a proposito del Ring

 

 

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Ci sono dei giorni in cui mi sembra di vivere in un mondo parallelo.

Oggi ho annunciato allegramente ad un gruppo di colleghi di un corso di tedesco che quest’estate avrei avuto la straordinaria fortuna di avere trovato i biglietti per assistere all’intero ciclo dei Nibelunghi .

Il commento più pertinente , anche perché dubito che alcuni non abbiano neppure capito di cosa si trattava è stato : poverina , come ce la fai ?

Posso accettare che non tutti provino  godimento ad ascoltare un’opera di Wagner , nel nostro musicalissimo felice paese si va ben poco all’opera e quando ci si va si ripercorrono solo i percorsi più noti , i titoli  del cosiddetto repertorio più tradizionale , ma passare da questo alla commiserazione per chi come la sottoscritta sembra addirittura provare un sadico piacere ad ascoltare musica germanica mi è sembrato un grande segno di decadenza globale e mi ha pure rattristato.

La forbice si allarga pericolosamente , non sto parlando solo delle giovani generazioni per le quali ahimè nutro ben poche speranze ma anche per coloro che hanno varcato l’età dei giochi e delle scoperte constatare quanta poca cultura esista in giro mi fa veramente male.

Poi in cotanto squallore ogni tanto mi si accende un filo di speranza quando un figlio mi telefona dicendo di avere passato una bella giornata se in un seminario bancario ha potuto ascoltare anche un po’ di musica suonata da un quartetto , quando un nipote mi manda un Whats’app dal loggione della Scala durante l’Orfeo , quando un altro in gita alla città di Alba mi manda una foto di un loggiato con scritta sul muro una frase di Beppe Fenoglio ..e l’aggiunta : credo che dovrò proprio leggerlo….. allora capisco che soltanto seminando ( e magari rompendo anche le scatole come faccio spesso) riesco a trasmettere qualcosa tra i miei numerosi figli e nipoti.

Mi rendo perfettamente conto che anche in passato esistevano differenze ma vivevamo in una civiltà che aveva nelle cultura contadina importanti argini di valori , che nella borghesia d’antan  aldilà del salotto di nonna Felicita c’erano anche le buone maniere e il pianoforte nel salottino .

Oggi che siamo tutti appiattiti davanti allo schermo che trasmette ciò che vuole farci sapere , anzi peggio , con i social che ci dicono anche quello che dovremmo comprare , vedere e anche votare mi pare di assistere davvere al ritorno di un medioevo prossimo venturo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ascoltare Wagner

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Il secondo atto del Tristan da Boston è arrivato sui nostri computer nella prima mattinata generosamente condiviso da volentierosi/e che hanno registrato alle due di notte ( ora europea).

La prima impressione è stata quella di capire ancora una volta ,se ce n’era bisogno ,che Kaufmann è un fuoriclasse per la rotondità del suono , per il colore della voce e per la perfetta dizione che mi ha permeso di seguire facilmente anche il libretto, cosa che ahimè non avveniva con la Nylund , vuoi perché il registro femminile più difficilmente è intelleggibile ( Callas a parte), vuoi per la minore resa drammatica dell’interprete.

Emozione garantita , ma …poi ho avuto bisogno di qualcosa di più e ho ritrovato nel mio prezioso archivio operistico il Tristan und Isolde della Scala nel 2007 e ho capito cosa mi è mancato nel concerto di Boston.

Non si può cantare il secondo atto uno di qua e uno di là dal direttore , in frack lui , in abito paralume lei , con lo spartito davanti : si perde la sensualità viscerale , la carica erotica che la musica ci regala in onde successive che ci lasciano senza fiato .

Un musicologo ha detto che nel secondo atto del Tristan si contano sette orgasmi ..ed è vero.

Ma uno dei due da solo non ce la fa, d’altra parte in un analogo concerto al Festival di Lucerna nel 2004 diretto da Abbado si era visto nella forma semiscenica una soluzione decisamente più aderente alla musica.

Se questa era la prova per Jonas per riuscire a superare il tabu..wagneriano ne è uscito in maniera trionfale ( anche se il terzo atto non scherza in quanto a lunghezza!).

Per affrontare la montagna in teatro però gli ci vuole una partner all’altezza  ( i brividi che mette Waltraude Meier!!!)  ne sono la conferma.

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Gli americani hanno molto elogiato l’interprete di Brangäne , forse anche perché il fascino della voce lontana  (Habet acht! ) è stupefacente ,Andris Nelson è un buon direttore e l’orchestra di Boston di ottimo livello.

Se mi si permette di dirlo : Kaufmann merita ancora di più.

Un po’ di Tristano

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Ci sono stati molti anni in cui ho seguito Kaufmann in ogni sua nuova avventura musicale e non me ne sono mai pentita anche perché non mi ha mai deluso , perlomeno quando c’era!

Poi un certo numero di defezioni , sempre più o meno giustificate dalla mancanza di forma ottimale o peggio dalla malattia improvvisa mi hanno fatto trovare come una scema a Londra ( un paio di volte ) e addirittura a Bucarest!

Se poi torno molto indietro ci sono le defezioni di Vienna , di Monaco , di Roma …

Il mio personale carnet di delusioni comincia ad essere abbastanza pieno e se a questo aggiungo l’età che pericolosamente avanza mi spiego la decisione saggia quanto basta di non avventurarmi oltre oceano per questa tanto attesa performance pre – Tristano di Boston.

Ma , se il cervello e la tasca hanno ragionato bene , il mio cuore no e adesso mi devo contentare dei piccoli inserti che generosamente l’Orchestra di Boston ha messo in rete.

Dal poco che ho visto , e dalla ampia intervista fatta al giornalista di Boston (  al solito un nome italiano) si capisce che questa “ generale”  lontana da casa è stata ben programmata dall’Ufficio stampa e dalla sua Agenzia.

Ovviamente è andata benissimo , la partner un po’ meno importante di lui ( vestita come un paralume) il direttore d’orchestra amico , la sala dall’ottima acustica .

Come al solito Kaufmann ha trionfato , e chi ne dubitava?, per la gioia delle migliaia di fans americane che potranno apprezzarlo ancora nella replica e poi nella terza tappa alla Carnegie Hall a NewYork.

Non mi resta neppure per  consolarmi di fare come la volpe con l’uva : c’è andato e ha cantato benissimo  .

Questa volta ho sbagliato a non programmarmi la gita americana , in fondo il dollaro è sceso e andare negli USA non è poi tanto più costoso delle solite trasferte salisburghesi….

C’è da sperare solo che , andata bene la trasferta americana , si azzardi a replicare in Europa in attesa dell’ormai molto annunciato Tannhäuser.

 

 

 

Macbeth in streaming

 

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Gli inglesi sono decisamente conservatori e lo dimostrano anche attraverso gli allestimenti delle opere che poi noi vediamo grazie allo streaming della ROH che viene distribuito in più di mille sale cinematografiche di 25  paesi .

Ultimo è arrivato ieri sera sui nostri schermi un Macbeth di Verdi la cui prima messinscena risale al 2002 poi ripreso con successo nel 2011.

Quindi questa è la terza volta di questa cupa vicenda verdiana che dopo il debutto alla Pergola di Firenze nel 1847 e la successiva ripresa parigina del ‘65 vide la quasi totale sparizione dai cartelloni fino a quando , grazie a Maria Callas alla Scala nel 1952 fu praticamente riscoperta e da allora è entrata regolarmente nel repertorio dei nostri teatri .

Cosa ha da giustificare questa ripresa con le regia di Phyllida Lloyd dalla regia originale di Daniel Dooren?

Due punti di forza : la grande maestria di sir Tony Pappano , meraviglioso direttore di voci e la carismatica presenza della divina ( sempre più divina) Anna Netrebko nel ruolo clou di Lady Macbeth.

Indubbiamente l’intero cast è di tutto rilievo ,ma Zelico Lucic non ha il carisma del suo predecessore Simon Keenlyside , né il Macduff  di Yussif Eyvazov , aldilà della simpatia personale e dei pregi coniugali , non ha il fascino necessario per reggere una delle più belle arie per tenore mai scritte da Verdi : “figli mei ..ah la paterna mano.”.un’aria che mette i brividi e che pur cantata con estrema diligenza non mi ha trasmesso quel frisson che altrove avevo provato .

Ottimo invece , sia vocalmente che scenicamente Ildebrando D’Arcangelo , un Banco decisamente coreografico.

I cori , che sono il punto di forza di questa decima opera di Verdi in cui ancora si hanno  le arie chiuse , non sono invece ahimè il punto di forza del Covent Garden ( Belsadonna dove sei?) e si salvano per  la dizione grazie alla provvidenziale aggiunta dei sottotitoli.

L’impianto scenico elementare e cupo è piuttosto povero ,le streghe abbigliate ..alla Frida Kalho (?)- lo ha detto la regista- non hanno niente del selvaggio look necessario e i quattro bastoni spogli personalmente non mi sono proprio sembrati la foresta di Birman.

Bello il momento del coro “patria oppressa “ , una delle aggiunte per la ripresa parigina che è stato reso con semplicità ed emozione mentre mi è proprio mancato il momento horror del banchetto ,che non c’è ,con lo spettro di Banco ad effetto.

Resta da dire della divina che in questo ruolo chiaramente si compiace della sua incredibile splendida vocalità , se lo sente suo questo personaggio al quale presta la sua consueta gamma di gesti ed espressioni , ormai non cerca neppure più di variare neanche un poco , sa di avere una voce mirabile e forte e ce la fa godere tutta .

In questo caso  si sente molto  il lavoro fatto da sir Tony, certi filati , certe impennate da brivido sono sicuramente il frutto del lavoro accurato fatto dal grande direttore.

In ultima analisi direi un Macbeth senza infamia e senza lode e , mi si permetta una ultima cattiveria , con un Malcom: Konu Kim , il coreano di turno ,che ho fatto molta fatica immaginare come re di Scozia.

 

 

 

La via di mezzo

 

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Questa volta la ia mia reazione alla folle Tosca di Salisburgo non è rimasta isolata , veramente era troppo brutta perché non si scatenassero scandalizzati i melomani di ogni paese.

Il rischio però in simili casi è quello di dare voce ai passatisti-doc, ai tradizionalisti puri , quelli per intenderci che parlano solo dei cantanti morti e preferirebbero le calzamaglie medioevali e le parrucche incipriate.

Questa Tosca era indifendibile , ma stranamente non ho letto dello scandalo musicale di Thielemann che per quanto famoso e stimato direttore ( dirige la Staadtskapelle di Dresda)  poco si accorda con la musica italiana, di Puccini poi…

Un organico mostruoso , tempi enfatici   per uno che dice di volere pulire dalle scorie delle brutte abitudini sovrapposte la pulita linearità della partitura mi è sembrato  proprio che non ci abbia neppure provato.

I cantanti possono non essere complici , mi ricordo di Kaufmann a Torre del Lago , lui che in quei giorni cantava una Damnation di Faust a Parigi decisamente brutta , spiegare gentilmente ( è persona molto garbata) che generalmente i cantanti arrivano quando lo spettacolo è già montato e poi  loro ..non lo vedono dalla platea…

Mi piacciono gli spettacoli innovativi , quelli che cercano di raccontare la storia addirittura evidenziandone particolari di lettura diversi dal “ si fa sempre così” o meglio quando le riletture  esaltano  la verità nascosta del libretto.

I facili riferimenti alla Traviata degli specchi di Macerata di Svoboda  con l’accusa finale a noi spettatori borghesi che assistevamo alla fine della povera ragazza perduta, oppure alla Butterfly di Michieletto in cui la truce ambientazione asiatica in una squallida città di oggi  che ci mostrava la verità sulla povera vita della prostituta bambina.

La linea di confine non è tra ieri e oggi , è tra il buon gusto e la volgare mistificazione trash dove per innovativo si arriva allo stravolgimento di Salisburgo.

L’ambientazione senza tempo di alcune opere wagneriane è sicuramente migliore di certe messinscene troppo attualizzate , come ad esempio quando vidi arrivare Parsifal con lo zaino sulle spalle (a Berlino  lo si dà ancora ) e nel quale le fanciulle fiore erano bambine con bambole e abiti a fiorellini.

Ma forse l’esempio più eclatante è ia diversa anbientazione di un’opera a me tanto cara che è l’Evgenj Onegin .

Ne ho viste tante : da quella meravigliosa fiorentina con Rostropovich direttore , a quella tutta in una stanza di Tcherniakov del Bolshoi , a quella orripilante di Walikowski con la tv e i cowboys fino all’ultima bellissima di Barry Kosky a Zurigo .

Ebbene questa ultima . con quella lettera di Tatiana ritrovata nel  vaso della marmellata sul prato mi è sembrata un valore aggiunto e un brivido in più.

Ecco in questo senso mi piacciono le riletture e seguiterò a preferirle alle opere realizzate con rigore filologico che per me proprio non esiste più.

 

 

 

Una Tosca da ridere

 

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Credo che nessuno possa dubitare della mia disponibilità ad accettare messe in scena di opere in abiti moderni , rivisitazioni qualche volta anche inutili , ma quello che ho visto per caso ieri sera , andando su 3Sat in cerca di un film su Anja Harteros supera ogni ragionevole livello di di sopportazione .

Una Tosca demenziale dal Festival di Pasqua di Salisburgo ,che fortunatamente non ho visto per intero  ma quello che ho visto mi ha fatto rimpiangere una qualsiasi zeffirellata d’antan.

Strano perché Philip Stöltz qualche volta le azzecca , per esempio il bellissimo Chenier di Monaco ( anche se mi ero già sorbita il figlio adolescente di Turiddu nella Cavalleria ( sempre a Salisburgo ) ambientata in una periferia industriale , ma tant’è …c’era Jonas.

Qui siamo in vesti moderne , e questo ormai non fa neppure notizia , già queste rivisitazioni le vedemmo negli anni novanta , ma quello che il regista proprio non capisce è che l’Italia non è solo quella di Gomorra e che i suoi svolazzi creativi alla fin fine suscitano il riso se non l’irritazione .

Credo che ln gran  parte dipenda anche dal creativissimo direttore  ….. ma che organico gli serve per Puccini? a  Thielemann che lo dirige manco fosse Wagner e infatti ne viene una direzione perlomeno falsata per non dire proprio brutta.

La Harteros è meravigliosa in ogni sua performance e anche qui la sua voce e la sua arte scenica emergono in tutta la loro validità ma mi si deve spiegare perché il “vissi d’arte “ lo deve cantare semistraiata sul tavolo , tutta storta e a testa in giù , tanto lei è brava e con la voce può fare quello che vuole.

Un po’ meno bravo Tezier , ingrassatissimo , con parrucca bianca a imitazione porco lubrico( leggi corruttore di dive ) con mosaccie da trivio, l’ho visto recitare tante volte molto ma molto meglio .

Antonenko la voce ce l’ha e va bene , ma come tutti quelli che cantano le note senza capire bene quello che dicono fa perdere al suo “lucean le stelle” tutta le sensualità e l’amore per la vita che invece è nella musica pucciniana.

Ma per raccontare la follia creativa del regista mi soffermo sul terzo atto , quello me lo sono visto tutto : si comincia in un dormitorio per ragazzini brutalmente svegliati da giovani preti ( un po’ pedofili?), il pastorello sennò come lo giustificavi?

Poi arrivano dei tipi usciti da Gomorra e scelgono quattro ragazzi  ai quali affidano revolver carichi . Comincio a capire dove vanno a parare .

Scende il dormitorio e appare la terrazza con vista su San Pietro , ma illuminata da una scritta roversciata  IL DIVO …che poi si spegne la V, così abbiamo un Dio tremolante e corrotto.

In un angolo , direttamente dallo sceneggiato di cui sopra stanno in terrazza romana un gruppo di malavitosi che sniffano coca ed altre amenità . Ovviamente ignorano quello che succede davanti quando arriva Tosca , lei bravissima e bellissima con occhiali da sole anche se ancora è notte ma quelli li anche portano tutti i cattivi  sullo sfondo.

La storia la sappiamo , le parole non si possono cambiare , ma ovviamente per sparare al pittore arrivano i quattro ragazzini killer e gran colpo di teatro finale ..arriva Scarpia ( in effetti alla fine del secondo atto si era tirato su dal pavimento ma avevo pensato ad una morte più lenta ) e invece no !

Ancora vivo e “cattivissimo –me” pur tenendosi la ferita tira fuori la pistola e spara a Tosca la quale però , ovviamente anche lei dotata di arma mette fine finalmente alla pagliacciata sparando definitivamente al cattivone coriaceo.

Finale con tutti morti per terra e ..lievi mormorii di disappunto in teatro , sfido! avevano pagato quasi cinquecento euro per una poltrona, non era il caso di protestare.

 

 

Nostalgia

 

 

Unknown

 

In un tempo molto lontano vivevo a Firenze , era la mia città perché ne ero padrona , letteralmente.

In Piazza Signoria giocavo sotto la loggia dei Lanzi , a cavalcioni dei leoni all’ingresso, conoscevo gli Uffizi perché ci andavo spesso , molto spesso e non mi ricordo neppure se pagassi un biglietto per entrare .

Il giardino di Boboli era uno spazio più libero ,lì avevo amici con cui giocare a nascondino tra le statue .

Poi crescendo ho cominciato a studiare di più le ricchezze fiorentine e scoprire cose anche più preziose . Per esempio ho fatto di corsa il Corridoio Vasariano insieme alle compagne di scuola , la mia favolosa insegnante di storia dell’arte ci raccontava la ricchezza dei tesori della mia città.

Ora guardo in televisione terrorizzata le file di turisti che aspettano di entrare in quelle stanze che furono mie e nelle quali ho imparato la bellezza pura del mondo.

Non vado più a Firenze da tanto tempo e solo l’idea di dividere la contemplazione di opere meravigliose stando in fila aspettando pazientemente che il gruppo che mi precede si allontani mi fa desistere dal tentare anche soltanto dal progettare una simile esperienza.

Mi rendo conto che il nostro è quel meraviglioso paese che vive letteralmente delle sue bellezze ma nessuno mi potrà mai restituire la gioia di sentirmi padrona e libera di godere di tanta arte in solitudine.

Ovviamente c’è ancora tanta parte della città da godere e soprattutto con mia sorella che è una guida bravissima riesco lo stesso a vedere cose mirabili , magari in momenti meno affollati che non nel per me tragico periodo delle gite scolastiche.

Ma la sensazione esaltante di essere da sola nella galleria dell’Accademia a guardarmi il Davide , quella so che nella vita non potrò permettermela più.

Non la conosceranno mai le file ordinate di giapponesi ( o forse sono cinesi) che ci passeranno davanti in fila ordinata , per questo non vado a Firenze a Pasqua , anche se mi era presa una gran voglia di partire vedendo un bellissimo servizio sul Museo nazionale del Bargello qualche giorno fa .

Ma di quel museo io ricordo la mamma in una specie di kimono nella calda estate dei ’44 spingere la carrozzina di mia sorella piccola e dentro c’erano le mezzine da riempire d’acqua al pozzo del cortile del Bargello .

Erano i giorni dell’”emergenza “, la città assediata e divisa in due : di là d’Arno gli inglesi , di qua i tedeschi , sui tetti i cecchini e noi stranamente sfollati in pieno centro .

Sono ricordi strani , di una bambina che viveva in mezzo alle ricchezze senza rendersene conto ,in quella Firenze che solo il genio di Rossellini ci racconterà poi in Paisà.

Oggi il blog ha girato in nostalgia , mi succede quando non prendo il volo per andare ad ascoltare musica …pericoloso restare a casa.

 

 

 

#spiatemi#

Unknown

 

Dopo avere letto un articolo provocatorio in cui un intelligente giornalista del Corriere proponeva di dare tutte notizie sballate e contraddittorie in modo da fare impazzire i database che potrebbero non riuscire a catturare i nostri profili mi è venuta un’idea diversa dal dare un Like a chi aborriamo e poi darlo a chi amiamo , amare libri che non leggeremo mai e poi dire che invece sono bellissimi .

I cervelloni potrebbero impazzire ma questo non mi piace , sulla mia bacheca mi piace dire la verità , chi sono e quali sono le mie idee.

 

Propongo invece un # hastag , una specie di appello o meglio una class-action tra quelli di noi , e sono tanti , che non hanno niente da nascondere , che comprano poco on line , che guardano a malapena quella colonnina pubblicitaria accanto alle nostre comunicazioni sulla bacheca .

Probabilmente Cambridge Analytica non sa che farsene della povera gente di questo tipo e credo che tutto sommato anche estendendo la terribile rete di ragno allargata ai nostri amici ben poco ne ricaverebbe , solo capirebbe che siamo persone pensanti e tutto sommato poco influenzabili . Quindi nulle ai fini contorti degli influenzatori dei costumi e soprattutto della politica.

 

Mi dichiaro quindi : sono persona mediamente accolturata , con tanti interessi per lo più musicali ( con tendenza alla musica classica e operistica) di buone letture classiche , ho molti figli e nipoti, difficilmente casco nelle fake news .

Andate pure a leggere il mio blog , spiate le mie fotografie anche se vi deluderò non mettendo in giro quello che mangio . Non amo le foto dei cibi nel piatto.

Amo cani e gatti, i tramonti sul mare , i fiori ,il cambio delle stagioni e ho una pericolosa predilizione per un tenore bravissimo ( ma non per lui solo) che potrebbe essere mio figlio .

 

E ora #spiatemi#

 

 

Lost in melomania

 

Unknown

 

Non è una malattia molto diffusa ma pericolosissima , prende uomini e donne e spesso non è avvertita nei primi sintomi .

Ci si scivola dentro piano piano , sembra non essere pericolosa , in realtà non solo è irreversibile ma tende a risuchiare la psiche di chi ne è colpito fino a diventare quasi lo scopo della vita .

La casistica è vasta e come si dice agli Oscar “ the winner is”….quel famoso critico –giornalista-scrittore che inanella titoli d’opera con furia compulsiva andando a cercare spettacoli ovunque ci sia occasione di ..metterli in lista.

Buon secondo viene un amico mio , persona serissima , docente rispettabile che ha cominciato per scherzo ma è arrivato al sublime mettendo in repertorio addirittura il Lindembaum dalla Winterreise ..e lo studia davvero!

Buon piazzamento la simpatica amica che traduce tutto il traducibile quello che riguarda un noto tenore ( e qui poi apro il sottocapitolo che riguarda la follia mono- tematica) guadagnandosi l’imperitura gratitudine di tutti quelli che non sapendo le lingue aspettano la traduttrice dei traduttori che riporta tutto all’inglese ..più fruibile.

C’è poi l’amico che a Vienna a forza di andare sempre a teatro è riuscito addirittura a farsene una sorta di lavoro vero .Devo dire che è stato agevolato dalla “location” e soprattutto dal fatto che è davvero un bravo fotografo.

Poi c’è la coppia girovaga : hanno cominciato solo da un paio d’anni ,ma ormai fanno concorrenza ai più paludati melomani in carriera .Con un ritmo accelerato credo siano riusciti a recuperare una media di uno spettacolo ogni due giorni.

Se poi mi allontano dai confini patri , e limitandomi ai monomaniaci tenorili si hanno le pittrici compulsive , le diaboliche cacciatrici dello screenschot , le pericolose creatrici di fotomontaggi.

 

L’uscita in questo periodo dei calendari dei grandi teatri ha provocato crisi violentissime nel melomane seriale : come conciliare la presenza a Monaco , Vienna , Parigi , NewYork e magari anche Amburgo e Dreda e Amsterdam e….

….Bayereuth è un mondo a parte , il wagneriano è un puro folle alllo stato avanzato , lo lascio ai luminari dedicati.

 

Per quanto mi riguarda devo qui confessare le mie molte colpe che cominciarono con il tardivo studio della lingua germanica fino all’avere sullo schermo tra i siti preferiti la webcam di Marienplatz a Monaco .Che poi mi alzi la notte per ricercare un ..un motto , un detto per il meschino che va….a chieder grazia alla sua regina fa parte della malattia allo stato puro.

 

Il perso in melomania fortunatamente non è geloso dei colleghi anzi gioisce delle gioie altrui , specie se sono malati da tanto tempo e allegramente si guarda le 89 foto del “mio mondo” della preziosa prussiana in trasferta o delle gioiose , altrettanto cospicue raccolte dell’amico finalmente pensionato che si sfoga abbracciato a tutti i suoi affezionatissimi cantanti ovunque inseguiti nel mondo.

 

Perché il melomane puro non si ferma ad un solo/a cantante : la curiosità della scoperta lo accompagna alla fedeltà per i miti in declino , il melomane puro sa tutto sugli allestimenti , sui registi e ovviamente anche delle stagioni sinfoniche , dell’avvicendamento dei Sovrintendenti , di chi sale e chi scende nel piccolo enorme mondo musicale .

Il melomane puro è un malato incurabile e caso raro è pure felici di esserlo.

 

 

 

 

 

Tutto cambia

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Tutto cambia , in molti casi si scopre l’acqua calda:
avevo scritto poco tempo fa di quanto ciascuno di noi fosse poco protetto nel proprio privato e adesso scopriamo che i social possono influenzare anche la politica , ma davvero eravamo tutti simili a Biancaneve ?

Inutile correre ai ripari dopo che i buoi sono scappati dalla stalla e sprangare il nostro profilo .Tanto ormai di me sanno tutti di tutto e francamente non mi dispiace più di tanto.

 

Mi irritano però le mutazioni coatte di costume e oggi vorrei segnalare una tendenza a mio avviso demenziale circa la moda della cosiddetta alta cucina che ha invaso il costume della tavola.

Adesso lo spaghetto lo si presenta così: un cestinello arrotolato in mezzo al piatto con sopra , trionfalmente a scelta : uno scampetto , un riccioli di basiliso , una qualunque erba , possibilmente esotica.

Ma dove è finito il bel piatto di pasta fumante della nostra giovinezza?

Tutti gli improvvisati chef “ de noaltri” preparano su piatti grandissimi porzioni microscopiche di cibo , possibilmente poco reperibili sul mercato , dai nomi misteriosi.

 

La moda dei programmi televisivi di cucina dilaga , giri i canali e trovi sempre qualche baldo giovine che con coltelli affilatissimi , in pentole lussuose ci racconta cose un tempo buonissime che vengono rigirate e pasticciate e non parlo solo della tv italiana , anzi tutto sommato la valanga di informazioni culinarie è abbastanza contenuta , in Francia e Germania è peggio . I cuochi imperano ad ogni ora in ogni canale.

 

Fantastiche pubblicità ci raccontano del brodo pronto e penso con tristezza a quando il brodo si faceva semplicemente mettendo a bollire la carne con gli odori ma questo procedimento arcaico mette in difficoltà le giovani generazioni troppo impegnate a realizzarsi nella vita e nelle professioni .

E’ come una piramide rovesciata .Le cose semplici non si fanno più , in compenso l’arte raffinata della cucina è la conquista di chi non ha mai fatto un uovo al tegamino .

 

 

 

 

Le caste Susanne

Unknown

 

Oggi ho voglia di essere impopolare e fuori dal coro.

Stamani ho letto un post di Terry Gilliam , un regista inglese che ha osato andare controcorrente dicendo che tutta la faccenda sfociata nel movimento Me Too è una cosa abbastanza stupida e molto strumentalizzata.

Ho tirato un respiro di sollievo , finalmente una voce normale!

Soprattutto poi dopo la deplorevole vicenda del licenziamento di James Levine al Met , un povero vecchio malato che non ce la faceva più a dirigere è stato facile farlo fuori in un paese falso moralista come gli Stati Uniti.

Tutte queste creature angelicate ( uomini e donne , tanto per essere equanimi) che si risvegliano dopo trent’anni in media ricordandosi che un giorno un tale avrebbe loro toccato il sedere mi hanno lasciato perplessa da subito.

Tutt’a un tratto ci siamo trovati un popolo di traumatizzati/e che però hanno fatto carriera nel cinema , nelle arti e dovunque siano passati dalle forche caudine del non più documentabile ricatto sessuale.

Il risveglio moralista ha portato le attrici a vestirsi di nero ( tanto il nero è comunque elegante e spesso evita cadute di cattivo gusto) ,tutti/e con questo grande trauma dentro, ma come una valanga solo adesso hanno trovato il coraggio…coraggio? di denunciare l’oltraggio lontano .

Quando ero ragazzina e andavo a scuola in tram a Firenze ogni tanto qualche uomo sporcaccione mi si appiccicava dietro e questo in effetti mi dava noia e mi faceva schifo .

Allora mi spostavo e qualche volta facevo anche degli occhiacci all’imbecille di turno.

Non ne ho provato un trauma irreversibile , avevo però imparato a mettermi seduta quando potevo onde evitare spiacevoli episodi.

So per certa che quando qualcuno aveva provato a farmi galanterie pesanti bastava bloccare l’avance con risolutezza e la cosa è sempre finita lì.

Voglio essere pesantissima : se ci sono persone che hanno fatto carriera passando da qualche letto importante sono convinta che nessuno/a ci sia stato trascinato con la forza , evidentemente la scala dei valori pendeva pericolosamente dal valutare il fatto un ..male minore.

 

Ps. a commento del pezzo ho voluto mettere un quadro di Artemisia Gentileschi , una che di queste cose se ne intendeva davvero .

 

Ancora un anno

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Una domenica mattina fredda e noiosa , ogni tanto piove .

Davanti al computer per noia , quasi: poi ricordo che c’è lo streaming della futura stagione del Bayerischestaatsoper e mi collego :

scarica adrenalinica ! Una serie di eventi bellissimi , uno più interessante dell’altro : titoli ,compagnie di canto , regie , interpreti , tutti di altissimo livello e sopra tutti l’incantevole Kiril Petrenko con la su aria modesta e il talento mostruso.

Tre ,dico tre titoli con Jonas Kaufmann : nello sperato Otello di casa , nel Fidelio e in estate nella tanto anelata ripresa dei Meistersingers che tanti ammiratori lasciò a bocca asciutta tre anni fa.

Mi sento come quando da bambina entravo da Robiglio a Firenze e il mio babbo diceva : scegli le paste …

Come scegliere , avevo gli occhi più grandi della bocca e avrei voluto scegliere ..tutto!

Un programma non solo ricco , che già sarebbe un merito , ma soprattutto variato e colto .

Ogni tanto mi dico che devo smettere di correre per gli aeroporti , gli anni sono davvero tanti e forze e finanze cominciano a calare , ma come si fa a non essere eccitati da una proposta così diversificata e così interessante.

Benedico la Lufhansa che con il suo prezioso volo giornaliero dal mio piccolo , semiabbandonato e fallimentare aeroporto mi permette ancora di sognare e di sperare per il prossimo anno .

Ancora uno ..poi mollo…

e poi penso che forse il Tristano ..o il Tannhäuser..chissà forse ce la faccio a sentirli.

Finchè c’è vita c’è speranza.