La mimosa

 

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Esattamente un mese fa avevo fotografato un piccolo albero di mimosa precocemente fiorito davanti a casa mia .

Il giorno dopo l’avevo addirittura messo sulla mia immagine del diario di Facebook , un po’ per augurio e molto per indicare quanto le stagioni fossero davvero impazzite.

E’ passato un mese e domenica è arrivato Burian , il vento freddo dalla Siberia che scavalcati i Balcani entra sul mare Adriatico dalla porta della Bora .

Per la verità non è arrivato solo qui , ma in tutta l’Europa e con fenomeni abbastanza rilevanti con temperature a picco dappertutto.

 

La neve da noi arriva dal mare e io ho cominciato a tremare per la mia povera mimosa , così indifesa ,così ho iniziato a fotografarla a futura memoria.

Poi mi sono affezionata a lei che stranamente non mollava e ho continuato a seguirla di ora in ora , di giorno in giorno.

Oggi è mercoledì , fuori nevica e mi sembra di stare in una palla di vetro : le palme hanno strani fiori bianchi , le macchine sembrano enormi cuscini morbidi , il silenzio regna sulla strada dove solo ardimentosi in abbigliamento montano si fermano per fare le foto ricordo .
Ma la mimosa stranamente ancora è lì, bella gialla che scrolla i fiocchi bianchi con la sua chioma che oscilla nel vento.

L’ho fotografata ancora ed ecco che sui social mi scrivono : facciamo come lei , resistiamo , resisti , dai … forza!

Non so se riuscirà ad arrivare a domenica ,nevica ancora mentre scrivo intanto però questo simbolo della lotta femminile tenacemente continua a sfidare le intemperie e questo mi piace davvero molto.

 

 

La tournée è finita

 

 

IMG_3019La tournée è finita , Diana Damrau riporrà i suoi quattro scialli , Jonas girerà la pagina dell’amato tablet e Helmuth Deutch metterà lo spartito nel cassetto.

Le moltissime vestali dello startenor che niente sapevano di Hugo Wolf torneranno alle loro case felici di avere visto da vicino il loro beniamino , consolate dal fatto che sarà fatto un CD ( ma tutte , dico tutte avrebbero preferito un Dvd ) ovviamente.

Tirate le somme è consolante avere visto tante sale piene di fans

( di lui , non illudiamoci altrimenti ) vivere un evento raro dal punto di vista musicale che però via via che si susseguivano le tappe mi ha posto qualche problema di interpretazione del successo non del tutto scontato all’inizio.

Annegata letteralmente dalle foto del bis e dei saluti finali ho cercato di leggere soprattutto le recensioni “vere” dell’evento che diligentemente venivano postate a corredo del trionfo.

Fiumi di recensioni taglia e incolla , copiate dai vari programmi di sala con ben poca analisi vera di cosa abbia rappresentato questo canto del cigno di un liederista quasi scomparso dalle sale da concerto.

Con rare e luminose eccezioni ( soprattutto francesi) poco si è tentato di approfondire della scelta di manomettere l’ordine di composizione dei brani , poco si è parlato della tradizione italiana dei “rispetti” filtrata da ben due passaggi , la traduzione in primis e la rilettura in chiave post romantica fino a far divenire l’intero ciclo lontanissimo dalla materia da cui l’autore è partito.

L’amore per l’Italia che sicuramente muoveva Wolf filtra e si trasforma in qualcosa di tipicamente viennese , i suoi Lieder hanno il sapore del ricordo , come di una cipria che impolvera e sfuma annebbiando le immagini.

In qualche modo mi ha riportato alle tante riletture germaniche dell’Italia vista come immagine del sé, al rimpianto personale del sole lontano , ad un paese tanto idealizzato da essere solo un paese dell’anima.

L’operazione che ha fatto Deutch , pare sia sua l’idea della divisione in capitoli tematici , non cambia l’emozione di fondo; questo autore di cui tanto leggevo ,ma di cui quasi niente rimaneva nei progranmmi delle sale da concerto è ritornato a noi con il suo ultimo ciclo ,testamento di un’anima infelice .

Come Mahler , di cui era amico e compagno , veniva dalla periferia dell’Impero , come Mahler viveva la musica del suo tempo proiettato verso un domani non ben definito e come Mahler si è ispirato a poeti antichi e lontani.

La sua produzione , quasi esclusivamente liederistica ( se si esclude un solo exursus operistico :il Corregidor ) partiva da un wagnerismo di fondo anche se alcuni Lieder hanno l’eleganza viennese che prelude le birichinerie del Rosenkavalier.

 

Dobbiamo essere grati al terzetto che ha proposto questa riscoperta e anche se si è trattato di un’ottima operazione d’immagine il risultato è andato ben aldilà delle aspettative.

Cancellata la delusione iniziale di chi sperava uno strano replay del cd Dolce vita o di quel delizioso spezzone operettistico del duo Damrau Kaufmann al Couvillier Theatre , via via che le repliche si succedevano ( e si mettevano a punto preparazione e sintonia ), nell’alternanza delle sale a volte troppo grandi e dispersive il pregievole progetto è arrivato alla fine nel bellissimo Palau de la Musica a Barcelona.

 

Spero che in futuro questo tipo di esperienze non vada perduto : rimessi i panni consueti dei Cavaradossi e degli Chenier resti nel cuore del grande artista la voglia di regalare al vasto pubblico anche raffinate esperienze attraverso percorsi meno facili , del resto lo ha anche dichiarato lui stesso : vedo molti Lieder nel mio domani.

 

 

 

 

Il tenore con la valigia

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Ho tra le mani il prezioso piccolo libro appena uscito in   ristampa che racconta con garbo e precisione la storia vera di mio cugino , uno straordinario tenore , la cui vita meritava davvero di essere raccontata .

Adesso Angelo Loforese vive a Casa Verdi , il libro intervista risale a qualche anno fa ma potrebbe essere stato scritto ieri : Angelo è ancora quello straordinario personaggio che l’autore del libro ci ha raccontato.

La vicenda del libro Angelo me lo aveva raccontata in uno dei nostri incontri nella sua bella casa milanese ,con il suo solito undestatement aveva detto : pensa hanno pure scritto un libro su di me!

Infatti era successo che un bravo scrittore fosse andato a casa sua ad intervistarlo , il libro è nato da quella intervista ed è abbastanza curioso che l’autore ci sia venuto da Amburgo per incontrarlo . Domenico Gullo scrive bene , racconta con garbo e attraverso una narrazione alternata tra la cronaca e il ricordo porta il lettore a conoscere una persona straordinaria.

 

Il nocciolo della vicenda artistica di Angelo è la sua strana vita di sostituto dei grandi del suo tempo :a me sorridendo sornione aveva detto che c’era come un muro davanti a lui .Corelli- DelMonaco -DiStefano aggiungendo con garbo ,ma li ho sostituiti tutt’e tre!

Leggere la sua storia è anche capire come era il mondo della lirica negli anni che vanno dall’immediato dopoguerra fino agli anni sessanta .

Tutto era molto diverso da adesso e forse leggendo la sua storia si capiscono molte cose di questo mondo che comunque seguita ad essere molto piccolo anche oggi .

Certo che adesso fa anche più impressione leggere che un artista avesse  cantato settanta opere da tenore più undici di baritono , all’inizio della carriera.

Colpisce nel suo raccontare la grande importanza che ha avuto lo studio costante , la disponibilità al nuovo ( infatti una buona metà delle sue opere in repertorio riguarda la musica contemporanea ) e non gli faceva difetto l’affrontare con modestia e scrupolosità ogni proposta difficile , non aveva paure di affrontare percorsi poco battuti .

Ha cantato su tanti palcoscenici europei ,del Sudamerica ed è stato molto amato anche nel lontano Giappone , dove è tornato ,già ultranovantenne ad esibirsi privatamente.

Credo che la lettura di questo prezioso libro sia interessante per ognuno di noi che ami la lirica , ma dovrebbe essere obbligatorio per coloro che della lirica vivono.

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Raramente si ha una testimonianza così puntuale di come un tenore deve sforzarsi di coltivare la sua preparazione . infatti quando Angelo Loforese ha smesso di cantare si è dato all’insegnamento e ancora adesso giovani speranze vanno da lui in pellegrinaggio ad ascoltare questa voce preziosa che racconta con umiltà i suoi lontani successi , la sua fatica di vivere , la sua costante pratica del canto come ragione di vita.

 

Io sono molto orgogliosa di lui , non porto il suo nome perché la nostra è una parentela del ramo materno , ma mio nonno e suo zio si chiamava proprio come lui . Un altro Angelo Loforese che ha suonato nell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino .

Si trovano su YouTube pochi preziosi frammenti della sua arte e colpisce non solo la sua bellissima calda voce ma soprattutto la sua capacità di calarsi nel personaggio . Recentemente mi ha detto : quando mi dicevano di entrare le personaggio io dicevo il contrario : è il personaggio che deve entrare in me!

Se questo non è il modo pìù moderno di affrontare un ruolo ….

 

Ps. per chi lo volesse il libro si trova anche su Amazon e ne esiste anche una traduzione in tedesco e avrete già capito a chi la porterò al più presto.

 

 

 

Wien , Wien

 

Dopo i viaggi riordino le foto, tavolta serve anche per ricordare le emozioni.

Molte le condivido con gli amici , altre le tengo per me e alcune aprono spazi di curiosità da soddisfare .

Per esempio : avevo fotografato un monumentino dietro il museo della Secessione ( incartata nei tubi Innocenti la cupola di Otto Wagner per restauri) e avevo rinunciato ad andare a rivedere il tempietto di Klimt sulle musiche di Beethoven , ero già un pò stanca , ma quella piccola stele mi aveva incuriosito :

Lenau . e basta .

Poi a casa ci studio un po’ e trovo l’ennesima storia di un poeta maledetto ( morivano tutti giovani e pazzi da queste parti!) .

In realtà era un nobile col nome molto più lungo , veniva dalla solita periferia dell’Impero e collega di tanti altri colleghi europei era malato di Weltschmerz…e nelle note si cita anche Leopardi.

A leggere la sua biografia si trova una fantastica sceneggiatura per un film, non manca neppure un tentativo di vita in America.

 

Vienna mi piace , xenofoba e ordinata , questa piccola Austria non più grande di una regione italiana è ancora ,con tutti i suoi egoismi attuali e nonostante il ricordo di un’Europa distrutta dai bagni di sangue delle due guerre mondiali ,nel contempo ipotesi di un’Unione europea vera che non siamo riusciti ancora a realizzare.

 

Per terra , nelle strade che circondano la Staadoper fino al Getreidemarkt ( un delizioso mercato pieno di fiori e negozi di alimentari) le stelle di tutti i musicisti , di tutti i compositori , di tutti i grandi direttori d’orchestra . Si cammina nel ricordo della cultura di tutti i nostri paesi europei.

 

Per non parlare delle fantastiche Messe cantate , qui c’è da scegliere , anche se ammetto che pregare è molto più bello nella suggestione musicale , fosse solo per godere della musica diventa un ulteriore spettacolo gratuito!

 

Eppoi il Musikverein ….la mia meta di questo viaggio e il ricordo divertente di un’amica che ha fotografato Jonas col mio regalino in mano, io gli avevo portato una vecchia stampa a ricordo del porto di Ancona ( lieder 46 della serie ), non avevo sfoderato l’I phone per il selfie, mi era bastato compiere la missione ,invece girato l’angolo ecco la foto , davanti al busto di Hugo Wolf , grazie amica per il ricordo completato dall’immagine , io il regalino lo avevo fatto a lui , con quella foto lo hai fatto anche a me.

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Magia al Musikverein

 

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foto di Angelo Capodilupo

 

Prima di tutto devo dire che la Musica di Hugo Wolf è bellissima e che l‘ascolto dal vivo di questi Italienisches Liederbuch aggiunge un fascino che nessun ascolto su YT mi aveva procurato .

Alcuni Lieder sono belli , la più parte incantevoli , alcuni meravigliosi.

Aggiungo anche che avere scelto Vienna e il Musikverein è stato decisamente il luogo perfetto per godere di questa musica intima e raffinata che probabilmente nei grandi spazi delle Filarmonie un poco si perde.

D’altronde Hugo Wolf viveva qui , la sua formazione musicale è viennese , la sua breve tragica vita qui si è conclusa.

Se aggiungo che il trio che ha dato vita a questo evento straordinario è composto dai mostri sacri Damrau- Kaufmann-Deutch posso dire serenamente di avere assistito ad un evento unico .

Mi rimane il rimpianto che sia durato talmente poco , i quarantasei brani sono volati nell‘incanto dei quattro scialli che scandivano i passaggi e mirabilmente usati dalla Damrau.

Sperare in una registrazione è il minimo , ieri sera c‘erano tanti microfoni pendenti , non li ho notati solo io.

Dopo questa doverosa premessa entro nel merito della serata , anche se siamo solo a metà esatta della tournée ho già letto vagonate di recensioni , ma qualcosa di mio vorrei aggiungere .

Intanto la Damrau dimostra di essere più avvezza anche ad un repertorio leggero , il suo personaggio ricorda altre giovinette mozartiane e si trova inizialmente più a suo agio nel ruolo che , forse con opinabile scelta , cambiando l‘ordine dei Lieder ne fa un racconto più articolato .

Kaufmann inizialmente non è nel suo , non gli si addicono le parti comiche e mi sembra non in parte , ma dura un attimo .

Appena i testi si fanno più appassionati , poi addirittura drammatici il leone viene fuori e non c‘ è più storia , il mattatore non lascia niente di men che magico al suo ruolo.

Vocalmente sono due fuori classe , senza dubbio e se si aggiunge il perfetto accompagnamento di Helmuth Deutch si capisce che giocano in tre , una squadra perfetta.

Serviva farci impazzire cambiando l‘ordine di scrittura dei Lieder?

Sappiamo che Wolf inizialmente aveva musicato sei canzoni popolari toscane tradotte da un poeta tedesco , poi cnque anni dopo aveva ripreso il progetto fino a farne quarantasei , questa la sua scelta.

Sappiamo anche che considerava questa raccolta la sua cosa più preziosa prima che con il suo affondare nel sonno della ragione si fosse perso al mondo .

La manipolazione scandita nei quattro momenti di una storia d‘amore permette ai due cantanti abituati all‘opera di sfoderare maggiore drammaticità ai personaggi , rendendo sicuramente più facile la lettura ad un pubblico per la quasi totalità digiuno di questa preziosissima raccolta musicale .

Sono tanti i momenti magici , personalmente sono entrata nella spirale „apnea“ al numero 31 (33) dell‘originale.

Senza fiato , ho ascoltato una sorta di addio del tenore , cantata come solo lui sa fare , immobile , con voce piana , perfetta la pronuncia anche per una povera italiana abbastanza digiuna della lingua .

Ma farei un torto alla Damrau se non raccontassi anche i suoi momenti di stizza , la sua civetteria , la sua stupenda sicura voce che sale senza sforzo con limpidezza cristallina .

Deutch gioca con i suoi due beniamini con arte e riesce a far entrare il suo strumento nel gioco delle parti , non è solo un accompagnatore e i due cantanti giocano anche con lui la loro vicenda musicale.

Persino nei due bis i due regalano ulteriore maestria e il Kaufmann che si nasconde nello scialle della bella è un capolavoro dell‘ultim‘ora . Il magico tablet non è stato utilizzato !

 

Pensierino sanremese

 

 

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La cosa che più mi preoccupa di questo Festival nazional-popolare che è Sanremo è il fatto che vada in Eurovisione.

Non che gli spettacoli di intrattenimento in altri paese europei siano migliori ,intendiamoci!

Grazie al satellite qualche volta faccio incursioni nelle tv d’oltralpe e non è che le cose siano più raffinate o più divertenti.

Ma la nostra immagine pubblica così sgramata e degradata , così simile al nostro livello culturale bassissimo mi dispiace che possa essere vista anche fuori delle mura di casa.

Dicono i fustigatori di costumi di professione che il Festival è lo spietato ritratto della nostra società e non posso che essere d’accordo.

Un paese vecchio nel quale si esibiscono ultra settantenni che fingono di cantare anche se non hanno più voce , un paese dove i giovani sono tutti allineati nella moda semi-rapper con testi furbescamete ammiccanti al sociale ignorando ogni plausibile e riconoscibile linea melodica , che poi è la base ineludibile di quella cosa misteriosa che si chiama “ canzone”.

Ogni sera via via che passano le ore , con quintali di pubblicità ogni due per tre , si assiste ad un rito sgrammaticato nei tempi cosiddetti teatrali e mi domando anche se li pagano quelli che scrivono dei testi così banali da essere modesti anche per una recita amatoriale.

Confesso che non sono mai riuscita ad arrivare alla fine e per mia crudele sorte non potrò assistere alla serata finale .

Altri diversissimi impegni mi attendono , parafrasando direi “ altri luoghi , altre stanze”.

Finirà anche questo festival del botulino e non ci resterà niente nel cuore .

Stamani , approfittando di un commento social su un errore forse banale di Baglioni , sono andata a risentire La canzone dell’amore perduto di Fabrizio De Andrè : la raffinatezza “del tempo quando fiorivano le viole e la tristezza di quando invece sfiorivano le rose” …..forse oggi non troverebbe più spazio negli attuali testi preconfezionati senza ispirazione.

L’unica sensazione che mi resterà di queste giornate è l’invidia nera per quella signora inglese , un po’ più grande di me , che volteggia sicura ballando col suo più giovane partner!

 

 

MACERATA

 

 

 

IMG_0177Fa uno strano effetto vedere Macerata sui telegiornali , il mio amico Sindaco davanti allo Sferisterio ripetere che nella sua città , tra le più vivibili d’Italia, ci possano essere degli eventi così diversi e così atroci come quelli che ci hanno raccontato le recenti cronache.

La tranquilla città nella Marca classica , una chiocciola vista dall’alto che si sdipana nelle sue strade tranquille dalla cui sommità vedi a un tiro di schioppo la Recanati leopardiana, intorno le dolci colline e i nomi dei paesi che attraverso d’estate quando vado all’opera , un paesaggio dolce assurdamente lontano da quello che oggi leggo sui giornali e vedo in tv.

Certe vicende , dal ritrovamento dei trolley col corpo della ragazza scappata dalla comunità alle scene di follia della sparatoria nelle strade non si addicono allo sfondo .

Sembra che siano girate in sovrimpressione , niente di simile alle scene americane delle stragi nelle scuole , nei campus , nelle larghe strade assolate.

A Macerata sabato mattina pioveva e vicino al Monumento ai Caduti , dove lo scellerato imbecille ha terminato la sua corsa avvolto teatralmente nel tricolore si vedeva gente più meravigliata che incuriosita.

Anche i nostri poliziotti nostrani , dal fisico poco palestrato , sembravano comparse sbagliate.

Leggo che la presenza di extracomunitari nella provincia di Macerata è aumentata di poche unità nell’arco degli ultimi anni , però è stranamente aumentato il forte senso di disagio e la paura del diverso.

Un giornale locale riporta la frase terribile che un bravo cittadino , forse senza neanche rendersene bene conto ha detto : Per fortuna non ha pigliato uno di noi!

I sei feriti per terra avevano tutti la pelle nera , mai avrei immaginato che nella nostra tranquilla provincia si potesse pensare di assistere a scene da KKK…

Al caffè della piazza centrale seduti a un tavolino davanti al teatro Lauro Rossi tre uomini rispondono garbatamente , in buon italiano , all’intervistatrice .

Sono extracomunitari integrati e sono i primi a dire che ci sono dei problemi oggi , anche per loro.

Se c’era bisogno di far capire a tutti quanto sia cambiata la percezione del disagio che serpeggia strisciante fra la gente allora Macerata è lo scenario giusto .

L’assurdo che diventa reale.

La tournée è iniziata!

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Avevo già cominciato a parlarne in gennaio ,primo sguardo su un ciclo di Lieder che mi incuriosisce molto , da ieri la tounée è cominciata a Baden Baden e si cominciano a vedere tante foto del trio Kaufmann- Damrau – Deutch contenti nei saluti finali .

E’ anche molto divertente leggere sui siti dedicati di Kaufmann quanto le “kaufmanniane “ lo stiano aspettando nelle dodici tappe , sperando che la salute regga a tutti e tre e che non ci siano defezioni durante il percorso .

Nel rileggere le località che verranno toccate , non ci avevo fatto caso prima , nonostante che il giro preveda tanta Germania contiene anche qualche sforamento europeo : Parigi , Vienna , Budapest , Lussemburgo e Spagna e mi ha colpito che un ciclo che anche nel titolo si riferisce all’Italia non ci sia una tappa italiana.

Le motivazioni possono essere tante , soprattutto di tipo economico . Difficile da noi che si riempiano i teatri con i concerti di Lieder ,anche se sono sicura che un certo zoccolo duro avrebbe sicuramente risposto.

Personalmente non ho avuto dubbi fino dal primo momento e ho cercato fra tante la meta che mi pareva più prestigiosa , anche se per me sarebbe stato più semplice Monaco , è l’unico volo giornaliero dal mio modesto aeroporto!

Dato che appartengo a quella minoranza di italiani che il Lieder lo amano tanto avevo anche tentato ben due volte di godere dei Vier Letzen Lieder di Strauss , ma purtroppo il destino cinico e baro mi ha privato di questa primizia , sia al Barbican   che a Roma e non me la sento di sfidare il sullodato destino per la terza volta ( e un po’ me ne dispiace).

 

I primi commenti parlano di autentico divertimento , io non ne avevo mai dubitato . La sequenza cambiata nell’ordine delle canzoni penso corrisponda ad un maggiore contenuto teatrale anche se , io che sono toscana , so che gli stornelli a due voci si prestano naturalmente ad una spettacolarizazione .

Adesso non mi resta che il conto alla rovescia fidando nella buona stella di tutti . In primis del magico trio , poi della meteorologia ( febbraietto corto e maledetto ) e nell’ipotesi non recondita di una ricaduta influenzale.

 

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Credo che solo a Milano esista la possibilità di andare ad un concerto per l‘inaugurazione dell‘anno giudiziario all‘auditorium della Verdi dove , sotto la bacchetta di un eclettico magistrato napoletano si esibiscono un‘orchesta e una corale composti principalmente da magistrati e avvocati .

Mi dicono che la tradizione dura da sedici anni e quest‘anno il programma prevede la Messa di gloria di Giacomo Puccini , una rarità giovaniile molto interessante .

Anche perché il grande maestro aveva poi recuperato in altre opere alcune arie e fa un certo effetto riconoscere nell‘Agnus Dei , molto ieratico , il coretto finto barocco del secondo atto della Manon , dove il misticismo si trasforma in qualcosa di molto diverso e assume un colore quasi erotico.

Orchestra e coro semi professionali, ma molto formalmente in frack , l‘orgoglioso magister dirige e divulga con grande passione.

Poi in chiusura la Banda dell‘Aeronutica entra trionfalmente : Nessun dorma suonato da ottimi fiati e per chiudere tutti in piedi a cantare a squarciagola l‘Inno di Mameli .

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In questa intensissima due giorni ho avuto anche la gioia di incontrare i miei due primi nipoti , loro per diverse ragioni a Milano ci vivono ed è stato bello comunque passare due ore   per la nonna orgogliosa.

 

Finale interessantissimo al Piccolo teatro Strehler . Ne avevo letto e mettendoci pazientemente in lista d‘attesa con la mia amica molto dinamica siamo entrate e abbiamo goduto di uno spettacolo di prosa molto raffinato .

Io alla prosa ci vado ormai molto di rado ma quando il livello è cosi professionalmente alto mi riconcilio con il nostro teatro , spesso avvilito a livelli di consumo televisivo.

Un grandissimo Fabizio Gifuni interpreta Sigmund Freud e il suo libro L‘interpretazione dei sogni diventa una straordinaria pièce teatrale scritta da Stefano Massini . Visivalmente preziosa la regia di Federico Tiezzi ed anche nelle scelte musicali riconosco raffinatezze come l‘accenno a Schoenberg e un canticchiato Lehermann dalla Winterreise .

Fa un certo effetto vedere un teatro pienissimo di un pubblico attento seguire partecipe questa sorta di manifesto della fine di un’era. Prezioso anche il dotto piccolo libro che accompagna lo spettacolo.

Per chi vive a Milano ci sono anche tutta una serie di film da andare a vedere che si richiamano al padre della psicoanalisi .

Per chi , come me ritorna nella provincia, resta gioia di avere trovato posto in un‘affollata domenica pomeriggio.

 

 

Diario milanese

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Una piccola parentesi lombarda, Tante suggestioni perché a Milano succedono tante cose e veramente non si ha il tempo di vedere tutto!

Pur snobbando le mostruose file per la grande mostra di Caravaggio ho visto due bellissime piccole mostre „ laterali“.. una sugli splendidi costumi degli spettacolari scaligeri e una curiosa raffinatissima mostra sugli arredi di tavola attraversi i secoli . Per ogni secolo un film , divertentissima.

Ma questo primo capitolo lo dedico ancora una volta a Casa Verdi e al mio incredibile novantasettenne cugino Angelo che li ci vive.

Intanto , ma era un caso , ci sono capitata il giorno anniversario della morte del Maestro con tutte le suggestioni in più che l‘evento comporta .

Poi accompagnata da una cugina per la quale le parentele si perdono nei meandri ( in realtà vicinissima a me perché evidentemente una certa aria di casa si trasmette nei geni ) ho vissuro le solite tre ore in compagnia di una persona

lucida e spiritosa che mi riporta ogni volta in quel suo mondo della lirica in cui Von Karajan accogliendolo la mattina , in Germania , gli dice : con lei Loforese non ho bisogno di provare!

Poi le sue perle di docente di canto : non devi entrare nel personaggio . E’ il personaggio che deve entrare in te , così riuscirai a vivere le emozioni e il canto sarà naturalmente tuo.

Poi mi racconta che cantando la Manon ( civettuolo dice che Corelli non l‘ha invece mai cantata) alla romanza „Pazzo son „ un suo cavallo di battaglia, ha fatto crollare il teatro più volte con la sarta in quinta che gli diceva singhiozzando : le mi farà morire!

Poi quando decise di cantare il Don Carlo …alla tedesca e mi sillaba sottovoce „ io vengo a domandar grazia alla mia regina…“ dividendo vistosamente le sillabe ( e mi ricorda qualcuno ).

Mi fermo qui , salvo il suo tenero saluto mentre mi stringe la mano : il tempo mio è breve“ , ma lo dice con gli occhi che brillano ironicamente . Tanto lui lo sa bene che il tempo è breve per tutti.

Lo chiamavano “Il tenore con la valigia “, i teatri lo chiamavano anche all‘ultimo momento , ridendo mi dice: li ho sostituiti tutti! .

Gli hanno anche dedicato un libro intitolato proprio così , purtroppo non riesco a trovarlo .

Mi riprometto mentalmente in futuro di registrare le sue incredibili memorie

L‘attesa

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Quella che ho vissuto è stata una settimana strana e ho molto riflettuto prima di condividere la mia esperienza sul blog, poi ha prevalso la convinzione che certi momenti della vita sono comunque importanti e servono comunque per ristabilire la giusta proporzione tra il senso del nostro essere e la prospettiva della nostra vita.

Ad una persona a me molto vicina stava per nascere la prima nipotina e i giorni canonici passavano in attesa vana.

Contemporaneamente ad una carissima amica stava morendo il vecchio padre e anche quei durissimi giorni di attesa passavano lentamente , senza speranza ma senza la fine ormai ineluttabile.

Io ho passato giorni vuoti , col telefono sempre in tasca aspettando che la vita e la morte avvenissero così naturalmente e così vicine a me, dal nulla alla vita , dalla vita al nulla.

Ho conosciuto tante volte la magia di una nascita e ho contato tante volte le ultime ore di persone a me vicine , ma mai avevo misurato in modo così perfettamente simmetrico la nostra fragile dimensione di passaggio in questo mondo.

La bambina è nata , il vecchio papà è volato via . Niente di più banale , però questi giorni passati nella lentezza e nel vuoto li ho contati e pesati in modo strano .

Di questo volevo parlare questa volta.

 

Tradizione o innovazione

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Nel continuo interessante dibattito che anima le pagine dei social che si interessano di lirica e alla valutazione degli allestimenti più o meno tradizionali mi permetto di aggiungere una notazione basata sulla recente visione sul canale Classica di un Lohengrin “ tradizionale” che ci arriva da Dresda sotto la bacchetta di Christian Thielemann.

Grande interprete di Elsa di Bramante la grandissima Anna Netrebko con Piotr Beczala nel ruolo del titolo.

Con tutta la dovuta buona volontà nel non farmi condizionare da diverse e molto amate messe in scena ho avuto la sensazione , dall’inizio alla fine di assistere ad una rappresentazione anni ottanta, magari viennese.

La più pura banalità nella ubicazione dei cori , sempre simmetrici , sempre mossi senza un motivo realistico , sempre lussuosamente abbigliati con pericolose carrellate sui volti ravvicinati che non esprimevano nulla.

Tragicamente fuori tempo la grande divina che si ostina a infilarsi sulla testa delle improbabili parrucche bionde e il cui phatos teatrale consiste in due o tre mosse che mi hanno ricordato la famosa frase riferita a John Wayne , il quale era in possesso di due espressioni : col cappello e senza cappello.

Il suo tedesco è fatto di vocalizzi , bellissimi e pieni , ma impossibile ricavarne una sola indicazione di testo.

Molto meglio Beczala , con ottima pronuncia e grandissima voce spiegata , il suo è un Lohengrin degno di tutto rispetto , purtroppo anche lui condizionato a fare “la bella statuina” con sicura diminuzione della drammaticità del personaggio .

Il suo In fernem Land ha due momenti di diversa resa : la sua “taube” non è così leggera come la si vorrebbe ,in compenso “ein Ricter ich” è perfetto e non aggirato con la vocale aperta , come succede anche ai grandi…..

Evelyn Herlitzius anche vestita da regina cattiva di Biancaneve funziona sempre al meglio e Tomas Konieczny manteniene la sua voce inconfondibile e tutto sommato poco gradevole qualsiasi ruolo canti.

Ma dove veramente ho avuto dei problemi a riconoscere la mia amatissima opera è stato nella direzione enfatica e , mi si perdoni , teutonica del direttore.

Pieno d’orchestra sempre , scansione dei tempi rigidissima tanto che alla fine per cercare di capire il perché di tanta diversità dal Lohengrin da me tanto amato sono andata a risentire l’edizione di Monaco del 2010 diretta da Kent Nagano e mi sono bastate le prime note per capire che il problema per me stava proprio nell’impostazione orchestrale.

Laddove tutto era sogno e fiaba diventava a Dresda l’opera amata da Hitler , tanto per fare una banale semplificazione.

Il problema quindi non sta nel modernizzare o attualizzare dell’opera , ma nel rendere moderna e coinvolgente la rappresentazione, nel senso dell’educazione all’ascolto di un pubblico oggi sicuramente diverso dal pubblico della metà del secolo scorso.

Ho voluto citare intenzionalmente una messa in scena che a suo tempo aveva avuto delle reazioni non tutte positive ,sarebbe stato più facile citare il bell’allestimento della Scala , poi ripreso da Parigi .

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In quel caso non c’era stata una provocazione così plateale , le direzioni rispettivamente di Baremboim e di Jordan erano ambedue nel filo di una interpretazione attuale e tradizionale insieme.

Per tornare davvero indietro sono dovuta tornare al Semperoper …..un teatro bellissimo anche se visto dal vivo solo tanto tempo fa.