Chénier catalano

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Ormai niente sfugge allo sguardo impietoso della rete e mentre una volta i cantanti potevano permettersi il lusso di non essere sempre al pieno delle proprie possibilità oggi YouTube ci racconta crudelmene ogni sbavatura o caduta di tono.

Mi riferisco ai video dello Chénier di Barcellona , abbondantemente propinati nei siti dedicati a Kaufmann.

Non mi riferisco però al famigerato attacco dell’”Ora soave” per cui si sono spese molte variegate interpretazioni .

Come dice una che ne capisce ,si tratta di tecnica vocale e soprattutto si tratta di una volontà di sfida a centrare quel pppp che il nostro grande tenore seguita a cercare e qualche volta , di rado , anche a centrare .

No , io mi riferisco ai duetti amorosi con Maddalena di Coigny nei quali i due cantanti , come nella più antica tradizione operistica , che Kaufmann spesso superava con la sua arte di attore, si danno le spalle tra di loro e stanno ben in vista alla platea , proiettati con la voce verso il pubblico , a vista di direttore .

Un bel passo indietro rispetto alle precedenti edizioni dello Chénier.

Lui e lei non si guardano , magistralmente si amano e quasi non si toccano neppure , veristicamente cantano l’amore come in uno Chénier degli anni sessanta .

Poi ognuno può dire che la voce di lei superava quella di lui , che magari il grande tenore aveva un po’ di tosse , ma si sa ogni prestazione di Kaufmann viene …passata alla moviola .

In realtà , alla fine trapela qualcosa : “the show must go on “, ma è doloroso pensare quanto sia difficile stare sulla scena quando la testa è altrove , e mi sento quasi in colpa per quello che ho scritto fin qui.

La vita che entra violentemente nella finzione e rivela la serietà teutonica di un cantante che non si ferma anche se il suo cuore è altrove , se la sua vita privata , quella che lui difende tenacemente da sempre, in qualche modo tradisce la sua prestazione .

Ricordo il terribile dimagrimento quando entrò in crisi il suo matrimonio , per quanto lui cerchi disperatamente di difendere la sua privacy , di raccontare sempre la vita come una favola bella , in realtà esiste anche la sofferenza .

Il fascino della sua arte di interprete passa anche attraverso la capacità di trasmettere ogni sentimento dell’anima , questo Chénier gli deve essere costato molto , strano destino di un’opera in cui forse l’aria più nota , più universalmente conosciuta sia proprio“ la mamma morta”.

Lo scienziato nello spazio

 

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Non capisco niente di fisica , di astrofisica e ben che meno di buchi neri .

Però ieri sera , come uno strano omaggio alla memoria di Stephen Hawkins ,ho riguardato il video della Damnation de Faust di Berlioz nella messinscena ( brutta) dell’Opera Bastille di due anni fa.

La musica di Berlioz mi è sembrata giusta per ricordare un Doctor Faust del nostro tempo e non solo per quella carrozzina omnipresente nello spettacolo su cui si adagiava , perfettamente riconoscibile lo scienziato inglese interpretato mirabilmente dallo straordinario ballerino del Wupperthal di Pina Bausch.

La voce al sintetizzatore scandiva il pensiero di Hawkings : il futuro dell’uomo è nello spazio, quello spazio neanche tanto misterioso che è nel futuro delle prossime generazioni.

Quel piccolo video in cui la povera figura deformata dalla malattia volteggia felice con la tuta da astronauta è quasi commovente, il destino di una mente straordinaria che ha combattuto una terribile malattia con la sola forza del pensiero mi mette i brividi.

Credo che non ci sia manifestazione più grande di questa incredibile vita che serva a dimostrarci quanto in ognuno di noi esista una particella divina .

Quel Dio lontano ,misterioso e irragiungibile dalla nostra mente si manifesta attraverso creature straordinarie capaci di dimostrarci la sua esistenza , aldilà delle codificazioni chiamate banalmente religioni .

Esistiamo se siamo pensiero , questo è il grande messaggio del grande scienziato , delle cui teorie personalmente non riesco a capire proprio niente .

Però come dice San Paolo ognuno ha i suoi carismi , infatti io riesco solo a scrivere piccole cose e devo accontentarmi.

Mi rimane la curiosità di sapere se Hawkings avesse saputo di questa sua rappresentazione in scena .

Leggo che era molto spiritoso , spero ne avesse sorriso.

 

 

 

Gianni Schicchi

 

 

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Non sarò certamente io l’ultima a dir male del povero Renzi . Ormai c’è solo da scegliere tra chi gliele dà e chi gliele promette !

Penso invece che sia un politico che ha avuto spesso coraggio , molta furbizia toscana e un po’ di quella spregiudicatezza necessaria per farsi avanti nel mondo complicato della politica in generale e in quella italiana anche di più.

Un ragazzo di paese arrivato ai fasti fiorentini : chi non ha amato quel ragazzo che voleva rovesciare le carte , “rottamare” un ceto politico fossilizzato sia al centro che in periferia , rinnovare e finalmente fare della vecchia sinistra dai tanti nomi cambiati un vero partito moderno ? Fluido era la parola magica , quello che non era riuscito ad un altro pifferaio magico dalla parlantina incantevole ovvero Walter Veltroni .

C’è arrivato in cima , con qualche sgambetto spregiudicato e lì ho cominciato a preoccuparmi per lui perché i suoi consiglieri non erano abbastanza bravi da fargli evitare alcune cadute di stile pericolose : mia cara “Angela” mi ha fatto sobbalzare sulla sedia, suvvia tutto quel dare del tu a tutti …mi veniva da ridere .

Tu vuoi fà l’americano , cantava Carosone e Matteo Renzi questo ha fatto .L’americano ed è anche riuscito ad arrivare a cena da Obama , chiaramente un mito e non solo per lui.

Poi ha fatto cose buone ,anche delle belle dimissioni con la moglie accanto dopo l’insuccesso del referendum e qui aveva ragione lui, se ne accorgeranno i suoi compagni di partito che gli remarono contro e non erano neanche pochi.

Il solito male della sinistra , si chiama anche sindrome di Tafazzi.

 

Poi sono arrivati i tempi duri davvero , il mio non è un pezzo di politica , ma di costume e mi fermo qui , altri luoghi e altre stanze ,

altri spazi servono , non il mio piccolo blog.

Ma un’ennesima scivolata il ragazzo , ormai grandicello l’ha fatta quando con orgoglio ha rivendicato che adesso farà il senatore di Firenze ,Scandicci ,Impruneta e Signa ….

e chi sa di teatro , di lirica e di Puccini ha sorriso ,inevitabilmente .

Non è colpa sua se il collegio è quello , ma elencarlo trionfalmente evoca “ la mula e i mulini di Signa “ degli avidi parenti del vecchio Buoso Donati.

Se qualche volta , invece di far finta di andare a teatro ci fosse andato davvero , se non si fosse accontentato della Playstation , se invece di parlare di cultura l’avesse frequentata un po’ di più davvero forse quella trionfalistica elencazione l’avrebbe potuta evitare . Il collegio è quello di Firenze , punto e basta.

Macron , che gli piace tanto ,da questo punto di vista non sbaglia :ho visto le sue foto nei posti giusti , impeccabilmente.

 

Orwelliana

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Mentre il nostro beneamato tenore riveste i panni del romantico poeta ( nella versione alla Ivory della ROH) in quella Barcellona che grida al miracolo per la presenza del “più grande tenore del mondo” con grande clamore sia mediatico che di pubblico suscitando però in me una strana ilarità perché forse da quelle parti non si erano accorti che era lì appena dieci giorni prima al Palau de la Musica quando cantava i preziosissimi Lieder di Wolf , io mi concedo una divagazione molto diversa e un po’ inquietante.

 

Mi è capitato di comperare e smarrire non so dove una scatola di medicine , un farmaco che compro abitudinariamente e solo dopo qualche giorno mi sono accorta di non trovare più la solita scatola nel solito posto.

Sono allora tornata in farmacia per ricomprare la medicina e alla farmacista mi è capitato di chiedere , senza molta speranza, se per caso l’avessi lasciata sul banco.

La gentile farmacista partecipe della mia perdita guarda addirittura sul computer e mi conferma che si , dieci giorni prima io avevo comprato quel farmaco ma che non lo avevano trovato in giro.

Ricompro la mia medicina ed esco perplessa .

La perplessità nasce dal fatto di come avevano potuto controllare il mio acquisto se io non ho mai passato la tessera sanitaria , tanto il rimborso è irrisorio e nonostante che io sia cliente nella stessa farmacia da anni non mi risulta che conoscano il mio nome.

Non è che non ci abbia dormito la notte ma la curiosità mi è rimasta fino a che non mi si è accesa la lampadina in testa : ho pagato col Bancomat, ecco il meccanismo della schedatura svelato!

Morale della favola , siamo tutti sorvegliarti davvero dal Grande Fratello , ormai non sfuggiamo più neppure al più banale dei gesti che facciamo , salvo poi riempire di firme tantissimi moduli per la garanzia della privacy ogni volta che ci capita di aderire a qualche cosa.

 

Non mi fanno paura i social ,anzi mi fanno compagnia tante persone in giro per il mondo che mai avrei avuto modo di incontrare, certo però che appena io dichiaro un minimo di interesse per l’acquisto di una sedia mi arrivano valanghe pubblicitarie di mobilieri e se per caso mi rompo un ginocchio ( mi è successo davvero) la pubblicità di ogni tipo di protesi diventa un’ossessione quotidiana.

 

E mi fanno ridere quelli che pensano pericoloso per la loro riservatezza scendere nell’inferno dei social e guardano con diffidenza gli sprovveduti che ci si affacciano .

Stiano tranquilli che comunque una traccia su un bancomat anche loro l’ hanno lasciata e dall’alto il Grande Occhio segue i nostri viaggi , i nostri acquisti e la nostra intera vita . Amen.

 

 

 

 

 

 

Il Mattiolipensiero

 

 

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Recensione molto scherzosa del “librino” di un amico.

Ho letto avidamente e tutto d’un fiato il libro di Alberto Mattioli Meno grigi più Verdi che ha un difetto terribile     : mi sembrava di sentire Alberto parlare , perché Alberto parla come scrive , o meglio scrive come parla il che tutto sommato a ripensarcI meglio proprio un difetto non è.

Appartenendo io a quella eletta schiera dei lettori del Nostro conoscevo già molto del Mattiolipensiero , delle sue idee, non solo su Verdi ma su tutto il variegato mondo della lirica passato al vaglio di un umorismo sempre graffiante   , mai volgare e colto senza essere saccente mi sono molto divertita a ricordare le sue molte provocazioni a proposito delle vecchie regie , delle sue idiosincrasie per le care salme che allietano le nostre platee musicali.

Giustamente l’autore dice di non avere voluto scrivere un’ennesima biografia verdiana e il suo taglio originale è quello di avere esplorato il mondo verdiano rapportandolo al nostro oggi e scoprire con questo che gli italiani raccontati , o meglio ,nascosti nello spesso improbabile mondo dei contesti operistici verdiani non è molto dissimile dai nostri contemporanei.

Ancora ricordo quando parlava dell’Aida ..colf di colore o quando paragonava i suoi eroi d’antan , tutti abbastanza riconoscibili negli stereotipi odierni ( il duca di Mantova , Riccardo del Ballo) e quindi parlare con fierezza di questo Verdi così anti-italiano da avere in qualche modo raccontato i nostri perenni difetti nazionali senza falsi moralismi.

Quando sarà passata l’onda :“tutti mi chiedono , tutti mi vogliono” del nostro amato Figaro mi farà piacere invitarlo anche nella nostra profonda provincia , ovviamente con cena familiare incorporata.

Nel frattempo coltivo i pomodori necessari per l’accoglienza!

 

SULLA NEVE

 

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Dopo una settimana di neve finalmente è tornato il sole .

Quando arriva la nevicata in questa parte d’Italia che è rivolta al mare Adriatico la neve viene da Est ed è un fenomeno veramente imponente , tanto che qui viene definita “il nevò” che sta per nevone e per farlo capire meglio basta ricordare come l’aveva raccontata Fellini nel suo Amarcord.

Ancona è un po’ a sud di quella Rimini della memoria del grande regista ma la neve copiosa e abbondante è la stessa.

Copre tutto per giorni e giorni e fa di queste lande abbastanza meridionali un paesaggio incredibilmente nordico.

Si sta chiusi in casa , si gode del silenzio ,si guardano i fiocchi che cadono lenti e allora la memoria corre ai “nevò” d’antan , a tutte le volte che ci siamo trovati prigionieri e molto più liberi di leggere e di pensare.

La prima memoria è una filastrocca che imparai da bambina e che ancora riesco a recitare con tenerezza:

 

Lenta la neve fiocca fiocca fiocca

senti :una zana ,dondola pia piano

un bimbo piange , il picciol dito in bocca

canta una vecchia , il mento sulla mano .

La vecchia canta.

intorno al tuo lettino

di rose e gigli

è tutto un bel giardino

nel bel giardino il bimbo s’addormenta

la neve fiocca lenta lenta lenta .

 

Magia pascoliana , tenerezza infantile.

 

Ma il pensiero più forte e ricorrente è stato quello di un ‘immagine che mi ha regalato Claudio Abbado intervistato in un documentario che raccontava Mahler .

Nel cercare di rendere la fine nel silenzio della Nona del grande compositore Abbado fa un paragone bellissimo e lo spiega facendo una similitudine suggestiva.

Paragona lo spengersi della musica al silenzio che fa la neve quando cade sulla neve..

Non ci avevo mai pensato , non è un silenzio vero ; è un’impalpabile rumore appena percettibile , appunto un rumore che coglie l’anima e si ferma nel nulla.

Parafrasando il titolo di un bel libro in cui si narra di Smilla , una Inuit che sapeva leggere la neve ( gli Inuit ne sanno riconoscere fino a cinquanta diverse specie) oserei dire che quello che suggestivamente il grande direttore suggeriva è “ Il silenzio di Abbado per la neve”.

 

 

La mimosa

 

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Esattamente un mese fa avevo fotografato un piccolo albero di mimosa precocemente fiorito davanti a casa mia .

Il giorno dopo l’avevo addirittura messo sulla mia immagine del diario di Facebook , un po’ per augurio e molto per indicare quanto le stagioni fossero davvero impazzite.

E’ passato un mese e domenica è arrivato Burian , il vento freddo dalla Siberia che scavalcati i Balcani entra sul mare Adriatico dalla porta della Bora .

Per la verità non è arrivato solo qui , ma in tutta l’Europa e con fenomeni abbastanza rilevanti con temperature a picco dappertutto.

 

La neve da noi arriva dal mare e io ho cominciato a tremare per la mia povera mimosa , così indifesa ,così ho iniziato a fotografarla a futura memoria.

Poi mi sono affezionata a lei che stranamente non mollava e ho continuato a seguirla di ora in ora , di giorno in giorno.

Oggi è mercoledì , fuori nevica e mi sembra di stare in una palla di vetro : le palme hanno strani fiori bianchi , le macchine sembrano enormi cuscini morbidi , il silenzio regna sulla strada dove solo ardimentosi in abbigliamento montano si fermano per fare le foto ricordo .
Ma la mimosa stranamente ancora è lì, bella gialla che scrolla i fiocchi bianchi con la sua chioma che oscilla nel vento.

L’ho fotografata ancora ed ecco che sui social mi scrivono : facciamo come lei , resistiamo , resisti , dai … forza!

Non so se riuscirà ad arrivare a domenica ,nevica ancora mentre scrivo intanto però questo simbolo della lotta femminile tenacemente continua a sfidare le intemperie e questo mi piace davvero molto.

 

 

La tournée è finita

 

 

IMG_3019La tournée è finita , Diana Damrau riporrà i suoi quattro scialli , Jonas girerà la pagina dell’amato tablet e Helmuth Deutch metterà lo spartito nel cassetto.

Le moltissime vestali dello startenor che niente sapevano di Hugo Wolf torneranno alle loro case felici di avere visto da vicino il loro beniamino , consolate dal fatto che sarà fatto un CD ( ma tutte , dico tutte avrebbero preferito un Dvd ) ovviamente.

Tirate le somme è consolante avere visto tante sale piene di fans

( di lui , non illudiamoci altrimenti ) vivere un evento raro dal punto di vista musicale che però via via che si susseguivano le tappe mi ha posto qualche problema di interpretazione del successo non del tutto scontato all’inizio.

Annegata letteralmente dalle foto del bis e dei saluti finali ho cercato di leggere soprattutto le recensioni “vere” dell’evento che diligentemente venivano postate a corredo del trionfo.

Fiumi di recensioni taglia e incolla , copiate dai vari programmi di sala con ben poca analisi vera di cosa abbia rappresentato questo canto del cigno di un liederista quasi scomparso dalle sale da concerto.

Con rare e luminose eccezioni ( soprattutto francesi) poco si è tentato di approfondire della scelta di manomettere l’ordine di composizione dei brani , poco si è parlato della tradizione italiana dei “rispetti” filtrata da ben due passaggi , la traduzione in primis e la rilettura in chiave post romantica fino a far divenire l’intero ciclo lontanissimo dalla materia da cui l’autore è partito.

L’amore per l’Italia che sicuramente muoveva Wolf filtra e si trasforma in qualcosa di tipicamente viennese , i suoi Lieder hanno il sapore del ricordo , come di una cipria che impolvera e sfuma annebbiando le immagini.

In qualche modo mi ha riportato alle tante riletture germaniche dell’Italia vista come immagine del sé, al rimpianto personale del sole lontano , ad un paese tanto idealizzato da essere solo un paese dell’anima.

L’operazione che ha fatto Deutch , pare sia sua l’idea della divisione in capitoli tematici , non cambia l’emozione di fondo; questo autore di cui tanto leggevo ,ma di cui quasi niente rimaneva nei progranmmi delle sale da concerto è ritornato a noi con il suo ultimo ciclo ,testamento di un’anima infelice .

Come Mahler , di cui era amico e compagno , veniva dalla periferia dell’Impero , come Mahler viveva la musica del suo tempo proiettato verso un domani non ben definito e come Mahler si è ispirato a poeti antichi e lontani.

La sua produzione , quasi esclusivamente liederistica ( se si esclude un solo exursus operistico :il Corregidor ) partiva da un wagnerismo di fondo anche se alcuni Lieder hanno l’eleganza viennese che prelude le birichinerie del Rosenkavalier.

 

Dobbiamo essere grati al terzetto che ha proposto questa riscoperta e anche se si è trattato di un’ottima operazione d’immagine il risultato è andato ben aldilà delle aspettative.

Cancellata la delusione iniziale di chi sperava uno strano replay del cd Dolce vita o di quel delizioso spezzone operettistico del duo Damrau Kaufmann al Couvillier Theatre , via via che le repliche si succedevano ( e si mettevano a punto preparazione e sintonia ), nell’alternanza delle sale a volte troppo grandi e dispersive il pregievole progetto è arrivato alla fine nel bellissimo Palau de la Musica a Barcelona.

 

Spero che in futuro questo tipo di esperienze non vada perduto : rimessi i panni consueti dei Cavaradossi e degli Chenier resti nel cuore del grande artista la voglia di regalare al vasto pubblico anche raffinate esperienze attraverso percorsi meno facili , del resto lo ha anche dichiarato lui stesso : vedo molti Lieder nel mio domani.

 

 

 

 

Il tenore con la valigia

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Ho tra le mani il prezioso piccolo libro appena uscito in   ristampa che racconta con garbo e precisione la storia vera di mio cugino , uno straordinario tenore , la cui vita meritava davvero di essere raccontata .

Adesso Angelo Loforese vive a Casa Verdi , il libro intervista risale a qualche anno fa ma potrebbe essere stato scritto ieri : Angelo è ancora quello straordinario personaggio che l’autore del libro ci ha raccontato.

La vicenda del libro Angelo me lo aveva raccontata in uno dei nostri incontri nella sua bella casa milanese ,con il suo solito undestatement aveva detto : pensa hanno pure scritto un libro su di me!

Infatti era successo che un bravo scrittore fosse andato a casa sua ad intervistarlo , il libro è nato da quella intervista ed è abbastanza curioso che l’autore ci sia venuto da Amburgo per incontrarlo . Domenico Gullo scrive bene , racconta con garbo e attraverso una narrazione alternata tra la cronaca e il ricordo porta il lettore a conoscere una persona straordinaria.

 

Il nocciolo della vicenda artistica di Angelo è la sua strana vita di sostituto dei grandi del suo tempo :a me sorridendo sornione aveva detto che c’era come un muro davanti a lui .Corelli- DelMonaco -DiStefano aggiungendo con garbo ,ma li ho sostituiti tutt’e tre!

Leggere la sua storia è anche capire come era il mondo della lirica negli anni che vanno dall’immediato dopoguerra fino agli anni sessanta .

Tutto era molto diverso da adesso e forse leggendo la sua storia si capiscono molte cose di questo mondo che comunque seguita ad essere molto piccolo anche oggi .

Certo che adesso fa anche più impressione leggere che un artista avesse  cantato settanta opere da tenore più undici di baritono , all’inizio della carriera.

Colpisce nel suo raccontare la grande importanza che ha avuto lo studio costante , la disponibilità al nuovo ( infatti una buona metà delle sue opere in repertorio riguarda la musica contemporanea ) e non gli faceva difetto l’affrontare con modestia e scrupolosità ogni proposta difficile , non aveva paure di affrontare percorsi poco battuti .

Ha cantato su tanti palcoscenici europei ,del Sudamerica ed è stato molto amato anche nel lontano Giappone , dove è tornato ,già ultranovantenne ad esibirsi privatamente.

Credo che la lettura di questo prezioso libro sia interessante per ognuno di noi che ami la lirica , ma dovrebbe essere obbligatorio per coloro che della lirica vivono.

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Raramente si ha una testimonianza così puntuale di come un tenore deve sforzarsi di coltivare la sua preparazione . infatti quando Angelo Loforese ha smesso di cantare si è dato all’insegnamento e ancora adesso giovani speranze vanno da lui in pellegrinaggio ad ascoltare questa voce preziosa che racconta con umiltà i suoi lontani successi , la sua fatica di vivere , la sua costante pratica del canto come ragione di vita.

 

Io sono molto orgogliosa di lui , non porto il suo nome perché la nostra è una parentela del ramo materno , ma mio nonno e suo zio si chiamava proprio come lui . Un altro Angelo Loforese che ha suonato nell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino .

Si trovano su YouTube pochi preziosi frammenti della sua arte e colpisce non solo la sua bellissima calda voce ma soprattutto la sua capacità di calarsi nel personaggio . Recentemente mi ha detto : quando mi dicevano di entrare le personaggio io dicevo il contrario : è il personaggio che deve entrare in me!

Se questo non è il modo pìù moderno di affrontare un ruolo ….

 

Ps. per chi lo volesse il libro si trova anche su Amazon e ne esiste anche una traduzione in tedesco e avrete già capito a chi la porterò al più presto.

 

 

 

Wien , Wien

 

Dopo i viaggi riordino le foto, tavolta serve anche per ricordare le emozioni.

Molte le condivido con gli amici , altre le tengo per me e alcune aprono spazi di curiosità da soddisfare .

Per esempio : avevo fotografato un monumentino dietro il museo della Secessione ( incartata nei tubi Innocenti la cupola di Otto Wagner per restauri) e avevo rinunciato ad andare a rivedere il tempietto di Klimt sulle musiche di Beethoven , ero già un pò stanca , ma quella piccola stele mi aveva incuriosito :

Lenau . e basta .

Poi a casa ci studio un po’ e trovo l’ennesima storia di un poeta maledetto ( morivano tutti giovani e pazzi da queste parti!) .

In realtà era un nobile col nome molto più lungo , veniva dalla solita periferia dell’Impero e collega di tanti altri colleghi europei era malato di Weltschmerz…e nelle note si cita anche Leopardi.

A leggere la sua biografia si trova una fantastica sceneggiatura per un film, non manca neppure un tentativo di vita in America.

 

Vienna mi piace , xenofoba e ordinata , questa piccola Austria non più grande di una regione italiana è ancora ,con tutti i suoi egoismi attuali e nonostante il ricordo di un’Europa distrutta dai bagni di sangue delle due guerre mondiali ,nel contempo ipotesi di un’Unione europea vera che non siamo riusciti ancora a realizzare.

 

Per terra , nelle strade che circondano la Staadoper fino al Getreidemarkt ( un delizioso mercato pieno di fiori e negozi di alimentari) le stelle di tutti i musicisti , di tutti i compositori , di tutti i grandi direttori d’orchestra . Si cammina nel ricordo della cultura di tutti i nostri paesi europei.

 

Per non parlare delle fantastiche Messe cantate , qui c’è da scegliere , anche se ammetto che pregare è molto più bello nella suggestione musicale , fosse solo per godere della musica diventa un ulteriore spettacolo gratuito!

 

Eppoi il Musikverein ….la mia meta di questo viaggio e il ricordo divertente di un’amica che ha fotografato Jonas col mio regalino in mano, io gli avevo portato una vecchia stampa a ricordo del porto di Ancona ( lieder 46 della serie ), non avevo sfoderato l’I phone per il selfie, mi era bastato compiere la missione ,invece girato l’angolo ecco la foto , davanti al busto di Hugo Wolf , grazie amica per il ricordo completato dall’immagine , io il regalino lo avevo fatto a lui , con quella foto lo hai fatto anche a me.

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Magia al Musikverein

 

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foto di Angelo Capodilupo

 

Prima di tutto devo dire che la Musica di Hugo Wolf è bellissima e che l‘ascolto dal vivo di questi Italienisches Liederbuch aggiunge un fascino che nessun ascolto su YT mi aveva procurato .

Alcuni Lieder sono belli , la più parte incantevoli , alcuni meravigliosi.

Aggiungo anche che avere scelto Vienna e il Musikverein è stato decisamente il luogo perfetto per godere di questa musica intima e raffinata che probabilmente nei grandi spazi delle Filarmonie un poco si perde.

D’altronde Hugo Wolf viveva qui , la sua formazione musicale è viennese , la sua breve tragica vita qui si è conclusa.

Se aggiungo che il trio che ha dato vita a questo evento straordinario è composto dai mostri sacri Damrau- Kaufmann-Deutch posso dire serenamente di avere assistito ad un evento unico .

Mi rimane il rimpianto che sia durato talmente poco , i quarantasei brani sono volati nell‘incanto dei quattro scialli che scandivano i passaggi e mirabilmente usati dalla Damrau.

Sperare in una registrazione è il minimo , ieri sera c‘erano tanti microfoni pendenti , non li ho notati solo io.

Dopo questa doverosa premessa entro nel merito della serata , anche se siamo solo a metà esatta della tournée ho già letto vagonate di recensioni , ma qualcosa di mio vorrei aggiungere .

Intanto la Damrau dimostra di essere più avvezza anche ad un repertorio leggero , il suo personaggio ricorda altre giovinette mozartiane e si trova inizialmente più a suo agio nel ruolo che , forse con opinabile scelta , cambiando l‘ordine dei Lieder ne fa un racconto più articolato .

Kaufmann inizialmente non è nel suo , non gli si addicono le parti comiche e mi sembra non in parte , ma dura un attimo .

Appena i testi si fanno più appassionati , poi addirittura drammatici il leone viene fuori e non c‘ è più storia , il mattatore non lascia niente di men che magico al suo ruolo.

Vocalmente sono due fuori classe , senza dubbio e se si aggiunge il perfetto accompagnamento di Helmuth Deutch si capisce che giocano in tre , una squadra perfetta.

Serviva farci impazzire cambiando l‘ordine di scrittura dei Lieder?

Sappiamo che Wolf inizialmente aveva musicato sei canzoni popolari toscane tradotte da un poeta tedesco , poi cnque anni dopo aveva ripreso il progetto fino a farne quarantasei , questa la sua scelta.

Sappiamo anche che considerava questa raccolta la sua cosa più preziosa prima che con il suo affondare nel sonno della ragione si fosse perso al mondo .

La manipolazione scandita nei quattro momenti di una storia d‘amore permette ai due cantanti abituati all‘opera di sfoderare maggiore drammaticità ai personaggi , rendendo sicuramente più facile la lettura ad un pubblico per la quasi totalità digiuno di questa preziosissima raccolta musicale .

Sono tanti i momenti magici , personalmente sono entrata nella spirale „apnea“ al numero 31 (33) dell‘originale.

Senza fiato , ho ascoltato una sorta di addio del tenore , cantata come solo lui sa fare , immobile , con voce piana , perfetta la pronuncia anche per una povera italiana abbastanza digiuna della lingua .

Ma farei un torto alla Damrau se non raccontassi anche i suoi momenti di stizza , la sua civetteria , la sua stupenda sicura voce che sale senza sforzo con limpidezza cristallina .

Deutch gioca con i suoi due beniamini con arte e riesce a far entrare il suo strumento nel gioco delle parti , non è solo un accompagnatore e i due cantanti giocano anche con lui la loro vicenda musicale.

Persino nei due bis i due regalano ulteriore maestria e il Kaufmann che si nasconde nello scialle della bella è un capolavoro dell‘ultim‘ora . Il magico tablet non è stato utilizzato !

 

Pensierino sanremese

 

 

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La cosa che più mi preoccupa di questo Festival nazional-popolare che è Sanremo è il fatto che vada in Eurovisione.

Non che gli spettacoli di intrattenimento in altri paese europei siano migliori ,intendiamoci!

Grazie al satellite qualche volta faccio incursioni nelle tv d’oltralpe e non è che le cose siano più raffinate o più divertenti.

Ma la nostra immagine pubblica così sgramata e degradata , così simile al nostro livello culturale bassissimo mi dispiace che possa essere vista anche fuori delle mura di casa.

Dicono i fustigatori di costumi di professione che il Festival è lo spietato ritratto della nostra società e non posso che essere d’accordo.

Un paese vecchio nel quale si esibiscono ultra settantenni che fingono di cantare anche se non hanno più voce , un paese dove i giovani sono tutti allineati nella moda semi-rapper con testi furbescamete ammiccanti al sociale ignorando ogni plausibile e riconoscibile linea melodica , che poi è la base ineludibile di quella cosa misteriosa che si chiama “ canzone”.

Ogni sera via via che passano le ore , con quintali di pubblicità ogni due per tre , si assiste ad un rito sgrammaticato nei tempi cosiddetti teatrali e mi domando anche se li pagano quelli che scrivono dei testi così banali da essere modesti anche per una recita amatoriale.

Confesso che non sono mai riuscita ad arrivare alla fine e per mia crudele sorte non potrò assistere alla serata finale .

Altri diversissimi impegni mi attendono , parafrasando direi “ altri luoghi , altre stanze”.

Finirà anche questo festival del botulino e non ci resterà niente nel cuore .

Stamani , approfittando di un commento social su un errore forse banale di Baglioni , sono andata a risentire La canzone dell’amore perduto di Fabrizio De Andrè : la raffinatezza “del tempo quando fiorivano le viole e la tristezza di quando invece sfiorivano le rose” …..forse oggi non troverebbe più spazio negli attuali testi preconfezionati senza ispirazione.

L’unica sensazione che mi resterà di queste giornate è l’invidia nera per quella signora inglese , un po’ più grande di me , che volteggia sicura ballando col suo più giovane partner!