Tempo di statistiche e di rendiconto

 

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Il mio blog ha perso il sottotitolo e sono stata anche brava a riuscirci!

l’ho levato anche dalla pagina Facebook, ancora ci sto lavorando per l’Ipad ., ma è meno importante .

Avevo detto tempo fa che il mio blog , visto le continue defezioni del tenore per il quale avevo cominciato a scrivere nel web , non aveva avuto flessioni in quanto a visite dei miei lettori , anzi i lettori mi avevano seguito anche senza le cronache teatrali che riguardavano Jonas Kaufmann.

Praticamente il mio blog è diventato il mio diario , prima ne avevo uno di carta e ora ho questo che ha il vantaggio di essere condiviso con tanti carissimi amici.

Quello che scrivo qua sotto è per tacitare le probabili sollevazioni di massa delle fans che non lo hanno mai visto dal vivo e poco sentito , ma collezionano quintalate di fotografie d’epoca che poi mettono sui siti dedicati come nuove perle , scoperte rare dell’infanzia e la giovinezza del loro divo preferito.

Siccome avevo tanto tempo da perdere negli aeroporti ho cominciato a contare quante volte avessi visto dal vivo il famoso startenor diciamo così grosso modo negli ultimi cinque anni.

Ho scoperto una cifra veramente alta e forse mi sono dimenticata qualcosa .

L’ho visto in teatro ben 40 volte , l’ho incontrato spessissimo anche prima o dopo gli spettacoli , gli ho dato i miei libri e il rendiconto annnuale del blog.

Alcune opere le ho viste più volte , in diverse versioni , i concerti , tantissimi perché forse sono la cosa che amo di più , soprattutto le Liederabend ,in ogni parte d’Europa e anche in America .

Nerll’insieme mi ha lasciato a bocca asciutta “solo” sette volte e in realtà se si trattava di opere le ho viste lo stesso ,anche se non ho molto amato i poveri tenori chiamati a sostituirlo.

Solo nella Walkiria di Baden Baden ( ma in forma di concerto ) il sostituto non mi ha fatto rimpiangere il ricciuto bavarese.

Un danno permanente però me lo ha fatto , come fece la Callas nei miei verdi anni , i personaggi interpretati da lui ormai non riesco quasi più a vederli se ad interpretarli sono altri .

Cavaradossi , De Grieux, Alvaro , Dick Johnson, Don Carlo, Werther, Canio , Turiddu , Manrico , Florestan , Radames, Faust ,Andrea Chenier e l’ultimo incomparabile Walther Von Stoltzig , Lohengrin……

se poi aggiungo i DVD ne viene fuori una serie vertiginosa .

Ma , anche seguendolo , il mio mondo musicale si è notevolmente allargato con tante altre bellissime voci sia maschili che femminili , ho amici cari che cantano in ogni parte del mondo e finchè potrò , mi piace molto seguirli.

Amo anche alcuni direttori d’orchestra e uno fra tutti , Sir Tony , per il quale faccio volentieri ulteriori follieI

Insomma , tutto resta come prima , anche le folli prenotazioni ad un anno di distanza, restano le foto nel mio studio , quelle che fanno sorridere compassionevolmente i miei nipoti, ma si sa le nonne sono tutte un pò matte.

Resta anche il poster del Parsifal di New York dietro la porta della stanza dove stiro .

Fu un trofeo che mi regalò un bigliettaio al cinema dopo la proiezione , non me la sento di staccarlo.

 

 

 

 

Revolution

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Una segnalazione intelligente , una giornata da riempire . Londra offre moltissime suggestioni .
Seguo un suggerimento strano , sulla carta neanche tanto stimolante , ma la Royal Accademy of Arts è una garanzia e vado a vedere una mostra intitolata Revolution , arte russa dal 1917 al 1932.
Salgo le scale del palazzo su una coreografica corsia rossa , bandiere rosse sventolano su Piccadilly.
Una educata folla numerosa e munita di auricolari segue attenta lo sviluppo della mostra , molto accurata e ricca di suggestioni.
Alla fine del percorso comprerò un libretto esplicativo ad usum for Teachers and Students , l’addetto gentile al bookshop mi fa pure uno sconto ,pensandomi appartenere alla prima delle due categorie.
Devo innanzitutto dire che non ho visto capolavori ,ma il percorso dalla avanguardia russa che convive con la tradizione attraverso la tradizione popolare , passando per le arti applicate e la propaganda fa capire molte cose riguardo la ricerca di un utopistico nuovo mondo in cui tutte le arti tendono ad allinearsi in un progetto che non si relizzerà ( e noi lo sappiamo bene ) se non attraverso l’enfatizzazione dell’uomo e la macchina pagando un terribile pedaggio alla libertà di espressione qui rievocata in una sala nera , l’angolo della Memoria , in cui nel buio si alternano le cifre , le date e i volti della migliaia di vittime dei Gulag.
C’è anche la documentazione di una nuova ricerca attraverso l’architettura e il design , ipotesi di una nuova via per una nuova società.IMG_1439
Ma il percorso che intelligentemente si apre su un ritratto molto convenzionale di Lenin , interessante vedere come l’artista ritragga il Leader pensosamente seduto su una semplice poltroncina in un piccolo e vuoto salotto borghese poi evolve drammaticamente nel fotomontaggio fotografico del volto di Stalin che enfatizza il piano quinquennale di sviluppo, il trionfo della Stalin utopia.
Una mostra drammatica direi e il piccolo libretto fatto di informazioni storiche seguito dalle domande per riassumere con gli studenti lo svolgersi degli avvenimenti è fatto benissimo , con un necessario britannico pragmatismo.IMG_1440
La mostra si ferma emblematicamente al 1932 , dopo ci sarà il realismo socialista , ma quello lo conosciamo meglio tutti .
Qui forse si possono ancora esplorare le tante sfaccettature dell’anima russa , quella che comunque emerge nel faticoso cammino di una storia tanto tragica quanto tutto sommato meno nota di quello che verrà dopo.
Non faccio nomi degli artisti , sono tutti per lo più sconosciuti al grande pubblico nostrale , i grandi erano già fuggiti in Europa .
La mostra è molto interessante nella globalità della visione storica e come al solito conferma la serietà delle mostre londinesi .

l’imbarco per Citera

ci sono di quei giorni in cui …cantava Ornella Vanoni tanti anni fa . Ebbene ieri era per me è uno di quei giorni in cui penso chi me l’ha fatto fare di mettermi in viaggio per andare a sentire ” quattro canzoni ” a andarci addirittura a Londra .
Una serie di circostanze personali , un po’ di depressione . Parola oscura di cui non ho mai voluto riconoscere che mi potesse appartenere.
Ed eccomi qua , senza voglia in aeroporto , in partenza

Viaggio tutto sommato piacevole se si esclude la scolaresca italiota , quelli che ancora battono le mani all’atterraggio , per intenderci.
Mi arrangio bene a Stansted , anche se non c’è più la solita linea di bus , questa nuova ha bus bellissimi e velocissimi e a Liverpool Str. trovo subito un taxi con autista indiano che davanti al mio albergo mi prega pure di prendere il mio tempo per controllare il voucher!
Appena arrivata in camera prendo il telefono per avvisare mia sorella a Firenze del mio felice arrivo e che ti trovo ? Il serafico messaggio del press-agent che mi avverte, alle dieci di sera ! che il concerto di domani è cancellato perché il super-startenor ha la bronchite .
Nel giorno anniversario della dipartita di Wagner non voglio essere troppo sadica augurandogli conseguenze letali , ma un bel po’ di accidenti minori glieli invio , così per levarmi definitivamente quel senso di depressione che aveva velato i miei ultimi tempi a casa .
Ho un giorno intero per godermi Londra , serenamente posso programmare

Mattina di sole e gran vento , il tempo a Londra assomiglia stranamente a quello di Ancona . Passeggiata lunghissima nella City , tra tutti questi bus rossi mi sembra davvero di essere in una cartolina illustrata. Ma ho i miei problemi , il freddo non aiuta la mia deambulazione.
Ricevo tanti messaggi e la testimonianze di una cara amica francese che mi conferma quanto sospettavo : già dal primo concerto, la Liederabend , erano evidenti i problemi di voce e il pesante articolo del Times ( stranamente non riportato sui siti dedicati ) sulla seconda esibizione lo confermano.
Poi ci sono le amiche italiane presenti al concerto wagneriano che confermano i problemi del Nostro, ma che poi nelle recensioni ufficiali non ne fanno cenno. . Evidentemente Pappano lo ha molto sostenuto , direi quasi affari di famiglia .
Incontro altre ..orfane , molto più tolleranti di me . Io non lo sono più, auguri , fiorellini , rimedi non ne invio . Alla mia agenzia romana confermo che chieda pure il rimborso , ho la netta impressione di avere davvero chiuso un capitolo e mi dispiace più per lui che per me .
Non è più l’incantevole ,bellissimo romantico tenore che incantava con la magica voce , il talento e l’aspetto i sogni di tanti/e melomani.
Se si guardano con occhi disincantati le sue ultime foto si vede un uomo ingrassato, con i famosi ricci tanto più radi , lo sguardo spesso stanco.

Ci incontreremo ancora , almeno spero . Ho già inviato caparre per altri due incontri , ammesso che ci siano. Poi la melomane riprenderà i suoi giri nei teatri cercando bella musica , bravi cantanti ( ce ne sono tanti ) ma la corsa dietro lo startenor l’ho chiusa in una bella giornata di sole a Londra.

Sanremo e dintorni

/Quando in questo periodo dell’anno tutti i canali televisivi sono così banalmente vuoti e la sera la mano corre comunque al telecomando inevitabilmente l’italiano medio inciampa nel Festival di Sanremo .
E’ successo anche a me , che di canzoni e di cantanti proprio non mi interesso , ma c’è qualcosa in quei cinque giorni di full immersion televisiva che attiene molto di più al costume che all’evento stesso.
Così succede che lo zapping diventi abbastanza inevitabile .
Se qualcuno mi dicesse se ho visto il Festivalone potrei tranquillamente negare e direi una bugia al tempo stesso.
Ne ho visto abbastanza per coglierne alcune caratteristiche oserei dire politiche se la parola non fosse troppo grossa .
Mi spiego meglio : si tratta di un festival molto benpensante e lo rivelano i vestiti spesso bellissimi ed eleganti della conduttrice e delle cantanti .
Siamo nell’era degli sponsors e si vede.
Lo stesso vale per gli impeccabili smoking Armani portati con nonchalance da tutti gli uomini ,magri e palestrati.
A proposito dei quali direi che la componente gay è così evidente e numerosa che non fa più notizia , ormai non c’è scandalo ,è solo la misura della realtà.
Solo alcuni cosiddetti “giovani emergenti “ ricorrono a mises carnevalesche , in fondo è il periodo dell’anno che lo concede e forse non godendo di forti sponsorizzazioni si arrangiano col trash.
Poi c’è la parte più strettamente sociologica , sull’Italietta perbene , sui casi umani raccontati con la lacrimuccia sul viso e allora salto canale e magari mi rivedo le ultime news…
La virata populista c’è , d’altra parte anche questo evento nazionalpopolare è specchio abbastanza scoperto che conferma la pericolosa involuzione del paese verso un conservatorismo di maniera .
Non è un Sanremo progressista , ce ne faremo una ragione..

sul Fierrabras

Ne avevo parlato nel mio ultimo pezzo a proposito dello streaming così ho cercato nella mia personale collezione di DVD e l’ho voluto rivedere .
IL Fierrabras di Zurigo del 2006 merita una ulteriore riflessione ,questa la data della ripresa televisiva , anche se il titolo era già in cartellone da qualche anno.
La stracomplicata storia ispirata al ciclo dei Paladini di Francia da cui un ininfluente librettista prese le mosse fu per Schubert una sorta di trappola infernale .
L’intreccio improbabile , la lunghezza faraginosa degli eventi annullarono la felice vena musicale e l’opera non ebbe il successo che meritava.
Claudio Abbado da quel fine musicista che era ne fece riscoprire le preziosissime arie , la fluida piacevolissima musicalità ,ma restava il problema della storia .
Lunga , improbabile , intrecciata e ingarbugliata al massimo era quasi impossibile metterla in scena.
Ma Klaus Guth ebbe l’idea felicissima di mettere in scena addirittura Schubert stesso alle prese con la sua storia e i suoi ripensamenti :
i suoi protagonisti , tutti cloni delle Schubert medesimo , la deliziosa ambientazione tanto cara al regista e al suo abituale scenografo Christian Schmidt tutta in una stanza , con il mega pianoforte e gli arredi fuori scala accentuavano l’aria di fiaba divertente .
I re , sia quello dei Mori che Carlomagno ,in vestaglia e i cori con deliziosi costumi tipo figurine delle illustrazioni d’epoca completavano la felice realizzazione.
C’è da dire che rivedendolo a distanza di anni si scoprono nomi che erano o sono diventati molti importanti .
A cominciare dal Fierrabras di Jonas Kaufmann , quando era giovane capellone spiritosissimo ,al compianto Làszlò Polgar , poi Michael Volle e Günter Groissbröecke .
Dirigeva un giovane Franz Welzer Möest , il maestro ripetitore era Joken Rieder …come dire squadra vincente non si cambia e in questo Alexander Pereira all’epoca era davvero un demiurgo eccellente.
Il fatto che quella messinscena fosse davvero riuscita lo si nota vedendo la recente ripresa di Salisburgo in cui un Peter Stein decisamente a corto di idee crede di fare lo spiritoso raccontandoci la storia prolissa facendo i Paladini bianchi e i Mori neri ma non riesce minimamente a raccordare la frammentareità dei pezzi staccati , a giustificare i moltissimi e complessi cambi di scena .
Non c’è niente da dire , la felicità creativa è un valore aggiunto nel mettere in scena un ‘opera anche se poi succede che si possa cadere nel pericoloso cerebralismo del Fidelio senza dialoghi e così il tutto diventa un’altra storia.

Dal vivo o in streaming ?

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Il bell’articolo di Alberto Mattioli sul Falstaff della Scala mi ha fatto riflettere ancora una volta sulla differenza tra l’opera dal vivo e quella riprodotta perché io quel Falstaff già lo conoscevo avendolo visto in diretta da Salisburgo in tv e avevo già avuto modo di apprezzare la originale ambientazione in casa Verdi da parte di Michieletto e di conseguenza di averlo già valutato e ,nel caso, anche molto apprezzato .

Partendo da questo spunto ho ripercorso tutta una serie di opere talvolta viste prima in teatro e poi riprodotte oppure viceversa e la considerazione di fondo è che è sempre dal vivo che si hanno le vere emozioni , il vero senso di una messinscena , ma è anche vero che talvolta specialmente di fronte ad un cambio di cast il confronto diventi impietoso per alcuni interpreti , diciamo così , meno prestigiosi di altri .

A questo proposito avevo visto in Tv un Trovatore da Londra , con la regia del solito David Boech che se non ci mette una roulotte in scena non è contento e non mi era piaciuto più di tanto .

Poi sono andata a Londra perché ci cantavano due carissime amiche e obiettivamente la visione dal vivo era molto più valida di quella televisiva.

Due giorni fa di nuovo lo stesso Trovatore era al cinema , ma mi mancava una fantastica Leonora che nel frattempo è volata al Met.

I paragoni , dicevano una volta i vecchi , sono sempe odiosi ma vedere un Fierrabras con le belle statuine alla Peter Stein mi ha fatto venire la voglia di andarmi a rivedere il DVD di un Fierrabras strepitoso di Zurigo di qualche anno fa.

Il discorso vale sempre : meglio un’opera data così così dal vivo che una strepitosa riprodotta però…

…però adesso che le riprese sono sempre più raffinate , che ci sono dei veri genii alla regia televisiva ( uno fra tutti Brian Large ) mi sono trovata ad apprezzare molto di più La damnation di Faust dello scorso anno dell’Opera Bastille in ripresa streaming che non dal vivo perché l’uso dei primi piani , quando gli interpreti sono bravi a non guardare il direttore ogni due per tre , regala un valore aggiunto ad una messinscena che francamente vista dal vivo non è che mi avesse convinto più di tanto.

Potrei seguitare per ore a fare esempi o come si diceva una volta : apriamo il dibattito.

Intanto , morale della favola , per quanto mi riguarda nei limiti del possibile ( vedi tempo e denaro ) preferisco sempre vedermi le opere dal vivo e soprattutto vedermele senza avere negli occhi una precedente edizione della stessa produzione.

Ho capito che la vera emozione me la dà sempre e soltanto un’opera di cui non conosco i cambi di luce , le scene e i costumi e soprattutto un’opera che non mi faccia pensare alla stessa opera vista in diverse condizioni ottimali per direzione ed interpreti.

Arrivati a questo punto preferisco risentirla addirittura in forma di concerto.

 

 

 

 

 

Breviario Mediterraneo

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Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente uno scrittore straordinario di cui avevo letto un bellissimo libro , un classico che in qualche modo che mi aveva accompagnato per molto tempo.

Il libro si intitola Breviario Mediterraneo e anche se il suo autore ieri ci ha lasciato mi piace ricordare la sua opera e anche la sua figura di intellettuale.

Predrag Matvejevic era nato a Mostar , in quella che una volta era la Jugoslavia e che adesso, divisa nelle varie repubbliche, si chiama Croazia.

L’avevo incontrato durante un incontro che si era svolto in quel nostro piccolo ma prezioso evento che è il Festival Adriatico Mediterraneo dove era venuto a presentare un altro suo bellissimo libro : Pane nostro , anche questo una sorta di breviario delle popolazioni che si affacciano sul nostro mare.

Il Maestro parlava benissimo l’italiano , aveva anche insegnato slavistica alla Sapienza e padroneggiava con eleganza un ottimo francese .

La nostra conversazione durante la cena però era stata tutta sul suo libro più importante : per una come me che il Mediterraneo lo ha navigato in lungo e in largo il suo libro era stato davvero un compagno di molti anni.

Lo segnalo nel mio piccolo blog a tutti coloro che vogliono capire quanto un mare possa unire le popolazioni che si affacciano sulle sue coste : “metti un dito nel mare e sarai in contatto col mondo.”

Era stato un piccolo slogan di una delle nostre edizioni passate e se di questo assunto è vero di sicuro un prezioso testimone ne è stato l’illustre professore ed il suo affascinante libro.

Anche se Predrag Matvejevic non c’è più il suo libro rimane a ricordare attraverso la storia dei popoli rivieraschi quanto di unico e prezioso ci sia nella storia della civiltà mediterranea.

Adesso che quel mare lo possiamo attraversare quasi camminando su migliaia di cadaveri dei poveri illusi migranti africani il Breviario Mediterraneo resta a ribadire il valore di uno studio importante sulle civiltà che si sono affacciate sulle sue coste e che in qualche modo hanno illuminato tutto la nostra cultura occidentale

I giorni della merla

 

 

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Gli ultmi tre giorni di gennaio sono generalmene considerati i più freddi dell’anno e questo ha dato origine ad una antica leggenda.

Ci fu un tempo in cui l merli erano tutti bianchi ma durante un freddissimo inverno proprio in questo periodo si narra che una mamma merla con i suoi piccoli cercando riparo dal freddo andasse a nascondersi dentro un comignolo e lì restasse per tre giorni interi.

Quando il freddo pungente fu passato la merla con i suoi piccini uscirono dal riparo , ma il loro candido manto era diventato completamente nero per la fuliggine e da allora tutti i merli furono completamente neri , per questo questi giorni furono chiamati “ i giorni della merla”.

Mi piacciono le antiche leggende popolari ma soprattutto mi piace scoprire come e dove sono nate .

Scopro così che esistono molte varianti della storia e che addirittura cambiano anche i tre giorni stabiliti : si arriva anche a spostarli verso febbrario , oppure a farne una storia di guerre medioevali.

Basta andare sul web e cliccare , ma facendo questo mi perdo l’incanto della fiaba letta sul libro delle scuole elementari e ..puf..scompare l’incanto dei tempi lontani.

Nel mio piccolo giardino spelacchiato dall’inverno , con l’erba ingiallita e rada vedo al mattino posarsi i merli in cerca di cibo ,non ci sono più gatti in giro e i merli saltellano tranquilli beccando qua e là: li guardo pensando alla storia della mia infanzia e cerco di individuare una mamma merla fra loro .

Comunque sia per ogni evenienza ho buttato qualche mollica di pane in giro, nel caso avesssero problemi per arrivare a febbraio.

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Con le notizie che si leggono sui giornali in questi giorni i miei lettori mi potrebbero dire : ma come non parli questa settimana delle follie di Donald Trump? Chiedo scusa ma stavolta ho rimosso tutto e mi sono rifugiata nel mondo delle antiche leggende , ho girato la testa per non guardare la realtà di oggi . Non sempre si riesce a reggere il mondo così brutto come veramente è.

 

Il dovere di ricordare

 

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Nell’immediato dopoguerra a Firenze al Supercinema davano dei documentari molto particolari.

Seppi dopo molti anni che erano firmati da grandi firme di Hollywood e che li avevano girati quando al seguito dell’esercito americano tornarono nella loro vecchia Europa , uno fra tutti Billy Wilder , ma le firme erano tante .

Di cosa si trattava : erano la più crudele e naturale documentazione di ciò che trovarono entrando in quelli che erano stati i più tristemente famosi campi di sterminio .

Mucchi di cadaveri di esseri scheletriti caricati su camion con le ruspe , le bocche dei crematori , gli sguardi sperduti dei sopravvissuti .

Il mio babbo prese per mano la sua bambina e mi ci portò a vederli , non li ho mai più dimenticati.

Dieci anni più tardi , giovane sposa ada Ancona, mio cognato ebreo uomo colto e molto intelligente mi mise tra le mani un libro classico ormai : Il Poniakov il cui titolo è Lo sterminio degli ebrei .

La mia formazione in merito a quella che oggi chiamiamo Shoa è avvenuta in quei due momenti tra l’infanzia e la gioventù e in teoria non avrei bisogno della Giornata della memoria per ricordare .

Eppure ogni anno a gennaio mi sento in dovere non solo di ricordare , ma di fare il possibile perché anche i miei nipoti ricordino.

 

Mentre passano sugli schermi televisivi molti film sull’argomento sento intorno a me discorsi tipo : basta , non ne posso più , non ho più voglia di vedere certe cose e intanto le stesse persone guardano insensibili le file di profughi allineati nel gelo ,coperti di povere coperte , spesso in ciabatte lungo le barriere di filo spinato erette dai civili paesi dell’Europa dell’Est .

Nessuna similitudine all’orrore programmato ma lo stesso sguardo indifferente che sicuramente avevano gli abitanti di Oswiechim quando guardavano quelle ciminiere dal grigio fumo maleodorante nei campi che noi sappiamo in tedesco si chiamavano Auschwitz , Birkenau e Monowitz, .

Quando qualche anno fa anche io ho fatto il mio pellegrinaggio doveroso in quei luoghi e quello che mi ha colpito di più sono stati i vasi di fiori alle finestre del ridente paesino confinante : espressione delle anime gentili che lo abitano anche se sappiamo che scavando nei terreni limitrofi la terra è ancora mischiata alla cenere umana , dopo tanti anni .

C’è una parte dell’uomo , di qualunque uomo un grumo nero che l’educazione e la morale ricacciano indietro , però dobbiamo esserne consapevoli .

Il male è sempre in agguato , sta ad ognuno di noi avvertirlo in tempo ,prima che sia troppo tardi.La velocizazione globale ci porta a sottovalutare e a rimuovere velocemente ogni orrore vicino o lontano che avviene nel mondo.

E’ più facile commuoversi per una storia singola , magari avvenuta nei nostri paraggi ed enfatizzata dal giornalismo ad effetto che non allertare le nostre coscienze per le cose terribili che avvengono dall’altra parte del globo.

Dovere di ognuno invece sarebbe di essere sempre in allerta , si comincia in una birreria di Monaco e si arriva allo sterminio di sei milioni di ebrei.

Si comincia una guerra per il predominio sui pozzi petroliferi e si arriva alla strage dei migranti sulle due tragiche rotte : la mediterranea e la balcanica.

I populismi tornano ad avanzare : un raduno in Germania con un cretino in moonboot che si fa i selfie di gruppo mi fa paura , come mi fa paura il miliardario platinato ( guarda caso con nonni bavaresi ) che contornato da soli uomini bianchi firma decreti che riportano gli USA indietro perlomeno di cinquant’anni.

 

 

 

 

E tre ….

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E tre …sempre quando si tratta di un avvenimento importante al quale partecipo ci ritorno sopra più volte .

Questa é l’ultima riflessione sul Lohengrin parigino e tutto sommato la più personale , quasi la fine di un racconto cominciato quattro anni fa .

Ho scritto tre libri , il primo addirittura dedicato a Lohengrin stesso e ho tanto girato il mondo grazie ad una spinta insieme culturale e curiosa . So molto di più di Wagner e del suo immenso mondo musicale , sono diventata praticamente Mahler- dipendente e so quel tanto di tedesco che mi consente di apprezzare la poesia del Lieder di Strauss , di Schumann e di Schubert .

La Winterreise é diventata una parte di me , ma ora volto pagina , in senso kaufmaniano intendo.

Ho ancora in prospettiva tante opere da vedere , tanta musica da ascoltare , sempre che la salute me lo permetta . Una volta si diceva : si chiude una porta , si apre un portone .

Salutiamoci così , senza rancore …altrodime…non le saprei narrare.

PS. intanto vado a Londra perché sono curiosa di sentire ..i Vier Letzen Lieder

 

Mai devi domandarmi

 

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Mai devi domandarmi, nie sollst du mich befragen ….ce l’ho in testa da due giorni e allora parliamone un po’ di più di questa povera Elsa.

Lasciando da parte il tema del nome sconosciuto con tutti i suoi perché ho trovato un’altra perla mahleriana , questa volta raccontata da Schöenberg.

All’obiezione dell’autore del Pierrot lunaire che non capiva l’atteggiamento della principessa di Bramante , anche se era difficile biasimare Elsa per il suo desiderio di conoscere l’origine di Lohengrin, Malher spiegò:

E’ la differenza tra uomo e donna.

Elsa è la donna diffidente , è incapace di concedere all’uomo la stessa fiducia da lui dimostrata quando aveva combattuto per lei , credendo in lei senza chiedere se fosse colpevole o innocente .

La capacità di fiducia è maschile , la diffidenza è  femminile perché la diffidenza nasce dalla paura di chi necessita protezione , invece la fiducia nasce dalla consapevolezza della forza del protettore , di colui che protegge sia lei che il Bramante.

Concludeva Mahler :questa interpretazione svela il fondamento umano della frase ” mai devi domandarmi”.

Lasciando a Mahler la sua interpretazione abbastanza maschilista dell’atteggiamento della povera ragazza fragile mi fa sorridere l’idea molto romantica di una forza virile in un uomo che forse dalle donne aveva avuto poche soddisfazioni e qualche preoccupazione di troppo .

La sua amatissima Alma certo non era una scema diffidente , semmai una donna fortissima alle prese con un uomo sicuramente molto più succube dell’eroe del Graal.

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Ripercorro allora alcune recenti interpretazioni partendo dalle classiche messinscena in cui le streghe erano veramente streghe e le povere principesse sprovvedute delle autentiche allocche .

Qualche anno fa a Monaco Elsa si preparava all’arrivo del suo cavaliere del cigno progettando addirittura la casetta dei sogni , più recentemente le cose si complicano ulteriormente e il complesso di colpa per la scomparsa del fratellino morto forse per colpa sua fa di Elsa una povera psicopatica in balia di ogni sobillazione.

Anche la figura dell’eroe non è più rivestita di armature brillanti , non ha più ali di cigno : dall’abbigliamento casual di un atleta in t-shirt si arriva addirittura a vestirlo dei poveri panni di uno smemorato capitato quasi per caso in una situazione che per lui diventa a tratti anche difficile comprendere .

Quale mi piace di più ? personalmente amo l’eroe fragile e tremante delll’ultimo Kaufmann ( anche perché gli viene benissimo) , ma sarei curiosa di sapere se dall’alto del suo Wahalalla personale Wagner apprezzerebbe la definitiva caduta del romantico eroe.

Il cigno Jonas

 

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foto Monika Rittershaus

Quando Lohengrin si é inginocchiato sul pontile e le luci intorno si sono abbassate è rimasto solo lui , la sua voce incredibile : in fernem land …ho capito di stare vivendo uno dei momenti magici della vita che ormai solo lui sa darmi .

Prima ero stata tesa , probabilmente come lo era anche lui in scena , non trovavo quell’eroe tremante , esitante, indifeso che tanto aveva colpito a Milano .

I gesti c’ erano tutti , più o meno .

Un video rivisto talmente tante volte da rasentare la paranoia . Invece vedevo un Lohengrin come frenato , non nella voce , ma nel pensiero …d’altrode lui spesso ha detto che non ama fare le stesse cose più volte e mi pareva che questo Lohengrin fosse rimasto a Milano .

Poi lentamente , superato la meccanica del mestiere , Wagner è entrato in lui ( e in me ) e la magia epocale è arrivata.

C’era una spasmodica attesa per questo rientro dopo tanti mesi di illazioni, sospetti , rinvii circa la presenza del divo per eccellenza .

Ridendo qualcuno ha pure detto che se all’ultimo momento Lissner fosse uscito dicendo che c’era il sostituto ce lo potevamo pure aspettare !

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Invece Kaufmann è tornato all’Opera Bastille , con grande orgoglio parigino.

A Parigi inoltre sono anche molto orgogliosi della loro Opera e il fatto che l’allestimento venisse dalla Scala era stato messo abbastanza in ombra negli articoli d presentazone . C’e da dire che Claus Guth , insieme al suo scenografo e costumista Christian Schmidt ,ha realizzato veramente un capolavoro .

La scena , forse leggeremente ristretta e allargata alle esigenze del palcoscenico é comunque magnifica e i raffinati costumi fanno il resto.

Entrando nel merito dell’esecuzione devo dire che i tempi dilatatissimi di Philippe Jourdan mi hanno fatto pensare che Baremboin al confronto avesse altrove diretto con vivacità.

All’inizio del terzo atto qualcuno dall’alto gli ha fatto un clamoso buu e allora lui quasi in risposta ha diretto il preludio del terzo atto con un quasi ironico insolito vigore….

 

L’altra grande trionfatrice della serata è stata Evelyn Herlitzius : scattante e perfetta nel ruolo della strega Otrund credo non abbia rivali oggi sulla scena in questo ruolo . Piccolina , elegante , sinuosa : la sua è una maga perfida con la voce possente che esce miracolosamente dal corpo esilissimo.

Tomasz Konieczny , sostituto di gran lusso ha reso un Telramund sanguigno , vigoroso , suadente e una volta tanto anche con una splendida dizione :perfetto , direi.

Rene Pape sta ,come si suol dire , nelle sue scarpe , nel ruolo , assente da Parigi da molti anni è stato particolarmente festeggiato e lui ha risposto con il suo usuale ironico understatement.

La Serafin ha tutte le note giuste per Elsa , ma nel particolare allestimento avrebbe dovuto essere piu visionaria , piu incantata. Non so se il freno sia stato messo dalla regia , certo che lei non ha aiutato Jonas nei due primi atti , anzi probabilmente mai.

Ottimo il bass-bariton Araldo :Egils Silins che avevo già ammirato anche nel Samson e Dalila.

E torno al mio amatissimo tenore , ha cominciato col ” freno a mano tirato ” , anche se i dubbi della vigilia li ha fugati subito , quando in posizione fetale e di spalle ha esordito salutando il suo cigno…la voce c’era tutta :Gott sei Dank!

Mi sono perô mancati certi suoi tremblement du couer , certe fantastiche esitazioni . In certi momenti ha cantato ” da tenore” . Braccia larghe e piedi bien pantati , forse era anche l’emozione della Prima , quando si ha sulle spalle l’attesa spasmodica di migliaia di persone il peso può essere quasi insostenibile.

Poi il miracolo , ma l’ho detto all’inizio . Torno a casa emozionata e sconvolta . Il viaggio stancante , il freddo allucinante di Parigi , tutto dimenticato . Beato chi abita a Parigi e può tornare a sentirlo .

Un piccolissimo gruppo di fanatici ammiratori lo aspettava al caldo della portineria , ho avuto la tentazione di restare anch’io . In fondo per tornare in albergo dovevo solo attraversare la strada …ma. Cosa dirgli ormai ?

Circondato dalla corte ristretta dei fedelissimi si stava godendo il trionfale rientro , spero solo che Skelton costretto a presenziare tutto il tempo delle repliche non debba mai subentrare in anticipo.