Carlos écoute….

 

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Una piccola querelle italo-francese sulla superiorità o meno del testo francese di un’opera italiana dà luogo ad una interminabile serie di interventi su Facebook.

Sarebbe divertente se non rivelasse molta superficialità e un filo di supponenza tra le care amiche d’Oltralpe.

Partiamo dall’inizio: Giuseppe Verdi riceve una commessa dall’Opera di Parigi per un ”Grand opera”.

Ovviamente accetta e sceglie un dramma storico di ambientazione spagnola tratto da un testo di un autore tedesco a lui caro: Schiller,da cui aveva già preso il soggetto per altre tre sue opere.

Un bel mélange europeo verrebbe da dire.

L’opera si chiamerà Don Carlos , nascerà bellissima in cinque atti e sarà ovviamente commissionata a librettisti francesi .

Sappiamo che Verdi ,come sempre faceva, ebbe molti ripensamenti, lo tormentava in modo particolare la figura del Monaco e la fine misteriosa dell’Infante.

Poi, fatta al più presto una egregia traduzione, l’opera fu decurtata di un atto per motivi pratici ,ma se ne aggiunse una bella aria per il tenore all’inizio.

Come tutto Verdi, anche il bellissimo DonCarlo/Don Carlos ebbe molte vicende, ma certamente fu la versione italiana ad avere più rappresentazioni, il mio primo ricordo di quest’opera che amai tantissimo da subito infatti era in quattro atti.

Solo recentemente e per mio grande piacere si è ripresa la tendenza a recuperarla con quell’atto di Fonteneblau che mi pare indispensabile.

 

Tutto questo per dire che non ha molto senso scrivere che Verdi ritenesse più adatta la lingua francese per narrare la triste vicenda del povero Infante , si trattò banalmente di una preziosa commessa del grande teatro parigino che certamente il grande compositore onorò con piena soddisfazione.

 

Però alla cara amica parigina che rivendica la bellezza di molti versi che secondo lei esprimerebbero meglio la poesia della vicenda una battuta stupenda in francese gliela riconosco: quel “Tais-toi pretre!”secco come una cannonata che l’anticlericale Verdi dovette apprezzare di più dell’edulcorato ”non più frate” che Filippo secondo rivolge al Grande Inquisitore.

 

 

Bond forever

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Una serata tv , niente di interessante nei mille canali a scelta e finisco per rivedere Daniel Craig , alias James Bond e confesso il mio debole per questo attore scespiriano adocchiato tanto tempo fa in un film elisabetttiano , ritrovato nei panni del famoso agente i cui film snobbavo regolarmente.

 

Probabilmente il film l’ho già visto e seguo con modesto interesse tanto che finisco per non accorgermi che è finito e ne è cominciato un altro , stavolta col mitico Sean Connery.

Sto per spegnere quando mi attira una scena: si svolge in uin aeroporto e il nostro agente entra e esce senza metal-detector ,niente scanner eppure è armato e la valigetta che ha con sé non è proprio regolamentare.

Mi accorgo così di essere tornata in un tempo lontanissimo nel quale anche io ho vissuto ,quando si viaggiava col”beauty”pieno di bottigliette, con limette e forbicine, non si facevano file estenuanti di controllo e non c’erano poliziotti col mitra in giro.

Un mondo perduto di alberghi pieni di spie eleganti, di atmosfere molto letterarie e nel quale i cattivissimi erano comunque riconoscibili da subito per il loro ghigno sospetto.

L’agente 007 è sempre al servizio di Sua Maestà, lei incredibilmente sempre la stessa ,ma il mondo intorno invece è tutto cambiato.

Gli effetti speciali sono ridicoli, oggi un semplice videogame di un nipote piccolino è molto più sofisticato ma è l’aria che racconta di un tempo lontano anni luce dalla crudeltà in cui viviamo a colpirmi di più.

Quel nemico letterario si è materialiazato in sigle vere: Daesh e Isis sono reali come sono reali i morti sulle strade d’Europa falciati da innocui furgoni e allora appare irreale e lontanissimo il mondo nel quale abbiamo vissuto fino a poco tempo fa.

Forse la cosa che fa più impressione è il telefono preistorico con la ruota numerica . Il medioevo nel quale abbiamo vissuto.

Una confessione

 

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Devo confessare una terribile colpa: non ho mai amato Pavarotti e so dicendolo di crearmi molti nemici, ma in questa melassa del decennale mi sento sgravata confessando la verità.

Sono andata a rileggermi le mie memorie, ebbene nei tre piccoli libri che le contengono non lo nomino mai anche se sono certa di averlo sentito nei suoi anni importanti ,quelli in cui era un grande tenore davvero.

Ovviamente poi come ogni vero melomane non ho preso in considerazione il Pavarottidue quello oversize tutto capelli tinti e sorrisone pubblicitario.

La verità è che il solo tenore che amassi in quegli anni era José Carreras.  Il mio primo ricordo di lui come Rodolfo nella Bohème, aveva i pantaloni a scacchi e sembrava davvero un giovane poeta della Parigi “dai tetti bigi”.

Mi piaceva la sua voce , il suo recitar cantando,la sua dolcezza.

Neanche Domingo era come lui dentro il mio cuore e poi quando si ammalò di quella terribile malattia che mi aveva portato via una figlia lo amai anche di più.

Nel concertone dei tre tenori era lui che guardavo con trepidazione e devo dire ancora adesso che anche lui è vecchio e con quell’aria di sopravvissuto io seguito a vederlo con affetto.

 

imagesAnche non volendo in questi giorni ci si imbatte comunque in programmi e interviste pavarottiane e una frase giusta e sincera Pavarotti nel suo inglese maccheronico riesce a dirla ed è quando dichiara che la voce del tenore è la più terribile , la più rischiosa e la più pericolosa di tutte.

 

Sarà per questo che la vera primadonna della lirica è sempre e soltanto il tenore.

 

A proposito di Lohengrin

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Mi capita di ascoltare l’intervista che Jonas Kaufmann ha rilasciato per la BMW la scorsa estate in piazza a Monaco dentro la macchina,non l’avevo ascoltata a suo tempo perché sempre in giro per teatri e soprattutto perché ero praticamente anche senza connessione.

Stamani ho tempo e mi colpisce un passaggio quando , per parlare del modo di interessare i bambini all’opera, suggerisce che si raccontino loro le storie :lui dice letteralmente le favole delle opere wagneriane.

Stranamente quest’affermazione coincide con una mia recentissima esperienza con due nipoti ragazzini.

Domenica scorsa su RAI5 si replicava il Lohengrin che inaugurò la Scala cinque anni fa.

Invitata per pranzo sono arrivata a casa di mio figlio in tempo per il terzo atto.

Molto egoisticamente faccio spostare la tv sul canale culturale e mentre l’opera comincia io contemporaneamente racconto ai miei nipoti infastiditi dal cambio di canale la storia della principessa inguistamente accusata dalla strega cattiva e del cavaliere senza macchia che viene a combattere per salvarla.

Mai devi domandardarmi, con quel che segue.

Mentre racconto ( per fortuna c’erano i sottotitoli in italiano) i ragazzini cominciano a sgranare gli occhi,seguono con interesse, quasi un thrillig ,la storia….

Dopo il “ mein lieber schwann” penso si possa andare a tavola ma i miei nipoti seguitano ad avere gli occhi incollati alla tv e alla fine mi chiedono :ne sai altre di queste storie?

Non mi illudo di avere formato due wagneriani e neppure che abbiano ben capito che tipo di musica fosse.

Sicuramente però un piccolo seme di ricordo è entrato nelle loro teste di ragazzini curiosi e intelligenti.

Raccontare le storie….Il signore dell’anello è una versione appena rivisitata dell’anello del nibelungo…fra i tanti modi per avvicinare i ragazzi all’opera si può tentare anche questo.

Se poi lo dice anche Kaufmann!

 

Ancora pubblicità

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Sempre a proposito di pubblicità viaggiando un po’ per l’Europa ho fatto una scoperta divertente: molte pubblicità che io credevo fossero italiane le ho ritrovate pari pari ovviamente tradotte nelle varie lingue ma identiche in francese inglese tedesco …

Perlopiù sono pubblicità di telefonini, di compagnie aeree, ma anche una famosa pubblicità che riguarda la scelta degli alberghi al miglior prezzo pronunciata diversamente è però la stessa ovunque.

 

Lo shampoo è di una multinazionale come lo è l’automobile, a ripensarci è ovvio,ma ci si sente davvero in un paese piccolo piccolo proprio quando invece risorgono anacronistici appelli( a l’Italia del Nord per esempio).

 

A certi signori delle nostre parti credo farebbe bene affacciarsi qualche volta oltre il proprio orizzonte di paese anche se di questa mancanza di prospettiva si sono serviti e si servono ancora per abbindolare poveri cittadini ancorati a vecchi pre-concetti di patrie.

 

Patrie che non esistono più da un pezzo ma che restano fondamentali se invece pensiamo alle nostre culture, quelle sì diverse e importantissime e che dovremmo trasmettere come valore alle nuove generazioni e questo è il solito lamento di una vecchia zia noiosa.

 

Se per le strade d’Europa ci sono gli stessi mega-poster con gli stessi sorridenti giovanotti in mutande non è lo stesso discorso se ci si affaccia in un museo. La diffferenzaè tutta qui.

 

Pubblicità!

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Colpo grosso dei pubblicitari che hanno annientato mamma e papà

schiacciati dal meteorite per non avere creduto alla bontà del Buondì Motta, il vero capolavoro sarebbe alla fine annientare anche la orribile bambina saccente.

Non arriveranno a tanto anche perchè i cosiddetti benpensanti forse faranno ritirare il divertente commercial,regalando una una ulteriore fetta di pubblicità gratuita al prodotto.

Io ci ho fatto una bellissima risata ,l’ho trovato geniale e mi sono messa a ricercare in rete quegli spot capolavoro che ho tanto amato in passato.

Per me “the winner is” il bambino Darth Vader della Volks Wagen che crede di riuscire con.. la Forza ad accendere la macchina del papà.

Quel bambino disperato che non riesce a smuovere i panini né a fare indetreggiare il placido cane di casa, né a far partire la lavatrice mentre muove le deliziose manine che escono dallo svolazzante nero mantello col sottofondo della musica di Guerre Stellari è il vincitore assoluto.

Buon secondo per me quel saputo marito che spiega a una Emma annoiata i vantaggi del tablet fino a che..non gli manca la carta igienica e allora la vendetta tramite tablet sulla superiorità della insostituibile carta della Tréfle è veramente sublime.

 

Ho sentito dire che una pubblicità troppo intelligente può far dimenticare il prodotto,io invece mi sono trovata a ululare ogni volta che mi garantivano che non c’era olio di palma…..

 

 

L’importanza delle buche

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In una città di media grandezza nell’Italia centrale nella quale vivo nell’arco di pochi anni si sono perdute tante attività culturali ,la città vivacchia di pochi eventi di basso profilo nell’indifferenza generale.

L’amministrazione comunale con un intento estremanente settoriale ha tagliato la stagione lirica che in pochi anni aveva riportato nella città l’antica tradizione, resta una piccola iniziativa che si appoggia ad un teatro di tradizione di una ancor più piccola città dell’interno.

I tagli alla cultura seguono la logica di finanziare quello che costa poco,spesso a chilometro zero.

Triste il confronto con altre città della stessa regione dove invece la vita culturale e di conseguenza anche la vita turistica sono molto potenziate.

Tra le prestigiose iniziative la discesa nelle gallerie sotto il viale, neanche fossimo nelle viscere di Parigi..qualche centinaia di metri ovviamente vestiti da speleologi e si pensa di accontentare il cittadino medio, poi le serate amatoriali ,magari con le barzellette che fanno tanto stra-paese.

Qui il cittadino si lamenta della chiusura degli esercizi commerciali, la filosofia del piagnisteo riempie le pagine del modesto giornale cittadino Ignorando perlopiù una mutazione “genetica” che riguarda comunque la naturale tendenza verso un tipo di franchising ovunque diffuso.

L’ultima perdita,molto triste anche per me che ne facevo pure parte riguarda un bel festival musicale e culturale che svolgeva verso la fine dell’estate: il Festival Adriatico Mediterraneo, finito anche quello.

Ci si consola di tutto se non pensassi che solo un anno fa parlavo a cena con l’Imam di Parigi e che due fa mangiai una modesta minestra di farro con lo storico Franco Cardini.

Ma l’amministrazione orgogliosamente rivendica la priorità delle priorità.

Si coprono le buche, si riasfaltano le strade che in effetti erano molto malmesse.

Questa comunque sembra essere la risposta più interessante da dare a una città capoluogo di regione: come diceva un noto esponente politico , ma sicuramente fu frainteso, perché lui è un uomo colto “con la cultura non si mangia”.

Chissà se asfaltare possa essere una risposta valida alla circolazione del pensiero.

 

 

 

 

 

 

da 1111 Lieder

 

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C’è un libro prezioso nel quale sono riportatati e tradotti quel bel numero di Lieder riportati nel titolo:

una specie di bibbia per gli amanti del genere che non hanno quella dimestichezza con la lingua tedesca necessaria per apprezzare appieno questo genere musicale da me tanto amato.

Lo ha scritto Erick Battaglia, credo il massimo conoscitore del genere nel nostro paese.

Ci ricorro spesso, anche per la pigrizia di cercare di tradurre in maniera corretta certe poesie non sempre facilmente traducibili.

Così ieri,cercando il testo di un Lied di Schubert: un bellisimo e dolcissimo breve Lied :der Jüngling an der Quelle…ripostato da una cara amica francese a ricordo di un bis incantevole di Kaufmann a Monaco ho avuto la curiositä di cercare i testi dell’Italieniches Liederbuch di Hugo Wolf.

Sono ben 46 e ho capito cantati a due voci…breve ricerca su YT ed ecco: Lucia Popp ed Hermann Prey al Musikverein nel1988…..

Un’ora e passa di musica bellissima ,non ho combinato più niente per tutto il pomeriggio!

Una serie ,si direbbe ,di “stornelli a dispetto”di anonimo e come al solito scopro di essere decisamente ignorante in materia.

Avevo un progetto di programma a Vienna per febbraio , penso proprio che cercherò di attuarlo anche grazie ad amici viennesi.

Una perla che mi ha fatto sorridere: nell’ultimo Lied sono citate tante località italiane …tra cui il bel porto di Ancona.

Se riuscirò ad andare a Vienna urge procurarsi bella stampa da regalare in duplice copia…..

 

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L’Adriana di Cilea

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La mia conoscenza della lirica nasce nella mia infanzia ed è una conoscenza di storie raccontate dalla mamma.

Queste storie nascevano quando il lunedì sera al concerto Martini e Rossi alla radio i cantanti di turno si esibivano in arie celebri delle opere amate in quegli anni.

Una di queste arie per soprano: “poveri fiori “ era tratta da un’opera oggi abbastanza desueta : l’Adriana Lecouvreur .

La mamma mi raccontava la storia triste di questa famosa attrice (vissuta davvero , diceva seria la mamma) innamorata di un nobile , tal Maurizio di Sassonia ( anche lui vissuto davvero ) spiegava la mamma-maestra Loforese e morta avvelenata da un mazzetto di fiori che una terribile gelosa rivale le aveva fatto arrivare in un cofanetto .

Storia da brividi , un feulletton che la mamma condiva accennando anche l’altra famosa aria dalla stessa opera “ io son l’umile ancella” che poi ho riascoltato anche in preziose incisioni callasiane.Mi piaceva quest’opera perché la protagonista era mia omonima , anche se poi poverina finiva davvero male.

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Questa storia insieme a quella del poeta francese Andrea Chénier era di quelle che spesso ritornavano con le famose arie negli altrettanto preziosi concerti del lunedì.Stranamente , adesso queste opere che non erano più di moda le ho ritrovate entrambe cantate dal mio amato tenore.Una qualche anno fa , ma esiste il bellissimo DVD della ROH ed è una di quelle realizzazioni inglesi di un’eleganza notevole.Una più recentemente sempre a Londra , poi ripresa , indubbiamente anche più bella a Monaco.Sono le opere del tempo di mia madre , ma sono talmente una parte di me da serbarne un giudizio totalmente acritico.

Sono opere perlopiù legate al verismo in musica , schifate dai giovani critici nuovi cultori magari del Barocco o del secondo Novecento .Sicuramente per cantarle ci vuole “ la canna” , cioè la grande voce del lirico spinto e i miei amici raffinati cercano magari di ritrovare altre vocalità , poi se si va al ROF ci si accorge che le voci rossiniane pure non ci sono più , ma si fa finta di niente.

Io ,memore dei racconti della mamma e sicura che il plot narrativo delle opere raccontate in famiglia resti il filo conduttore più forte per fare ritornare anche le giovani generazioni all’opera auspico un felice ritorno  al periodo vilipeso.La storia conta , eccome! Poi se a cantarla ci sono cantanti/attori come dico io sono certa che anche i giovani potranno ricredersi , non si butta via una bella fetta del nostro melodramma , basta ricominciare a raccontare….. le storie drammatiche e romanticissime dei nostri dimenticati autori , per esempio come Giordano , Cilea e Leoncavallo.

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Un regalo

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Ho riportato tra i ricordi di quest’estate musicale un CD particolare , regalo di un amico che mi ha regalato la voce di un altro amico .

Nei giorni del silenzio di mezz’agosto , tutto si ferma e con calma ascolto le esotiche melodie di Antonin Dvorak cantate da Pavol Breslik.

Sono Lieder lontani dal nostro gusto corrente , la lingua çeca è dolce , le melodie suggestive.

Ad un primo ascolto sono tutte molto simili anche se il programma si divide in tre parti : una prima si chiama Cipressi, la seconda Canzoni della notte e la terza Canzoni gitane.

 

Una melodia in particolare mi ha colpita , forse perché la linea melodica è più chiara alle mie orecchie ,fa parte della raccolta gitana ed è intitolata : Mia madre mi ha insegnato, credo di’ interpretare .

Partendo da questa musica forse più facile sono entrata lentamente in questo mondo di nebbie , di lontane pianure , di strade di fango.

 

La voce di Pavol è morbida come la lingua in cui canta , una lenta suggestione avvolge l’ascolto.

Ho capito che questo cd finirà in macchina , come il precedente di arie mozartiane , i dischi di Pavol sono piacevolissimo sottofondo alla guida , ma assolutamente questo non va letto come un valore riduttivo , solo che la bellezza in tutte le sue forme mi distende e mi accompagna con la calma raffinata di una voce bellissima.

PS. Il video del piccolo canto è sulla pagina Fb.

 

 

 

La grande abbuffata

 

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dopo un mese di musica , saltando qua e là per festival sono a casa . Per adesso un bello stop che forse avevo anche sognato ma che appena si realizza mi mette addosso una grande tristezza:
fortunato quel giovane amico che di uno stupendo hobby ne ha fatto il suo mestiere , io invece so che andrò in crisi di astinenza , per fortuna c’è Classica , ma essendo un canale “povero” ritrasmette in continuazione cose viste e riviste : Sembra la RAI !

Già sto guardando speranzosa i biglietti (pochi) già in mio possesso per i programmi futuri anche se sento incombere su di me il tic tac del tempo che fugge , l’ultimo compleanno è stato davvero pesante in questo senso.

Beata te mi dicono gli amici che comunque mi considerano completamente matta ,brava mi dicono le ex-amiche invidiose della mia vitalità , loro che hanno paura a prendere un treno o che temono di sfidare gli oscuri destini fututi prenotando un concerto ..per il mese prossimo.

 

Anche se il motore fu il bel bavarese riccioluto in realtà mi muovo per molte più cose che neppure lo riguardano , ormai la china pericolosa della operoinomane l’ho imboccata e vado giù rotolando fino a …?

quando riuscirò da sola a sollevare il mio trolley ed è già un buon programma.

 

Allo stato attuale mi sento come quel ragazzino che a scuola aveva diviso sul quaderno due colonne :CELANTI e MANCANTI , dove l’oscuro primo nome celava un neologismo per “ce l’ho.”l’altro era più facile da capire.

Ebbene io “ce l’ho” tante opere viste e riviste , mi mancano ancora tanti Janachek , Strauss , Schostakowic….e via elencando.

Mi manca il barocco , quasi completamente . sul belcanto invece sono abbastanza a posto direi.

 

Attraversata da invidia nera mi faccio elenchi futuri o meglio futuribili.

Sicuramente però non mi manca la Tosca , anche se cantata da ..lui……

credo che tutto sommmato siamo perlomeno in due a non poterne più.

 

Un incontro

 

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A Pesaro ho reincontrato una persona speciale , non posso dire un veccchio amico , perché lui assolutamente non è vecchio e in quanto all’amicizia si trattò di un breve felice periodo nel quale il teatro delle Muse di Ancona visse una splendida rinascita culturale per poi ripiombare in un abbandono che ha sicuramente molti colpevoli nella politica e nelle folli scelte populiste alle quali assisto con dolore.

La persona cara è Pierluigi Pizzi , Pigi per gli amici e molte volte ho potuto scambiare due chiacchiere con lui nelle belle serate in casa di amici .

Dobbiamo alla sua arte l’inaugurazione , dopo sessantadue anni ,del teatro cittadino . Il suo Idomeneo poi è stato anche fonte di guadagni per il teatro perché lo splendido allestimento è stato anche esportato con successo altrove .

Sua quell’Elegia per giovani amanti con il quale vincemmo il Premio Abbiati e soprattutto mi piace ricordare la sua splendida trilogia Da Ponte –Mozart , il cui Don Giovanni fu coprodotto con Macerata.

 

L’ho incontrato in occasione di un delizioso spettacolo rossiniano La pietra del paragone , dello spettacolo ho parlato altrove , ma non ho detto che alla fine tra i cantanti in passerella sfilava anche il vecchio ragazzo felice , dall’alto dei suoi eleganti ottantasei anni faceva la sua bella figura tra tutti i giovani cantanti .

 

Nel breve incontro abbiamo ricordato i fasti passati: nel suo Così fan tutte ci cantavano due giovanissimi Markus Werba e Paolo Fanale , da noi cantava un giovane Alex Esposito , qui ha debuttato Saimir Pirgu oggi nomi che leggo nelle locandine dei teatri di mezza Europa .

Abbiamo ricordato con un sospiro la breve e felice stagione anconitana . Poi , la riapertura tardiva , il nessun riconoscimento sul piano istituzionale hanno relegato il Teatro delle Muse in quella lirica minore alla quale il Ministero riserva ben miseri fondi .

Così Ancona è diventata una ridicola succursale del teatro Pergolesi di Jesi perché quello perlomeno ha il riconoscimento di Teatro di tradizione.

Sic transit….ho ancora la speranza di qualche breve incontro con questo affascinante giovane , magari in altre riprese , in altre raffinate riletture del raffinato giovane architetto ,scenografo , costumista e regista milanese.