Ah …non abbiam soprano…

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Foto di Angelo Capodilupo

Un pezzo da manuale , altro che fratelli Marx ! Jonas Kaufmann è un comico innato e un genio della lirica:
dopo avere bissato in maniera sublime “lucean le stelle” , meglio addirittura la seconda tutta giocata sul canto piano per esplodere sul finale , riesce   a giocarsi la battuta ironica in falsetto che diventerà un must su tutti i siti della lirica e allora gli si perdona anche la stecchetta sull’uscita con Angelotti , tanto a lui ci vuole un po’ per scaldarsi, lo sappiamo.

Poi potremmo anche dire che gli piace vincere facile . In fondo in Tosca il tenore ha tre arie in tutto .

E’ vero che sono cavalli di battaglia ma obbiettivamente la protagonista sarebbe lei , se non fosse che il superego di Jonas si diverte a cannibalizzare le partners , ne sa qualcosa la Netrebko sostituita ( non capiva il tedesco del regista!) nella Manon di Monaco.

A lui vanno bene quelle brave che gli lasciano tutto lo spazio , tipo Opolais o Anja diligente e fredda che si prende la sua parte e che da un po’ di tempo cerca di evitarlo o la povera Westbroeck che tenta di stargli al passo ,ma poi se lui parte non c’è ..trippa per gatti!

Infatti nell’Aida di Roma Anja è andata in babana nel terzo atto e lui allora fa il generoso o come con la sullodata Netriebka soccorsa in Koenigplatz con un bacio per coprirle ..la svista.

Non direi che sia generoso , lui è come Jessica Rabbit : non è colpa mia , mi hanno disegnato così……

Angela Gheorghiu ha voglia a rivendicare un diritto di primogenitura con la Traviata del Met . Nel frattempo ne ha fatta di strada quel bel ragazzo semi-sconosciuto che veniva da Zurigo.

Nel bene nel male ormai se oggi si vogliono riempire i teatri davvero basta il suo nome e il gioco è fatto , anche quando non è proprio in forma o quando , famoso “sòlatore ” ci lascia a bocca asciutta dopo che abbiamo spesi miliardi in biglietti , aerei e alberghi.

Per chiudere pregherei quelli di Radio tre suite ( e della Rai in generale) di smetterla di dire che lui è naturalizzato svizzero .Sono dieci anni che è tornato a casa a Monaco e oltretutto è anche Kammersänger del BSO.

 

 

 

KAKANIA STREAMING

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Dopo una serie di mail esasperanti e inutili tentativi a vuoto riesco attraverso la collaborazione di un figlio a iscrivermi allo streaming del Wienerstaadsoper ,

Ulteriori snervanti prove per aprire il login , spedisco anche un’altra serie di mail : non esisto , nonostante il numero di codice ben evidente che invio a riprova della mia iscrizione.

Alla fine esasperata minaccio le vie legali e , miracolo! mi si riconosce il diritto di accedere alla visione, dopo avere scoperto che per un banale “mistrake” avevo cambiato sesso! Il figlio esperto mi fa notare che la A e la O sono ben distanti in tastiera e che quindi l’errore non è nostro.

Penso che il General Regio Funzionario di Francesco Giuseppe che ha inventato il sistema sia da internare.

A conferma stamani mi arriva una mail così lunga che neppure un lancio della Nasa lo giustificherebbe.

Ma ecco alla fine arriva il magico momento e lo streaming incredibilmente parte .

 

L’allestimento antico ,direi storico di Nicola Benois sa un po’ di polvere , c’è un improbabile Angelotti nero , il sacrestano che non canta ma Jonas riscatta il tutto con una perfetta “recondita armonia” anche se noto una leggera incertezza verso l‘uscita di scena di Angelotti.

Poi ripiombiamo nell’allestimento d’antan del Te Deum pure con le guardie svizzere (sic!).

Anche Tierfel non mi pare granchè , urla troppo e la Divina , molto ex divina non mi convince , manca totalmente la regia e l’orchestra se ne va spesso per i fatti suoi anche se diplomaticamente si è ammalato l’infausto Mikko Frank della prima .

Lo sostituisce un decoroso rutinier : Jesus Lopez Cobos.

Rimpiango i 15 euro spesi , ma vado avanti : il “Vittoooriaaaa “non me lo voglio perdere , infatti vale la spesa .

Il resto del secondo atto ( Spoletta e Sciarrone modestissimi, si sente troppo anche il suggeritore) potrei saltarlo se non fosse per vedere lei che supplica letteralmente il pubblico dopo il” Vissi d’arte” perché insistano a farle fare il bis.

Niente da fare , l’applauso è normale e si tace correttamente. Fine del secondo atto .

E ora comincia il bello , in tutti i sensi …perché anche se il carceriere è coreano quando arriva Jonas tutto cambia :
parte dal buio e canta con tutta la sua maestria un” Lucean le stelle “da manuale ,il re della mezzavoce modula dolcezze e rapimento . Sale e scende tra le note finalmente pucciniane e finisce , bellissimo e ispirato ,in piena luce.

Boato pazzesco , pubblico in delirio , io in cuffia per godermelo meglio sono in attesa , capisco che forse si, forse si , il bis arriva!

ed è ancora più bello , più ispirato , più libero e spianato con il suo canto perfetto .

Poi….e qui comincia l’inimitabile scena che fa apprezzare tutta la trafila per ottenere lo streaming , i quindici euro potevano anche raddoppiare perché ..”non c’è il soprano” ..canticchia lui in italiano e poi comincia anche a ridacchiare :
evidentemente la ex divina si è barricata in camerino , offesa dal bis del bis ( lo aveva fatto anche la sera del 9) e per lesa maestà non vuole uscire .

Jonas si alza e al pubblico viennese garbatamente dice che adesso l’opera va avanti e chiedendo scusa prega di fare un applauso .

E Tosca arriva , poveretta , deve essere livida dentro ma canta abbastanza bene salvo che lui è talmente ormai in piena forma anche nel canto spiegato e rientrato magicamente in parte che se la mangia anche teatralmente.

Visibilmente ingrassato , con un brutto costume , un anellone di plastica ridicolo ma “ come è bello il mio Mario , così muore un artista!”

Seratona imperdibile , il pezzo diventerà sicuramente virale su Youtube, già mentre scorrevano i titoli di coda rivedevo il bis su Facebook.

Grazie al mio sistema integrato : vedo su Pc, chatto su Ipad e sento anche la radio sull’’Iphone negli intervalli ,ho passato una bella serata viennese in compagnia di cari amici .

Il problema che ora non ho sonno e vorrei essere a Vienna a cena da ‘O Sole mio.

 

PS: ho già trovato un video dell’Est che documenta 5 minuti e 49 secondi di applausi prima che lui conceda il bis .

 

 

 

 

 

 

 

 

Tosca , l’aperitivo

 

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E’ veramente divertente ricevere la richiesta da parte di una seguace del mio blog sul mio parere circa la Tosca di Vienna .

Ho risposto alla gentile amica che mi sollecita che ne scriverò dopo averla vista in streaming sabato sera anche se il sistema di iscrizione dell’Opera di Vienna seguita a fare capricci.

Intanto però , così per intrattenerci nell’attesa , dirò che mi sembra veramente uno strano fenomeno popolare ( inteso per quanto possa essere popolare un evento di lirica ) tutto questo entusiasmo per un’opera di cartellone , peraltro con una messinscena addirittura polverosa di decenni , risale al 1958 ! e con un cast che già insieme fece una Tosca niente male a Londra non molti anni fa e di cui si può avere con pochi euro un buon DVD, con una direzione di Antonio Pappano sicuramente di gran lunga superiore a questa di Mikko Franck che sembra essere il vero punto debole dell’intera messinscena.

Ho saputo di prezzi di bagarinaggio veramente folli e credo che tutta l’isteria riguardi proprio il fenomeno divistico innescato dal mio caro amico Jonas Kaufmann.

Penso che tutta questa pressione , sfociata anche nell’annuncio miracolistico dell’avere bissato “Lucean le stelle “ , evento non così epocale se ricordo l’identico bis fatto da Placido Domingo nientemeno che allo Sferisterio di Macerata ..qualche decennio fa.

Alla povera protagonista non è rimasto che dire “ lo perdono “ se non si sono rispettate le precedenze , lei a cui il pubblico di Vienna non aveva chiesto di bissare il classico “vissi d’arte”.

Se basta stare zitto per tre mesi per trovare folle isteriche al ritorno consiglio a Kaufmann di prenderne anche di più di periodi di riposo , così che la sua voce ritorni quella meraviglia che abbiamo ascoltanto tante volte .

Nel mio caso anche in una Tosca a Monaco , quella che verrà ripresa quest’estare e nella quale lui sostituiva addiritttura un tenore italiano malato.

Il fenomeno divistico è pericoloso per tutti , figuriamoci nella lirica dove sembra esserci allo stato una sorta di ecatombe di voci.

Colpa dei calendari troppo fitti , dei tempi forsennati a cui si sottopongono i cantanti facilitati dal fatto che oggi con poche ore di volo si raggiungono mete anche lontanissime fra di loro.

Parlerò quindi nel mio blog anche di questa Tosca viennese ben sapendo che molti più interessanti appuntamenti aspettano il nostro eroe , forse meno facili all’ascolto ma sicuramente più interessanti sul piano musicale .

Con questo chiudo il mio pezzetto aperitivo sul miracolistico appuntamento mi verrebbe da dire di genere “nazional-popolare “anche se si svolge in Austria!

Quando Micheli racconta l’opera

 

 

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In un saliscendi vertiginoso tra cultura alta e cultura bassa il grande affabulatore Francesco Micheli presenta a Macerata le tre opere del prossimo Festival.

Due serate con sponsors del territorio : la prima sera gli ordini professionali , la seconda le organizzationi di categoria .

In più la mattina le scuole secondarie della provincia.

La voce si è arrochita , parla per due ore filate , i mezzi sono modesti : uno schermo dietro su cui proietta di tutto , un pianoforte e una volentierosa soprano coreana con cui dialoga continuamente : lui Conte di Luna, lui Otello , lui Polione .

Si vede chiaramente che si diverte ma nel contempo incanta il teatro gremito .

A me , disincantata spettatrice di tanto teatro , ricorda il miglior Paolini , “i tellers” , i raccontatori abili che nel nostro teatro sono piuttosto rari.

Mi diverte la sua disinvolta commistione : un pò di Senso di Visconti , un classico per spiegare ai giovani l’importanza del melodramma nella nostra storia , poi velocemnete si serve di Spielberg con la musica dello Squalo per arrivare a Jago , ma non gli basta e ci mette anche Vasco Rossi così i più giovani restano avvinti .

Quando poi arriva a Norma con una ulteriore capriola divertente si serve di Asterix e Obelix per spiegare i Galli.

Disinvoltamente capriolando con la sua notevole capacità culturale lega insieme le tre opere ,qualche volta il legame è un po’ tirato , qualche volta un po’ meno.

Difficile mettere insieme le montagne della Spagna con il Mediterraneo , ma lì si serve del riferimento ai Rom ed il gioco è fatto.

Legami tutti validi intorno al” mare nostrum” in cui alla fine si gioca anche la carta “facile” del passaggio da Norma a Medea per chiudere con la casta diva della Callas..in certi momenti sembra che il suo discorso sia un po’ tirato per una come me , ma il pubblico è incantato e capisco che ha trovato una chiave di lettura ibrida e valida per arrivare a tutti .

Il silenzio con cui lo segue tutto il Lauro Rossi , pieno all’inverosimile ( per due sere di seguito) ne è la conferma e so che fuori c’è ancora la fila di chi vorrebbe entrare.

Certo che Otello era un extracomunitario , certo che la storia l’aveva scritta Shakespeare , e butta là anche i quattrocento anni dell’anniversario della nascita .

Ci mette di tutto , anche l’omaggio alle donne siriane e gli viene tutto bene .

Ce ne fossero in Italia di divulgatori come lui !

Ovviamente c’è anche un po’ di legame col fuoco : la Pira del Trovatore con la pira finale di Norma ..e per Otello?

C’è il fuoco dei festeggiamenti degli abitanti di Cipro ed il gioco è fatto.

S’è un po’ incartato sulla storia di Manrico / Garcia ma sfido chiunque a raccontare con chiarezza la trama del Trovatore , specie se come ha fatto lui la prende dalla coda.

Quando alla fine , sudato e stanchissimo e io entusiasta sono andata a salutarlo dicendogli che ci avrei fatto un pezzo mi ha detto che gli facevo più paura di Paolo Isotta!
No , Francesco , nessuna paura , io sono una tua fanatica ammiratrice :Il tuo spettacolo , perché di spettacolo si tratta ,meritava pure la registrazione anche se tu con leggerezza hai detto che era ..una cosina.

Una cosina di due ore abbondanti davanti ad un teatro incantato e gremito in ogni ordine di posti. Grazie a nome di tutti.

 

 

Krystian Zimerman e il Wanderer schubertiano

 

 

10.02.2009 Krakow Auditorium Maximum UJ Koncert Krystiana Zimermana w setna rocznice urodzin Grazyny Bacewicz N/z Krystian Zimerman  Fot. Anna Kaczmarz/Dziennik Polski/REPORTER

 

Una volta tanto non ho dovuto andare in aeroporto , prendere l’aereo , dormire in un albergo perché la grande musica è venuta da me , in questa mia piccola città , grazie alla benemerita istituzione degli Amici della Musica.

Non mi sembra vero , ma stavolta è nel teatro della mia città che posso sentire un grandissimo pianista che , bontà sua , nella scarna programmazione annuale dei suoi concerti , ben tre li ha fatti qui nelle Marche.

Krystian Zimerman è tornato ad Ancona , me lo ricordo in anni lontani biondo e giovanissimo e ora che i suoi capelli sono diventati decisamente tutti bianchi le sua mani , se possibile, sono diventate anche più prestigiose.

Prezioso programma: le due ultime sonate di Franz Schubert , un doppio regalo per me completato da piccoli pezzi , preludi e makurke di un autore polacco che non conoscevo , Karol Szymanowski.

Interessanti perché di un autore interessante del primo Novecento ma che tutto sommato sono stati come un piccolo aperitivo per i due pezzi forti : le sonate N° 20 in la maggiore D959 e la 21 in si bemolle maggiore D960  di Franz Schubert composte entrambe nell’ultimo anno di vita del compositore.

Specialmente la seconda mi è sembrata eseguita in maniera perfetta , mirabile , forse uno Schubert così non lo avevo mai sentito così vicino al suo più prezioso comporre : i Lieder.

Non a caso il professor Barbieri , direttore artistico degli Amici della Musica nella sua piacevole e dotta chiacchierata di introduzione aveva sottolineato quello che è il tema fondamentale in Schubert: il senso di perdersi in una sorta di paesaggio dell’anima, quel Wanderer presente in tanti suoi Lieder e soprattutto nella sua summa composizione : la Winterreise   che oltre a tutto rappresenta per me una sorta di musica del cuore.

Il nostro relatore ci ha anche evidenziato un’altra componente fondamentale nella musica schubertiana :una ininterrotta linea di canto che nascostamente si intreccia in ogni composizione.

Un vero tuffo nella nascita del Romanticismo , un perdersi nella Sehnsucht , il tutto preziosamente sottolineato dalla mirabile , personalissima interpretazione del grande pianista.

Un grande concerto che mi ha per una sera riconciliato con la mia città , spero che la sinergia instauratasi tra tre associazioni musicali regionali porti ancora tra noi i grandi interpreti che una volta erano abituali frequentatori dei nostri teatri marchigiani.

 

Aimez vous Mahler?

 

 

 

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parafrasando un vecchio libro di Françoise Sagan : Aimez vous Brhams? ho cominciato a domandarmi perché oggi la musica di Mahler sia quella che con più successo appare nei cartelloni più prestigiosi , diretta dai più grandi direttori , amata dal pubblico in maniera così totale e partecipata.

Io penso perché nel nostro amare Mahler troviamo nella sua musica tutta l’angoscia del nostro tempo e al tempo stesso tutta la speranza di ritrovare la felicità di un mondo perduto.

Amiamo Mahler perché in lui troviamo qualcosa di noi , gli echi del secolo breve e forse mi spingo ancora più in là, ci troviamo la straziante sensazione di tutto ciò che se ne è andato e insieme anche la segreta speranza infantile che tutto possa ricominciare di nuovo.

Quel suo ciclico andante musicale del non finito mi è congeniale anche se ricordo in tempi lontani una persona a me molto cara che mi diceva : mi serve Mozart , lì è tutto chiaro , concluso .

Mahler mi lascia in sospeso troppe cose .

Mi domando anche perché questo grande compositore non abbia mai scritto un’opera ; lui che nelle sue sinfonie ha messo molto spesso la voce umana tanto da essere essa stessa una parte rilevante delle sue composizioni.

La sua produzione liederistica mi è cara come la sua attività sinfonica : amo praticamente tutto il suo repertorio , ma se dovessi scegliere una pagina sarebbe di sicuro Der Abscheid , il Lied finale del Canto della terra che in qualche modo mi avvicina al finale della Nona , quello che si spegne nel silenzioso annullarsi nel Nulla.

Se qualcuno mi chiede quale sinfonia ami di più non saprei rispondere :amo il terzo movimento della Prima , l’inizio gioioso della Quarta , l’adagetto della Quinta , ma è come un gioco infantile a dimostrazione che Mahler lo amo tutto e ogni volta , in ogni ascolto c’è una pagina nuova per me , un attacco che mi era sfuggito , un regalo in più per la mia anima.

Mi piace pensare a questo ebreo boemo di lingua tedesca , summa di tanta cultura viennese e a quella sua bellissima moglie fedigrafa che passò allegramente da Gustav Klimt a Walter Gropius , passando per Kokoschka per sposare alla fine anche Franz Werfel , un raffinato scrittore austriaco.

Lei , bellissima e possente morì a New York addirittura negli anni sessanta .

Aveva attraversato tutta una serie di vite importanti , i nomi di chi l’aveva amata sembrano un catalogo di arte del secolo scorso.

Forse l’opera che Mahler non scrisse la visse nelle sue vicende familiari , nelle contraddizioni del suo farsi cristiano per ottenere il posto di direttore a Vienna , nella sofferenza per la morte e la malattia dellle figlie , nei tradimenti coniugali.

Mahler invece morì giovane , all’apice del successo per una forma di miocardite acuta . Aveva solo cinquantuno anni e dopo il grande successo in vita la musica di questo grande direttore scomparve un po’ dalle locandine del suo tempo .

Io devo ad un grande direttore da me molto amato , a Claudio Abbado , la sua scoperta .

Tutta una serie di sensazioni mi si annoda nella testa mentre tento di scrivere questa riflessione .

Forse su Gustav Mahler mi si apre una sorta di vaso di Pandora delle mie emozioni . Per oggi finisco qui.

La grande madre Russia

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Ai giorni nostri capita spesso e forse anche un po’ di moda vedere nei cartelloni dei grandi teatri opere russe .

Non era così all’inizio della seconda metà del secolo scorso quando per molti appassionati di lirica capitava di rado l’occasione di vedere in scena le opere di Mussorgsky , di Rimsky Korsakov , di Glinka e dello stessso Tchaikowsky , più considerato come autore di balletti.

 

Fu così che quando fu messa in scena a Firenze la Khovanschina la mia mamma si fece tutte le repliche entusiasta.

C’è da dire che lei amava i bassi: suoi idoli erano Nicola Rossi Lemeni e Boris Kristoff  ed è evidente che si trovasse nel suo elemento con questo genere di opere .

Il Boris Gudonov e la Khovanschina erano in testa alle sue preferenze , soprattutto la seconda , così ricca di cori che , parole sue, erano un concentrato , quasi una summa dell’anima slava.

In suo onore ho voluto risentire la Khowanschina , riproposta in questi giorni su Classica nella bellissima edizione di Monaco con la direzione di Kent Nagano.

Cinque atti , quattro ore abbondanti di musica , confesso di averla registrata e poi vista a rate perché una cosa è stare a teatro , un’altra sul divano di casa , laddove il rischio “ colpo di sonno” è pericolosamente in agguato.

Devo obbiettivamente dire che il regista Dmitri Tcherniakov quando ha a che fare con le opere del repertorio di casa sua è molto bravo e questa edizione lo conferma assolutamente.

Grandi voci russe, se si escludono i “giovani” Camilla Nylund e Klaus Kristian Vogt, su cui primeggia il grande basso ascoltato  nell’Onegin e anche  nel Boris :Anatoli Kotschenga.

 

Mi sono anche divertita a riprendere in mano la Storia russa del Gitermann , ascoltare e leggere si può fare benissimo e ho ritrovato anche la storia vera di questa congiura , una delle moltissime di cui è costellata la storia della Russia degli Tzar.

Quella lettura che mi aveva appassionato al tempo del mio viaggio in quella che allora si chiamava Unione Sovietica ogni tanto la rispolvero , soprattutto perché è impossibile ricordarsi tante storie complicatissime e tutte caratterizzate da orribili fatti di sangue e delitti .

Però aveva ragione la mia mamma : l’anima russa è ben presente in queste pagine di musica affascinante e soprattutto nelle pagine in cui emerge la liricità del personaggio di Marfa , la figura femminile più importante dell’opera.

Personalmente di quelle messinscene fiorentine ricordo un gran buio, grandi campanili a cipolla , le campane …e una certa noia aleggante sul tutto.

Devo dire che in questo caso i moderni allestimenti rendono queste opere corali molto più divertenti e personalmente mi mettono maggiormente in grado di apprezzarne la splendida musica.

 

 

 

 

 

 

Otello ovvero l’angelo mortuario

 

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Grazie al satellite Astra riesco a vedere sul mio televisore di casa l’Otello del Festival di Pasqua di Salisburgo.

Nostalgia di quando lo scorso anno ero li con la splendida doppietta Cavalleria Pagliacci dell’amatissimo mio tenore .

Ma tant’è , non è sempre possibile averlo protagonista di sogno e se il fato , le sue corde vocali e il mio destino lo consentiranno forse quel suo Otello tanto atteso lo sentirò a Londra il prossimo anno.

So che Thielemann ha tenacemente voluto quest’opera e mi domando perché lui si intestardisca a volere dirigere qualcosa che non sia strettamente tedesco .

Non mi pare che Verdi sia proprio nelle sue corde , ma questo è un appunto che lascio a chi di musica ne capisce più di me.

Vengo all’opera . Josè Cura , una volta giovane promessa lo avevo visto una ventina di anni fa proprio in Otello :era giovane e magro , me lo ricordo a dorso nudo …e tu mi amavi per le mie sventure e io ti amavo per la tua bontà…un brivido!

Stavolta il brivido iniziale me lo da alla rovescia . Il suo Esultate ..mamma mia , che tremore nella voce ! Domingo proteggilo tu.

Tutto buio in scena e ci volteggia un Angelo della morte onnipresente e bellissimo.

Stanno tutti appiccicati al proscenio , le luci sono tagli bassi laterali molto ruffiani , il coro canta in lingua praticamente sconosciuta ma c’è un grandissimo Jago : Carlos Alvarez , vale quindi la pena di seguitare a sentire l’opera.

Cura , invecchiato e ingrassato ha però stranamente mantenuto un credibile phisique du rol ed ha ancora una certa presenza scenica .

La voce d’antan è un ricordo ma la capacità di recitare ci sarebbe anche se la regia demenziale oltre a fargli cadere un piattino di mano altro non fa: però sappiamo che Otello prende il caffè.

Desdemona di Dorothea Roscmann ha una bella voce , non la conoscevo , canta nel solito indefinito italiese e purtroppo la dizione già difficile nella tonalità sopranile non ce l’ha proprio , fortuna conoscere il testo , anche perché i sottotitoli in tedesco francamente li ignoro.

Ma i registi oggi se le inventano tutte per farmi arrabbiare, questo si chiama Vincent Boussard e alla fine il vestito di Desdemona lo fa pendere su una gruccia dall’altro sulla scena mentre lei canta la sua canzone del salice.

Poi Otello la strozza ma lei si rialza e se ne va tranquillamente dietro le quinte .

Allora cosa fa l’infuriato e geloso protagonista ? Strangola l’angelo mortifero che riappare in cenci dismessi e addirittura accecato da fasce drammaticamente disposte a nascondere il volto.

Resta il vestito ciondoloni , “ niun mi tema” ,anche questo Otello possiamo accantonarlo senza rancore:

quasi una vergogna per un Festival così altrimenti paludato come quello di Salisburgo.

 

 

 

 

Un Ballo al tempo del raddoppio

 

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Due squilli di tromba : davanti al quadro gigante Ettore Bastianini attaccava : “eri tu che macchiavi quell’anima ! “
Giovinetta fremevo perché ero sì dalla parte del baritono , ma nell’orrido campo ( alberi scheletriti , forse anche un impiccato ciondoloni ) non era successo niente !

L’amore , colpevole ma platonico , aveva provocato solo un bellissimo duetto d’amore .

Ora la povera Amelia ( da cui ovviamente generazioni di nonnnamelia ) rischiava di venire ammazzata e per fortuna le era venuto in mente di salutare quel bambino che ovviamente vestito come un quadro del Velasquez arrivava correndo nelle braccia di mamma e tutto sommato le salvava la vita.

I conguirati maligni “ ma che baccano , che caso strano ah a ha ah …” mi erano proprio antipatici e quell’ “Oscar lo sa” fra tutti quei domini neri che svolazzava in polpe anche se leggermente oversize speravo proprio non facesse lo scemo e tacesse su come era mascherato il povero Riccardo.

Come amavo Il ballo in maschera ai tempi d’oro del Maggio Musicale dei miei verdi anni!

Poi c’era Urlica ( una variante si chiamava Azucena ) e serviva in casa per dirmi :vatti a pettinare , sennò mi sembri proprio Urlica!

Il Duca muore al proscenio tra “ figli miei “ anche se mi pareva esagerato , dato che era giovane chiamare figli tutti quei coristi attempati che gli stavano dintorno, però sapevo dalla mamma che quel signore in realtà era un re di Svezia che le censure ottocentesche avevano fatto declassare al povero Verdi e allora ad un Re andava bene dire figli miei a tutti i sudditi.

Questo era il mio Ballo in maschera e con molto affetto mi sono messa a sentirlo davanti alla tv nella ripresa da Monaco.

Ovviamente mi aspettavo qualcosa di più , diciamo così, attualizzato ma mi trovo davanti la solita regia demenziale di Johannes Erath in cui tutto si svolge in un letto peccaminoso in un sottoscala , stanno tutti praticamente sempre in vestaglia ( per tacere del pupazzo da ventriloquo) e solo alla fine quando Riccardo dovrebbe cadere al proscenio in realtà risorge e versione triste di Danilo della Vedova allegra se ne va su per la scale in frack seguento una Urlica fatalona bionda verso il nulla.

Tutto condito dai doppi immancabili ormai  tante volte il pubblico non avesse capito bene : “o dolcezze perdute memorie” ed ecco che la doppia Amelia ascende dal sottoscala nelle braccia di un giovane Renato in abito da sposa , doppio morto anche Riccardo , sennò come ascendeva?

Tutto un raddoppiare che se per caso un giovane capitato per caso all’opera che non avesse avuto voglia di leggersi il libretto se ne va non avendo capito una mazza della storia.

Gran belle voci . Piotr Beczala e Anja Harteros in grandissima forma , un po’ meno il baritono George Petean , ma si sa che i baritoni verdiani sono una specialità rara oggigiorno, vivacemente recitante Oscar di Sofia Fomina e Urlica ( Okka von der Damerau ) di tutto rispetto.

Conguirati alla Groz bravi , misterioso il perché del bambino dai tratti esotici ( forse la coppia lo aveva adottato) ma soprattutto un grandissimo Zubin Metha. Chiudendo gli occhi potevo anche risentire grazie a questo vecchio e rafffinato direttore un grande Verdi in una grande ripresa del Ballo in Maschera.

 

 

 

Del forbito parlar toscano

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Qualche giorno fa nei commenti gentili sul piccolo spazio del mio piccolo blog ho trovato un complimento particolare :

grazie per il suo bellissimo italiano.

Chi mi scriveva era una signora straniera che forse mi leggeva tradotta o che per ascendenze familari aveva una qualche domesticità con il mio idioma .

Mi ha fatto piacere e lì per lì ho pensato con riconoscenza alla mia mamma maestra : soggetto , predicato , complementi e poi mi raccomando : a capo quando hai finito una preposizione!

Ho ricordato l’episodio non per vanità ma per ricordare con questo un grande mio concittadino che ci ha lasciato in questi giorni : Paolo Poli, uno che la lingua la sapeva usare con tutta la maestria che gli veniva dall’essere fiorentino.

Ho come molti vecchi parecchie memorie dei suoi spettacoli che arrivavano nella mia lontana provincia marchigiana a illuminare le serate teatrali cittadine .

La sua strepitosa Nemica di Dario Nicodemi , vista diverse volte , le sue rivisitazioni colte di tutta una letteratura minore.

La sua leggerezza , il suo essere mai volgare , sempre bellissimo nelle eleganti vesti femminili , signore in ogni gesto e nella sua dichiarata e mai avvilita in sotterfugi  omosessualità. Il suo parlare toscano senza ostentazione mi riportava a casa e ogni volta gliene ero grata.

Sarà che i miei più cari amici sono tutti omosessuali , sarà che forse è certo che tra le banalità tipo “ gli ebrei sono molto più intelligenti” , non mi verrebbe mai in mente di dire che “ i froci “come li chiamava lui sono gli uomini migliori .

Anche perché esistono ebrei cretini e gay imbecilli , questo per restare nella leggerezza di Poli.

Casistica alla mano però io , che strano caso , tra gli amici più colti e intelligenti annovero molti omosessuali.

PersIno su Faceboook me ne sono accorta, e non credo che sia colpa della mia vecchiaia.

Ci sono di sicuro le categorie dello spirito o come diceva il saggio Goehte le “affinità elettive “ e di sicuro la fiorentinità elegante di Paolo Poli mi ha riempito di orgoglio nella mia lunghissima lontananza dalle radici.

Radici che mi servono sempre quando con puntigliosità, facendo teatro con i giovani , correggo pedantescamente ogni tipo di accento sbagliato o di verbo mal coniugato.

 

sul viandante mahleriano

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Prima di scrivere questa riflessione ho voluto riascoltare la registrazione ripresa dalla radio austriaca del bellissimo concerto al Musikverein che Jonas Kaufmann tenne con il piccolo stupendo Ensemble Wiener-Berliner due anni fa.

Fu una delle rare volte in cui mi pesò la solitudine perché avrei voluto condividere con qualcuno la grande emozione provata all’ascolto di questo mirabile ciclo di Gustav Mahler intitolato Lieder eines fahrenden gesellen.

Ricordo che per ringraziarlo per l’emozione provata andai ad aspettare Jonas all’uscita , ma anche quella volta ovviamente non riuscii a dirli tutta la mia gratitudine!

Su YouTube ci sono registrazioni del ciclo anche con altri bravissimi cantanti ( non voglio fare confronti) , ma una emozione così forte come quella che provai a Vienna e che riprovo ogni volta che ascolto la registrazione non me l’ ha data nessun altro.

Per questo mi ero scelta il viaggio a Berlino , piuttosto che un ennesimo concerto pocciniano che credo anche Kaufmann non ami più tanto cantare ,volevo riprovare la grande emozione viennese.

Non l’ho provata nonostante la gioia di rivedere Kaufmann dopo tre mesi di silenzio , nonostante la stima che nutro per i il maestro Baremboim .

La stampa tedesca , almeno quella più buona ,dà la colpa ai tempi troppo lenti di Baremboim ,quella meno buona fa ancora riferimento ai postumi della sinusite del nostro tenore.

Tutti però salvano il bellissimo bis ; anche quello di Mahler e anche quello decisamente funerario :ich bin der Welt abhanden gekommen , forse perché meno conosciuto dai più.

Kafmann ha una voce particolare , morbida e nella liederistica la sua coloratura baritonale si accentua.

Delusione delle grupies ? no , perlomeno per molte attente intenditrici e poi fiori e omaggi non gli mancano di sicuro ma notare Kaufmann che ha bisogno dello spartito è cosa rara , certamente di nuovo il suo calendario non consente tante prove .

Mi viene da dirgli …parafrasando Germont “ curatevi , mertate un avvenir migliore “

 

piccolo diario berlinese

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La mattina comincia con grande passeggiata , voglio arrivare al museo ebraico di Liberskind e partendo da Postdamerplatz e’ tutto un entrare e uscire dalle memorie del Muro . Come pesa la ferita ai berlinesi ! Se la ricordano ad ogni passo e la citano continuamente .

Grande rispetto per un popolo che ha avuto il coraggio di guardarsi dentro , ma ad un tratto mi viene il pensiero cattivo : in fondo se lo sono meritato questo castigo per la lunga discesa infernale del nazionasocialismo di Hitler nel nazismo piu’ orribile .

Quanti milioni di tedeschi hanno girato la testa dall’altra parte , quanti hanno condiviso , quanti sono stati essi stessi carnefici?

Ventidue anni di dittatura non sono un giorno per svegliarsi e noi italiani sempre al seguito , cialtroni come sempre.

Basta , la berliner luft stamattina non c’e’ a rallegrarmi e precipito nei piu’ neri pensieri . Poi per fortuna arriva il sole , la lunghissima camminata fino ad Alexanderplatz ( effetto Tour Eiffel) , ti sembra gia ‘ di esserci e sono ancora perlomeno a venti   minuti di marcia. Col sole arriva il sorriso di Karin e ci tuffiamo in una allegra chiacchierata musicale davanti ad una improbabile insalata messicana.

 

Avevo avuto paura di essere stanca per il concerto invece come avrei potuto crollare davanti a una montagna di musica cosi’ imponente! La Nona di Mahler . Un’ora e mezzo in un flusso continuo che mi portava dalla Pusteria a vette altissime per poi precipitare nell’ abisso di un dolore straziante. Pace all’inizio e alla fine anche se sappiamo che la morte del compositore pose fine alla grande opera e non fu lui a chiudere nel tremore del violoncello ripreso in maniera crudele dal violino , ma fu la vita vera che si sciolse nel silenzio. Solo una grande orchestra come i Wiener e’ in grado di renderci la ricchezza di questa monumentale composizione , le sue prime parti , tutte , sono dei solisti eccezionali e in queste mani sicure si e’ messo Baremboim , per regalare all’attento e rigoroso pubblico della Philharmonie una serata perfetta, per me oggi particolarmente giusta in una giornata particolare.

 

Secondo giorno , cielo livido sopra Berlino . La citta’ domenicale grigissima , solo turisti insciarpettati e infreddoliti si aggirano a gruppi compatti.

Difficile ricerca di una chiesa cattolica , anzi di una chiesa qualsiasi , ma queste dentro sono vuote , spesso usate come auditorium musicale.

Alle fine trovo una gentilissima frau che in una delle nude chiese sconsacrate mi da un volantino : in St. Hedwigs Kathedrale ..Heilige Messe !

Ci arrivo col taxi e riesco a prenderne una buona meta’ , mi inteneriscono i rametti di bacche e mirto infiocchettati per simulate le palme , ne chiedo uno ma gli organizzatissimi li hanno gia’ finiti e ..poi perche’ darne uno a me ? Ovviamente canti a gogo con orchestra e trombe e credo che ci fossero a celebrare tutti i preti cattolici di Berlino .

Fuori solo turisti , lo scorso anno mi ero fatta gioiosamente a piedi tutto il percorso inverso per tornate in albergo , per oggi basta .mi rifugio in camera .

Parsifal ..famolo strano….non so se mi sono divertita perche’ e’ un’opera che adoro e qui sicuramente diretta egregiamente o se quel matto di Dmitri Tcherniakov ci mette del tutto per incuriosirmi .

Atto primo , in un sotteranoe degno di Eisenstein si radunano i congiurati senza tempo , Kundry in trenche e borsa da viaggio e il globetrotter Parsifal che sta sempre col cappuccio calato e lo zaino allacciato . Ha pure l’arco moderno , ma il cigno morto non ce lo fanno vedere. Particolare interessante ha i bermuda e ..portava i scarp’ de tennis. Amfortas grassone laido seminudo fa schifo anche perche’ gli prendono il sangue dalla ferita per fare una specie non meglio identificata di comunione. Titurel in lungo cappotto di pelle nera si mette da solo nella bara alla Dracula.

Atto secondo . Un vecchio zio comico guarda tante ragazzine in fiore , ci sono anche bambine vere con le loro brave bambole in mano . Treccine e calzetti bianchi . Parsifal arriva dall’alto calandosi con una corda e prima butta giu lo zaino ( gia visto !).

La seduzione e’ raccontata col doppio , cioe’ il bravo ragazzo fu sorpreso da mamma che regalava cavallini giocattolo ( la purezza) a toccare le tette ad una biondina in short. Cosî Kundry tira fuori dalla borsona il cavallino e il gioco pare fatto, perô fuori scena. Ovviamente Amfortas die Wunde…e dalla canotta si passa in fuga alla tshirt ammazzando il povero Klingstor che lo voleva fermare con la lancia.

Atto terzo . Torniamo in Siberia e qui casca l’asino davvero . Ormai Parsifal ha i pantaloni lunghi ma non sa bene come finirla ,Gurnemanz con la barba di babbo natale fa il pope , facile gioco di parole con Pape, saltiamo l’incantesimo del venerdi santo , tanto non ci piacciono gli effetti speciali.Amfortas sempre piû laido si trascina fuori dalla bara Titurel /Dracula , Kundry muore (?) ma Parsifal se la porta via in braccio . In effetti poi Lohengrin una madre ce la deve avere avuta, restano i cavalieri come scemi del villaggio ad agitare le mani in aria colti da una forma di misticismo primitivo.

Le voci straordinarie di Waltraude Maier e di René Pape mi fanno comunque godere il tutto e anche il Parsifal urlatore fa la sua figuretta . É magro e scattante , si chiama Andreas Schager , me lo sono ricordato in un lontano Rienzi a Roma . Bravi anche Tomasson ( Klingstor ) e Amfortas di Wolfang Koch. Bene gli altri come diceva Renato Simoni.

 

Terzo e ultimo giorno. Con i musei chiusi resta solo da fare passeggiate, sperando che non piova con in testa un berretto di lana che in Italia neanche con un mitra puntato alla schiena ,affronto una passeggiatona .

Comincio ad aggirarmi senza la mappa in mano , per fortuna ci sono i segni cospiqui per l’orientamento . Il Sony center da una parte , la torre della televisione in Alexanderplatz dall’altra.

Pare che la Gendarmenmarkt sia la piû bella piazza di Berlino , faccio le foto turistiche di rito anche perché in mezzo ci troneggia la Koncerthaus con il suo bel tappeto rosso sulla scala, già visto in molti video. Accanto c’é l’Hilton , certo che i poveretti non fanno molta strada per andare a cantare là dentro!

Comincia a piovere: una pioggerellina fina fina che insuppa senza accorgersene . I berlinesi non aprono l’ombrello e ..io mi adeguo. Davanti ad un tristissimo ministero delle finanze della DDR penso che qui hanno fatto di tutto per essere tristi, certo tutto é intonato in un grigio plumbeo che piû plumbeo non si puô.

Scopro una divertente Brüder Grimme Gaße che mi accorcia notevolmente i tempi per tornare in albergo.

Pomeriggio lungo in attesa dell’ultimo concerto, ma ho molte amiche da salutare e mi avvio presto sotto la solita pioggerellina fredda , ma tagliando il percorso attraverso un dedalo di maxi-cinema , casino , mega hotel.

La prima persona che incontro é la mitica Marion Tung , facciamo insieme il percorso per la Philharmonie , stanno facendo la sistemazione di un nuovo parco sul retro , veramente Berlino sembra un cantiere continuo.

Bicchiere di vino in attesa e poi trionfale prima fila ….i Leader eines fahrenden Gesellen li avevo già sentiti in un fantastico concerto a Vienna e ovviamente se da un lato li godo di piû dall’altro mi sembrano letteralmente volare . Jonas Kaufmann li canta con la consueta voce vellutata , ha davanti lo spartito e segue il tempo con la testa . C’é una evidente intesa con Baremoim che alla fine si fa letteralmente indietro per lascirargli tutto l’onore degli applausi . Notevole ” il bis ich bin der Welt abhander gekommen ” un brivido di tristezza cantato con la consueta voce seducente , sottovoce , quasi baritonale.Nella seconda parte del concerto la sinfonia n.° uno di Elgar che Baremboim dirige senza spartito , la vecchissima ed elegante lady alla mia destra sottolinea con orgoglio: english music !

In tre giorni questo anziano direttore ha diretto Mahler con i Wiener , il Parsifal ed ieri la Staatskappelle di Berlino. Penso che davvero il fare musica dia una forza in piû alle persone.