Memory

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Chi si fosse trovato a passare al Parkring di Vienna in una tiepida mattina di sole di metà dicembre avrebbe potuto vedere una vecchia signora col trolley e una cartina di Google in mano cercare il nome di un albergo dall’altro lato del viale.

Girando la testa verso il parco aveva rivisto con un tuffo al cuore la statua dorata di Johann Strauss tra le fronde del parco.

Molti anni prima, da ragazza, si era ricordata di essere stata fotografata con un gruppo di compagne di scuola proprio là di fronte.

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Poi il flash era passato e con gran soddisfazione aveva letto il nome del suo albergo dall’altra parte del viale, lo aveva sorpassato senza accorgersene.

Durante il giorno e poi la sera al concerto, non aveva pensato più a quella visione.

La mattina dopo però mentre chiudeva il valigino lilla delle sue trasferte musicali si era ricordata della visione del giorno prima e uscendo per andare all’aeroporto, stavolta in una nebbiolina triste più adatta al suo animo depresso per avere chiuso il suo personale calendario musicale dell’anno in corso, si era messa in mente di tornare nel parco, uno sguardo alla statua dorata, come un saluto , lo voleva proprio dare.

Ma lì davanti aveva trovato un gruppo compatto di giapponesi in posa e si era quasi vergognata.

Se ne stava andando via quando una giapponesina gentile le ha indicato l’iPad che ancora teneva in mano mimando se voleva che le facesse una foto.2

Così grazie alle gentile signorina del Sol Levante la foto è stata fatta e ora la vecchia signora può raccontare per immagini un salto di sessanta anni esatti.

Sehnsucht

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Superare lo stress di uno sciopero generale, rifare la valigia dopo una settimana, vedere Vienna solo per poche ore ( ed era bellissima con le luci di Natale) puô valere la pena?

Direi proprio di si se Jonas Kaufmann canta i meravigliosi Lieder di Strauss in quel modo sempre più incantato e perfetto con cui li ha cantati stasera.

La grande sala del Konzerthaus non ha il fascino del Musikverein ed é forse troppo grande per questo tipo di musica, ma la folla che gremiva ogni ordine di posti sicuramente rendeva necessaria questa dimensione.

Il programma vedeva nella prima parte Zwölf Gedichte di Robert Schumann, sicuramente molto impegnativi, anche vocalmente, lo si vedeva anche dalla tensione di Jonas che serrava stretti i pugni e nel suo innervosirsi, legittimo, per il concerto di tosse delle pause.

L’atmosfera è cambiata nella seconda parte: Gedicte aus “Letzte Blätter” di Richard Strauss.

http://youtu.be/v71sKmoOn4k

Li conosco e li amo tutti, mi sembra di cantarli nell’anima e quell’incredibile mostro di bravura che è Kaufmann quando li canta aggiunge la sua magia perché’ riesce nel breve tempo di un Lied a trasmettere una perfetta atmosfera che vale un tempo lunghissimo, quasi fosse un intero romanzo.

Non posso elencarli tutti, tra quelli in programma e quelli dei generosissimi tanti Zugabe, ma come non citare perlomeno Zueignung, Nichts, Morgen , Cäecilie e il sublime Allerseelen…..effettivamente valeva la pena di fare questo blitz viennese…10687372_1125294990831009_2985506288652164724_o

Helmut Deutch è quel sublime pianista che conosciamo e la sua simbiosi con Jonas perfetta. Non si può parlare di semplice accompagnamento, è molto di più. Il loro dialogo rende lo svolgimento musicale un unicum credo raramente raggiungibile.

Su una lavagnetta all’ingresso c’era scritto che avevano provato stamani alle dieci, credo che averli potuti ascoltare sarebbe stata una preziosità rara…10417774_1125255077501667_321345245782469106_n

 

 

Una telefonata alle tre e un quarto

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Quando alle tre e un quarto un famoso giornalista e scrittore che mi onora della sua amicizia mi manda un messaggino con scritto semplicemente : Indovina chi canta Florestano stasera alla Scala? Io ho risposto con un NOOOOOOOO… guardando l’orologio, sapendo gli orari dei treni per Milano e non possedendo un jet privato ho capito che una grande tragedia stava abbattendosi sul mio capo.

Allora generosamente ho avvisato i due amici milanesi, che fortunati loro, potevano buttare a monte tutti i loro impegni, le loro vite e precipitarsi a teatro perché il miracolo (per la verità un’amica siciliana me ne aveva profetato…) il 10 lo può fare…Monaco-Milano in macchina che ci mette…10616400_10204343090469989_257782963878502613_n

Così mi perdo Florestano cantato da Jonas, in più alla Scala…

Poi cosa facciamo per le repliche future? Io ho il biglietto per Vienna alla Konzerthaus per sabato e poi, conoscendo a memoria tutto il calendario di Jonas, ha anche un San Pietroburgo dopo due giorni. Fa in tempo a tornare per le ultime repliche o il titolare guarisce in tempo?

Sono le sette e mezzo, stasera mi sento come un ragazzino a cui hanno levato un regalo bellissimo e insperato. Quando mi ricapita più una fortuna simile?

Lo scorso anno mi ero fatta venti ore di treno per le tre ore scarse di una Tosca col sostituto di lusso, proprio in questi giorni.

Una preghiera carissimo Jonas: A noi che ti amiamo così tanto mandaci un messaggino privato quando parti da casa, così c’è almeno la speranza che qualcuno ce la faccia a venirti a sentire quando canti in patrio suolo italico.

                                                Con affetto, toi toi toi…

Monomania o felicità di condividere?

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…e se tornassi ancora a parlare di questa due giorni di Monaco? Monomaniaca con note ossessive-deliranti oppure semplicemente una persona che è felice di condividere le esperienze belle della vita?

Ho finalmente scaricato dal mio telefono le tante foto del concerto di sabato 6 dicembre in chiesa e ho condiviso su Facebook il video del Cantique de Noël.

http://youtu.be/vz_FMw2ftns

Penso che possa essere condiviso anche attraverso il blog, la voce di Kaufmann è così bella e potente che si allargava nella grande navata!

Da segnalare la foto anche se sono tutte venute male perché una antipatica fonte di luce proprio dietro il tenore impediva un minimo di messa a fuoco, nella quale lui parla con le mani a megafono davanti alla bocca, sembra davvero un ragazzino che si diverte a chiamare gli amici…

Finalmente Manon Lescaut

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Sembrerebbe impossibile parlare ancora di questa Manon Lescaut di Monaco arrivati all’ultima replica. L’hanno vista tutti, recensita in ogni dove. Attesa per la curiosità provocata dall’abbandono in corso d’opera da parte di Anna Netrebko e l’arrivo di Kristina Opolais che per sostituirla ha lasciato la Mimi del Met nonché per la regia che comunque il nome di Neuenfels prometteva provocatoria.

Mettiamoci che poi arrivata alla settima replica ero così impaurita che non la cantasse il mio adorato Kaufmann che ero arrivata a imbottirmi di amuleti come una Klitemnestra. Insomma ci sono arrivata tesa come una corda di violino e invece di non avere più niente da dire sull’allestimento mi sono trovata piena di stimoli e di curiosità.

Devo dire Innanzitutto che la messa in scena è molto bella, assolutamente scarna e intelligente, per niente provocatoria. C’è poi inoltre da dire che qui troviamo il Puccini wagneriano nella sua essenza totale, non tanto per la direzione di Altinoglu, in certi momenti anche un po’ troppo debordante, ma per il taglio intellettuale della regia.

Jonas Kaufmann

Jonas Kaufmann

Mentre ascoltavo l’opera mi è venuto in mente proprio questo pensiero: l’avrebbe trovata sua questa Manon, (anzi questo De Grieux, il vero protagonista) l’autore che ben sappiamo lo è stato anche del libretto, aldilà delle molte mani per cui è passato tanto da uscire anonimo? A questa domanda cerco di darmi una risposta, ahimè arbitraria e quindi tranquillamente confutabile. Io penso di si, anche se certe rarefazioni del coté fortemente sentimentale dell’opera si trascolorano in una lettura decisamente più intellettuale e distaccata che ha comunque momenti registici di grande raffinatezza e attenta lettura della partitura .

Ho apprezzato il tono elegiaco dell’aria Tra voi belle spesso interpretata come una spavalda ballata galante e l’abbandono totale di Donna non vidi mai resa magistralmente da quel rotolarsi vinto e sfinito di Des Grieux. Ho trovato geniale il soprassalto di Manon che si sveglia spaurita con la sola giacca del suo compagno e il suo Sola perduta abbandonata diventa quasi un grido di paura, come l’evocazione dell’amore mascherato, quasi un sogno di Manon nella sua aria nel secondo atto. Momenti di una regia estremamente sapiente e attenta al dare significato concreto ad ogni frase musicale nell’insieme e invece di una rarefazione dei sentimenti da farne una sorta di quel Tristano italiano di cui aveva parlato Fedele D’Amico.

Jonas Kaufmann e Kristine Opolais

Jonas Kaufmann e Kristine Opolais

Forse il regista ci vuole spiegare troppe cose con i suoi cartelli brechtiani, c’è già tutto nella musica di Puccini e la landa desolata lo è stata in ogni allestimento con la differenza che la totale uscita in quinta di Des Grieux lo costringe a mantenere una carica adrenalinica che pochi cantanti saprebbero mantenere come invece riesce miracolosamente al nostro tenore, sicuramente il più grande interprete di questo ruolo che io abbia mai visto. Ho avuto la fortuna di vedere ravvicinati i due allestimenti, quello di Londra e questo di Monaco con gli stessi due protagonisti e senza volere fare graduatorie dirò che nella loro differenza sono ambedue edizioni di grande rilievo.

La coppia Kaufmann-Opolais, perfetta fisicamente nei ruoli, si avvale della grande maestria del tenore che ha sviscerato con sapienza tutte le sfumature di questo ruolo tanto da farlo intimamente suo e la più giovane Kristina ha dovuto solo seguirlo per esserne, anche se in certi momenti ancora acerba, la partner ideale.

La Manon di Londra è soprattutto la Manon di Antonio Pappano, un direttore sapiente e appassionato la cui arte ci ha raccontato tutto l’intima passione del giovane Puccini in questo suo primo capolavoro, la Manon di Monaco è la Manon di Neuenfels, un regista a suo modo unico che di questo capolavoro ha voluto lasciare una sua incisiva interpretazione.

Adventskonzert con Jonas Kaufmann

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Adventskonzert nella chiesa in Nuehauserstrasse in München. Michaelkirche addobbata con un’enorme corona dell’Avvento sopra il grande altare barocco. I bambini del Bayerischekinderchor sembrano finti da quanto stanno fermi.

I rituali saluti e ringraziamenti di rito sono abbastanza concisi, l’assegno importante con la cifra di beneficenza ottenuta mostrato con orgoglio, tutto finalizzato ad una raccolta per l’infanzia come da tradizione. IMG_0878

Poi con precisione teutonica entra l’orchesta con il maestro Zubin Metha, elegantissimo e comincia il concerto con la Londoner Symphonie di Haydn.

Seguono alternandosi l‘Ave Verum di Mozart, cantato dai bambini del coro e un secondo concerto di Mozart con solista di fagotto, ma la mia e non solo mia attenzione è tutta per l’entrata del nostro amatissimo Jonas Kaufmann per il quale, come al solito ci ritroviamo le amiche di sempre. Francesi, tedesche, italiane, olandesi, tutte festosamente unite da questa passione che non è fanatismo, ma direi espressione di amore per il bello e non intendo con questo solo la decisamente notevole prestanza fisica del Nostro.

Source: Hannes Magerstaedt/Getty Images Europe

Source: Hannes Magerstaedt/Getty Images Europe

Si presenta elegantissimo, in grigio col panciotto, addirittura un filo di fazzoletto nel taschino della giacca! Di nuovo magrissimo, festosamente saltellante come un ragazzo felice, si muove con grazia e attacca un meraviglioso assolo: l’Ingemisco dal Requiem di Verdi nel silenzio dell’orchestra che lo segue in pianissimo. La sua voce potente riempie la navata, sicura e intonatissima è sempre incredibilmente più bella. Seguono l’Ave Maria, cantata con il coro dei bambini, ai quali lui dedica calorosissimi applausi alla fine e quel Cantique de Nöel, la cui versione di qualche anno fa è una specie di must per gli auguri di Natale su Youtube.

Ma non basta, prima di un bis, con le mani a megafono sulla bocca ci fa un bel discorsetto con leggerezza, ahimè, il mio tedesco è ancora troppo modesto per capirlo appieno e poi replica l’Ingemisco con ancora più voce spiegata che evidentemente aveva bisogno di riscaldarsi. Per noi orfane del Requiem alla Scala in ottobre una sorta di ricompensa. Deliziosamente addormentati, uno col capo biondo accostato alla testa dell’altro, i suoi due bellissimi bambini accompagnati dal biografo ufficiale Michael Voigt non sembrano essere sedotti da tanta musica sacra, sicuramente però il loro papà era contento che ci fossero.

Un anniversario musicale

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Cento anni di concerti per la gloriosa Società Amici della Musica Guido Michelli di Ancona.

Il concerto del centenario, in parte con lo stesso programma del 29 novembre 1914, ha visto una volta tanto riempirsi il teatro Sperimentale di Ancona .

Un teatro che ha avuto in passato molti meriti, quello soprattutto di supplire al vuoto spaventoso della mancata ricostruzione del teatro delle Muse, il glorioso teatro d’opera della città.

Ci sono voluti sessantadue anni per riavere il teatro principale e da quel momento è cominciato il lento declino di questo teatro Sperimentale, adesso anche un po’ abbandonato negli intonaci e nelle luci tristissime.

Ma per fortuna c’è ancora e serve, e molto, perché con la sua dimensione media è il teatro ideale per esempio per la musica cameristica.

Quindi in molti a festeggiare un evento comunque rilevante: come ha detto giustamente il direttore artistico sono state queste benemerite istituzioni a mantenere nella profonda provincia italiana la cultura musicale in un paese che ahimè sta perdendo una rilevante componente della sua storia .

Ho saputo così che ci sono duecento Società di Amici della musica nel nostro paese e se anche al ministero sembrano un po’ troppe bene ha fatto Guido Barbieri a ricordare al mega direttore-galattico ministeriale che è stata questa ossatura a difendere dall’imbarbarimento collettivo la nostra cultura musicale.

Ciò detto, io che amo tutta la musica poi ho delle personali preferenze: prima la lirica (ma solo fatta bene), poi la concertistica e proprio alla fine la musica da camera.

Confesso la mia colpa dovuta sicuramente a bieca ignoranza. Qualche volta non sono abbastanza partecipe, ma il mio stare nella mia non eccessivamente comoda poltrona mi permette comunque da vagare nei miei pensieri, nei ricordi, nella nostalgia benefica di tanto vissuto .

Leggo con cura i programmi, sempre coltissimi, saluto tanti amici e penso con nostalgia a concerti da camera in spazi più belli, a concertisti vestiti da pinguini (amo il frak perché sono una snob) e ringrazio mentalmente i cari volontari organizzatori che mi permettono comunque di stare serenamente ad ascoltare musica dal vivo invece di perdermi nelle mie serate sul canale Classica di Sky.

© Sony Classical - Tutti i diritti sono riservati

Du bist die Welt für mich

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Devo cominciare facendo ammenda su quanto avevo scritto a proposito del Cd di Kaufmann Du bist die Welt für mich.

In realtà quel sentore di pre-nazismo che ci avevo colto c’era tutto , ma non avevo capito il senso dell’operazione nostalgia che lo permeava.

Inoltre cercavo una scusa per comprare anche il documentario che accompagna il concerto di Berlino perché in ultima analisi volevo rendermi conto se una banale operazione commerciale non contenesse anche una motivazione culturale, ipotesi di cui in effetti ho trovato conferma.

© Sony Classical - Tutti i diritti sono riservati

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Il documentario ci racconta di una ricerca attenta, di un filo conduttore che ci porta attraverso le immagini della bellissima Kineteka di Berlino passando per l’archivio della Rundfunk, la radio tedesca, con la dolce e garbata voce fuori campo di Jonas Kaufmann in un percorso che parte dalla seconda metà degli anni ‘20 del secolo scorso fino a quel fatidico 1933, l’anno dell’avvento del nazismo.

Così mi spiego meglio quell’avere messo la bellissima aria di Die tote Stadt verso la fine, come momento di chiusura di un’era come aveva intuito un mio raffinato amico che me lo aveva anche scritto.

Quando Kaufmann ci dice della diaspora di tutti quegli autori e di quei cantanti perché erano quasi tutti ebrei il suo volto serio si intravede dietro una vetrata quasi a rappresentare l’ interrogativo di un giovane nato dopo quella grande colpa del suo paese e che cerca, attraverso un bellissimo finale in cui tutti i protagonisti di quella era vengono raccontati seguendone i diversi destini, di trovare una ragione di tutto ciò.

Dal tragico destino di Joseph Schmidt a quelli dei più  fortunati emigranti di Hollywood. Tutti però dispersi da quel tremendo giro della storia della Germania che è stato l’avvento del nazismo.

Un documentario sulle canzoni, ma non solo.

Dietro, e ne ho avuto conferma, c’è un’analisi storica molto rigorosa.

Pippo Delbono

Un giorno a teatro

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Ho smesso da qualche anno di andare a teatro per vedere la prosa per molti motivi, ultimo ma non meno importante è quello che per me il teatro di prosa in Italia attraversa un periodo di vera crisi.

La più pericolosa delle tendenze è quella che riguarda i testi facili, con pochi personaggi, interpretati dai televisivi di turno, cioè quegli attori/attrici le cui facce da telefilm attirano le vecchie signore dell’ abbonamento turno A .

Questi testi, spesso sono di autori anglosassoni tradotti, sarebbe come dire cotti e mangiati sul successo d’oltreoceano.

Poi c’è tutto l’interminabile repertorio classico che va abbastanza a onde: Shakespeare sempre, Goldoni e Moliere sometime, Pirandello a seconda delle annate.

Per quanto riguarda il classico antico rivolgersi per favore alle rassegne estive prego, in cui ci se la cava con cori ridotti al minimo e poche pretese scenografiche.

Ovviamente poi ci sono le dovute eccezioni, quando cioè si ripete quella strana alchimia che ti fa stare attento, emozionato, partecipe sulla tua poltrona.

Sempre più raro questo tipo di teatro, spesso affidato a singoli attori/autori non tutti uguali, anzi nella loro eccezionalità decisamente diversi e di diverso impatto sulla platea.

Uno di questi è Pippo Delbono e ieri sera per la prima volta è sbarcato ad Ancona, città di piatte abitudini teatrali.

Pippo Delbono

Pippo Delbono

Per la verità c’era stato anche un’altra volta durante un festival estivo in cui lavoravo anch’io e non era stato facile trattenere il pubblico infuriato che lo aspettava per le nove e lui seraficamente perso in qualche ingorgo estivo era arrivato per il suo monologo ben oltre le undici.

Ieri no, tutto regolare, anzi il suo spettacolo era stato addirittura preceduto dalla proiezione di un suo film (Delbono è abbastanza poliedrico) e da un dibattito con il pubblico attento e incuriosito.

Delbono quindi lo conoscevo da anni, i suoi spettacoli spesso violenti sicuramente provocatori e talvolta anche sgradevoli sapevo che sono di quelli che lasciavano il segno.

Quel suo Bobo, presenza totemica e muta , quel minuscolo alter ego faceva parte della sua poetica teatrale e difficilmente ne ignoravi la fortissima presenza scenica.

Lo spettacolo di ieri è intitolato Orchidee e merita, per me, di essere visto senza scindersi dal film Sangue che l’ha preceduto.

Parlerò quindi prima del film: è uno spettacolo che mi ha fatto molto soffrire, in certi momenti al limite della mia partecipazione emotiva e la domanda che alla fine non gli ho potuta fare per motivi di tempo era proprio sulla impudica insistenza della visione della morte che lui ci ha messo sotto gli occhi perché non sono sicura che la sua adorata mamma fosse così felice di essere ripresa in quel momento, il più sacro dopo la nascita, in cui il nostro corpo disfatto si allontana per sempre .

E non mi basta la lunga bellissima inquadratura della morta elegante a giustificare quel suo voyerismo esasperato.

Meno coinvolgente la parte che riguarda la lunga intervista al brigatista Senzani, niente è più triste di vedere un uomo sconfitto raccontarsi senza pietà e mi pare assolutamente ridicolo parlare di istigazione alla violenza e alla lotta armata . Quel pover’uomo oggi ci fa solo una pena infinita.

Passo allo spettacolo: Delbono prosegue nel raccontarsi a modo suo, ma forse questo è uno spettacolo più dolce, più elegante rispetto a sue precedenti performance .

Uno spettacolo rigidamente scandito nei tempi, elegante nella forma, forte l’influenza più o meno dichiarata con il Tanztheater di Pina Bausch l’ho trovato addirittura elegiaco in certi momenti.

Soprattutto il finale, quella stupenda citazione di Ofelia- mamma è stato come la risposta alla domanda che non ero riuscita a fargli.

Il tuo messaggio caro Pippo è diventato più lieve, si vede che anche tu invecchi e che il tuo enorme Ego si placa nella memoria e ne trovo la conferma nella bella poesia di Sant’Agostino che la tua mamma ti recitava a fatica nel suo tenerissimo ligure.

Chiamale se vuoi, emozioni – Kaufmann e Opolais in Manon Lescaut

Parlerò più approfonditamente della messa in scena di questa Manon quando l’ avrò vista e sentita a Monaco il 7 dicembre, sperando non ci siano intoppi sia nel mio andare a Monaco che nel trovarci il cast principale, altro non dico!

Posso però intanto parlare della bellissima esperienza dell’ascolto collettivo di alcune persone che magari personalmente neppure si conoscono, ma che attraverso al magica rete di Facebook si sono scambiate le emozioni reciproche durante l’ascolto via etere.

Il ritorno trionfante della radio, direi innanzitutto.

Aveva un sapore antico stare attaccati a una fonte sonora mentre con la fantasia potevamo ripercorrere altre messe in scena della stessa opera (personalmente ne ho viste tante) oppure semplicemente supplire con la fantasia ed inventarsi la scena proprio come ognuno se la poteva immaginare, il che per la verità ha il suo fascino e ci permette di godere meglio la qualità delle voci, la scelta dei tempi della direzione d’orchestra e anche lo strano mix di tutto questo che si tramuta semplicemente in quelle che, come avrebbe detto Lucio Battisti, “chiamale se vuoi, emozioni”.

Kristine Opolais e Jonas Kaufmann © Tutti i diritti sono riservati all'autore

Kristine Opolais e Jonas Kaufmann © Tutti i diritti sono riservati all’autore

Forse disturbava e non poco la voce del suggeritore , incautamente messo troppo vicino ad una fonte audio e anche l’orchestra in certi momenti sovrastava talmente da avere effetti un po’ bandistico .

Comincio dalla lettura di Antinoglu: decisamente buona, ma per una fan di Antonio Pappano certe accelerazioni sull’Interludio e certi effettacci fracassoni, ammettendo la difficoltà della ricezione forse non calibrata nelle fonti, possono avere influenzato negativamente il mio ascolto. Lascio all’ascolto diretto la valutazione definitiva anche se già a New York durante il Werther avevo già avuto le stesse impressioni di alcune forzature ad effetto.

Sulla compagnia di canto direi che non fossero estremamente curate le voci e la dizione dei personaggi di contorno tanto che il capitano della nave se ne è uscito con uno strano “ aprite il porto che sembrava piuttosto aprite il pozzo…e fino a Geronte non mi pare che ci fosse molta cura sia nella dizione che nelle voci con un apprezzamento a parte per le voci del Madrigale. Pulita la voce di Lescaut , di buona dizione e di tenuta musicale.

Di Kristina Opolais posso dire tutto il bene del mondo, se non altro perché ha riportato il sorriso e la gioia di cantare a Kaufmann. La sua voce, chiara e pulita forse ha ancora bisogno di trovare la profondità necessaria alla drammaticissima parte che le è affidata, ma quando la sua voce si unisce a quella di Des Grieux magicamente acquista spessore e tenuta drammatica.

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L’ho lasciato in fondo apposta perché voglio dichiarare tutto il mio amore e tutta la mia ammirazione per il più perfetto, drammatico, disperato Des Grieux che abbia mai sentito in vita mia. Se fosse possibile direi che è anche migliorato rispetto a Londra, non avevo mai pensato come si possa trasmettere in silenzio via radio la disperazione e il pianto come riesce a fare Jonas Kaufmann. Unico nella sua perfetta dizione italiana, nella tenuta vocale, nella tensione emotiva.

Unico Des Griex straordinario su tutta la scena mondiale al momento finché, e non so quando, ne possa nascere un altro alla sua altezza.

Viva Puccini!

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Quando sulle ultime note della Manon Lescaut una voce chiara e italianissima ha urlato Viva Puccini! anche il mio cuore ha esultato in totale sintonia.

Ho anche aggiunto un mio personale viva Jonas! perché in quel momento le due emozioni erano inscindibili.

Inchiodata da quattro ore all’ascolto dal Bayerichestadstoper della stupenda opera pucciniana ho avuto il vantaggio di non vedere la insulsa e intellettualistica (e aggiungerei inutile) regia di Hans Neuenfels ma di ascoltare una grande performance di Jonas Kaufmann, coadiuvato dalla sua compagna Kristine Opolais che quando canta con lui cresce di voce e di interpretazione.

Kristine Opolais e Jonas Kaufmann © Tutti i diritti sono riservati all'autore

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Solo un grande enorme artista regge l’opera, tanto a lui quello che accade intorno non lo interessa, lui vive il suo tormentato eroe direi addirittura incurante di quanto lo circonda.

Il suo italiano è sempre più fluido e non ha neppure quelle piccole impuntature che comunque me lo facevano amare lo stesso, adesso è perfetto e ben consapevole del valore delle parole.

Si conferma anche un musicista vero: nel trailer ufficiale alla domanda quale momento preferisca, dopo aver detto che è difficile scegliere, però indica la ripresa nella romanza del terzo atto delle note dell’Interludio e capisci il suo orecchio perfetto, la sua tenuta vocale e soprattutto la sua totale immedesimazione nel ruolo.

Jonas Kaufmann © Tutti i Diritti sono riservati all'autore

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Credo che attualmente la sua arte di tenore sia senza confronti.

Spero molto che lui regga tutte le repliche, io ho il biglietto per l’ultima, comunque qualche volta l’ascolto solo via audio dà l’ulteriore vantaggio di godere forse meglio la preziosità della sua voce e se sarò fortunata mi auguro anche di riuscire a dirgli ancora una volta grazie per tutti i bellissimi doni che ci offre.

Da cosa fuggi Jonas?

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Fuggi da tutti i roten Tappisch, red carpet e diavolerie simili, fuggi da Du bist die Welt che ormai non riesci più neppure a cantare in bagno la mattina sotto la doccia?

Mentre ti fai la barba no, perché ora non te la fai…

Fuggi da queste pacchianate televisive (e chi mi parlerà male della televisione italiana lo terrò inchiodato le tre ore del premio Bambi per punizione), fuggi e torna nel tuo bellissimo frac d’ordinanza a cantarci con la tua meravigliosa voce gli splendidi Lieder come solo tu sai cantare, fuggi e torna nei bei teatri d’opera dove all’uscita i tuoi e le tue fans, un po’ più abbondanti le seconde, ti aspettano all’uscita con fiori, libri e magari anche biscottini.

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Jonas Kaufmann
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Non come in quegli orribili posti, tipo San Sebastian, in cui magari neanche ti conoscevano bene e le ragazzine non ti chiedevano i tuoi preziosi autografi.

Ora riprendi i panni, quelli sì eleganti, del Cavalier Des Grieux, nei quali ti cali benissimo e incantaci con la tua stupenda voce non distorta da malefici microfoni, illuminato da luci pacchiane da XFactor.

Non importa se a qualcuno non piacerà la regia, tanto tu veleggi ben al disopra di ogni allestimento, il tuo mostruoso talento che forse un po’ ti consuma (ahimè anche tu hai qualche ruga di più ultimamente) ti permette di essere quel meraviglioso camaleonte come tu stesso ti definisci e incarnare ogni volta un nuovo incredibile personaggio che ha un solo difetto: è irripetibile.

Jonas Kaufmann © Tutti i Diritti sono riservati all'autore

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