Sulle Marche

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Macerata vista dall’alto sembra una chiocciola . Le strade strette si aggirano ad anello e culminano sulla Piazza dove , a segno di civiltà si fronteggiano il Palazzo del Governo e il bel teatro con la torre civica vicina il cui orologio scandisce un tempo lento , il colore del cotto è segno distintivo che rende tutto omogeneo .

I bei palazzi , le chiese ne attestano l’antica nobiltà di città che vanta anche una delle pià antiche Università d‘Italia.

Dagli spalti , verso il mare si stende la piana con i colli e i borghi vicini le fanno corona , vicina è la leopardiana Recanati .

Verso il monte sull’altro versante i monti sono azzurrini , come nei paesaggi dei pittori di scuola veneta che qui vennero ad abbellire le chiese.

Passegggiando per le piccole strade è la voce umana il suono che accompagna i passi , insieme al tubare delle colombe .

Appoggiato alle mura c’è lo Sferisterio che anima con il suo Festival estivo la sonnacchiosa provincia e che per l’occasione si riempie di un turismo insieme popolare e internazionale.

Una città civilissima con una forte personalità e un grande livello di vita.

Pesaro è una città sul mare , anche lei con il suo bel centro stretto di vie , di palazzi e di chiese che poi si apre attraverso una specie di quinta immaginaria verso la città balneare , una ultima propaggine della riviera romagnola .

Il regno della bicicletta e delle strade ordinate con i marciapiedi che hanno tutti il bel passaggio abbassato per favorire le persone disabili.

Una civiltà diversa , non meno preziosa di quella dell’entroterra , qui ha sede un prestigioso Conservatorio , qui si svolge uno dei più raffinati festival musicali d’Europa in omaggio al grande concittadino Gioacchino Rossini.

Pesaro vanta bellissimi negozi e una preziosa storica boutique fra le più raffinate d’Italia.

Si parlano due idiomi diversi : là un accento morbido , qua un accento pieno di esse più sibilato .

Difficile pensare che siano una stessa regione , ma sono due immagini per quanto diverse di grande cultura e civiltà.

In mezzo , praticamente equidistante la città che “per sua positura meriterebbe di essere costrutta tutta de oro massiccio” come scrisse un Patriarca di Aquileia.

Ancona però le sue bellezze naturali , la sua straordinaria forma a gomito , la sua caratteristica di essere due volte sul mare : a oriente e occidente, non sembra avere nessuna spinta ad essere una città colta e apprezzata come le vicine consorelle.

Ancona è un porto da cui ci si imbarca per la Grecia e la Croazia e offre ben poco o niente al turista frettoloso che passa .

Città mercantile che del mercante ha tutte le caratteristiche , prima fra tutte quella di piangersi addosso , di accontentarsi delle cose minute , praticamente di quello che passa il convento.

Un tempo , cercando di cucire per il FAI uno spettacolo che riguardasse i rapporti di Leopardi con Ancona non trovai praticamente nulla : era solo una stazione di posta per farsi mandare dei libri o farsi spedire del danaro .

Anche la sorella Paolina , venuta in visita da nobili cugine scrisse che non vedeva l’ora di tornare in città …a casa , a Recanati.

Ancona , un capoluogo di regione che è riuscita anche ad essere culturalmente una specie di succursale della vicina Jesi ,una specie di “cupio dissolvi “di cui l’anconitano sembra addirittura non accorgersi.

 

Considerazioni di una marchigiana di adozione , che poco hanno a che vedere con il tema principale del blog : la musica.

Solo apparentemente.

Il lFlorestano de noaltri

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Terzo e ultimo spettacolo del Festival . Un’altra ripresa : Torvaldo e Dorliska , 2006 , regia di Mario Martone.

Siamo dalle parti del Rossini semi-serio . Il testo trova le origini nel filone dell’amore coniugale a cui si avvicinô anche Beethoven per la sua unica opera , Fidelio .

In un improbabile e indefinito mondo nordico di castella la vicenda si snoda truce e cruenta per sciogliersi nell’inevitabile happy end.

Spettacolo romantico e classico nella iconografia che Martone ci racconta la storia con garbo ed eleganza . L’impianto scenico semplicissimi si avvale di molte incursioni tra il pubblico, con scale che scendono dai palchi, con botola carceraria a vista , tutto molto semplice ed a un tempo funzionale alla musica di un Rossini veloce nella stresura e nel suo periodo di grazia feconda.

Nel bosco ottocentesco che si apre sul ferrigno cancello appare fantastico nella ferrea armatura il Duca cattivo Nicola Alaimo in tutta la sua possanza , ad attenderlo il fido Giorgio , efficacissimo Carlo Lepore e la di lui sorella Raffaella Lupinacci.

La povera Dorliska arriva proprio nella tana del lupo cattivo e la preziosa vocalità di Salome Jicia le da la sua arte , infine Torvaldo Dmitry Korchak , buon ultimo agli ottimi mezzi rossininani ( e poi quanto mi piacciono questi tenori senza la pancia !)

Ultimo , ma non da meno Ormondo di Filippo Fontana che si prende anche un applauso a scena aperta per la perfetta caduta ..dal pero.

Dirige con garbo da par suo Francesco Lanzillotta l’Orchestra sinfonica Rossini coadiuvata dal Coro del Teatro della Fortuna di Fano , ma quanti bei cori abbiamo nelle Marche.

 

In una finalmente fresca Pesaro vivacissima anche di notte torno in albergo lentamente , qui si può mangiare tranquillamente anche a mezzanotte , una piadina non la si nega a nessuno.

La signora svedese alla mia destra mi saluta con un’arrivederci al prossimo anno , lo stesso la giapponese a sinistra. Il ROF è anche questo , un momento prezioso che ci viene ancora donato dal grande pesarese.

La pietra del paragone

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Ripresa di un allestimento del 2002 , ottima idea anche perché l’eterno ragazzo Pierluigi Pizzi é capace di raccontarci ancora , con piccoli aggiornamenti , una vicenda leggera , frivola e impalpabile con la grazia che accompagna la felicità creativa del grande Gioacchino Rossini comico.
Giovandosi di un impianto scenico elegante , una villa di campagna piena di arredi firmati e di design , si riconosco la lampada arco di Castiglioni , le poltrone Wassily di Breuer, Pizzi ci dice già all’apertura del sipario che siamo in un ambinte elegante e un pô vintage .
Vintage sono anche le strepitose toilettes delle tre signore , tutte vestite in abiti firmati Dior ,
Notevoli come le loro voci.
La fragile storia , un pretesto riempito di straordinaria musica dotato di un libretto spiritosissimo non ha la sottile cifra ambigua di Così fan tutte , siamo in un mondo fragile e superficiale , una Smania della villeggiatura resa perô da Pizzi piena di vero humor e di gaie trovate.
Coadiuvato da un cast di giovanissimi e validissimi attori cantanti che muovono con disinvoltura i panni dei loro personaggi sotto la bacchetta altrettanto felice di Daniele Rustioni direi che si tratta di uno spettacolo capolavoro e l’entusiasmo del pubblico lo ha dimostrato.

Raccontare tutte le gags sarebbe impresa vana tante sono le trovate , i tuffi in piscina ( vera) gli spogliarelli , i duelli finti , le telefonate ..quasi vere.
Doverosamente cito tutti , come si dice , in ordine di apparizione . Il conte Asdrubale : Gianluca Margheri , un bass – bariton dal ..fisico notevole ,l’amico fedele cavalier Giocondo Maxim Mironov ( lui la massima ovazione a scena aperta) il giornalista Macrobio , quanta attualità nell’ironico personaggio del giornalista ! Davide Luciano , il poetastro Pavuvio , spiritosissimo Paolo Bordogna .
Poi le vedove smaniose : la bella Clarice Aya Wakizono , le due comiche Flavia e Aspasia rispettivamnente Aurora Faggioli e Marina Monzô nonché il valente comprimario Fabrizio di William Corrô .
Il coro maschile del Ventidio Basso non è da meno , tutti concorrono alla felicità della realizzazione coadiuvati dalla prestazione professionale dell’Orchestra nazionale sinfonica della Rai.
Un bellissimo saggio di Alberto Zedda nel programma di sala oltre che un grato omaggio è la conferma di quanto amore e quanta competenza ci sia nel suo approfondimento del teatro rossiniano.
Sigillara , sigillara : spero proprio di no , questo é uno spettacolo fantastico che merita molte e molte riprese.

Atto primo . Le siége de Corinthe

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Red carpet nella brutta Adriatic Arena , spero sia l’ultimo anno qui.

L’opera , completa come nel 1826 , eroicamente diretta da un raffinato Roberto Abbado stoicamente bardato e orbato del braccio destro per un problema alla spalla , è eseguita integralmente con tutti i ballabili francesi. Ma volano i minuti come vola l’intera magnifica opera che è il Maometto II , piû l’Assedio di Corinto , qui nella versione integrale francese curata da Damien Colas .

Ai francesi piacevano i balletti e il buon Rossini li accontentava , lui che di musica in testa ne aveva da vendere e che piacevole leggera grazia in queste pagine integrali !

L’opera vola, letteralmente , non ho avuto un momento di calo di tensione e mi piace analizzarne anche i perché .

Non è che l’idea regista di Pedrissa fosse granché originale . la guerra per l’acqua l’avevamo gi vista recentemente anche  nel Nabucco a Macerata e le bottiglie di acqua galleggianti ( lî indice di inquinamento ) Pedrissa le aveva messe anche nel viaggio di Sigfrido sul Reno   Ma si sa , non si può essere sempre originali e poi questa Fura ha smesso da tempo di esserlo.

Perô i boccioni non danno fastidio , si combatte per qualcosa , anche se sappiamo che era per l’indipendenza dei greci dai turchi e la bellissima Ode di lord Byron ce lo racconta sulle suggestive pagine rossiniane.

Le voci sono tutte magnifiche , se vogliamo cercare il pelo nell’uovo non sono proprio tutte perfettamente rossiniane , ma il risultato è notevole lo stesso.

Mi ha impressionato il fantastico tenore Sergey Romanowsky , da tenere d’occhio lui è una rivelazione davvero.

Nino Machaidze , bellissima e sicura regge bene il ruolo di Pamyra , eccellente davvero anche l’altra donna : l’Ismene di Cecilia Molinari , giovane e davvero promettente ,oggi questi giovani belli e sicuri in scena mi fanno ancora sperare in un futuro per l’opera.

Luca Pisaroni ha dalla sua un bel fisico e presenza scenica , forse altri sarebbero stati ….piû rossiniani , ma tutto non si può avere .

Da citare tutti gli altri a cominciare da Hieros , Carlo Cigni , Cleomene John Irvin , Adraste Xabier Anduga e Iuri Samoilov Omar .

Un plauso all’Orchestra nazionale della Rai e una vera sorpresa il Coro del Ventidio Basso di Ascoli diretto dal maestro Giovanni Farina .

Divertente il coinvolgimento del pubblico sul grande inno patriottico di chiusura , ero in prima fila e avevo il terrore che mi tirassero su dalla sedia . Mi sono salvata per un pelo!

 

Intermezzo

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La tre giorni di Macerata è finita . Il tempo di svuotare il trolley e sto per ripartire per Pesaro.

Mi aspetta il Rossini Opera Festival , una intensa programmazione cominciata in primavera quando non sapevo che questa torrida estate avrebbe messo in ginocchio l’intero paese e molto anche me.

 

Pesaro è sul mare e forse il clima ,del resto già meno folle , mi permette di sperare in una sopravivenza meno rischiosa.

A differenza di molti amici ben più colti di me non mi preparo con ascolti utili ad un maggiore apprezzamento di quello che andrò a sentire .

Salvo una delle opere dal titolo curiosamente strano , delle altre due ho ricordi personali persi nel labirinto delle memorie.

Mi piace così, non devo fare dotte recensioni , il puro divertimento dell’ascolto è quello che cerco anche se non sempre lo trovo.

 

Riparto per la tre giorni pesarese senza grossi problemi di bagaglio , il mio trolley è come la valigia di Mary Poppins , si fa da solo.

Vecchie eleganze sempre riciclate e scarpe sempre più comode, il blog

riprende al ritorno.

 

A meno che l’urgenza di comunicare sia tanta non chiederò alla mia solerte nipote di postare ogni giorno-

Avrò tempo nei giorni morti di Ferragosto per raccontare l’esperienza rossiniana.

 

 

Una Butterfly neorealista

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Ad un tratto un bambino piccolo davvero , con i calzoncini corti e le calzette bianche , biondo come da copione è entrato correndo tra le braccia di una meravigliosa Cio Cio San ed io ho cominciato a piangere disperatamente .Ci voleva Maria José Siri con la sua perfetta arte scenica a farmi precipitare nell’emozione violenta di questa straordinaria Butterfly .

Era cominciata in modo normale , lo squallore del matrimonio fasullo, i marinai americani , le tante falene giapponesi che si aggiravano nella penombra dei bordelli di Nagasaki.

Tutto come sempre e il primo atto si era chiuso col duetto d’amore che guardavo poco e ascoltavo molto , il Pinkerton corpulento di   Palombi nonostante la grande voce non era proprio quel fior di yankee che si potrebbe sognare , ma già la direzione musicale , raffinata e fluida aveva impreziosito il grande duetto d’amore che chiude l’atto.

La Siri aveva gia dimostrato di avere affinato la sua sposa bambina rispetto alla rappresentazione scaligera , la sua farfalla aveva perso la fissità dei gesti da stereotipo della gheisha , era già piû vera , piu dignitosamente fiera e innocente . Il Console di Alberto Mastromarino consumato attore tratteggiva nei suoi ripetuti « badate , ella ci crede » , il controcanto realistico alla trionfalistica baldanza del cinico ufficiale americano.

 

All’apertura del secondo atto una figura triste appoggiata al proiettore di un cinema di periferia dalle povere sedie si rivelava essere la mesta Cio Cio San in poveri abiti scuri , come ugualmente poveri e scuri erano quelli della fida Suzuky priva del manierismo operistico consueto e più vicini a quelli di una pellicola realistica .

. Il contorno inquietante di ombre peccaminose e il volto triste di un fotogramma da melò di Bette Davis sullo schermo fisso completavano la sensazione di angosciosa premessa.

Poi nel canto doloroso ”  un bel di vedremo ”  passava sullo schermo una pellicola vuota e vecchia , nello sfondo accecante la figura dolente della protagonista si piegava sul proiettore nel dolore di un’attesa senza speranza .

Mai leziosa , perse le movenze un pò artificiose , con dignità e insieme candore la Siri ci ha offerto una perfetta interpretazione , forse la più straziante che abbia mai visto .

Il sogno americano sul coro a bocca chiusa mentre passano sullo schermo   le giravolte acquatiche di Ester Williams dietro la silhouette bianca nel suo abito di matrimonio della farfalla ferita é un vero colpo di genio della regia .

Ho seguito fino alla fine col cuore stretto e le lacrime che mi colavano copiose la triste storia che praticamente conoscevo a memoria ma non per questo riuscivo a fermare l’emozione .

Me l’avevano detto che era lo spettacolo più bello del festival , ma non credevo che una Butterfly mi potesse coinvolgere a quel punto .

Sarà , come mi ha detto modestamente la Siri in camerino , quando sono corsa ad abbracciarla alla fine , tutta colpa di Puccini perô è certo che questa Butterfly me la porterò nel cuore come un regalo prezioso e un ricordo straziante .

Giustamente sorridente Francesco Micheli mi ha ricordato che la rassegna era tutta un lacrimificio , ma voleva fare il cinico compiaciuto davanti alla mia emozione .

Mi sono divertita tanto signora mia! Ho pianto tanto …..certo che quel bambino era proprio da Oscar , anche nei saluti finali .

Macerata, l’Aida

 

 

IMG_0188Cominciai ad amare il capolavoro verdiano quando sfrondato di tutti gli orpelli , templi , palmizi e animali vari in scena lo sentii in forma di concerto diretto da Pappano a Roma .
Lo ricordavo mentre provavo lo stesso piacere di puro ascolto nello spettacolo messo in scena con la regia di Francesco Micheli che è la ripresa di quell’Aida di cui tanto si parlô due anni fa .
É uno spettacolo tutto sommato molto semplice e addirittura didascalico , la storia raccontata con le indicazioni dei nomi e con la grafica delle proiezioni diventa così spolpata quasi una forma semiscenica , in definitiva di nuovo è il predominio della melodia a risaltare .
Sembra uno spettacolo provocatorio , in realtà è molto tradizionale e perfettamente aderente a quella nuova ricerca della messinscena che privilegia l’ascolto alla pompa d’un tempo.
Non a caso si cita il ricordo all’inizio sul grande muro -laptop ( che acustica aggiunge la pedana !) e si proietta la storica foto dell’Aida del 1921 che inaugurò la nuova vita di questo spazio magico edificato per il gioco della palla-bracciale dai cento consorti ricordati nella facciata. Nel 2017 é intelligente fare l’Aida cosî.

Ottima compagnia di canto su cui svetta il sicuro Radames di Stefano La Colla che ci regala anche il raffinato diminuendo dell’aria di apertura « se quel guerrier io fossi « .
Gli é ugualmente valida partner anche l’Amneris di Anna Maria Chiuri che si permette anche di cantare sdraiata di spalle facendo comunque giungere la voce dalla dizione forte e chiara agli ascoltatori.
Forse l’Aida di Maria Pia Piscitelli é l’anello debole di questo prezioso triangolo . Non le manca niente , le note ci sono tutte , la dizione chiara ma non scatta l’applauso alla fine di «  patria mia » e un po’ me ne dispiace.
Ottimo il Re di Cristian Saitta , sicuro il Ramses di Giacomo Prestia , con qualche problema l’Amonasro di Stefano Mei sicuramente giû di forma.
Nel complesso il divertente spettacolo , orbato per un guasto tecnico di un particolare effetto che turbava il regista e che a mio avviso è stato risolto egregiamente era diretto da Riccardo Frizza , buon direttore che ha i suoi tempi ..preziosamente dilatati .
Orchestra , coro , banda cittadina in ottima forma . Divertenti le danze della compagnia Artemis danza e i costumi di Silvia Aymonino.

Turandot “famola strana”

 

Mi festeggio a modo mio , parto al mattino con calma e facendo un leopardiano percorso per li colli e le ville arrivo a Macerata godendo di un dolce paesaggio della Marca classica , senza fretta .
Compleanni pesanti , ho levato la data dai social , solo gli intimi lo sanno e mi va bene così.
Non avevo però fatto i conti con Caronte …verso l’una salendo spavaldamente le scalette delle vie deliziose del centro storico ho capito che allontanandomi dalla costa le cose non miglioravano , anzi!
Ho mangiato spaghetti che non volevano raffredarsi neanche dopo mezz’ora , la piazza bolliva e pensare che in questi luoghi ho ricordi di gelo , di venti che entrano nelle ossa , di scialli e coperte anche dentro lo Sferisterio.
Mi chiudo in camera , uscirò solo per andare incontro a questa principessa che spero mi trasmetta perlomeno un alito di vento gelato ….
Turandot , con la T finale ben pronunciata , mi raccomando.

Mi è piaciuta l’idea di sfrondare la fiaba di Gozzi da ogni riferimento kitch di Cina da cartolina . Il progetto registico Ricci/Forte é stimolante , moltissime buone intuizioni , forse in alcuni momenti sarebbe servito un piccolo opuscolo di istruzione per l’uso.
Comincio dalle intuizioni felici : mi è molto piaciuta Liû in abito da sposa , sogno d’amore inconfessato ed è giusto che lei chieda a Turandot di ucciderla e che Turandot lo faccia , sperando fino a quel momento di eliminare con lei il segreto del nome di Calaf.
Efficace che poi ne segua il funerale , come una diva anni sessanta , foulard in testa e occhialoni neri da sole .
Mi domandavo a quel punto , dove Toscanini disse : qui il maestro Puccini è morto perché ancora non hanno avuto il coraggio di interrompere davvero la meravigliosa melodia pucciniana .
Il finale lieto , lo giri come lo giri ha un senso solo in quell’Eros e Thanatos scatenato proprio dalla prova d’amore della piccola schiava .
La principessa di gelo si scioglie all’amore , Isotta felice ? , ma il popolo di Pechino in eterno lutto ci ricorda che muore ogni giorno chi ha paura ( di vivere , di amare?) . Finale atipico di forte impatto emotivo.

I nei di questa Turandot , diretta egregiamente da un ottimo Piergiorgio Morandi alla bacchetta della sicura Orchestra filarmonica marchigiana sono nella modestia della compagnia di canto . Privati per un incidente dalla presenza di Irene Theorin resta buona sia vocalmente che scenicamente la principessa / cover France Dariz.

Purtroppo non lo stesso si puô dire del tenore coreano Rudy Park .escludendo il classico « nessun dorma » che comunque strappa l’applauso a scena aperta , il resto è silenzio , come direbbe il Bardo.
Insufficente la Liu’ di Davinia Rodriguez, salta dagli acuti al pianissimo con vuoti paurosi centrali , mentre invece con buon professionismo i tre ministri Ping Pang Pong rispettivamente Andrea Porta , Gregory Bonfatti e Marcello Nardia danno una buona prova anche attorialmente , sia quando sono medici dei matti e soprattutto nella versione cabarettistica berlinese del secondo atto.
Servirebbero invece didascalie esplicative per spiegare un Timur più giovane di suo figlio e un Imperatore della Cina vestito da benzinaio che immette sangue nel box della principessa ( qui già svariano le interpretazioni ) . Leggo di chi lo legge come il sangue dei principi sacrificati e chi invece lo pensa sangue mestruale della finalmente umana principessa di gelo . Ai registi l’ardua sentenza.
Che mi dovrebbero anche spiegare perché i principi sono tutti bambini uccisi barbaramente in esecuzione tipo Daesh,anche se i Pueri cantores sono magnifici , intonatissimi e teneri .
Ottimo come sempre il grande Coro lirico marchigiano affidato alla mano sicura di Carlo Morganti.

Nell’arena Sferisterio tramutata quest’anno in forno infernale comunque questa Turandot “famola strana “ mi è piaciuta , complimenti per avere avuto il coraggio di proporla in un festival a grande tradizione popolare , ne valeva comunque la pena.

a proposito di Luca Salsi

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La prima volta che ho incontrato da vicino Luca Salsi è stato lo scorso marzo all’uscita degli artisti del teatro di Monaco alla fine dello Chenier .

Gli ho fatto i miei complimenti anche se lo avevo già sentito in altri teatri in giro per l’Italia ma quel Carlo Gerard mi era parso davvero notevole e lui si era pure giustificato dicendo di non essere in perfetta forma !

La forma smagliante invece c’era tutta la sera del 28 agosto alla prima delle due repliche durante il Festival estivo.

Una serata di grazia per tutti e per Luca in particolare quell’allargare le braccia sui versi finali della sua grande aria hanno fatto crollare il teatro dagli applausi (anche perché un piccolo tocco di correzione della regia aveva spostato l’attenzione dal torturato Chenier nel sottoscala tutta su di lui ).

Un grande baritono , nato in quella terra italiana dove queste voci nascono con più frequenza che altrove , la terra di Verdi che infatti amava particolarmente la vocalità maschile baritonale .

Anche io ho amato tutta la vita i baritoni e fra Renato e Riccardo nel Ballo in maschera per me non c’era storia , vinceva sempre il marito.

Poi è capitato che entrasse nella mia vita di melomane uno strano fenomeno , un tenore tedesco che sembra un italiano con una morbida voce baritonale e gli acuti sicuri e così mi sono un po’ convertita , ma forse perché Kaufmann è quasi unico.

Tornado a Luca Salsi e alla sua bellissima voce so di lui che ha due figli a cui ha dato nomi cari alla sua arte , infatti si chiamano Ettore ( Bastianini è stato anche un mio mito) e Carlo , ovviamente in omaggio al grande tenore  emiliano.

Mi ha ricevuto in camerino , la sua bella compagna Virginia Tola è stata così gentile e si è prestata a farci le foto , poi mentre aspettava pazientemente che Luca attorniato daigli ammiratori facesse i suoi tanti autografi ,mi ha spiegato di essere stata allieva della Kawaibanska e di essere argentina . Non l’ho ancora sentita dal vivo , era in partenza per una Tosca a Caracalla , spero di colmare presto questa mia lacuna.

Mi è spiaciuto anche di non essere andata ad Amsterdam per sentire Luca nel suo strano Rigoletto , un comune amico mi ha confermato che è stato straordinario .

Questa mia piccola nota sicuramente non sarà l’ultima , al gentilissimo baritono do appuntamento alla prossima ….magari nella sua terra ricca di splendide voci verdiane.

Intanto toi toi toi per Amonasro a Salisburgo!

 

 

l’importanza della macchina

 

 

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Nel fare l’annuale cartella di fotografie della vacanza in Baviera questa volta ci sono anche foto di paesaggi ed è quasi la prima volta .

Avevo tentato anni fa una escursione ai castelli di Ludwig ma non avevo fatto i conti con i turisti che sarebbero saliti sul pulmann.

Pioveva , coma capita spesso da queste parti anche in estate e ricordo solo le file di ombrelli , i tempi stretti , l’assoluta mancanza di atmosfera che invece nel mio cuore avevo cercato e sperato.

Per cui da allora solo Monaco , solo musei e in città ce ne sono talmente tanti da non avere poi tanto tempo per fare altro.

 

Ma quest’anno c’è stata una nuova benefica svolta nella mia vacanza bavarese. Ho due cari amici , una coppia di Cervia :lui il più fantastico driver che abbia mai conosciuto , lei la più efficiente secondo pilota da rally e anche la più brava ad accompagnare il viaggio con una stupenda colonna sonora tutta lirica e non solo.

Così infatti è stato che cominciando da una città della Franconia ,Bamberg , siamo anche arrivati fino a Bayereuth nel giorno inaugurale del mitico festival.

 

La pioggia è stata la compagna fedele di tutta la giornata , ma non ha rovinato la gioia della nostra gita , anche perché all’allegra compagnia si è aggiunta un’altra amica melomane di più antica conoscenza e anche lei , con la sua competenza e i suoi ricordi ha allietato la nostra giornata.

 

E’ il caso di dire che i miei amici diventano pure amici anche fra di loro quando si hanno tante curiosità e interessi in comune e si crea quella meravigliosa afmosfera magica che fa diventare bellissime le nostre giornate insieme.

 

Dopo la prima esperienza positiva un altro giorno , con “ spettacolo breve” siamo andati ad Augsburg . Sicuramente la cosa più interessante da visitare è il Fuggerei , un intero quartiere per i poveri offerto dai banchieri Fugger che erano i cassieri del papa che se ne serviva per riscuotere le indulgenze ma si salvavano l’anima facendo queste notevoli opere buone .

Poi Lutero affisse le sue 95 tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittemberg ma in Baviera ancora oggi per abitare le deliziose casette bisogna essere di comprovata fede cattolica.

 

Un’ultima gita nella natura , il nostro driver ha voglia di verde e per l’ultimo giorno ci viene regalato un cielo limpido e azzurro , si va in gita verso i laghi : prima tappa a Bad Tolz, cittadina termale sull’Isar . qui veniva a fare le terme anche la famiglia Mann.

Case con le facciate dipinte , l’Isar impetuoso scorre , il turismo è comunque molto discreto.

 

Poi verso un lago : il Tegersee, vele e ciclisti , finalmente tanto sole e tanta luce .

Poi ad un lago più piccolo ,il Wiesee con colazione rustica in macelleria .Per la prima volta in una settimana mangio anche la carne .

Notevole il macellaio cuoco , ma pare piaccia solo a me.

 

Certo che di cose belle da vedere ce ne sarebbero state anche tante altre , la Baviera è molto ricca di belle città e castelli , di chiese e abbazie ma io che arrivo in aereo con i miei tanti biglietti per il Festival musicale solo con i preziosi amici riesco a vedere qualcosa mettendo fuori il naso dalla città vecchia!

 

Ancora grazie alla bella compagnia , spero davvero che si ricostituisca in futuro, ce ne sarebbero di cose belle da vedere…..

 

 

 

 

DI RACCONTI e ritorni

 

 

Sarà la stanchezza dell’ultimo giorno , il caldo improvviso , poi temperato da un breve temporale serale , sarà che la settimana bavarese volgendo al termine mi mette un po’ di tristezza ..ma questi Contes di Hofmann sono di una modestia terrificante ,

Messinscena con minimo sindacale , un’aria di famiglia al risparmio ( Diana Damrau fa tutti e tre i ruoli lasciando il suo più classico di Olimpia ad una giovinetta passabile), sarà che il dottor Miracle non è quel terrificante che avrebbe dovuto essere , sarà che Spyres non era proprio in gran forma , c’e scappata anche una piccola Imbarazzante stecca nell’aria di Kleinsack, certo che in tutto questo ha brillato di luce propria il Nicolaus di Angela Brower.

Lontanissimi dalla bellissima messinscena di Carsen che pure essendo del 2000 a Parigi , ripresa alla Scala e poi di nuovo a Parigi lo scorso autunno , nonostante l’essere orbati dal grande assente Kaufmann , era risultata una bellissima serata anche per la elegante direzione di Philippe Jordan , peraltro privata dei dialoghi inutili e qui molto presenti ,per molti con la dizione approssimativa.

La pièce – testamento di Hoffenbach nonostante i molti ritocchi non la si puô considerare musicalmente un capolavoro , se poi le levi anche quell’aurea surreale che i sogni drogati del poeta le aggiungono e la ambienti in una specie di mansardina parigina non si salva proprio niente .

Peccato : Richard Jones poteva essere una garanzia , ma il gioco al risparmio qualche volta fa brutti scherzi anche al Bayerische Staatsoper e la coproduzione con un teatro inglese non sembra essere una grande idea.

Pubblico di bocca buona domenicale , lontanissime le toilettes dello Chenier . Due pellegrini in sandali accanto a me bevevano vistosamente dalla bottiglietta autarchica di acqua minerale

Signora mia , qualche volta mi viene voglia di dire : non riconosco più la mia Germania..

 

L’avventura continua …parto dall’albergo con mega anticipo . Supero quello che credo essere il mio unico problema , cioè cercare un’anima buona che mi aiuti a scendere le scale mobili con la valigia pesante ….

Il baldo tedescone la porta con due dita e io penso : il più è fatto.

Invece una voce celeste , ovviamente solo in tedesco mentre il treno corre nelle verdi campagne bavaresi annuncia che a Ismaining dobbiamo tutti scendere , altre spiegazioni non vengono date .

Migliaia di sgomenti passeggeri , dopo un primo momento in cui fidiamo nella germanica organizzazione ci rendiamo conto che l’unica strada per arrivare in aeroporto è l’assalto alla diligenza ( leggi taxi ) .

Non nuova a simili imprese , basta avere grinta e soldi , agguanto il quindicesimo tassista al grido : ich bin alleine ! E salgo . Partono anche venticinque euro ma all’aeroporto ci arrivo .

Altre voci celesti annunciano mega ritardi , l’avventura continua. Alla fine di luglio canto di Gloria per essere a casa alle 17 e 30 . Fine della trasmissione.

Il fascino slavo

 

Di nuovo al Prinzregententheater per una Liederabend . Il cantante è bravissimo e bellissimo , uno dei miei idoli , ma sulla carta leggere di in programma in boemo e slovacco un mette un po’ in pensiero ….
Ovviamente il programma di sala prevede la traduzione dei testi in tedesco . Speriamo bene. Solo una piccola parte del programma sembra più facile , sono Leader di Franz List in francese , su quelli perlomeno penso che non avrò problemi …e invece in un teatro gremito ed entusiasta ascolto con emozione musiche mai sentite prima , bellissime e coinvolgenti. Pavol Breslik accompagnato da uno squisito pianista istraeliano Amir Katz, mi regala qualcosa di nuovo anche dal punto di vista culturale .
Si presenta elegantissimo in nero e attacca la prima parte del programma : sono diciotto canzoni di Antonin Dvorak, la lingua dolcissima e comincio a seguire i testi nella traduzione tedesca . Scopro tutto facilissimo . Le canzoni raccontano di amori perduti , di abbandoni , di ruscelli , di cieli stellati
Il mio vocabolario é ricco di queste parole , i Leader romantici si assomigliano tutti !
La cosa curiosa é che mentre il testo boemo è brevissimo in una lingua morbida ,invece per dire le stesse cose in tedesco servono molte piu parole mediamente anche tanto più lunghe.
Dopo l’intervallo i Lieder di List sono facili , la voce di Pavol aumenta di volume e gli applausi addirittura interrompono la sequenza.
Poi un’uscita a metà e Breslik torna con una camicia bianca ricamata in rosso : è il mio costume nazionale spiega e attacca a cantare in una lingua più dura , piû ritmata canzoni di vita vissuta , di fierezza nazionale , addirittura una ninnananna e assomigliano molto di più alla vocalità della lingua russa.
Sono canti popolari e insieme a poesie recenti li canta spesso ritmando col piede e suscirando molto entusiasmo nel pubblico .
Quando , forzando il solito blocco riesco ad andare a salutarlo in camerino lo ringrazio anche per l’avermi fatto una specie di lezione linguistica.
Ride e mi abbraccia festoso, ci sediamo davanti allo specchio del camerino e lui cerca lo spazio per scrivermi la dedica sul programma del cd che il carissimo amico Angelo mi aveva precedentemente portato in dono.
Visto da vicino Pavol é veramente tanto giovanne e bellissimo . Glielo dico e ride , anche un po’ giovanilmente imbarazzato.
Sta per andare in vacanza quando gli chiedo dove mi dice con orgoglio : a casa , in Slovacchia! So gia che mi racconterà su Fb i suoi campi di grano e quelli di lavanda e mi metterà anche i frutti del giardino e le torte della mamma. Pavol é una persona solare , sono molto contenta della splendida amicizia!
Solo quando gli dico di venire a cantare anche in Italia mi risponde con rammarico che i nostri teatri programmano troppo tardi ….la solita storia ahimè….
Lo seguo quando esce per la cerimonia degli autografi , c’é una piccola folla entusiasta in attesa e Angelo felice in veste di «  paparazzo » (detto ridendo da Pavol ) fa foto bellissime anche alle mie amiche in fila per l’autografo.
Siamo quasi alla fine della vacanza , la notte dolce di Monaco ci regala la regale bellezza di questa splendida città.