Aiace o del destino .

 

Ogni anno , alla fine di una fatica bellissima , arrivare alla messa in scena di un testo con dei ragazzi , mi porta a riconoscere quanto ancora la cultura classica possa entrare nelle menti giovani più di tanti discorsi scolastici sui valori dei medesimi , sull’attualità perenne delle tematiche trattate.

Non è un luogo comune : i greci hanno già scritto tutto , poi sono venuti altri genii, primo fra tutti Shakespeare , a ripetere le grandi verità dell’uomo ma la fatica di esistere , il combattere contro un fato sempre onnipresente , la diatriba tra il senso dello stato e il senso privato dell’essere sono già tutti lì , nei testi che ci sono arrivati da tanto lontano.

Per questo oggi , quando si parla di teatro nella scuola rabbrividisco perché penso alla inutile sequela di “musical” , al teatro dialettale e orrore sublime , alla scrittura creativa , vale a dire “ti racconto i fatti miei e poi li mettiamo in scena”.

Certo che fare teatro antico vuol dire farsi capire poco all’inizio , vuol dire non cercare l’applauso facile , spesso vuol dire non appagare la vanità dei genitori che cercano , anche loro , il successo gratificante per i figli.

Il teatro antico è un teatro di parola , quanto di più lontano oggi dall’essere tutto quello che fa spettacolo basato sull’immagine e sugli effetti speciali .

 

Io che amo la musica e il melodramma in particolare porto in dote nei miei allestimenti molto di quello che amo di più .Un po’ di musica ( spesso diffficile agli orecchi sordastri dei miei ragazzi), un po’ di scenografia minimal , insomma faccio della piccola intzenierung casalinga , coadiuvata , anzi molto ben sostenuta da una giovane operatrice di teatro della scuola ( ce ne fossero nel nostro paese persone preparate come lei!) che mi segue da quando ragazzina cominciò la sua avventura come corista da una sola battuta.

 

Quest’anno la scelta è caduta sull’Aiace di Sofocle anche per il motivo banale che avevamo un giovane gigante che fa teatro con noi da tanti anni e quindi maturo per reggere un ruolo impegnativo e abbastanza ingrato: sta in scena cadavere per un tempo lunghissimo!

Con la libertà che mi insegnò in anni lontani il teatro di ricerca abbiamo , oltre ai notevoli tagli del testo per renderlo fattibile a livello amatoriale, manomesso la struttura sofoclea:
Il nostro Aiace non muore a metà tragedia e resta lì ingombrante in quella che sembra essere una storia diversa . Noi addirittura lo abbiamo , con una circolarità spazio tempo ,fatto morire all’inizio e poi attraverso un racconto a ritroso ricongiunto il testo alla fine con la stessa battuta dell’inizio.

Il pubblico di oggi è ben abituato a queste giravolte e un risultato positivo è stato quello venuto dal commento di una spettatrice: il testo di quest’anno era molto più corto del solito!!

Non era vero , ovviamente , i nostri spettacoli durano esattamente il tempo di tutte le recite scolastice : un ‘ora scarsa , ma questo semplice meccanismo teatrale ( Sofocle ci perdonerà) ha reso il divenire degli eventi più comprensibile agli spettatori.

 

Due i grandi temi : la sfida perenne dell’uomo al Fato con quello che comporta lo sfidare gli dei rendendosi artefici del proprio destino e il senso della pietà nel del diritto alla sepoltura : qui il fratello Teucro , una sorta di Antigone virile ,sostengono questo assunto.

I giovani coinvolti nella fatica alla fine erano felici e orgogliosi , sicuramente nelle loro menti resterà il senso di antichi valori , la gioia di avere partecipato a una ricerca meno banale del senso dell’essere , anche se è fatica oggi fargli abbandonare anche solo per un paio di ore alla settimana la perenne appendice dei loro telefonini.

 

 

…dalle note al programma

 

L’Aiace e’ una tragedia duplice , teatralmente non facile da mettere in scena . Affronta due temi di forte impatto . Il primo riguarda la sfida dell’uomo alla divinita’ e la tremenda vendetta che ne segue.

La sfida di Aiace ad Atena ne provoca la follia , non deve mai l’umano mettersi a confronto con la divinita’ , ne uscira’ sempre sconfitto.

Il secondo tema che ci riporta direttamente ad Antigone e’ quello del diritto alla sepoltura anche di chi ha disubbidito o peggio ha offeso l’ordine costituito,

Il grande corpo di Aiace , ingombra tutta la seconda parte , e’ una delle rare tragedie con il cadavere in scena e la presenza del morto diventa un segno forte e di difficile resa teatrale.

Noi abbiamo rischiato molto , abbiamo fatto una specie di giravolta spazio-tempo: Aiace muore all’inizio , praticamente la sua presenza muta copre tutto lo spazio scenico e con una sorta di flashback raccontiamo la prima parte come un gia’ vissuto per ritornare ciclicamente alla fine.

Prima e ultima battuta coincidono . Sofocle perdonera’ il nostro ardire …al tempo della rivoluzione spazio/ tempo abbiamo pensato di rendere piu’ facile la lettura di questo capolavoro assoluto.

 

 

 

Jonastag, il crooner

 

mentre la stampa e tutti i siti dedicati parlano del trionfo kaufmanniano come Walther von Stolzig , anche un po’ esageratamente in alcuni casi perché di sicuro il grande e pregievole risultato dell’allestimento monacense ha diversi padri: Il primo è Kiril Petrenko che dalle prime note dell’ouverture mi ha fatto capire che stavo ascoltando un’esecuzione straordinaria , poi anche dalle idee del regista David Bösch( di cui avevo già molto ammirato L’Orfeo lo scorso anno )e non ultimi in ordine tutti gli altri lodevolissimi interpreti a cominciare da Wolfgang Koch, perfetto interprete di un Hans Sach dalle inedite sfumature.

 

Insomma un grande successo corale in cui sicuramente Kaufmann ha portato il suo carisma di divo ,la sua voce unica e la sua capacità attoriale eccezionale.

Oltre a tutto è riuscito in scena a levarsi dieci anni buoni , che si ritrovavano tutti anche nell’intervista che lui ha rilasciato sulla seggiola nel corridoio del teatro e che è nel video del BSO.

Quello di cui invece mi piace parlare è della sua performance nel ricevimento del dopo teatro.

Si festeggiavano anche i cinquanta anni di carriera di un cantante del teatro , uno che in anni lontani aveva anche cantato nel ruolo di Beckmeser e la cui foto , mi pare di avere capito , è anche tra le immagini che sono proiettate alla fine dello spettacolo, quindi una bella festa con questo particolare che spiega anche qualcosa di più della grande famiglia che è la compagine del Bayerichestaatsoper.

Per me Jonas era ancora abbastanza nel ruolo di cantore e gli è sembrato naturale avvicinarsi al complessino che suonava per mettersi d’accordo sull’omaggio da fare al vecchio collega .

Inoltre il giorno prima il Bayern aveva vinto la Bundesliga e nella festa in Marienplatz Ribery aveva intonato “Volare” , una specie di inno popolare anche in Germania , oltrettutto lo cantano anche all’Ocktober fest,ormai ,con le dovute differenze di valori è un po’ come Bella ciao , tra un po’ verrà definito canto popolare del XX secolo.

Quindi Jonas ha attaccato l’Inno dai molti significati e poi si è divertito a fare il crooner alla Sinatra …e io lo trovo fantastico !

Quel bambino che non la smetteva mai di cantare in casa e la mamma esasperata ce lo aveva portato pure dal dottore , quel bambino che è ancora nell’animo del grande tenore ogni tanto viene fuori per la gioia di chi era presente e per la delizia di chi ha saputo del “cameo” dai giornali il giorno dopo.

E pensare che per contratto gli è vietato di emettere suoni che non siano ragguardevolmente e profumatamente compensati .

Bisognerebbe andarlo a spiare ..mentre si fa la doccia…

 

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Meistersinger – capitolo terzo.

 

Il primo fatto che mi viene in mente pensando a Walther von Stolzing è una storia che riguarda Ludovico di Baviera .

L’inquieto sovrano tanto legato a Wagner ,un giorno , tormentato dai tanti problemi di Stato che il suo ruolo di Re richiedeva , era fuggito dal castello di Berg a cavallo facendo l’avventuroso viaggio per presentarsi al suo idolo che se ne stava nella villa di Tribschen presso Zurigo ,avvolto in un grande mantello e con il volto nascosto da un grande cappello chiedendo di essere annunciato col nome del romantico cavaliere dei Meistersinger.

 

Ovviamente , dalle foto abbondantissime di scena dell’attuale allestimento si capisce che il teatralissimo travestimento oggi non avrebbe lo stesso fascino d’antan.

Resta però il fatto che nella vicenda che doveva essere una commedia leggera e che invece in Wagner , more solito , era diventata una specie di sacro testo sul senso del concepire la libertà nell’arte , il ruolo di Von Stolzing è quello legato alla scelta di essere ribelle e libero da vincoli e regole da rispettare.

 

Il nobile cavaliere arriva della ricca città , roccaforte di una solida borghesia germanica dove la rigida regola del Bar nella composizione dei Lieder è fonte di sicurezza nella valutazione di ciò che deve essere definito Arte.

 

Lui invece viene da lontano , dal suo vecchio castello dove accanto al caminetto aveva imparato la sua arte di poetare dalle storie di Walther von der Wogelweide , l’llustro trovatore del tempo passato .

Il suo canto, sembrerebbe rompere con la tradizione quando ìn realtà il suo essere libero dalla rigida regola lo rivela invece portatore di valori ad un tempo nuovi e forse nel fondo anche più antichi.

 

Lo capisce Hans Sachs : diciamo che si apre il dibattito tra i confusi Maestri e intanto scoppia la rissa insieme agli amori . Siamo un po’ dalle parti di un musical americano ( mi si perdoni la licenza) e l’eterna lotta tra giovani e vecchi , condita da una musica tra le più felici del grande compositore che poi purtroppo ha trovato anche lo spazio per essere considerata una sorta di documento/bandiera addirittura dei dettati nazionalsocialisti hitleriani.

 

Levare all’allestimento tutti i gonfaloni , le casette gotiche di Norimberga , l’alone nazionalista e farne una commedia atttuale in una citta non ben definita , tra case popolari di una periferia anonima penso sia una scelta che sia servita anche a cancellare tutto il pericoloso ciarpane nazionalista.

 

Ora non mi resta che aspettare. La data del mio biglietto è lontana , il nuovo cantante neomelodico JK è già pronto con la sua chitarra per intonare le due meravigliose arie che gli competono.

Per un discorso serio e per una valutazione dello spettacolo rimando i miei affezionati lettori a dopo la mia visione diretta dell’evento tanto atteso..

 

 

 

 

 

 

Meistersinger -capitolo due

 

Molti anni fa quando il Maggio Musicale Fiorentino era veramente una cosa seria vidi i miei primi Maestri Cantori e mi innamorai di Hans Sachs: Il ciabattino poeta , il punto di riferimento culturale di una città mercantile che viveva le sue giornante di gloria nella fierezza della sua Gilda dei cantori e nelle sue certezze di valori tradizionali.

Hans Sachs è un uomo non più giovane , è rimasto solo , ma la sua vena di follia “ il whan “ wagneriano gli consente di godere sia della stima dei suoi concittadini sia di coltivare le sue aspirazioni poetiche godendo della gloria che ne deriva.

Sachs è il chiaro alter-ego di Wagner , l’uomo della tradizione capace però di capire il nuovo e di coglierne anche tutte le spinte innovatrici.

Quando il cavaliere francone Walther von Stolzing entra a gamba tesa nell’agone musicale l’unico a capire il senso di novità che il giovane porta è proprio il massimo custode dei rigidi codici che sovrintendono alla gara di canto.

Sachs coltiverebbe anche il sogno di impalmare la giovane Eva ed è proprio nell’annusare il profumo dei lillà che il suo cuore si scioglie .

Pagina di un incanto sublime che si incrocia con la meravigliosa musica del Tristano , non a caso Wagner componeva le due opere nello stesso periodo e il poeta anziano , risvegliandosi dal suo sogno di gioventù finirà per aiutare il giovane a sconfiggere con la sua novità di canto la rigida regola dei Cantori ed a fargli impalmare la giovane fanciulla , premio per il vincitore della gara..

 

Tante cose ancora ci sarebbero da dire di questo personaggio così tanto umano e al quale Wagner fa anche dire che lui in fondo la figura di Re Marke proprio non la vuole fare .

Le autocitazioni si sprecano e la tirata finale contro la cultura latina che tanto faceva inorgoglire il caro zio Adolf va letta anche come un’invettiva contro quella Francia che aveva tanto penosamente criticato il Tannhauser e contro la quale il vendicativo Wagner lancia i suoi strali attraverso il canto orgoglioso di Sachs.

 

La divertente figura dell’allievo David che ad un certo momento di accorge pure che Johannes e Hans sono la stessa cosa e che quindi nel giorno di San Giovanni si deve festeggiare il suo padrone , la pesante burla nei confronti dello scrivano , l’accordo abbastanza sospetto col ricco padre di Eva , tutto è burla non però nel senso verdiano del Falstaff , qui la burla è sempre disegnata con più rigore e oserei dire con più pesantezza , come quella Madonna del Duhrer che in realtà non è mai esistita se è vero , come lo stesso Wagner nel suo Mein leben racconta ,di essersi ispirato piuttosto alla Madonna del Tiziano nella Chiesa dei Frari a Venezia.

 

MI fermo , il terzo capitolo lo dedicheremo al romantico cavaliere .

 

.. cominciamo con i Meistersinger

 

il mio blog si riempirà di Maestri Cantori per un bel po’ di tempo, visto la doppia felice occasione di parlare del mio adorato tenore nelle vesti cucite su di lui di Walther von Stolzing e del mio amatissimo Richard Wagner al quale aggiungo tutto un ottimo cast e soprattutto un direttore fantastico come Kiril Petrenko.

 

Intanto alcune citazioni storiche : la prima assoluta fu proprio a Monaco di Baviera nel novembre del 1862 e inotre fu la prima opera a riaprire il teatro ricostruito dopo la guerra nel 1963.

Quindi per Monaco questa opera ha un significato ben più grande di altre opere di Wagner che comunque furono eseguite qui per la prima volta.

 

Ma per cominciare a parlarne mi concentro sul personaggio più difficile e controverso : quel Sixtus Beckmesser , lo scrivano conservatore che fu caricato da Wagner stesso di significato grottesco tanto da farlo parlare con accento che alcuni pensarono addirittura ricordare il modo di parlare degli ebrei e che guarda caso ricordava anche il modo di esprimersi di quel critico tanto odiato dal nostro autore che risponde al nome di Hanslich e che era notoriamente non proprio nel cuore di Wagner.

Anche se …ma qui il discorso si allontanerebbe dal personaggio , non sono sicura che i germanofili insigni capirono bene questo antisemitismo.

 

Parliamo allora di Beckmesser e di quello che riesco a leggere nelle premesse di questa regia .

Già nella splendida edizione di Salisburgo del 2013 grazie soprattutto alla notevole capacità attoriale di Markus Werba il personaggio veniva fuori molto meno caricaturale che in passate edizioni e qui adesso addirittura si legge che anche se il canto nuovo di Walther vince resta l’amaro della perdita per i valori che il povero scrivano battuto rappresentava .

Nel finale il povero Beckmesser scompare tra la folla , la sua uscita di scena senza un vero perché non ne fa un totale sconfitto , forse nella vittoria abbastanza combinata del nuovo c’è molta amarezza che sa di “combine”…

 

Mi piace non deridere troppo il povero scrivano tradito proprio nella difesa di quei valori della ferrea tradizione di cui lui si sentiva depositario, se ho ben capito dalle note di regia di questo allestimento.

 

Anticipazione sulla prossima puntata : si parlerà di Hans Sachs.

 

 

 

 

 

 

Una piccola storia curiosa

 

all’inizio degli anni novanta del secolo scorso c’era la guerra in quella che chiamavamo ancora Jugoslavia e la nostra vicinanza con l’altra sponda faceva sì che cominciassero a venire persone in fuga.

Fu così che un giorno mi telefonò un’amica giornalista chiedendomi se avrei potuto ospitare come piccolo aiuto domestico una ragazza che veniva , insieme ad una amica, dalla Dalmazia : Io che avevo un nipote piccolino chiesi a mia nuora se la cosa la interessasse . Ci accordammo con un part-time diviso e accettai la ragazza, mi pareva oltre tutto di fare un’opera buona,visto che dall’altra parte dell’Adriatico c’era la guerra davvero.

Quando la giovane si presentò alla porta ebbi come una visione , una top- model. Alta , bionda , occhi azzurri , un volto morbido , in altre parole bellissima.

Non portò grande aiuto alla gestione della mia casa , stava molto in camera sua e studiava l’italiano , in compenso la mattina se ne andava presto a casa di mia nuora e si portava a spasso il piccolo Leonardo.

Fu anche un periodo nel quale molti amici presero a frequentare le mie cene con maggiore frequenza…..

Venne pure con me in montagna e mi ricordo che quando mi disse che il suo ragazzo era stato richiamato militare mi disse: “posto tranquillo , vicino di Bosnia”. Frase che ricordai con un brivido in seguito.

Arrivata verso ottobre, a Pasqua tornò a casa , dicendo che sarebbe rientrata da noi ma poi scomparve senza nessuna comunicazione,

Non la vidi più , soltanto dopo molto tempo mi arrivò una cartolina di saluti …

 

Passano 25 anni : qualche sera fa su Fb mi arriva una richiesta di amicizia ; molte le ignoro perché per mia abitudine non accetto amicizie sconosciute , ma questa volta il nome : “Nina” e la località Makraska mi fecero pensare al passato . In più la persona ,che sul profilo si vedeva poco perché nascosta da un bambino sorridente , si dichiarava avere studiato alla scuola di economia di Spalato….

Le mandai un messaggio privato e la risposta fu proprio carina : si signora , sono la sua Nina , mi piace il suo impegno sociale e la ricordo con affetto perché lei è stata la mia maestra di italiano.

Abbiamo seguitato a darci reciprocamente informazioni sulla vita che ovviamente è tanto cambiata per tutti. Il piccolo bambino che lei portava a spasso è laureato alla Bocconi , il signore che voleva solo parlarle in inglese non c’è più , ma attraverso la rete lei mi ha ritrovata e , passato un quarto di secolo e molta storia , si è fatta viva con affetto nei miei confronti.

 

La storia mi ha messo allegria e questa volta mi piace condividerla sul mio blog perché è molto carino pensare alla rete anche come strumento che può essere positivo per i rapporti tra noi esseri umani.

 

Il sindaco di Londra

 

Ogni tanto , molto di rado , dal mondo mi arriva una buona notiza:
a Londra hanno eletto un sindaco laburista , musulmano e favorevole alle nozze gay.

Mi si dirà : ma tu che c’entri. Non sei ingese , non sei laburista e non sei gay.

Aggiungo anche che quando vado in Inghilterra comincio a lamentarmi prima di partire perché devo trovare le sterline , perché tutto costa più caro , perché mi devo ricordare della spina universale e quando torno devo fare la fila perché assurdamente mi dicono che non torno dall’Europa.

 

Nonostante tutte queste premesse la notizia mi ha messo allegria : in un mare di notizie terribili , negative , tragiche se non avvilenti come la corruzione di questo mio paese che quando è vera mi fa male e quando è strumentale a fini elettoralistici mi fa anche molto arrabbiare , che ci sia un paese civile in questo particolare momento storico capace di dimostrare a grande maggioranza di credere in un mondo migliore mi fa ancora sperare che la razza umana si possa salvare dall’abisso di cattiveria e stupidità nella quale è precipitata.

 

Si ripete nella mia testa quello che fu l’effetto Obama otto anni fa.Ho ancora la spilletta Obama witness history 2008 e mi ricordo che un ragazzo ad Harlem mi disse grazie per la strada ( si era alla fine della campagna elettorale e non era certa la vittoria di quel ragazzo “abbronzato”).Non credo che avrò la stessa reazione se vincerà Hillary Clinton , nonostante sia una donna e pure democratica , certe reazioni ingenue fanno parte della mia testa romantica e idealista , e la Clinton idealista proprio non mi pare.

 

Tornando a Londra e a questo sindaco di cui per ora non so niente altro di quello che dicono abbastanza ageograficamente le notizie d’agenzia ,però mi basta per essere contenta anche perché questa volta non mi si potrà dire che mi piacciono solo i belli :questo avvocato pakistano non mi pare un Adone e da questo punto di vista il suo avversario era molto più figo.

Eppoi mi piace che sia un avvocato . Io gli avvocati bravi li amo , infatti ne sposai uno tanti anni fa e so che quando sono bravi possono essere tra le rare persone che veramente cercano di aiutare il prossimo nel modo più bello che è concesso agli uomini , usare il cervello .

 

Dopodichè rientro nel mio pessimisto cosmico ,bisognerà vedere cosa significa veramente questa vittoria , se non è solo la civile alternanza di un paese democratico , se alla resa dei fatti , come certamente avverrà , non è che cambieranno molto le cose in Inghilterra .

Comunque sia stamani c’è una bella aria di primavera e per rallegrarmi in omaggio all’Inghilterra metterò a palla il concerto per violoncello e orchestra di Elgar che mi piace tanto.

 

 

 

JOLANTA

A Firenze per la Jolanta di Tchajkovskj . Molta curiosità ,chiedo lumi  e la solita garanzia dell’amico statistico melomane : la musica e stupenda ! E  allora parto, aveva ragione.

In più una cosa che non avevo considerato , mi ha divertito anche la storia . Dopo tante opere che uno sa a memoria , con tutti i pregi che la conoscenza comporta ,sentire una cosa nuova , leggere un libretto mai letto , vedere un’ allestimento mai visto ( anche se molto Met ) vale a dire un tantino banale , e’ cosa molto divertente.

Comincio dalla musica , veramente magnifica , poi se una come me sa l’Onegin a memoria e lo ama tanto ci ritrova le arie adorate ( per me soprattutto la bellissima aria di Lensky) anche se il tenore diciamo che non era il punto di forza del cast.

Ultima opera di Tchajkovskj , un’ora e quaranta di musica ininterrotta , tanto che lo stesso autore aveva addirittura consentito di abbinarla allo Schiaccianoci . In effetti bisogna considerare che erano più resistenti gli spettatori di una volta!

Un fluire musicale magico , come magica è la storia bellissima che la fiaba racconta , addirittura una fiaba   francese del Quattrocento , ma che nelle magiche note del nostro autore diventa tanto russa che piu russa non si puo’.

Affascinante melo di una principessa nata cieca che non sa di esserlo perchè non conosce la luce , di un Re padre che vorrebbe guarirla e per farlo si rivolge ad un medico moro e il medico moro dice che solo la volonta’ di volere vedere attraverso la conoscenza della propria  menomazione potrà portare la principessa alla guarigione e qui entra in scena l’amore di un cavaliere che nell’amarla le svela il vero , quello che lei non sa , il suo non vedere e questo avviene quando lui le chiede romanticamente una rosa rossa e lei ostinatamente e senza capire perchè seguitera’ a offrirgliene  invece una bianca.

Bellissima aria di Jolanta che spiega non considerarsi menomata perché il profumo dei fiori non occorre vederlo , come il canto degli uccelli e il mormorio delle acque di un fiume che si sentono anche senza vederli… Bellissima intuizione sul senso intimo della percezione della differenza dell’essere degli umani.

Poi la trama si complica un po’ e finisce molto retoricamente nel sacrificio di accettare la vista per amore , ma e’ un amore per la luce di Dio , che secondo me ( e qui apro un dibattito ) potrebbe anche voler dire che la sua vista acquisita sia una simbolica vista interiore , certamente il finale della trama mi sembra decisamente pieno di strano trionfalismo religioso.

Il libretto scritto dal fratello Modest , scusate il calambour , ma pare un pò modesto e pasticciato , con pagine di poesia purissima e pagine decisamente e disperatamente kitch.

Dell’allestimento ho apprezzato la camera prigione della cieca , i cervi nel bosco e ovviamente il cerbiatto vittima immolata . Un po’ meno gli sci del cavaliere e compagno e le camerierine uso sanatorio svizzero . Nell’insieme comunque uno spettacolo elegante che si puo vedere su You Tube con la Netrebko e Bekzala .

Qui a Firenze la compagnia di canto ottima nelle voci dei classici registri russi : il basso Alexej Tanovitski e il baritono Mikolaj Zalasìnski veramente eccellenti . Lei molto carina e sicuramente di buon livello, Victoria Yastrebova , difficile per me valutare il tenore Vsevolod Grivnon , odio la categoria se non sono belli e bravi  a modo mio.

Ottimo il direttore Stanislav Kochanovsky, ottima al solito la duttile orchestra fiorentina e il notevole coro. Tutto sommato valeva sicuramente il viaggio.

Una curiosità che deriva dal saggio che accompagna il programmone di sala del Maggio . Gustav Mahler si  ricordò di questa Jolanta nel movimento finale della sua Seconda sinfonia detta Resurrezione ; quasi un sottotitolo anche per questa ultima opera di Tcajkovski.

BUNDESVERDIENSTKREUZ

 

 

 

Ieri mattina quando praticamente in tempo reale sono apparse sul mio computer le prime foto della consegna a Jonas Kaufmann della Croce al Merito Federale inviate dal suo press-agent nonchè fedele amico e biografo Thomas Vogt ho provato gioia per lui e insieme gratitudine per tutte le volte che attraverso la sua voce ho potuto passare momenti felici nella mia vita.

 

 

Mi sono subito ricordata della foto nel libro- biografia in cui il piccolo Jonas al pianoforte è guardato con attenzione e tenerezza dalla sorella più grande, quando le sue piccole manine non erano sufficenti per suonare il piano e il bambino tanto amante della musica fu mandato nel coro della scuola nel quale avrebbe poi scoperto il grande dono che aveva in sé , la sua voce.

Quella sorella affettuosa che poi in Italia lo avrebbe lasciato solo per andare a giocare con ragazzini più grandi costringendolo così ad imparare l’italiano se voleva farsi capire dai suoi piccoli coetanei.

Ho pensato anche a quella foto del bambino buono nel banco di scuola con il suo premio davanti e la cartella dietro , un’espressione di bontà orgogliosa che penso nella giornata di ieri sia ritornata sul volto del nostro amato tenore.

 

 

Le cerimonia di consegna delle onoreficenze da parte del ministro incaricato ci ha mostrato la sobrietà dell’evento..

Tutti i premiati seduti in circolo davanti all’oratore ,Jonas mi è sembrato addirittura il più giovane , persone molto normali tutti insigniti della onoreficenza che premiava il loro impegno nella vita sociale , culturale , educativa e artistica .

Infatti anche nella motivazione del premio a Kaufmann, oltre al riconoscimento ai suoi meriti artistici per avere portato la sua voce su tutti i palcoscenici del mondo non a caso è stato fatto riferimento al suo impegno nel progetto del Bayeriche staatsoper che riguarda l’avvicinamento dei bambini alla musica di cui lui è testimonial e sostenitore,teatro di cui Jonas oltetutto è anche Kammersänger.

 

Nella grande salone dopo la solenne cerimonia si aggiravano premiati ed invitati tra i quali c’era anche un veccho signore con tanto di barba e cappello e ho potuto vedere anche tanti dirdl come a testimoniare un senso della tradizione forte e commovente che posso definire con l’attaccamento a quella parola intraducibie in italiano e che si chiama Heimat.

 

La foto di Jonas con la sorella sta certamente a dimostrare l’importanza che la famiglia ha sempre avuto nella sua vita , nella foto hanno lo stesso sguardo e lo stesso sorriso e la semplice signora vista molto raramente a teatro mi ha dato l’impressione di una serenità compiaciuta nei riguardi del famoso fratello.

 

I frammenti di video e le foto ritraggono un Kaufmann soddisfatto che si guarda orgogliosamente il piccolo distintivo sul risvolto della giacca e spero che lo porti spesso nelle cerimonie ufficiali che certo non gli mancanoI

 

l suo sguardo tanto diverso dalle foto di scena e da quelle che lo ritraggono coni i suoi tanti ammiratori/ammiratrici è lo sguardo sereno di un uomo appagato e orgoglioso del riconoscimento ricevuto.

Questa specie di onoreficenza che in Italia può avere un equivalente nel Cavaliere del lavoro e delle Arti spesso è portata da signori un po’ più anziani di Jonas e spesso dotati di un po’ di pancetta e penso che anche nel suo caso ormai la potremmo pure tollerare perchè in effetti ci potrebbe anche stare!

 

Questa volta chiudo il mio pezzo con orgoglio ed affetto e con un bacio ed un abbraccio ,

da parte della tua vecchia amica italiana.

 

 

LA MEMORIA

monumento-rivolta-di-varsavia-

 

oggi è il 25 aprile , la più importante festa laica italiana : segnò la fine del fascismo ,riaprì le speranze di un popolo verso la democrazia.

Ci lasciavamo dietro una guerra terribile , a rileggere la storia del Novecento segnata da due guerre mondiali e dagli orrori del nazismo ci viene da domandarci perché oggi le nuove generazioni non siano state educate a leggere il passato in maniera adeguata .

Di fronte ad una nuova svolta epocale e biblica quale l’esodo di milioni di esseri umani in fuga ancora da guerre , genocidi di massa e persecuzioni l’Europa non è solo impreparata ma addirittura incapace di trarre insegnamento da ciò che fu per lei una realtà neanche troppo lontana.

Il tempo corre troppo veloce in questo nuovo millennio . Quelli che furono i nostri valori e per i quali morirono giovani di tutte le Resistenze europee oggi sembrano appannati e addirittura valutati col metro dello scetticismo e ricondotti ad immagini di fastidiosa retorica.

Lo spettro del nazismo si riaffaccia in questo vecchio paese stanco: ci siamo dilaniati per secoli , composti e ricomposti gli Stati , gli imperi , abbiamo sfruttati interi continenti e oggi l’Europa , quell’Europa che a prezzo di lacrime e sangue sembrava essere finalmente uscita dai gretti confini delle frontiere , oggi l’Europa recupera nella sua pancia molle ed egoista quella terribile malattia che altri non è che la paura del dover condividere quello che resta di questo nostro pianeta stanco e che abbiamo contribuito tutti ad impoverire.

Vedo con angoscia nuove generazioni abbrutite dalla poca scuola inadeguata e di conseguenza facile preda di consumismi venali.

Si allarga il solco tra le masse e le nuove élite che vinceranno di nuovo , lo sappiano gli sconfitti di domani , è la naturale selezione della specie .

Quelli con lo smartphone in mano , il berretto col logo girato di dietro ,quelli col percing saranno di nuovo strumento in mano alle demagogie pseudo ecologiste , pseudo liberiste e si avvieranno ad essere poveri strumenti in mano ai nuovi potenti della terra i quali non avranno più bisogno di armi , basterà loro il potere grigio della grande finanza internazionale.

Mi fanno pena tutti coloro che oggi pensano di combattere in nome di una rabbia plebea l’avanzata di milioni di esseri umani che premono ai nostri fragili confini sui quali stiamo rialzando assurdi muri e migliaia di reti spinate.

Il 25 aprile sembra avere perso ogni forza attrattiva della memoria ,

la scuola ha perso la sua battaglia , l’Italia ha perso la sua battaglia.
L’Europa tutta rischia di ricadere nelle sue perfide faide di confine .

Poche le voci illuminate in questo deserto di valori , mi pare che solo papa Francesco riesca a dire ancora qualcosa , tentando la strada della comunicazione più bassa e a radunare intorno a sé i giovani , ma dubito che una volta ottenuto il selfie papale resti qualcosa di più nelle loro menti leggere.

 

In Austria vince la destra xenofoba , festeggia Marie Le Pen, noi ci accontentiamo di un Salvini in felpe dagli slogan offensivi anche per menti solo normodotate.

In Germania i neo –nazi riempiono le piazze , l’Inghilterra che pensa alla Brexit come una formula salva-vita festeggia l’incredibile inossidabile regina che forse , come ha scritto un intelligente blogger altro non è che un robot salva immagine della Monarchia.

Nella mia città imbecilli notturni hanno imbrattato con svastiche il monumento alla Resistenza di Pericle Fazzzini , ma non se ne è accorto praticamente nessuno , la scalinata è da tempo coperta di erbacce e praticamente non transitabile.

Con tutto questo capiranno i miei 51 lettori il perché non ho voglia di esporre il tricolore in terrazzo….diciamo : ah, la bugia pietosa , che le condizioni meteriologiche non lo consentono.

 

Il Trittico

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Ogni tanto é bene fare una piccola follia , avevo letto una stupenda recensione ma gli impegni quotidiani mi avevano trattenuto , poi un attimo …e dopo avere controllato il calendario dell’Opera di Roma ho deciso , cancellati dentista , prova teatrale ed altro sono partita con lo scalcinato treno/ tradotta regionale.

Ho fatto bene , anzi benissimo . Credo di potere affermare che é come se non avessi mai ascoltato questo triplice capolavoro pucciniano.

Inchiodata alla poltrona , col fiato in gola e i pugni stretti ho vissuto letteralmente in totale partecipazione le vicende dei diseredati del Tabarro , ho pianto davvero con le povere carcerate di Suor Angelica , ho riso amaramente della grettezza dei parenti in Gianni Schicchi.

Oltre al genio del sor Giacomo , qui meravigliosamente valorizzato dalla raffinata direzione del giovanissimo Daniele Rustioni , non a caso collaboratore di Pappano a Londra , la vera meraviglia é la messinscena e la regia di quello straordinario Damiano Michieletto , da noi non abbastanza amato e valorizzato che riporta in Italia l’allestimento piû distante ed insieme piû fedele del Trittico pucciniano.

 

Intanto l’ambientazione , una meraviglia dello scenografo Paolo Fantin . Un deposito di conteiners al posto della chiatta sulla Senna , un eschimo sdrucito al posto del tabarro , lattine di birra al posto del vino , ma tutto é perfetto e credibile, anzi quest’aria da noir francese aggiunge tristezza e squallore alla vicenda di Giorgetta e Michele , accentuata da quello che Michieletto ha fortemente evidenziato , cioé la maternità perduta , il vuoto di un legame rotto dalla morte in cui si inserisce la rabbia sessuale di Luigi e la sua aria “hai ben ragione ” cantata con potenza da Antonello Palombi che ha anche scatenato uno dei pochi applausi a scena aperta di una rappresentazione che nella sua unitarietà lascia poco spazio alle interruzioni.

 

Sull’urlo finale di Giorgetta si aprono a scena aperta i conteiners e appare il convento/prigione col lavatorio in stile irlandese delle Madeleine. Ad Angelica vengono tagliari i capelli in scena , spogliata e rivestita di sacco ha solo il conforto nella sua cameretta con tante immagini sacre oleografiche della tradizione popolare.

Le suore , prigioniere , tutte protagoniste scenicamente , sono vessate da guardiane in rigidi tailleurs con vistosi crocifissi sul petto.

All’arrivo della zia principessa un colpo di genio registico , c’e anche il bambino vivo che vorrebbe correre dalla mamma ma viene respinto dalle implacabili guardiane cosî che la straziante scena in cui la zia , venuta per chiedere la firma alla rinuncia dei beni della povera Angelica, diventa anche piû tragica nella bugia crudele della morte del bambino. Nel delirio di Angelica arrivano tanti bambini uguali che si spogliano e lei che ne raccoglie le vesti se ne serve per farsi un ventre gravido nel quale cerca consolazione fino alla tragica fine in cui tutto rifiuta e l’arrivo del bambino sul corpo della madre suicida mi lascia col cuore stretto e le lacrime che non riesco proprio a trattenere.

Raffinatissimo particolare registico , anche i bambini del coro di voci bianche fuori scena é vestito con le divise di una scuola di tipo anglosassone . Decisamente Michieletto ci sa fare.

 

Prendo fiato e nell’intervallo vado a salutare una giovane cantante che ho apprezzato ad Ancona nel Falstaff. Scopro cosi che la straordinaria protagonista Asmik Gregorian é davvero incinta . Pallida e stremata mi ringrazia , anche se credo che il suo italiano sia ancora abbastanza scarso, é bella e mi ricorda un pô la Opolais , ma con molto piû volume . Brave davvero queste lituane.

 

Un inciso doveroso : in scena c’era il secondo cast , non posso fare paragoni   Ma credo di avere assitito raramente ad un livello professionale cosi alto ..e non sono una che si accontenta facilmente. Non vorrei fare troppi nomi ,dico solo che Isabel De Paoli ha sicuramente un avvenire davanti , che Anna Malavasi si fa con destrezza tre ruoli , che il basso Kiril Manolov ha tutte le carte in regola , e il volume , per passare dal Tabarro allo Schicchi, che Matteo Falcier si canta con sicurezza l’aria di Rinuccio , che Ekaterina Sadovnikova strappa il secondo applauso a scena aperta con la sua “o mio babbino caro ” di tutto rispetto.

Puccini recitato con la musica , autentica colonna sonora cinematografica ( e non é riduttivo né tantomeno dispregiativo , Puccini va fatto cosî , oggi piû che mai.)

 

Ritorniamo in sala , gli animi rilassati e il regista ci dà, attraverso una piccola trovata , la chiave di lettura che lega i tre episodi : basta un’ecografia esibita e un accenno di pancia per convincere babbo Schicchi ad architettare la burla a favore del matrimonio della figlia. L’ambiente ricco della casa di Buoso Donati é ancora nei conteiners aperti e decorati di carta di Firenze, i parenti gretti e lividi , il povero Buoso strapazzato non é un fantoccio , il bambino guarda in cuffia i videogiochi, tutto é crudelmente credibile.

Si ride amaro sulla casa , la mula e i mulini di Signa…il testo di Forzano é un capolavoro nel capolavoro .

Alla fine , sul canto degli innamorati si richiudono i containers , tutto ritorna in modo circolare all’inizio e Schicchi che si é rimesso il Tabarro chiude col saluto al pubblico che relativamente sollevato e decisamente grato esce sulla piazza del Teatro dell’Opera di Roma che sembra avere ritrovato una stagione veramente degna della capitale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli stonati della Verdi

 

 

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Ho sempre amato il canto corale : la settimana scorsa sono capitata per motivi istituzionali nella sede della Corale Bellini di Ancona , un’associazione gloriosa di cui mi onoro essere presidente non canterina (!) e mi sono attardata nella saletta auditorium dove la sezione maschile del Coro lirico provava l’inizio dell’Otello di Verdi che aprirà la prossima stagione del Macerata Opera.

Mi sono emozionata perché quaranta uomini sono una bella massa musicale e mi è dispiaciuto non potermi trattenere per tutta la prova : qualche giorno dopo ho pure  ringraziato il direttore per l’emozione provata .

Quando poi il canto corale diventa addirittura quasi una forma di lieta terapia per superare vecchi complessi la cosa mi diverte ancora di pù.

Tutto questo per dire quanto mi piaccia l’idea milanese di radunare gente che si crede stonata e farne un coro : appunto il Coro degli stonati della Verdi.

Ci canta un mio carissimo amico e quando me ne parla sento quanto orgoglio ci sia in lui per questa sua nuova avventura .

Un po’ lo invidio , cantare in coro è comunque una esperienza di vita straordinaria.

Persino Jonas Kaufmann , nel mio blog lui ci sta sempre bene, racconta in una delle rare interviste non d’agenzia che pure lui che ha cominciato a cantare ragazzino nel coro della scuola si era emozionato quando alla Scala tutto il teatro aveva accompagnato il coro in scena nel famoso Inno di Mameli cantato in chiusura del Lohengrin.

 

Pare inoltre , assicurano gli esperti del settore ,che in realtà gli stonati veri sono solo una piccola percentuale di tutti quelli che non osano aprire bocca convinti di stonare. Non a caso nel nostro felice paese che non definirei musicalmente progredito di rado si sente cantare il chiesa in maniera decente , ovviamente escludendo gli odiosissimi  canti tipo Scout che seguitano ad imperversare : giri di Do per chitarra , ancora di moda nonostante sia finita l’onda sessantottina che li ha creati.

 

A conferma di quanto dico il Coro degli stonati della Verdi inanella successi e incontra la curiosità della stampa : a quando il primo DVD?

Hanno pure una pagina Facebook che ne racconta le gesta , invito tutti ad andarla a cercare : si scopriranno volti felici di persone appagate .