Bentornato Jonas

 

 

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Negli ultimi giorni mi sono divertita con un gioco quasi infantile perché quando ordino un disco su Amazon dalla Germania poi mi diletto a seguire il percorso del pacchetto (che comunque mi viene spedito sempre dall’Inghilterra) , misteri della Sony!

Das Lied von der Erde mi doveva arrivare il 18 aprile , nessuna fretta da parte mia . Ho la registrazione live del concerto di Parigi e i preziosissimi video del generoso amico francese che li ha messi tutti su YouTube.

Ma il giochino di vedere a che punto era il viaggio del pacchetto mi divertiva ogni giorno.

Il tracciato sistematicamente disegnato in verde , il lento avanzamento della linea , l’attesa che impreziosisce l’arrivo.

Poi , due giorni prima di Pasqua una scamapnellata imperiosa , l’orario improbabile . Chi può essere?

Beh , invece dell’uovo di Pasqua mi è arrivato il Cd con cinque giorni di anticipo .

Ho già tanto ampliamente scritto di questa pagina musicale , questa sinfonia non-sinfonia , questo ciclo di Lieder che è qualcosa di più e di diverso di un ciclo di Lieder che potrebbe sembrare inutile tornarci ancora sopra .

Lo faccio perché con mio grande stupore non tutti hanno apprezzato questo modo straordinario e inusuale di eseguire l’intera serie di brani con una sola voce.

Un amico che stimo ha parlato di esperimento inutile , qualcuno ha dubitato persino che fosse

doppiata falsamente la voce sull’orchestra .

Un ironico commentatore ha scritto che in questo modo con le registrazioni multiple Kaufmann arrriverà a incidere da solo il quartetto del Rigoletto!

Mi era venuta voglia di rispondergli : beato lui che lo può fare , ma mi sembrava cretino seguire i commenti cretini.

Sono sicura che il Cd venderà moltissimo , che sarà un solito disco d’oro da mettere nella collezione del Nostro e quindi non mi metterò a difendere una operazione che sicuramente non ha bisogno di difersori .

Mi limito percià a riportare la chiusa di un dotto commentatore che ha scritto alla fine di un’analisi attenta del ciclo , dividendo i brani in tre sezioni. che comunque un’operazione come questa resterà nella discografia in quanto rara e preziosa e soprattutto probabilmente irripetibile vista la straordinaria vocalità e sensibilità dell’interprete.

E dopo la divagazione sulle opinioni negative , molto rare in realtà e dopo aver avuto qualche perplessità sul Cd Dolce vita mi sento di condividere quello che ha scritto il commentatore di Presto Classical : bentornato a casa Jonas!

 

 

 

 

Tempo di Pasqua.

 

 

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negli ultimi anni in questo periodo ero spesso in giro per teatri , la settimana di Pasqua è una settimana di Parsifal , Oratori , Passioni e Messe solenni .

Non c’è che l’imbarazzo della scelta , io invece sono a casa e se da un lato mi dispiace dall’altro ho capito qualcosa circa il desiderio di fermarmi , di passare ore vuote a leggere con calma .

Spesso a ri-leggere …mi basta prendere un libro in mano , magari per spolverare e riaprendolo scoprire il gusto della rilettura , gusto che si affina nel tempo e che spesso mi fa chiedere quanto ci avessi capito a leggere quel determinato libro quanto avevo trent’anni .

Sono però arrivata al convincimento che in effetti la conoscenza è fatta di qualcosa che assomiglia agli strati sovrapposti di un dolce che si assaggia una prima volta e se ne coglie il primo gusto , il primo brivido di piacere , poi si riprende e si gusta di più e si sentono meglio i componenti che lo fanno pregievole .

In tarda età poi diventa un trionfo di memorie , il godimento assoluto.

Un po’ banale paragonare un bel libro ( ma questo succede anche con la musica ) ad un budino ben fatto , ma credo che il paragone riduttivo spieghi bene quello che provo io in certi momenti.

Quindi spazio all’ascolto e alla lettura anche se la mia natura portata al movimento rischi di girare in malinconia tutta questa pace e questo tempo di riflessione .

Pensare troppo per me è sempre stato un po’ pericoloso, nel fermarmi si annida un lento veleno che vela di tristezza le mie giornate.

La piccola valigia viola dei miei viaggi lampo è chiusa nell’armadio e ci starà per un lungo periodo ,mi sono saggiamente limitata , un po’ perché non ho trovato i biglietti che volevo , un po’ perché così mi concentrerò di più per i programmi estivi.

 

Ho riaperto pagine e pagine di scritti sparsi sul mio computer , la bozza informe di un nuovo libro che stenta a trovare una forma compiuta , non credo però che sia questo il momento psicologico per riprendere là dove mi ero fermata.

Le informazioni di stampa sono angosciose , spesso enfatizzate  ,sembra che la stampa cerchi di rincorrere i social soltanto sparando titoli che il giorno dopo si sgonfiano come palloncini gonfiati male.

Peraltro i social in mano alla massa sono diventati illeggibili , anche rifugiandosi su piccoli siti dedicati emerge sempre di più il lato becero , approssimativo delle notizie .

 

Pasqua alta , già il glicine sul terrazzo comincia a perdere i fiori viola , aspettiamo gli sviluppi della folle escalation di guerra tra Trump e la Corea del nord, aspettiamo le elezioni francesi , aspettiamo per capire se esiste ancora la Ragione nel mondo .

Buona Pasqua a tutti i fedeli amici del blog.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorni di silenzio

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Giorni di silenzio , il blog tace : è impossibile un’altra volta commentare a caldo l’orrore .
Molti anni fa le foto delle povere vittime dei gas asfissianti in un villaggio curdo sconvolsero il mondo . Pensavo non doverne rivedere mai più e invece l’orrore bussa di nuovo alla mia porta , anzi sul mio pc , anche se velocemente per paura o per orrore ho cancellato l’immagine del bambino che non respira , i piccoli visini pallidi degli innocenti ammucchiati su povere coperte mi restano negli occhi anche se vorrei cancellarli dalla memoria .
Sarà che mi ricordano tanto i visini dei bambini malati delle crudeli malattie che ancora dannatamente colpiscono nei nostri paesi civilizzati . Il male che non si riesce a vincere nonostante la ricerca , la lotta continua che ancora si combatte per vincere i mali una volta detti incurabili che colpiscono anche nei paesi più avanzati la nostra infanzia .
Perché associo queste immagini? non lo so , ma a tutti i bambini si chiede solo di vivere e di crescere e non c’è guerra che giustifichi la loro morte , specie se si tratta di una guerra assurda , infatti anche ai commentatori autorevoli riesce faticoso rintracciare nessi plausibili nella tragica escalation siriana.

Ho visitato un tempo una Syria bellissima , piena di memorie archeologiche : la ruota di Homs ci sarà più? e la impressionante rocca di Aleppo?
Tutto cancellato dalla furia umana : la faccia del tiranno per caso ( quel chirurgo oftalmico che non era destinato a regnare sull’orrore mi sgomenta ) ma mi sgomenta anche il tycoon americano che lancia i missili come se credesse davvero di giocare alla guerra dall’alto della Trump tower .Mi sembrano marionette di uno spettacolo crudele dove il terzo incomodo , l’ex agente KGB gioca al gatto e il topo dalle stanze dorate del Kremlino.

Intanto nella vecchia Europa continuano a correre i camion follemente lanciati sulle folle inermi , contiamo i morti sul selciato dei nostri mercatini , dei nostri centri commerciali , sui ponti di Londra .
Anche se in realtà noi non contiamo niente : siamo solo vittime e spettatori .La nostra unica risposta è quella di continuare a vivere , di ripetere da tutti i teleschermi : non ci fermeranno .
Restano però i volti bluastri dei bambini di uno sperduto villaggio del nord della Syria a ricordarci come un monito la nostra colpa di europei incapaci di essere protagonisti , incapaci di stare uniti e forti che sarebbe forse l’unico modo per entrare davvero con autorevolezza nel terribile gioco .
Le notizie scivolano dalle prime pagine per poi ritornarci puntualmente dopo ogni strage : le elezioni si avvicinano e tutti i paesi europei, incapaci di restare davvero coesi seguitano a guardarsi l’ombelico , come le scimmie senza memoria di un grande zoo metropolitano.

Oggi parliamo di cinema.

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Jean Pierre Melville è stato un regista di pochi film , un autore speciale . Io lo conobbi attraverso un film bellissimo “ Le silence de la mer “ tratto dal racconto di Vercors.

Poi di lui ho visto i suoi polizieschi un po’ particolari ,girati con grande maestria e con attori straordinari .

Ieri sera in Tv un tuffo nel passato . il titolo italiano stupido , bellissimo quello originale : Un flic.

Il film è del 72 e racconta di un commissario parigino addetto alla notturna : disinvolto e cinico ( uno stupendo Alain Delon), la sua vita scandita da compromessi , soffiate nel sottobosco del malaffare , indifferenza.

Non racconto la trama , se vogliamo banale , ma il film mi ha riportato indietro ad una Parigi come la ricordavo io , con le sue strade pulite e vuote di notte con i cabaret e gli alberghi vecchiotti e affascinanti .

Nel film c’è anche una crudele e bellissima Catherine Deneuve , un insieme di attori notevoli ( tra cui l’italiano Renato Cucciolla ) in una parte tristissima.

Le coproduzioni italo-francesi in quegli anni erano fantastiche.

L’ho visto col rimpianto di una Parigi tranquilla , nessuna angoscia terroristica, i problemi di ordine pubblico gestiti da una polizia efficente e tanto all’antica : nella macchina nel commissario c’è un anacronistico telefono vero in parete …non c’è l’esercito sulle strade , scorrono sotto i marciapiedi all’alba i rivoli d’acqua per la pulizia delle strade ,la componente multietnica proprio non c’è.

Per le strade le Citroen rare , Pigalle illuminata e quando il film con una fine ambigua , come erano sempre i film di Melville, è finito ho fatto i miei conti e ho capito di avere messo la testa nei miei ricordi , quando Parigi era la mia meta ideale , quando in definitiva ero tanto più giovane anch’io.

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Affinità elettive

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devo alla cortesia di una cara amica francese la documentazione fotografica completa di questa piccola conversazione , quasi un reportage , ovviamente mi sarebbe piaciuto pubblicare tutte le foto ma temevo di sembrare troppo vanitosa o peggio farmi protagonista di una piccola cosa avvenuta in una sera magica dopo una splendida serata all’opera di Monaco.

Quella che pubblico è praticamente la risata finale della conversazione : una volta tanto il mio blog parla proprio di me anche a dimostrazione che ho fatto pace , dopo la delusione londinese , col caro tenore che ha ricominciato a cantare davvero bene

 

era da tanto che volevo togliermi una curiosità , soprattutto dopo che alcuni miei pensieri , sensazioni , direi quasi intuizioni sul Kaufmann-pensiero da me inseriti nei miei resoconti sul blog li avevo ritrovati identici nelle sue dichiarazioni in merito a sue interpretazioni .

Finalmente in un incontro ravvicinato del terzo tipo ( vale a dire all’uscita degli artisti a Monaco) mi sono fatta sotto e gli ho chiesto a bruciapelo se lui leggesse il mio blog.

Con un certo stupore ha negato e mi ha anche chiesto il perché con grandi occhioni perplessi , quasi a cercare qualcosa nella memoria.

Gli ho raccontato le analogie dei nostri pensieri e ho concluso :allora abbiamo le affinità elettive !

Volto curioso, interrogativo. Il suo italiano , peraltro ottimo non ci arrivava proprio .

Allora io suggerisco “Goethe” …ancora nulla .

A questo punto Adriana la prudente si era scritta la lunga parola tedesca che non avrebbe mai osato pronunciare davanti a lui : Wahlverwandtschaft .

Finalmente sorridente me l’ha ripetura nel suo perfetto hochdeutsch e questa parola lunghissima e ostica diventava facilissima e dolce , sembrava il verso di un Lieder….

 

La breve conversazione è finita lì anche se resto dell’idea che se non proprio lui , forse qualcuno del suo staff qualcosa di mio lo legga , le parole erano proprio le stesse, ma anche se tutto ciò restasse solo un caso mi piace pensare a quelle famose affinità tanto difficili da pronunciare.

Ho anche il classico selfie , fatto fa lui , dove lui riesce sempre bene e io orribile , anche quello fa parte del reportage segreto della serata.

 

 

 

 

 

 

 

…povera donna

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La fragorosa risata che ha accolto ieri parte del discorso di Theresa May da parte di alcuni deputati liberaldemocratici sembrava piuttosto uscita da una gag degna dei Monty Python.

Liberatoria e sgangerata ha lasciato la povera Premier disorientata anche se indubbiamente bisogna dire che se l’è proprio cercata.

Il serissimo discorso della controllatissima premier era arrivato al punto dolente di annunciare la Brexit e in quel momento ha detto testualmente:

“ora più che mai il mondo ha bisogno   dei valori liberali e democratici dell’Europa”

Se non fosse vera e documentata dai video verrebbe veramene da pensare alla gag di uno spettacolo comico.

 

Povera donna…come canta Mrs.Quickly nel Falstaff, lei credeva di addolcire la pillola , è riuscita invece a scatenare una ilarità vera e direi quasi scomposta per un posto così serioso come deve sempre essere il Parlamento britannico.

Già avevo pensato a lei proprio come una povera donna nei momenti concitati dopo il terribile attacco terroristico della settimana scorsa .

Un impietoso reporter aveva inquadrato dall’altro la Premier che correva di qua e di là tra le macchine , sicuramente non sapeva proprio dove andare e vedere questa potente signora in tutta la sua insicurezza ( anche se momentanea ) mi aveva fatto scattare una molla di solidarietà e già allora mi ero detta “povera donna”….anzi me lo ero canticchiato tra me e me.

 

L’uscita della Gran Bretagna dalla Comunità europea è cosa ben triste e ben più importante di un mio modesto trafiletto sul blog , basta pensare che praticamente appena un po’ più della metà degli inglesi l’abbia voluta e che questa dissennata scelta potrebbe fare molto male a l’Europa intera mi angoscia molto .

Nel mondo ci troviamo a fare i conti con la pancia molle delle nostre nazioni democratiche , anche in America è successa più o meno la stessa cosa con la tragica elezione di Donald Trump , ma mi è sembrato che in fondo in quella risata liberatoria dei deputati inglesi ci fosse un auspicio , la speranza che mi fa dire “ una risata vi seppellirà”.

 

 

Mostra a Monaco

 

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Una bella mostra , come al solito a Monaco c’è sempre qualcosa di interessante da vedere . Alla Kunsthalle pittura spagnola del “siglo de oro ” . Peccato però che una omonima mostra a Genova fosse piena di Van Dijck che qui proprio non ci sono . In effetti era fiammingo , rigore assoluto , ma un po’ mi mancano i suoi favolosi ritratti . Qui molti Velasquez e Mourillo nonché El Greco che non mi è mai piaciuto tanto .

Ma la parte mirabile è rappresentata dalle sculture policrome veramente eccezionali .

 

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Un dotto documentario nella saletta cinema spiega che a fronte di un allontanamento dal reale verso un simbolismo religioso filtrato attraverso un’aspirazione estatica il reale rientra fortemente nella scultura policroma di stampo ugualmente religioso .

Questa è la parte della mostra più interessante , meno nota ai profani della cultura spagnola , il cui titolo recita Spaniens goldene Zeit .

Pittura e scultura , in cui la seconda è strepitosamente più interessante .

Civilmente ci permettono di fare le foto , ovviamente ohne flash ….così posso ricordarmi meglio le cose più belle e non quelle molto note che ho già incontrato qua e là nei musei per l’Europa.

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Sempre attraverso la saletta cinema si conosce anche il perché di molta pittura spagnola a Berlino . Nell ‘ ottocento un colto direttore di museo ha comprato in Spagna tantissima arte catalogando il tutto in preziosi Tagebuch che fanno tenerezza perché di sicuro non lucrava negli acquisti . Gente seria , questi tedeschi .

non conoscete amore…

 

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da tempo mi provengono strane”…. note di commento, parafrasando Chénier e tutte fanno riferimento alla meraviglia della splendida aria “ la mamma morta”.

Ma forse non molte persone giovani conoscono la sublime versione cantata dalla Callas e soprattutto non sanno che quella stessa aria per cinematografiche vie diverse è molto più vicina alle memoria recente .
Nel film Filadelfia , che peraltro prese l’Oscar per la migliore canzone , scritta da Bruce Springsting, Streets of Philadelphia, aveva nel momento culminate della sua colonna sonora il bellissimo ballo tra Tom Hencks e Antonio Banderas ( non ancora prigioniero del Mulino Barilla) i due innamorati che ballavano al suono del canto sublime della Callas nella “mamma morta “.

Procedendo poi , sempre in chiave cinematografica , un bellissimo film purtroppo poco visto e mal distribuito (era anche il canditato italiano agli Oscar ) dal titolo Io sono l’amore di un raffinatissimo autore cinematografico Luca Guadagnino si rifà proprio alla scena del film di Jonathan Demme.

 

Una elegante storia della Milano bene , girata nella Villa Necchi Campiglio in cui si matura una tragedia che nasce dalla scoperta di un amore fuori dalle regole di una straordinaria Twilda Swinton per un giovane ragazzo amico di suo figlio.

La scena in cui la protagonista decide il suo futuro si svolge in camera mentre alla televisione si proietta il film Filadelfia e ancora una volta le note struggenti si aprono in quel “ io sono l’amore “ che darà il titolo al film.

Cammino a scatole cinesi di una meravigliosa pagina di Umberto Giordano ,come a dire che spesso l’arte genera l’arte.

un nuovo Chénier per Kaufmann

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Philip Stöltz ha creato uno spettacolo bellissimo , ma curiosamente molto più bello di quando, avendolo visto in streaming ne avevo colto alcuni difetti che nella visione frontale si annullano con la gioia di una appagante e lussuosa messa in scena.

Andrea Chénier , l’opera tanto amata dai nostri padri , arriva sulle scene curiosamente dopo tanti anni di oblio ,addiritttura a Monaco per la prima volta !
Il motivo primo è che per affrontare il capolavoro verista occorre uno Chénier capace di affrontare l’impervia tessitura e oggi al mondo quel tenore c’è ed è quel prodigio della natura che si chiama Jonas Kaufmann , quando è in forma e quando gli piace cantare .

Chenier gli piace , si cala felicemente nel personaggio del poeta ribelle , lo fa suo nel canto ma anche e soprattutto in tutte le incredibili controscene da Actor studio che solo lui sa fare .
L’operaccia” feilletton” dalle arie incredibilmente popolari e disdegnata dai puristi del melodramma si avvale di uno strepitoso libretto : forse mai come in questa storia Luigi Illica è stato così felice , questo suo testo , praticamente una sceneggiatura cinematografica , ha dato a Giordano un plot perfetto nei tempi e nelle istanze di un socialismo ottocentesco tutto ancora da rivalutare.
La Rivoluzione francese ..a pane e brioches , come scrive il mio dotto amico melomane , in realtà a “libertà e patate”come canta il Sanculotto in scena.
Curiosamente in questi anni lontani dal grande successo popolare l’opera torna a poca distanza di tempo in due edizioni molto diverse tra di loro e che devono essere analizzate perché ci dicono molto di questa icona del verismo italiano .
Due anni fa la versione inglese di Mc Vicar : patinata e fedele . La rivoluzione vista ai tempi della Primula Rossa con i nobili eleganti , i rivoluzionari da cartolina . Elegantissima , con la frase di Robespierre che chiude il libretto riportata sul sipario e la carretta sullo sfondo dove si avviano oleograficamente i due amanti .

Chénier alla tedesca qui in Baviera : Stöltz ne ha dato una lettura crudele e realistica , con la divisione neanche tanto simbolica della vita nel sottosuolo in cui inizialmente vivono i poveri e poi diventa anche rifugio per tutte le forme di ribellioni al Terrore .
Qui non si salva nessuno , anche Bersi è una delatrice quando lascia semiaperta la botola per dare l’indicazione all’ Incroyable , la Rivoluzione come atto di perdizione delle coscienze .
Iperrealismo fino alla testa mozzata del poeta mostrata alle folle, poco resta del messaggio di libertà che comunque ha rappresentato storicamente .
Ma lo dice Gerard : “la rivoluzione i suoi figli divora” e i poeti spesso ne fanno le spese.
Per un momento ho pensato alla tragica fine di Garcia Lorca, non ci avevo mai riflettuto prima.

Ormai molto è stato scritto su questa edizione che tutto sommato è piaciuta tantissimo e anche sui siti dedicati le voci unanimi della critica hanno elogiato tutti.
Analizzando più concretamente direi che Anja Harteros al debutto nel ruolo mi conferma che le si addice di più un repertorio verdiano , comunque bravissima e bella anche se i suoi acuti verticali non hanno la morbidezza necessaria.
Luca Salsi possente baritono della grande scuola italiana , qui lo hanno considerato una rivelazione , perfetto nel ruolo e un po’ sacrificato nella sua grande aria ” nemico della patria ” dalla regia che lo fa cantare in alto mentre di sotto ..torturano Kaufmann.
Bravissimi tutti gli altri con dizione italiana corretta, salvo un ” ciorni ” della Contessa che peraltro poteva venire anche dalla corte d’Asburgo ….
Bellissimo cameo della straordinaria Elena Zilio , benediciamo i suoi settantacinque anni così ben portati!
Molto interessante la direzione musicale di Omer Meir Wellber , questo giovane direttore istraeliano ha bene interpretato la partitura , si vede che ama il Verismo . Lo avevo già notato nel Mefistofele di Boito.

Notevoli le scene scorrevoli a vista , un particolare apprezzamento per le luci straordinarie e perfette le masse corali dirette da Stellario Fagone.
Di Jonas ho già detto tutto all’inizio . Se lo merita tutto il titolo di miglior tenore del mondo attualmente . Sale vertiginoso e sicuro nelle impervie arie piene di acuti e di passaggi , il suo colore un po’ imbrunito dopo la pausa forzata è ancora se possibile più affascinante , e de visu , non è neanche tanto ingrassato .
Gli resta sempre un po’ forzato l’attacco di “ora soave” , ma solo uno come lui riesce a cantare ” si fui soldato ” sbattuto per terra come un cencio ….

Una piccola nota di costume per chiudere : nel foyer oltre al sanculotto che dstribuiva la Dichiarazione dei diritti dell’uomo si aggirava una signora francese vestita come la sua bandiera : rossa la gonna lunga , blu il corpetto, fichou bianco al collo .
Come a ribadire che i valori della Rivoluzione francese sono ancora patrimonio comune agli occidentali .
A quando una versione francese dello Chenier? Ne sarei molto curiosa …..

quattro stagioni

 

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La forsiythia ce l’ha fatta anche quest’anno . In ritardo rispetto alle foto gloriose della stessa pianta fotografata da una mia amica in Provenza è fiorita anche se meno abbondantemente pure a casa mia.

Praticamente esposta a nord , sul mare e a un tiro di bora da Trieste il vento lo riceve da quella bocca del Quarnaro che si apre alle steppe siberiane.

Ogni volta penso che sia un evento speciale e dimostra la stessa tenacia rinnovata nel campare a dispetto dei santi…..

E’ il segno vero della primavera in arrivo anche nel mio minuscolo giardino, l’evolversi naturale delle stagioni.

 

Quattro stagioni… e ogni volta mi accorgo che per me la primavera non è la stagione vincente anche perché nonostante la retorica della natura che rinasce a me la primavera mette un senso di nostalgia .

Da ragazzina ero innamorata dell’autunno , poi in età adulta , complici forse le Festività e soprattutto la neve che voleva dire sciare ho prediletto l’inverno.

Adesso , lo dico senza tentennamenti la mia stagione prediletta è l’estate , ho bisogno di sole evidentemente .Il caldo scalda le ossa dei non più giovani e anche se ormai catalogare le età come soltanto ai tempi dei miei genitori sembra impossibile ,direi che comunque un certo limite il giovanilismo ce l’ha.

Analizzare il perché della sottile nostalgia che mi pervade al rifiorire delle piante significa semplicemente contare il tempo che inesorabile passa e si consuma nel rinnovarsi.

 

Del resto quando giovane entusiasta giravo la regione in rappresentanza dell’Agis Scuola con i componenti dell’Orchesta Filarmonica Marchigiana e facevamo delle bellissime lezioni ascolto nelle scuole secondarie superiori con le Quattro Stagioni di Vivaldi il gradimento dei ragazzi era sempre vario e divertente.

Ricordo lo stupore dei giovani , spesso era la prima volta che ascoltavano musica classica, ma ricordo anche che la primavera non era quasi mai la stagione prediletta.

i ricordi si accumulano : dai concerti al bellissimo albergo di Monaco dove alloggiai un’unica volta in occasione della mostra di un amico pittore importante : Il Vier Jahreszeiten , le prime parole che imparai a leggere in tedesco , ma anche questo ricordo è molto antico , adesso il bellissimo albergo appartiene ad una importante catena e non si chiama più così.

Sono partita dalla pianta rifiorita in giardino per immergermi in un mare di ricordi ,scherzi della primavera .

Per chiudere in leggerezza non mi resta che consolarmi con la pizza Quattro stagioni , almeno lei il nome non lo ha cambiato anche se per me non è tanto più digeribile se mangiata la sera!

 

 

Del recitar cantando

 

 

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Torno sopra un argomento che per molti amanti della lirica è sicuramente marginale ma che a mio avviso fa oggi la differenza tra una messa in scena banale e una eccezionale..

Parlo di piccoli gesti , quelli che colpiscono il mio amico “critico/spinto” e che regalano quegli attimi indimenticabili che fanno dire : io c’era.

Lui fa riferimento ad un picccolo gesto sensuale della grande Anna ( che ha un grande difetto comunque ed è quello di imporre il marito ) e io invece faccio riferimento al contrario a quello che non si dovrebbe fare : in un minuscolo video amatoriale sulla morte di Violetta , magica lei , c’è un piccolo neo : Armando dà un’occhiata al Maestro ..” non sia mai cadessi fuori tempo” …e la frittata è fatta!

Per molti anni ho combattuto insegnando recitazione ai ragazzini e devo dire anche ottenendo pregievoli risultati , infattti ad alcuni ho rovinato la vita facendogli scegliere la ingrata via del palcoscenico.

La prima lezione era sempre la stessa . Urlo disumano da parte mia : fermi con la manina!

Trappola infernale , la mano . Quando parliamo , anche gesticolando , non facciamo mai quel gesto innaturale di tenere la mano a mò di elemosina , rovina qualunque battuta , anche una meravigliosa tirata sofoclea-

Rischio due : allargamento delle braccia a sproposito , se non li blocchi in tempo gli attori sembrano tutti dei vigili urbani che dirigono il traffico .

Quindi : ferma la mano , non allargare le braccia …e si ottengono risultati di incredibile realismo e phatos.

Se applicato alla lirica diventa un metodo impietoso di giudicare il livello di qualità attoriale ed ecco perché solo pochi , anzi pochissimi non cadono nella trappola gestuale.

Sono i cantanti preparati , quelli che non hanno paura della nota da emettere , quelli che hanno studiato tanto da permettersi di scordare che stanno cantando e recitando una parte.

Colpa grave la hanno anche i registi che non curano la recitazione , magari preoccupati di far marciare i cori in fila per due ( col resto di tre) e non perdono tempo a spiegare che non è piantandosi a gambe larghe e braccia spalancate che si ottiene un minimo di credibilità per quello che si canta ( e si dice).

Oggi poi che le riprese video sono così frequenti si aggiunge il rischio dell’occhiata al Maestro , inevitabile , ma che deve essere discreta ,impalpabile direi e solo alcuni bravi ci riescono quasi da farla sembrare distratta.

 

A questo punto i melomani veri , quelli per i quali conta la “canna” mi sommergeranno di insulti . So bene che una voce non la rimedia la buona recitazione , ma so anche che una voce senza una buona preparazione attoriale non diventerà mai una gran voce , non ci farà fremere sulle note anche troppo conosciute ma che tornano nuove e vere solo nella magia di un canto naturale e credibile.

Ovviamente non parlo mai in astratto , questa nota mi è venuta in mente mentre guardavo in televisione un faraginoso Don Carlo , pieno di colonne e stendardi ,di abiti rigorosamete belli che “ohibò ! sembrano usciti da un quadro” laddove la tragica storia di quel povero figlio di Filippo secondo , orbata pure dell’atto di Fontainebleau e nel quale i tre magici duetti d’amore si svolgono sempre il più lontano possibile l’uno dall’altra , i gesti di tutti sembrano essere dettati esclusivamente dall’esigenza di passeggiare in qua e in là per la scena.

Nel caso di specie si salvava solo un gran Filippo secondo , al secolo un notevole Ibdar Abdrazakov.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

su una conferenza

 

 

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Una piccola storia a fin di bene per raccontare quanto di positivo ci può essere nella frequentazione di quei social demonizzati da coloro che non sanno quanto possono essere piacevoli se usati bene.

La storia comincia quando un amico raffinato e gentile mi segnala una bella conferenza sui Meistersinger che stanno per essere ripresi alla Scala.

Ovviamente la conferenza era a Milano e non avrei mai potuto accedervi .

Qui comincia la catena divertente :

l’amico Uno mi dice di chiedere l’amicizia a un suo amico che sicuramente ha la registrazione della conferenza.

l’amico Due , della cui amicizia in realtà già godevo , si dichiara subito disponibile a inviarmi il file che però è un po’ pesante e a questo punto coinvolge un amico Tre che mi manda la mail con un sistema che non conoscevo e che permette di inviare files pesanti .

Ed ecco che due giorni dopo nella posta ho il file : felicemente , come se fossi a Milano ascolto alla mia scrivania la bella e interessante conferenza .

Passo due ore piacevoli di ascolto e mi pare di essere lì , tra quei dotti signori appassionati wagneriani che forse non incontrerò mai , ma che mi hanno regalato un ascolto di cui non avrei potuto godere . Potenza della rete!

 

Qui però parte la seconda parte del mio pensiero : In realtà la conferenza mi racconta ben poco di nuovo o che non sapessi già: ho ascoltato e visto i Maestri Cantori tante volte ( da quella classica fiorentina con le casette di Norimberga cinquecentesche , a quella fantasiosa salisburghese fino a quella per me azzeccatissima di Monaco lo scorso anno) e tutte le argomentazioni possibili sulla identificazione di Wagner in Sachs , oppure sulla sua identificazione in Walter Van Stolzig sono possibili e praticabili .

Si tratta di un’opera bellissima , un miracolo musicale continuo in cui fra l’altro per l’unica volta Wagner usa una preziosa forma di quintetto ( lui che disdegnava il canto all’italiana e che è uno dei momenti magici dell’opera del quale il dotto conferenziere non ha fatto cenno ) e io l’ho sempre ascoltata divertendomi tutte le cinque ore senza avere mai un momento di caduta nell’ascolto.

Capisco Daniele Gatti quando dichiara che si diverte a dirigerla.

Dove invece mi fermo e me ne dispiace è quando i musicologi cominciano a citare le straordinarie figure musicali wagneriane .

Il mio è un ascolto profano , da dilettante ,diciamo addirittura da ignorante .

Non sarò mai in grado di spegare tecnicamente il Tristan-accord , ma so che è la magica porta musicale che apre il Tristano e non saprò mai molto di più dell’Amen di Dresda ,ma lo riconosco con un brivido di piacere nel preludio del Parsifal.

Devo concludere che forse è bene che le belle conferenze io le ascolti da lontano , non sono all’altezza di partecipare di persona.