wagneriani , personaggi tutti alla ricerca del sé , tutti orfani di padre , qui si aggiunge anche la colpa della morte della madre : Herzeleide… forse doppio della maga Kundry e forse no …tutto sfuma nella magia di un racconto aperto , scandito dalla ripetizione del famoso Amen di Dresda , ma qui aprirei un altro capitolo e certamente non sono abbastanza acculturata musicalmente per riuscirci.
Tutto questo per dire : cosa c’entra Baselitz in tutto questo ? Ho avuto la fortuna di ascoltare via radio la prima dell’opera e mi sono persa , indisturbata , nella magica direzione di Kiril Petrenko. Un’orchestra perfetta ( la meraviglia degli ottoni!) , cori davvero celestiali e sopra tutti la voce straordinaria di Christian Gehrarer , la cui dizione cesellata mi ha permesso di seguire anche buona parte del testo.
Poi sono arrivata a Monaco . Qui il discorso é diverso . Un Parsifal epocale, vuoi per il cast stellare , vuoi per una direzione che credo oggi non abbia eguali, comunque uno spettacolo bellissimo , molto più bello dal vivo che non attraverso le foto di scena che già circolano abbondantemente sui media.E qui mi fermo perché lo scenografo si è mangiato la regia , della quale vale il detto « poche idee ma confuse ».
Inoltre è palpabile una sorta di dicotomia tra la direzione , il cui senso di raffinata, intelligente introspezione ci racconta di un universo di pietà e di redenzione mentre visivamente abbiamo un mondo dissolto , annichilito come dopo una esplosione nucleare. La visione di Baselitz , che resta un pittore e non uno scenografo , se in qualche modo è il punto di maggior richiamo dello spettacolo resta a sé , anche se devo dire che alcuni momenti di suggestione e di forte impatto visivo li regala.
Analizzando più concretamente lo spettacolo direi che il primo lunghissimo atto risulta emotivamente quello di maggiore impatto mentre il muro del castello di Klingsor e quello che contiene , le inutilmente ripugnanti fanciulle-fiore , non aiuta certo i cantanti e la scena di seduzione non è risolta mancando materialmente una sorta di letto o giaciglio su cui appoggiarsi. Si riprende la suggestione nell’epilogo ,anche se mi pare banale rovesciare alberi e tralicci per dire che lî regna la morte. Discorso diverso per quanto riguarda le voci : Jonas Kaufmann al top di voce e di prestanza fisica « è Il Parsifal » di sogno che credo sarebbe piaciuto anche all’autore, René Pape é il raffinato e perfetto Gurnemanz dalla impeccabile dizione , lo stesso dicasi di Christian Gehrahrer che già tanto mi aveva colpito all’ascolto via radio , ottimo il Klingstor di Wolfgang Koch e lascio per ultima Nina Stemme dalla voce incredibilmente potente e sicura nella sua acrobatica dirompente vocalità.
Regia , come ho già evidenziato, abbastanza anonima ; forse spendendo tanto per le scene lì hanno un pô risparmiato , Premuto molto il pedale sul coté cristiano ,centrali in platea due giovani elegantissimi preti in sottana probabilmente sottolineavano il placet della Curia bavarese.
Foto di Angelo Capodilupo

Una tenera dedica

IMG_3381

 

Mi è arrivata una foto particolare di uno Chenier d’antan…con la dedica preziosa.

Devo dire che pur avendo fatto spesso visita a mio cugino Angelo Loforese non avevo mai pensato di chiedergli un autografo .

Ci ha pensato sua figlia , mia cugina lontana , ma di amicizia molto vicina ed  anche con notevoli affinità familiari che ritrovo in lei.

La foto importante , la dedica scritta da Savina con la firma piccola e tremante dell’ormai quasi centenario mitico tenore mi è arrivata alla vigilia di una delle mie tante partenze musicali.

Porto con me altre foto con dedica che la solerte preziosa figlia mi ha procurato per la gioia di un prestigioso agente teatrale newyorchese che mi ha pregato di procurargliele.

Strana carriera quella di mio cugino , la cui fama ha superato quella del tempo in cui a vissuto , fagocitato da un terzetto di nomi di grandi tenori italiani che poi lui ha sostituito tutti …su tanti palcoscenisci in giro per il mondo.

Nella foto si vede parte della semplice scenografia fatta di pochi arredi, un busto di Marat buono per tutte le occasioni , un drappo e la bandiera “ avec la Nation” sul tavolo , con i libri della giustizia . Poveri allestimenti di un tempo , quando però le voci contavano davvero!

 

Gli ho dato un appuntamento in autunno , spero di ritrovarlo ancora per sentitgli raccontare con un understatement incredibile le sue mirabolanti esperienze dal Giappone all’Argentina.

 

Ora parto per Monaco , mi aspettano Parsifal ,l’Olandese volante e Arabella, prima trance di un’estate molto germanica!

Ne scriverò al ritorno.

 

 

Il giardino di Klingsor

images

 

 

Sul Corriere della sera di oggi un bell’articolo di Fabio Cappelli  scrive di Ravello e delle meraviglie di Villa Ruffolo.

Fra le tante notizie che riguardano lo splendido luogo in cui si svolge un suggestivo Festival musicale Cappelli cita la frase di Wagner che il grande istrione avrebbe esclamato , rivolgendosi al suo accompagnatore e futuro scenografo del Parsifal, Paulo Loukowsky: ho trovato il giardino di Klingsor! e lo avrebbe poi lasciato scritto sull’ultima pagina del libro della locanda in cui alloggiò.

Mi sono venute in mente subito le immagini che arrivano da Monaco , con le cupe figure di Baselitz,le donne decisamente laide  che circondano Parsifal , il buio nel quale sono immerse e ho sorriso.

 

Ovviamente lungi da me giudicare da qualche foto di scena ;presto vedrò e soprattutto ascolterò la sublime ultima opera wagneriana ,certo che la luce di Ravello non la troverò di sicuro , ma si sa , i tempi sono cambiati e di sicuro , opera a parte , sono certamente tempi bui.

 

Non mi scandalizzo delle regie germaniche , anzi spesso mi piacciono anche molto e poi ho nella mia personale galleria di allestimenti tutta una serie di fanciulle-fiore che vanno dalle entreuneses in rosso della discoteca a Vienna alle bambine con le bambole e i calzetti corti di Berlino, senza dimenticare le esotiche fanciulle a bagno nel sangue del Met quindi accetto anche queste immonde vecchie donne dai seni pendenti , ce ne faremo una ragione.

Anche perché mi pare di capire che in questa ottica anche i poveri cavalieri del Gral saranno sacrificati alla orrida bruttezza di una nudità cadente.

 

Rivendico però il primato del bello sul brutto , questo sì: se Wagner ha pensato al Duomo di Siena per la scena finale , se a Ravello ha sentito il profumo di un peccato “arabo-mediterraneo”,se poi addirittura ha scelto Ca’Vendramin Calergi a Venezia per  lasciare questo mondo forse nella sua megalomane geniale vecchiaia Wagner si appagava delle armonie italiane , sovente molto amate proprio da quel popolo tedesco al quale anche il novello Parsifal appartiene  e per le quali ne dimostra una certa predilizione.

 

 

 

 

Un giorno magico

images

 

 

San Giovanni , una bellissima giornata di sole . Aria fresca al mattino presto: devo fare molti auguri oggi , in casa ci sono due Giovanni e  pure un compleanno.

Mi trovo a riflettere su questa giornata e comincio da un ricordo lontano : io sono stata battezzata nel “ mio bel San Giovanni “ a Firenze.

 

Poi più tardi ricordo in questo primo giorno d’estate quando andavo sulla strada di Fiesole con il mio babbo perché da lassù i fuochi si vedevano meglio . i fuochi di San Giovanni.

Dopo qualche anno  , in un paese delle Marche sul mare . a Numana , mi svegliò all’alba insieme allo sciabordio delle barche che entravano in acqua il suono delle voci dei giovani e mi affacciai alla finestra : i ragazzi andavano festosi verso il sole che sorgeva , un rito antico , chissà se lo faranno più . Ormai credo sia un’usanza passata.

 

San  Giovanni: Una notte di mezz’estate , la magia attraverso la fiaba raccontata da Shakespeare, il giardino di Boboli , la musica di Mendelssohn,

lo spettacolo divertente faceva girare gli spettatori da una parte all’altra della gradinata , le ore passarono felici.

 

E poi come un lampo , mi sono sentita Davidino nei Meistersinger ! Una ulteriore scoperta : Johannistag… la meraviglia di quella musica , quel canto al sole “Selig wie die Sonne”…forse il quintetto più bello mai scritto.

 

c’è da rallegrarsi in un giorno così.

 

 

 

 

 

Un taglio annunciato

 

 

IMG_1827 2

 

Si profila una tragedia : Kaufmann senza i suoi riccioli ! Sui social impazza la notizia , l’eterno ragazzo si taglia i capelli per questo Parsifal già molto raccontato dal regista e dagli interpreti.

Il tenore si giustifica dicendo che in questo allestimento il “puro folle” deve avere i capelli lisci (?) e siccome a lui lisci i capelli proprio non ci stanno è giocoforza tagliarli per il dolore delle adoranti seguaci .

Dice in una intervista alla Süddeutsche Zeitung che proprio fermi i  capelli non gli ci stanno e nonostante le quintalate di gel alla fine di un’opera i ricci scappano fuori .

Mi sono allora ricordata con tenerezza le diecine di forcine sulla testa del Don José londinese nel primo atto della Carmen , si vedevano chiaramente in quel giovane soldato gli sforzi per tenerlo liscio e ordinato poi alla fine in quel finale mozzafiato con Anna Caterina Antonacci , forse il più avvincente di tanti suoi finali , i ricci ci sono di nuovo tutti , arruffati e sconvolti nella terribile scena dell’uccisione della donna amata .

Ed ugualmente , sempre in quegli anni , il suo Alfredo della Traviata di Parigi , iniziava lisciato a dovere il giovinetto per finire tutto arruffato nel bellissimo “Parigi o cara “del terzo atto , inutile lottare , i ricccioli venivano di nuovo fuori .

Curiosamente però nessuno si chiede se per caso , novello Sansone , sia pericoloso tagliargli i riccioli (Cnfr.La fanciulla del West, lo dice Minnnie), non è che la forza , nel caso la voce sia in qualche modo abbinata alla capigliatura ?

Certamente no , di questo non temano le seguaci adoranti , il loro amatissimo idolo mi pare abbastanza in forma , pronto ad affrontare i 40 minuti di canto del Parsifal ( viene sempre fuori la sua anima matematica) , adesso manca solo la conferma dell’ascolto , poi ci sarà anche la ripresa streaming , insomma bisogna aspettare!

 

 

 

Douce France

Cena_tra_amici-kd1C-U10901584492234l0-1024x576@LaStampa.it

 

 

Nei film francesi si mangia sempre . E’ una deliziosa costante , i personaggi sono spesso a tavola e bevono , bevono buon vino rosso , bevono campagne , bevono e parlano .

Non c’è commedia più o meno comica o anche film drammatico senza la immancabile scena della ..degustazione.

Mi nasce un riflesso pavloviano , alla fine del film ho fame anch’io  , succede così che il film francese , aldilà della qualità della recitazione , della validità del racconto mi provochi una gran fame , ma soprattutto la voglia di farmi un buon bicchiere di vino.

Mentre nei film italiani , o meglio nelle commedie che ci invadono e dove si parla sempre un italiano imbastardito dal romano dilagante si mangia più o meno bene ma la voglia di bere alla fine non mi viene proprio.

Il francese è un popolo raffinato a tavola ,con punte di narcisismo patriottico , non di rado ci viene raccontato anche di quale vino o champagne si sta gustando tanto che mi è venuto il dubbio che ci sia anche più o meno velata una sorta di pubblicità occulta in molti film.

Non è un’abitudine recente , anche tanti anni fa quando uscivo dall’avere visto un film francese insieme a mio marito ( noi andavamo al cinema alle otto) e tristemente ci avviavamo verso la pizzeria vicino casa pensavamo con invidia alle belle tavole d’oltralpe che ci avevano messo tanto appetito.

Da un po’ di tempo poi ci ho fatto maggiormante attenzione anche perchè le commedie francesi sono spesso intelligenti , i dialoghi eleganti e quindi le vedo volentieri .

Soprattutto ho capito che alla fine del film dovunque io sia mi devo avviare verso una meta che anche per una sera sola ignori le diete: sia che siano utili alla salute o semplicemente alla linea.

Questo rischio non si corre con i film tedeschi , le loro tavole sono sempre meno allettanti ,le loro birre meno stuzzicanti.

Forse solo nei pub dei film inglesi , meglio se irlandesi , la voglia di birra prende un altro colore , un altro sapore anche se non mi stuzzicano mai l’appetito per il cibo.

Dei film americani meglio non parlare , tutto sommato è meglio il romanesco “de noaltri “ , una bella teglia di lasagne e pare che tutto finisca in gloria.