Pubblicità

 

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Per uno strano motivo che non so spiegarmi certe volte mi appassiono anche della pubblicità perché sono convinta che oggi in alcuni casi il pubblicitario sia qualcosa che assomiglia al poeta .

infatti sono vari giorni che mi incanta una particolare pubblicità di cui non dirò il marchio ma che mi piace raccontare.

Lo spot comincia con un bambino che sogna di essere un pilota di formula Uno ,prosegue con immagini di bambini incantati che guardano splendide fuoriserie che si susseguono bellissime e prestigiose.

Poi lo stacco .

Non si può chiedere ad un bambino di sognare …”la macchina del popolo”, la voce fuori campo lo dice chiaramente .

Poi si vede un bambino sognante che attraversa la strada mentre la macchina ..banalmente utilitaria si ferma da sola grazie ai sensori di stop. La voce fuori campo dice : lasciateli sognare….l’avvenire reale è delle nuove macchine di serie .

 

Ecco , io penso che quel pubblicitario sia un genio e ogni volta che vedo quella pubblicità sia , con tutte le dovute differenze ,l’opera di un poeta del nostro tempo.

 

Poi potrei invece dire quanto mi irritano le pubblicità idiote e banali di tutti gli sciroppi per la tosse che invadono tutte le reti televisive in questo periodo e mi domando anche di quanti mai divani abbia bisogno la nostra società se ormai ne fanno talmente tanti che protremmo averne uno anche per il gatto di casa.

 

 

 

 

Kaufmann alias Turiddu e Canio

 

 

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Vado a teatro nella mia città : da qualche tempo abbiamo una nuova occasione di incontro : le opere in streaming e visto che qui di opere se ne fanno davvero due di numero all’anno sono contenta dell’iniziativa .

Questa volta si tratta di qualcosa di veramente importante anche se dire streaming è un falso : Cavalleria e Pagliacci è un evento di Salisburgo che risale alla Pasqua 2015, ma il pubblico poco edotto non se ne accorge o quasi.

Solo io , che quella sera di quasi tre anni fa ero al Festpielhaus ho uno strano senso di spaesamento.

Ho rivisto tante volte lo spettacolo e lo so veramente a memoria ,ma l’emozione di quella Siciliana di spalle che apre la Cavalleria come la spiego a questo pubblico ?

Come spiego la ripartizione in sei scene con i primi piani scoloriti come un film neorealista anni cinquanta , come spiego quella mamma anaffettiva che sconcerta le vecchie signore abituate a una mamma Lucia tutta scialli e tregenda?

Come spiego il gioco della due comparse per l’urlo finale : una dentro e una fuori la chiesa ?

Come spiego la meravigliosa performance di Jonas Kaufmann , ai vecchi melomani presenti manca l’urlo becero dei cantanti “ veristi” , poi dicono anche che l’audio è troppo alto , insomma nell’intervallo vedo faccie perlopiù stanche e deluse.

Va meglio con i Pagliacci , tanto colore e una sottile psicologa (!) si accorge che il vestito di Nedda ricorda quello di Lola ( sono due adultere , sentenzia).

La lunga sequenza del trucco di Canio , anche se Jonas non canta , è da brividi , ma qui piace e non piace , mi sento lontana mille miglia dal resto del pubblico.

Lo sanno che sono una fanatica , una che gira il mondo per seguire questo tenore e sono guardata quasi con sospetto.

Generazioni di melomani abituati al tenore al proscenio a gambe larghe , alle scenette folcloristiche di un’Italietta di maniera hanno lasciato un segno indelebile .

Esco pensando che ormai la mia strada si è allontanata per sempre da queste degne persone che non sanno quanto diversamente si può mettere in scena anche un classico verista come Cav&Pag , secondo la dizione americana.

Resta comunque il problema di fondo della riproduzione video , anche se la regia di Philp Stöltz è raffinata e la regia di Brian Large non è da meno.

La prossima occasione d’incontro sarà un Giulietta e Romeo di Gounod. Mi domandano perplessi : ma sarà in francese ?

Mi limito a rispondere che probabilmente sarà uno streaming vero , credo dalla Spagna.

Certo che il solco tra chi ha fatto un pò di strada nel gusto operistico e chi invece è rimasto ai modo antico di mettere in scena le opere lo si misura tutto nel gradimento che è stato dimostrato allo Chénier della Scala.

Forse in Italia si fanno cose molto più interessanti in provincia , senza arrivare alla cretinata fiorentina della Carmen che non commento neppure.

Il dibattito resta comunque aperto.

.

 

 

 

 

 

Italienisches Liederbuch

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Anche se manca ancora un po’ di tempo all’inizio dell’atteso ciclo di concerti Damrau –Kaufmann che , speriamo , si svolgeranno durante tutto il mese di febbraio e toccheranno molte città europee già si cominciano a leggere notizie circa il ciclo Italienisches liederbuck di Hugo Wolf e si cominciano ricerche su questo interessante e abbastasta sconosciuto ciclo di Lieder.

Penso sia utile aggiungere qualche informazione in più , visto che comincio a leggerne delle belle…

Per quanto riguarda l’ascolto la ricerca è facile : su YouTube c’è solo l’imbarazzo della scelta .

Credo comunque che l’accoppiata Fischer-Dieskau/ Christa Ludwig sia la più preziosa , l’ho ascoltata con attenzione , forse però non basta un ascolto anche attento per capirne il valore .

Leggo che nel programma già consultabile del concerto si registra un ordine diverso dei Lieder da quello cronologico che è reperibile , con traduzione italiana accanto , nel prezioso libro dei Lieder di Erik Battaglia.

Quello che però ancora non ho letto e che mi pare interessante mettere in rilievo è l’origine popolare di queste canzoni .

Sono i cosiddetti “stornelli a dispetto” o Rispetti (che diventanto dispetti ) cantati spesso in maniera estemporanea , a due voci alternate .

Si tratta di un’antica tradizione popolare , molto diffusa specialmente nelle zone dell’Italia centrale , principalmente in Toscana.

 

Non dobbiamo però cercare questa origine nella musica di Wolf , il suo mondo trasfigurato non ha niente a che vedere con qualcosa di folklorico.

 

Era bello , bello e maledetto Hugo Wolf ,nato in quella Kakania in cui entravano anche le provincie come la Slovenia , da cui il nostro musicista veniva , aveva addirittura una mamma italiana e un caro amico con cui condivideva a Vienna gli studi e la misera e che si chiamava Gustav Mahler.

In quel mondo viennese in cui si consumava la fine di tanta storia si intrecciavano i destini di famosi musicisti e poeti.

Scrisse più di trecento Lieder Wolf e quello che lui considerò il suo capolavoro fu proprio l’Italienisches Buch ultimato quando stava sprofondando nella follia dopo un tentativo di suicidio all’età di trentasei anni,per viverne ancora altri cinque in un manicomio a Vienna dove morì.

 

Il ciclo tradotto da Paul Heyse si è tenuto generalmente fedele ai canti originali e dall’antologia il maestro si è scelto quelli di più diretta espressione mirando al tempo stesso ad una notevole varietà di contenuti,

i quarantasei testi sempre incentrati sul tema dell’amore vanno dall’ambiguo al grottesco fino alle componenti amare della passione.

Ma tutto rimane come filtrato da un’anima nordica ben lontana dalle solarità raccontate dai due amanti.

Ho letto che più che a cantanti ci si debba affidare a cantanti-attori . Da questo punto di vista credo proprio che saremo in buone mani.

 

per la curiosità degli ascoltatori italiani riporto l’originale n.27

 

E m’ero spolto per andare a letto:

Bella. tu mi venisti in fantasia.

Presto mi rizzo, mi calzo e mi vesto;

piglio il mio ribechino e vado via.

E per tutto la via canto e suono.

Fo innamorar le città e le abbandono.

E per tutta la via suono e canto:

fo innamorar le città e poi le lasso.

 

al quale in chiusa rimando il n.46

 

Ce l’ho un amante alla città di Penna,

E l’altro l’ho al bel porto di Ancona;

N’ho uno sul gran pian della Maremma,

l’altro a Viterbo , ch’è terra di Roma;

Ne ho uno giù pel pian del Casentino,

quello del mio paese è più vicino;

Ne ho uno verso il pian della Magione,

quattro alla Fratta e dieci a Castiglione.

 

 

 

 

 

l’anima delle cose

 

 

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Mi è capitata è una di quelle storielle che fanno pensare che anche le cose abbiano un qualche imput misterioso al loro interno.

Avevo un vecchio televisore in studio al pianterreno , una stanza molto vissuta quando eravamo in tanti e comunque il luogo della tv anche quando eravamo rimasti una vecchia coppia.

Poi la vita cancella tante cose e quel televisore brutto e grigio con tanto di enorme tubo catodico, grossa cornice e pochi pollici era rimasto lì , mai usato ,tanto che non mi ricordavo neanche tanto bene come fare per accenderlo.

Qualche giorno fa ho deciso di disfarmene chiamando il servizio raccolta rifiuti e buttare via nel contempo anche una lucidatrice rotta da tanto tempo anche se il sullodato apparecchio era in teoria ancora funzionante.

La raccolta sarebbe avvenuta il lunedì ma già da sabato l’antico reperto e la vecchia lucidatrice erano ben visibili in strada vicino al garage .

Tanto , ho pensato , che se qualcuno se lo porta via non succede niente di grave.

In realtà l’obsoleto apparecchio è stato tranquillamente snobbato , non l’ha rubato nessuno e così il lunedì il servizio raccolta se lo è portato via .

 

Ma la storia non finisce qui , sarebbe troppo banale! Due giorni dopo la sera chiudo il mio nuovo 42 pollici ( per la cronaca avevo rivisto l’Otello con la chiavetta USB ) poi per chiudere la serata un Tg e buonanotte.

Ieri , nel primo pomeriggio , momemto di relax pomeridiano , vado ad accendere il mio relativamente nuovo ultrapiatto beneamato elettrodomestico il quale non si accende proprio .

Chiamo il fido amico elettricista il quale mi promette di passare a vedere quale pasticcio possa avere combinato con il telecomando e quando arriva è convinto di metterci due minuti per ripristinare il tutto .

Poi con voce grave e solenne mi comunica che invece il guaio è grosso, sono saltati i led e bisogna portare via il malato grave, tanto aggiunge , lei ha quello vecchio di sotto!

A questo punto devo confessare che il vecchio l’ho buttato via proprio da due giorni…mi guarda incredulo e poi comunque rimediamo con una sostituzione per il tempo che ci vorrà a curare ( aggiunge “speriamo”) i’infartato di lusso.

 

A me è venuto il dubbio che una sottile vibrazione animi le cose e che il vecchio tv nell’andarsene sbattuto fuori malamente abbia lanciato un anatema raccolto dal suo più giovane collega :

mi vendica …mi vendica! ….tipo vecchia strega del Trovatore .

Amo troppo il melodramma per non pensare che sia andata proprio così.

 

 

La signora Ilse

 

 

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Una cara amica che vive a Berlino ha messo un’immagine su Facebook:

è un quadro che ritrae una piccola scena intima , non conosco l’autore e non sono sicura che sia un capolavoro ma mi ha detto tante cose , molte di più di quelle che normalmente provo davanti a un dipinto.

La vecchia signora in pantofole sta smontando il suo albero di Natale.

Lo fa con raccoglimento , guardando i suoi arredi uno a uno prima di riporli nella classica scatola , probabilmente il riuso di una vecchia confezione di biscotti.

Un’ultima palla blu è rimasta solitaria ancora sull’albero , si sente il silenzio di questa signora che pensa ai suoi ricordi , di sicuro il suo pensiero più intimo va anche al prossimo anno .

Ci sarà ancora a ripetere la cerimonia dell’allestimento?

Il tappeto sul divano, vecchio come lei, le pantofole e la veste dimessa rivelano comunque una vita dignitosa , sicuramente volta al passato.

Dietro la vecchia signora bene in vista  appese sul muro in schiera ordinata stanno tutte le vecchie foto delle sue memorie di famiglia.

Lei volge le spalle a tutte quelle immagini che però sono lì, quasi altrettanto presenti come i suoi ricordi .

Mi sembra di sentire i suoi pensieri , non è triste . Nella casa calda di ricordi i suoi gesti calmi e silenziosi mi ispirano la dolce malinconia di chi ha tanto vissuto e nella ritualità dei gesti antichi ripete i segni consueti come il ribadire di una fede lontana , magari consumata dall’abitudine ma non per questo spenta.

 

Lontana geograficamente , lontana nei gesti , lontana dalle diverse memorie mi sento un po’ sorella di quella signora solitaria ,sarà che anche io nel riporre tutte le scatole degli arredi ho comunque provato lo stesso senso del tempo che corre , lo stesso pensiero ricacciato indietro sul probabile futuro della cerimonia ?

Mi piacerebbe darle un nome , chissà se l’autore del quadro lo ha scritto da qualche parte , io ho deciso di chiamarla “ la signora Ilse”.

 

Aiuto , mi scompaiono le cose!

 

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Senza che noi ce ne accorgiamo scompaiono cose fino a ieri comunissime.

Comincio dalla prima . la più banale : non si trovano più i calendari , quelli classici che si appendevano in cucina , con le domeniche e le feste comandate evidenziate bene in rosso : te lo davano al supermercato , in farmacia , te lo regalava la banca che ti sommergeva anche di agendine .

Il classico calendario non c’è più , non lo regala più nessuno e ho finito per andarmelo a comprare dal tabaccaio perché mi faceva brutto quel chiodo solitario vicino al frigorifero .

 

Seconda scomparsa :vado dal solito tabaccaio e chiedo un francobollo . Mi guarda storto e mi dice : non li teniamo più , vada alla Posta .

Ma io ho ancora una vecchia amica che puntuale come una cambiale mi manda ogni anno da una sperduta isola tra l’Inghilterra e l’Irlanda il suo allegro cartoncino e ogni anno devo girare parecchi tabaccai prima di trovarne ancora uno caritatevole e gentile che non mi spedisca con fare sgarbato alla posta…

 

Poi avviene che chiuda l’ultima cartoleria ben fornita dalla quale compravo una strana cosa obsoleta : il reffil di ricambio per la mia preziosa biro griffata.

Non esiste più l’ipotesi di trovare reffil di ricambio , ovviamente le biro si buttano quando finisce l’inchiostro , non c’è storia .

 

Mi sembra di vivere in una vecchia striscia del Corriere dei Piccoli nella quale si raccontava dell’Arcivernice che faceva scomparire le cose ….ma forse ricordo male perché forse in quel caso le cose finte diventavano vere.

 

Ho letto da qualche parte quante cose non servono più perché tutte sostituite da un banalissimo smartphone . Le elenco con tenerezza :

l’orologio , la sveglia , la calcolatrice, ia macchina fotografica , il barometro , il termometro , il notes per gli appunto , la radio , il registratore , il regolo , il giradischi , la cinepresa , la pila e sono sicura che l’elenco è sicuramente molto più lungo .

 

Tutto questo nuovo modo di considerare le cose però ha in sé un pericoloso nemico . Se una volta si diceva : quello che conta è la salute adesso bisogna aggiungere “le password” e i PIN.

Perché senza i tuoi identificativi sei fregato , non sei più nessuno.

Per prudenza io ho da qualche parte una vecchia rubrica ingiallita con i numeri telefonici, non si sa mai , anche se per la verità più della metà di quei numeri proprio non servono più , sono spariti insieme ai loro proprietari.

 

 

di Capodanni e di Concerti

 

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Per me tutto è cominciato la sera del 31 : concerto di Capodanno da Dresda , nello stupendo Semperoper , tuttii i sassoni in gran tiro : pacchianissime luci e un programma perlomeno originale , anche se un po’ inquietante .

Thielemann ha pensato bene di riesumare le canzoni della casa cinematografica UFA , quella che confezionava i fantastici film di propaganda hitleriana.

Al direttore dal gesto più inelegante che conosca gli deve essere sembrata una idea bellissima , in fondo a lui manca solo la divisa da SS per sembrare un personaggio uscito da quei film a lui evidentemente così cari!

Ma gli sono sfuggiti due momenti bellissimi perché quando si ha a disposizione una cantante della classe di Angela Denoke (meravigliosamente vestita) e una canzone come Das Lied ist aus scatta una meravigliosa atmosfera letteraria anni trenta e si entra in un tempo magico senza storia .

i versi “ frag nicht warum ich gehe” ritornano alla memoria cantati dal solito Kaufmann ( che ciò che tocca oro diventa) e anche al per me illustre ignoto tenore è toccato un momento bellissimo :le trionfalistiche note di Ein Lied geht um die welt , sempre passate attraverso il solito filtro kaufmaniano mi hanno ricordato quel piccolo tenore ebreo Joseph Schmidt che l’aveva portata al successo e che poi era morto malato e abbandonato nel finale apocalittico della grande tragedia nazista.

 

Passo poi al concerto di Capodanno autarchico della Fenice di Venezia , sempre un po’ figlio di un dio minore , ma quest’anno aveva due perle a suo vantaggio : la elegantissima direzione del maestro Chung e la deliziosa , anche se un po’ malaticcia ,Maria Agresta in raffinate vesti( specie la rossa ) che con il suo stile raffinato e semplice ha reso con eleganza le solite arie banali da repertorio d’occasione.

 

E finisco col Concertone dei concertoni . quello viennese. Al grande Maeshtro in pesante doppiopetto con pesante partitura davanti proprio non devono piacere i walzer degli Strauss, gli dà giù con un pedale di troppo , i Wiener lo ignorano elegantemente , se ne vanno tranquillamente per i fatti loro.

Sottilmente cattivo Enrico Stinchelli ci ha riproposto ( San YouTube ) l’edizione di Kleiber del ’92…Sorridevano anche gli strumenti nella magica sala dorata del Musikverein.

Capisco comunque che questi eventi , tutti legati dal filo rosso del kitch più scontato,abbiano un loro perché tanto è vero che tutti poi finiamo per guardarli e per commentarli pure.

L’anno prossimo Thielemann emigra a Vienna , ne sarà contento il neo cancelliere austriaco con la faccia angelica di bambino cattivo, la destra pericolosamente si riaffaccia in questa nostra vecchia stralunata Europa.

57674

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L’anno finisce e preda ad una curiosità abbastanza infantile ho voluto vedere quanti visitatori abbiano cliccato sul mio blog.

Ne è venuta fuori una cifra per me veramente ragguardevole : 39348 persone hanno visitato il mio spazio.

Allora ho voluto vedere anche quale gradimento abbia avuto la mia pagina Facebook associata al blog : non sono la stessa cosa tanto è vero che le cifre spesso sono molto diverse .

Non è stato così facile come per il blog , dove le statistiche sono automatiche , ma con pazienza ( non vado tanto in giro come il mio solito ) così mi sono messa a contare con pazienza pezzo-pezzo dall’inizio dell’anno e ho ricostruito la cifra globale , quella specie di rigo di gradimento che appare sotto i pezzi : sono risultati 18326 e non ho calcolato quei pochi che si fermano addirittura al mio diario .

Ho scoperto così di avere scritto 155 articoli , praticamente uno ogni due giorni e mezzo e non ho calcolato quei tre o quattro con cifre più alte perché erano solo fotografie e non c’è bisogno di dire di chi.

Insomma in totale mi hanno visitato , e mi permetto presuntuosamente di aggiungere che forse mi hanno anche letto 57674 persone e questo mi da un certo brivido di orgoglio.

Il mio piccolissimo blog , collegato anche alla pagina Fb, si è creato un suo piccolo spazio nella rete e mi sento di rivolgere un sincero ringraziamento a tutti/tutte coloro che mi leggono con consuetudine.

Particolarmente care due amiche dal cognome italiano ma che vivono una in Australia e l’altra un Argentina .Sono diventate due amiche con le quali spesso dialogo a distanza.

 

Non riesco a fare l’indagine per generi , ma ho la netta impressione che mi leggano più le donne . In fondo non mi dispiace , anche io lo sono e scrivendo evito con cura di parlare di argomenti “ maschili”, come lo sport o la politica , la quale comunque anche se sotto mentite spoglie scappa sempre fuori nel mio pensiero.

Chiudo l’anno 2017 , un anno difficile per molti ,anche miei cari e non credo che resterà memorabile nella mia memoria se escludo due o tre serate musicali di quelle che lasciano il segno .

Quindi rivolgo un pensiero di gratitudine verso i miei lettori con la speranza di trovare la voglia e la spinta per proseguire nella mia piccola fatica .

Con la certezza che comunque ogni tanto nel foyer di un teatro , magari a Monaco , Parigi o Londra ci sia una persona che guardandomi mi dica : ma lei è proprio Adriana?

E questo è il momento vero di orgoglio luciferino!

 

Notarelle di Natale

 

 

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Apparecchio per la festa e invece della solita tovaglia natalizia mi sbizzarrisco con una cosa etnica , ricordo di viaggi lontani.

Ai nipoti grandicelli faccio la domanda provocatoria : sapete da dove viene questa tovaglia ?

Non lo sanno e non gliene importa neanche niente ma io proseguo scandendo : MA-DA.GA.SCAR! Occhi sgranati , per loro il Madagascar è un cartoon e allora io mi diverto a raccontare delle donne sulla spiaggia che con macchine da cucire rudimentali ricamavano soggetti sempre uguali copiando con la vecchia carta carbone i disegni sulla tela bianca e ho avuto successo.

 

 

 

Poi succede che un mio nipote tredicenne , di buoni costumi , nel prendere in mano il tovagliolo di lino ricamato ( ovviamente corredo aggiunto alla tovaglia etnica) lo guardi con curiosità e poi mi domandi :

è biodegradabile ? Inconcepibile per lui non tovagliolo “vero” , ormai si usano tutti tovaglioli , magari anche belli pesanti , ma di carta.

Io seria rispondo che sì , è un tovagliolo vero , quelli di una volta .Che si lavano e poi si stirano pure prima di rimetterli via.

Mi guarda ammirato. La nonna deve avere vissuto nella preistoria .

 

Abissi di differenza anche nelle piccole cose , davvero al ragazzino serio la curiosità non fa difetto e seguita a rigirare quel coso strano tra le mani poi alla fine osa dirmi : ma allora lo posso usare ?

 

Le famiglie “allargate “ ,ovvero molteplici pranzi : sembra di essere alle grandi manovre. “spostiamo le truppe sull’Isonzo “, non sarebbe niente se questa moltiplicazione non coincidesse ahimè con le diminuite risorse fisiche della sottoscritta . Per Capodanno invece tutte le truppe si spostano in autonomia :libri , dischi e cotillon….e l’immancabile web che mi racconterà del mondo che gira , perlomeno per quelli che stanno bene ( o che dicono di star bene).

 

Io qualche curiosità ce l’avrei , non tutte le defezioni hanno la stessa matrice .

In certi casi mi fa riflettere la mancanza di comunicati formali, mi autorizzo fantasiose illazioni.

 

natale nell’aria

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Leggo da qualche parte :il Natale è per le persone felici….

 

In un primo momento mi sembra del tutto ovvio, in effetti a Natale,anche se tutto va relativamente bene si crea comunque nei cuori un velo di nostalgia e non c’è bisogno di essere come me avanti nella vita , anche chi è molto più giovane finisce per rimpiangere i”natali d’antan”.

Poi forse proprio perché un po’ di forzata inattività mi fa riflettere correggo il mio pensiero polveroso , c’è in questo momento dell’anno un incanto speciale, la luce che ritorna dalle tenebre.

E’ decisamente un fatto primordiale: il 21 dicembre,solstizio d’inverno, il sole si ferma e riparte ,impercettibilmente .

Nei primi giorni non ce ne accorgiamo neppure ma le giornate si allungano verso un nuovo giro di speranza e di luce.

Se lo vogliamo rivestire di Fede diventa anche più poetico.

Il bambino che nasce povero in una stalla in Palestina,là dove è stato difficile da sempre parlare di pace è come una provocazione dell’oggi come di ieri.

Fin dai tempi lontanissimi della preistoria sappiamo di riti che salutano il sole nel momento magico che gli astri ci donano.

Credenti nella magia della nascita divina o no sentiamo tutti noi che viviamo in questo travagliato pianeta che qualcosa di nuovo rinasce e si

rinnova.

 

Dai vangeli apogrifi, esattamente dal proto-vangelo di Giacomo si legge una pagina mirabile ,di cui poi Diego Valeri fece anche una poesia:

…ed io Giuseppe stavo camminando ,ed ecco non camminavo piu:

Gurdai per aria e vidi che l’aria stava come attonita,guardai la volta del cielo e la vidi immobile e gli uccelli del cielo erano fermi….

..ed ecco delle pecore erano condotte al pascolo e non camminavano ma stavano ferme e il pastore alzava la mano per percuoterle col bastone e la sua mano restava per aria.

Guardai alla corrente del fiume e vidi che i capretti tenevano il muso appoggiato e non bevevano…e insomma tutte le cose,in quel momento , furono distratte dal loro corso…..

Penso sempre a questa poetica pagina mirabile quando come ogni anno faccio devotamente il mio presepio.

 

in piedi , ragazzi!

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Non c’è una data esatta, nessun decreto governativo , nessun atto ufficiale ma un giorno di tanti anni fa , diciamo grosso modo , intorno al ’68 del secolo scorso avvenne che i bambini a scuola cominciassero a dare del tu alla loro maestra.

Per non traumatizzarli, per renderli più amichevolmente vicini alle loro docenti( che già a quel tempo erano perlopiù donne),si disse.

Poi fu naturale che non si alzassero al loro ingresso in classe..erano amici!

Quel bellissimo gesto di rispetto che istintivamente facevamo ai tempi miei,ricordo lo scatto anche all’arrivo di un collega o addirittura della bidella che arrivava portando una circolare con il seguente gesto : comodi,comodi che la maestra gentile ci concedeva si perse nella falsa ideologia sessantottina.

Gli anni passarono e la sana abitudine della mancanza di rispetto nei confronti dei docenti passò dalla scuola primaria alla primaria di secondo grado (credo si chiami così la scuola media oggi) e siamo arrivati alla totale indifferenza all’ingresso dei professori anche nella secondaria di secondo grado.

Nel frattempo però ci siamo persi la storia e la geografia,tanto le informazioni le abbiamo lo stesso sugli smartphone!

Ho letto da qualche parte che gli unici cittadini esentati dal chinarsi davanti all’Imperatore in Giappone siano gli insegnanti, non so se sia ancora così ,ma se anche fosse un’usanza perduta resta il fatto che perlomeno un tempo la tanto frustrata categoria abbia avuto questo particolare privilegio la dice ancora lunga su molte cose.

Negli anni della formazione c’erano e ci sono ancora delle gerarchie da rispettare, la scuola purtroppo non è più lo spazio più importante per indicarle.

Si delega la famiglia, ma i genitori sono già quelli che chiamavano la maestra per nome, quelli che se il figlio viene bocciato fanno ricorso al TAR, quelli che dicono: ci deve pensare la scuola!

Ho letto da qualche parte la timida proposta di reintrodurre il saluto in piedi all’ingresso dei docenti, non so quanto tempo ci vorrebbe per riprendere una così civile e semplice abitudine, però sarebbe già tanto se all’ingresso dei docenti i ragazzi smettessero di chiacchierare tra loro e facessero un cenno qualunque di saluto.

Purtroppo poi penso che ci sarà la vita a far loro sbattere il naso con la realtà del mondo del lavoro.

L’impatto sarà più duro, andrà sicuramente meglio a quei ragazzi ai quali in famiglia hanno insegnato a rispettare i grandi ,al solito la forbice sociale penalizza le fasce culturalmente più deboli.

Questo piccolo retaggio sessantottino visto in prospettiva storica ha fatto più danni di quanto ci se fosse resi conto allora.

 

 

 

 

di dannazione in dannazione

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La mia prima Damnation in forma scenica la vidi su Youtube ,c’era un giovanotto con un gran fiocco davanti e un Van Dam strepitoso in giallo.

Dirigeva Pappano e veniva da Bruxelles.

Mi piacque moltissimo e la salvai nella mia privata galleria operistica.

Scoprìì dopo che il ragazzo Faust era Jonas Kaufmann al massimo di una bellezza quasi adolescenziale , correva l’anno domini 2002….

Facendo poi ricerche su Olivier Py,per un suo strano Trovatore trovai ( sempre sulla fonte segreta di ogni melomane)un servizio giornalistico su una sua Damnation assolutamente provocatoria e definita da alcuni spettatori scandalizzati ”blasfema”.

In effetti,oltre al solito Van Dam :Mefistophélès qui vestito anche come una vecchia laida maitresse c’era il solito bel ragazzo capellone che altri non era che il solito Kaufmann.Messa in scena dal Grand Teatre de Genève con abbondanza di nudi integrali, addirittura con una crocifissione sconvolgente.

Arrivo così ad ascoltare finalmente dal vivo la Damnation di Parigi, tutto sommato molto meno provocatoria ,anzi semmai decisamente noiosa con tutti i ballerini in biancheria intima e ancora Kaufmann,il suo Faust si è spento in una giacca borghese da intellettuale dotato pure di occhiali da vista.

 

Insomma come la rigiro questa Damnation in forma scenica mi pare soprattutto una buona occasione registica per raccontare,ciascuno a modo suo ,del proprio personale patto col Diavolo.

Ovviamente dalla prima parte del Faust di Goethe nella traduzione di Gérard DeNerval.

Dove sta Berlioz in cotanto impegno?

Sono sempre più convinta che la “Leggenda drammatica“sia soprattutto una buona pagina sinfonica, con alti e bassi tra momenti di grande fascino e altri un po’ meno risolti e un tantino noiosi.

 

Tutto questo pensavo guardando in Tv la Damnation del Teatro dell’Opera di Roma.

Anche Michieletto ci mette del suo :molto facile la lettura,direi quasi banale con i riferimenti alla “décadance” attuale.Vedi i telefonini e la violenza di gruppo ai danni del povero ragazzo vittima scolastica fino alla idea sognata di un paradiso di maniera.

Non griderei al miracolo anche se ho molto apprezzato la linea musicale elegante di Daniele Gatti e l’algida scena di Paolo Fantin.

Straordinario Alex Esposito, da lui ormai ci aspettiamo solo grandi interpretazioni, buona la Simeoni ma..il tenore dov’era?

Per quanti sforzi facessi ( incolpando la solita cattiva riproduzione RAI) non mi è sembrato assolutamente all’altezza vocale del ruolo.

Forse io sono decisamente viziata su questo punto…..

 

Comunque lode e onori al teatro dell’Opera di Roma che mette in scena per l’inaugurazione della stagione un titolo difficile,senza tutti gli strombazzamenti scaligeri che hanno prodotto quanto di più banale si poteva sperare per un Sant’Ambrogio molto ,anzi troppo enfatizzato.

 

Per chiudere,facendo le solite ricerche storiche ho scoperto di avere ascoltato la Damnation al Comunale di Firenze nei miei verdissimi anni.

Non me lo ricordavo proprio, forse ho ancora qualche problema con Berlioz.