Ancora Salome

Sul prezioso canale ARTE è possibile vedere l’ennesima versione di Salome , questa volta da Amburgo  e ci sembra interessante soffermarci sulle recenti messinscena del capolavoro strausssiano.

Perso ormai ogni riferimento fedele al testo si assiste ormai solo a strani ripensamenti e rivisitazioni .

Dalla Salome di Castellucci a quella di Cristof Loy passando per Michieletto adesso  questa ultima di Tcherniakov  nellle quali è un gioco inutile cercare fedeltà al libretto :

potremmo forse concludere che Salome non danza più quella celebrata danza dei sette veli che tanto scandalizzò in epoche lontane.

Ma questa ultima infedele e interessantissima chiave di lettura merita un approfondimento , vuoi per la preziosissima lettura musicale di Kent Nagano che per la straordinaria interpretazione di Armin Grigorian.

Siamo a cena per festeggiare il compleanno del Tetrarca in un tempo novecentesco abbastanza recente e l’irrompere in scena della ragazza inquieta che scatenerà la storia vede seduto a capotavola , di spalle un Johannah appartato e dichiaratamente non partecipe del festino volgare .

Un intellettuale che legge ostentatamente il suo libro e parlerà solo quando la ragazza inquieta solleciterà il suo vaticinio.

Scordiamoci i riferimenti al libretto , in antitesi con quello che si vede e che in un primo momento sono quasi irritanti nella infedeltà poi capiamo che si tratta di una nevrosi soggettiva e che quello che si svolgerà davanti a noi sarà una lettura filtrata da una mente malata.

Solo una grande interprete può riuscire  in una tale operazione , sicuramente sorretta dalla limpida lettura musicale di Nagano  la Grigorinan , attrice , mimo , ballerina a tutto tondo si immerge nel suo delirio di figlia ribelle con una forza e una violenza totali fino a restarne  vittima .

Johannah se ne va , non ci sarà né sangue né teste nel piatto , non ci sarà la danza come la vedevamo in ere lontane , ma il tragico volto imbiancato di Salome che con minimi gesti dello sguardo , con la flessuosità del suo corpo adolescenziale riesce a trasmettere l’angoscia e il disagio di una nevrosi raramente illustrata in maniera così feroce come in questa messinscena infedele e fedelissima ad un tempo.

All’Odeon

Una notizia piccola piccola sull’apertura di un nuovo spazio culturale a Firenze mi apre la mente ad un ricordo sepolto :potrei intitolarla “ c’era una volta il cinema Odeon”.

Era un cinema di “prima visione” e non ci andavamo mai , per noi c’era il cinema di quartiere e in quello mi sono persa negli anni lontani della adolescenza.

Ma ho un ricordo di lusso che riguarda quel cinema vicino a Palazzo Strozzi : la mia mamma mi ci portò a vedere Via col vento.

Avevo dodici anni e quel giorno per la prima volta mi era venuto il ciclo , non mi ricordo se fossi traumatizzata ,ma credo proprio di no , la maestra LoForese era molto brava e quindi penso che mi avesse adeguatamente preparata al cambiamento fisiologico , però volle con me fare una cosa particolare.

Al cinema , un ambiente un po’ art-deco e lussuosamente orientaleggiante c’era pure un sipario rosso che si apriva magicamente all’inizio del film .Una suggestione nella suggestione.

Non mi ricordo l’effetto del film su di me , l’ho rivisto tante altre volte nella vita che quel primo ricordo si è confuso con altre più recenti visioni , poi avevo già letto il libro e sapevo tutto di Rossella O,Hara.

Sapevo già da che parte stare e la mite Melania non aveva tutte le mie simpatie . Amavo Ashley , lo sfigato e non mi piaceva il baldanzoso Rett Butler.

Ma la cosa che mi piaceva di più era la frase finale : domani è un altro giorno . Credo che in qualche modo quella filosofia di vita magari inconsciamente l’abbia applicata anche alle vicende della mia vita .

Nella mia vita poi ho letto tanti libri molto più importanti e sicuramente maggiormente formativi : ai miei tempi si leggeva Thomas Mann , Proust e i classici russi tutti prima dei trent’anni , quando si costruiva su basi sicuramente già solide la ricerca di autori ai quali venivo spinta da sollecitazioni le più varie .

Non nascondo di avere avuto spinte anche da film e soprattutto dalla musica , una passione familiare che mi sono sempre tenuta come una ricchezza in più.

Ma in quel primo ricordo “da grande” c’è un tema , non mi ero mai accorta che fosse anche la sigla musicale di apertura di un famoso talk show !

Evidentemente per me la tv non rappresenta  il “mio pensiero dominante”.

Mai più

Non me ne voglia mia nipote se la metto al centro della riflessione di oggi, se mai leggerà questo post ,ma per capire le cose importanti qualche volta torna utile partire dal particolare , dal piccolo , dall’esperienza familiare.

Una tavolata di festa e un piccolo commento fanno scattare una scintilla di passione in una ragazza buona e gentile che si ribella quasi fino alle lacrime di rabbia contro una nonna e una zia che lei percepisce come filo israeliane.

E’ piena di rabbia repressa la sua argomentazione filo palestinese , non crede una parola di quello che la nonna e la zia le stanno dicendo, ci accusa di false argomentazioni , tende proprio a non ascoltare quello che le diciamo.

La zia mi dice sconsolata : i giovani sono tutti come lei e capisco che siamo a un passo da quel crinale terribile che divide come una lama anche le più banali argomentazioni storiche e politiche.

Le due persone più grandi ovviamente hanno tanti argomenti per portare avanti un discorso di eventuale equidistanza tra un orrore e un altro orrore generato da un governo sbagliato e antichi nodi non risolti  ma  abbiamo paura che il passare degli anni e l’affievolirsi del ricordo di terribili atrocità sia alla base di questa nuova ondata di antisionismo che ci metterebbe un attimo a diventare antisemitismo.

A tavola , in famiglia , si torna sereni. Basta un attimo e i grandi temi si stemperano nel nostro essere persone civili e che si vogliono bene.

Ma il ricordo delle lacrime di rabbia della giovane universitaria sono le stesse che vedo nelle piazze di mezzo mondo occidentale  come è lo stesso il mio stupore assurdo nel vedere tutte quelle bandiere e leggere quei cartelli che gridano odio contro Israele.

Zero Calcare che non va a Lucca perché la fiera del fumetto è patrocinata dall’ambasciata israeliana mi fa male come le la rabbia di mia nipote , capisco però che le generazioni che ci dividono possano generare quell’abisso nel quale è caduto addirittura il ricordo della Shoa e di tutto quello che ha rappresentato per chi è consapevole e che ancora ricorda .

“Mai più” si era detto , ma all’orrore di un passato orribile oggi si risponde , spero , anzi credo in perfetta buonafede , con uno sventolare di bandiere che rischiano di riportare l’umanità verso l’errore che piano piano si potrebbe trasformare in orrore.

Una serenata

Una coincidenza relativa al mio approfondimento relativo al ciclo di Lieder di Schubert Schwanengesang che ero andata a sentire a Monaco la scorsa estate e che per la defezione del mio carissimo Jonas Kaufmann non avevo potuto ascoltare mi aveva portato a scoprire l’intero ciclo in una bella incisione di un basso baritono che avevo già notato in un Così fan tutte salisburghese.

Andrè Schuen , ladino di La Valle , italiano di nazionalità anche se sicuramente la sua formazione musicale e culturale è molto più vicina alla sua radice culturale austriaca.

Una voce morbidissima , una bella figura e quel ciclo inciso con la Deutche Grammophon me lo hanno fatto amare , tanto che adesso lo seguo con maggiore attenzione e spero di riuscire presto a vederlo dal vivo in scena.

In realtà il quarto Lied lo conoscevamo già tutti , è famosissimo ,  solo che non lo avevo collegato al ciclo , come al solito anche indirettamente, Kaufmann seguita a fami regali.

Strano caso quello che mi fa associare la scoperta di italiani delle terre di confine e il pensiero corre al nuovo idolo Jannik Sinner di San Candido , un paese bellissimo in fondo alla Val Pusteria.

Tutta l’Italia è orgogliosa del giovane tennista che vola altissimo nelle classifiche internazionali anche se il suo nome ci fa capire che la sua italianità di confine è come quella di Schuen , sono ambedue  cittadini europei , in questo accomunati e dobbiamo essere orgogliosi di entrambi , della loro comune matrice culturale .

Ma io che di tennis non capisco neppure come si calcola il punteggio , invece capisco abbastanza di musica e di voci e la  bella voce maschile di Schuen , insieme alla sua bella figura ne fanno già un mio beniamino che spero davvero di ascoltare presto, magari negli amatissimi Lieder che affronta con ottima tecnica .

Per adesso ho condiviso su Facebook il Lied numero quattro : Ständchen : Serenata ,e sono dovuta andare a cercare sul vocabolario la traduzione , così diversa la parola italiana! 

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Sarà questa la morte?

Fare l’elenco di chi non c’è più pare sia un modo per curare la psiche.

L’ho letto come consiglio di un famoso psicologo con stupore perché è un esercizio che mi faccio spesso da sola e non credo di averne bisogno per curare una  depressione che penso proprio  di non avere.

Ci sono però dei giorni in cui l’elenco si fa più spesso e sono questi in cui per antica tradizione si va anche fisicamente in quei luoghi nei quali il ricordo si fa più ravvicinato.

So benissimo che ci sono persone che al cimitero ci vanno di rado e altre che addirittura non ci vanno mai.

Io ci vado spesso, in quello più vicino a casa dove ho le mie persone care . ma vado ,magari solo anche col pensiero ,al cimitero in terra di Toscana dove riposa gran parte della mia famiglia .

Mi è di grande compagnia la musica di Richard Strauss , il suo bellissimo Allerseelen lo ascolto anche perché ormai fa parte per me del rito di ricordare .

Ma anche la bellissima Abendrot, l’ultimo dei Vier Letze Lieder ha in sé una riflessione utile a avvicinarmi all’elenco suggerito.

Contiene quel bellissimo verso di pace con la domanda finale : sarà questa la morte ? che mette nell’animo una infinita tenera tristezza.

Si è sempre insieme a chi non c’è più e più si allungano gli anni della nostra vita , altrettanto si allunga la lista di chi ci ha lasciato

prima di noi.

Una contabilità in levare che è al contempo una accresciuta compagnia di presenze ravvicinate.

Non devo curarmi nessuna depressione ma sto bene attenta nel riformulare l’elenco di non dimenticarmi nessuno .

Semmai l’unica cosa triste è quell’aggiunta recente che forse che proprio perché essendo più ravvicinata sembra meno tenera e più dolorosa .

Il grande rimedio del  Tempo in certi casi ci mette un po’ di più a metabolizzare la distanza.

Però l’elenco non ho proprio bisogno materialmente di scriverlo ,la mia lunga fila di presenze mi accompagna con la musica.

Halloween

Una sera d’autunno , di quelle nelle quali si piomba nel buio presto , avevo già chiuso porte e finestre quando suonò il campanello :

dietro il cancelletto di legno tre nanetti mascherati da Zorro, Moschettiere e Fatina mi dissero :dolcetto o scherzetto !

tenerissimi e spaesati , la nostra è una strada di villette , abbastanza deserta ,quei tre bambini mi fecero una grandissima tenerezza e mi sarei sotterrata per la vergogna di non avere in casa neppure una caramella.

Da quella volta ho tenuto sempre un barattolo di caramelle in casa anche se nessun nanetto ha più suonato il campanello da quella sera lontana ; invecchiamo tutti e probabilmente i bambini sono cresciuti abbastanza da non andare più in una improbabile strada a citofonare senza successo.

Diverso l’Halloween che vidi una sera New York : tra zombi ,vampiri e streghe era tutto un finto horror con molto trash di falsi cadaveri.

Forse mi fece ridere anche se penso che quel tempo di finte paure sia definitivamente impossibile da sopportare in questi giorni orribili davvero .

Questi due ricordi lontani mi tornano alla mente perché adesso sulle piattaforme è tutto un pubblicizzare di zucche vuote e di pipistrelli anche se non so quanta voglia ci sia in giro per mettere in giro finte paure quando un sottile angoscioso senso di terrore ci  circonda appena apriamo la televisione .

L’orrore di guerre e attacchi terroristici sembra essere il nostro pane quotidiano quando avevamo pensato , a torto ,  che mai più l’orrore avrebbe minacciato le nostre vite.

Non credo che saranno più molti falsi cadaveri per le strade della Grande Mela quando sotto gli occhi di tutto l’Occidente la realtà ci viene sbattuta in faccia con la ferocia delle vere immagini la cui sola forma di pietà è rappresentata da quei sudari insanguinati che nascondono l’orrore vero.

Credo proprio che sia  il caso di accantonare Halloween in attesa di  auspicati tempi migliori.

Un vecchio film

L’avevo molto amato da ragazzina e poi lei era bellissima :Gene Tierney , al tempo la mia attrice preferita e  la storia del rude marinaio che le appariva nella romantica casetta sul mare mi aveva scatenato tutte le romanticherie possibili.

Ricordo che molti anni dopo , quando una sera mio marito con indosso la giacca da marinaio tornò da una regata lontana mi sembrò quasi  una reincarnazione di  Rex Harrison Del  fantasma e la signora Muir.

Rividi quel film molti anni dopo e mi sembrò cortissimo , era il tempo in cui i film duravano 90 minuti e quelle belle brughiere con il mare sullo sfondo erano dei bei velatini  made in Hollywood, la storiella era tanto improbabile quanto garbata e aveva perso quel fascino che ne aveva fatto uno dei miei film preferiti nella stagione dei sogni giovanili.

Mi restò però il ricordo confortante del finale : la vecchia signora sulla poltrona vicino alla finestra si addormenta nel sonno finale e il fantasma da un alto improbabile cielo la viene a prendere tendendole la mano.

Ci metterei la firma per un finale così , il mare dalla finestra lo vedo , un capitano ce lo avevo avuto anche io anche se non mi aveva arricchito attraverso le sue avventure di mare .

In definitiva invecchiando davvero si ritorna ingenui e un po’ rimbambiti .

Sto rivalutando the Ghost end Mrs Muir. Twenty Century Fox (1947)

Sparizioni

Avevo scritto tempo fa della scomparsa della liseuse e ogni tanto vedo che questo piccolo post ha ancora lettori forse incuriositi dal titolo.

Ebbene , in base alle mie recenti ricerche sul campo continua la mia indagine di costume che vede altre illustri sparizioni.

La più eclatante è la scomparsa della tovaglia dalle tavole italiane, ogni pubblicità che racconti più o meno realisticamente la famiglia o il gruppo di amici a tavola la tovaglia non c’è  più. Sostituita da tovagliette e sottopiatti  probabilmente usa e getta, il che  fa sembrare ogni desco una imitazione della pizzeria sotto casa .

Contemporaneamente è scomparso il cestino del pane , anzi è scomparso il pane tout court,  e se lo chiedi al cameriere spesso ti guarda incuriosito , tu jurassico reperto di vecchie abitudini.

Ma la scomparsa più pericolosa , o meglio l’abitudine antica a servirsene è quella dell’uso della freccia quando guidando la macchina si  decide di cambiare strada.

Nelle antiche memorie ricordo che alla scuola guida ti insegnavano a segnalare sempre a chi ti stava dietro quello che volevi fare , pena la bocciatura .

Adesso è diventato un optional usarla , sta a te guidatore dai poteri sovrannaturali interpretare la volontà di chi ti precede , fatti tuoi se non lo capisci da solo.

Una volta si diceva ironicamente rivolgendosi all’incauto che non segnalava : la freccia la usano gli indiani! , oggi non è il caso di fare dell’ironia ; il guidatore giovane ti guarda con stupore e probabilmente pensa che sarebbe ora che ai vecchietti non  venga rinnovata la patente.

I vecchi vanno piano , pretendono parcheggi regolari , intralciano i ragazzi nel loro correre spesso inutile e pericoloso , ma  la vita è qui e adesso e questa è la nuova legge della strada .

Shalom

Sono uscite dal buio le due donne ostaggi illuminate dalle lampade degli operatori televisivi , uscivano da un nulla terribile e i loro gesti riflettevano l’imbarazzo delle luci su di loro.

Gli uomini neri , volutamente terribili nelle vesti di terroristi parlavano , forse davano medicine , una ascoltava con fatica ,evidente in lei la confusione umana e mentale.

L’altra invece , quella all’apparenza più fragile seguiva con attenzione quello che le veniva detto, stranamente umano e partecipe il gesto dell’uomo di Hamas , curvo su di lei aveva suo malgrado un atteggiamento di rispetto o perlomeno mi è sembrato tale.

Tutto è durato pochi secondi , poi una mano amica si è protesa ad accogliere la vecchia signora e lei con un gesto che ha dell’incredibile si è girata verso il suo carceriere e dandogli la mano gli ha detto : Shalom , pace , Salam.

Un gesto più forte di mille proclami , un gesto che ha in sé tutta la storia di un popolo perseguitato e irriso nei secoli , un popolo che ha trovato in Herez quella terra promessa che è stata un lungo miraggio per gli ebrei della Diaspora.

Quel popolo che ha fatto fiorire il deserto , che è diventato un paese ordinato e democratico ma che ha avuto la disgrazia di non avere sempre dei governanti  degni della sua tradizione.

La piccola signora del kibbuz era tra quegli israeliani convinti che sia possibile la convivenza con gli antichi abitatori palestinesi di quella terra , una donna che nella vita si è adoperata per aiutare i deboli abitanti della confinante striscia di Gaza  , il cui marito ancora ostaggio è un giornalista che parla arabo e che insieme a lei si è sempre battuto per i diritti di tutti gli abitanti di quella terra contesa.

Pace a te , donna ancora bellissima nella vecchiaia , donna forte e sicura .

Credo tu rappresenti il lato bello del tuo popolo molto meglio di indegni rappresentanti che vi governano.

Conosco abbastanza i problemi interni che vi affliggono e che il prevalere di immigrazioni recenti hanno provocato squilibri politici verso una destra ultra tradizionalista i cui nefasti risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Avete sfilato per mesi per combattere contro una politica sbagliata e ne avete pagato un pegno troppo grande per essere perdonato, come ha detto Primo Levi ,ma che il ricordo non si trasformi in odio.

La piccola signora del kibbuz ci ha dimostrato col suo gesto tutta la forza di chi è stato capace ,sognando la terra promessa ,di avere  contribuito concretamente di esserne parte degna.

Pensierino

In questa valanga di informazioni , commenti , retro -letture in politichese  l’unica penna che ha centrato il vero problema di fondo della vicenda Meloni / Gianbruno sta nella sagace penna di una vecchia signora del giornalismo d’antan.

In tanta cronaca , informazione , gossip Natalia Aspesi è stata l’unica a domandare alla signora Meloni come mai la presidente del consiglio si sia dovuta accorgere solo dopo dieci anni di convivenza di avere vicino un bellone sciupafemmine col quale ha anche fatto una figlia e creato quella famiglia naturale che comunque è tale a tutti gli effetti nel costume ormai accettato nel mondo di oggi.

Nessuno scandalo morale , il mondo ha accettato serenamente la presentazione del compagno/ compagna al posto dell’arcaico : le presento mia moglie/ mio marito.

Ci si va insieme anche in  visita dal Papa e pure  alla Scala , i baluardi sociali del convivere sacro e mondano .

Ma , e qui sta la domanda maliziosa della graffiante penna cara ai miei vecchi tempi : come ha fatto a starci insieme per tanto tempo se non ne condivideva gli atteggiamenti e le volgarità?

Lo ha dovuto scoprire dal fuori-onda di Striscia o semplicemente quello è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso?

Sicuramente la donna premier esce vittoriosa da questa vicenda che le procurerà ulteriore gradimento elettorale , femminista suo malgrado è passata dalla parte delle donne , lei che le battaglie femminili proprio non le aveva messe nella sua agenda di battagliera beniamina della destra più retriva.

Un frame

L’ennesima visione delle news , un venerdì di odio e di rabbia.

Varie piazze arabe , alcune con folle veramente imponenti , bandiere palestinesi , urla e volti sconvolti dall’odio.

La telecamera inquadra la piazza di Ramallah con i gipponi della polizia che inseguono i manifestanti e sullo sfondo brilla luminosa l’insegna riconoscibilissima di una catena fast food.

Ha un che di irreale quella visione e la telecamera la inquadra più volte , sono tre M , più esattamente tre volte il logo della multinazionale sopra quelli che sono probabilmente tre ingressi del conosciutissimo ritrovo dei giovani non solo negli USA ma anche in tuttaEuropa.

Non sarà una vittoria palestinese e neppure quella più probabile dimostrazione di forza israeliana a risolvere il conflitto che sconvolge da decenni quella parte del mondo : sarà il dio del consumo , il modello di vita occidentale quello che spianerà l’odio e la vendetta , il potere economico che appiattisce le ideologie di un tempo.

Basterà dare tempo al tempo e se già in Cisgiordania c’è un McDonald vuol dire che nella parte meno povera del paese c’è già una breccia che è simbolo di potere economico , di predominio del consumismo.

Certamente questo non rappresenterà il mantenimento di antichi valori ,non sarà segno di civiltà avanzata : sarà semplicemente il trionfo del  consumismo che livellerà l’odio antico e ne sfumerà i segni secolari.

Come sempre è sempre questione di soldi , se nelle povere economie medio-orientali dove la ricchezza delle fonti energetiche non è suddivisa democraticamente nelle popolazioni  si aprisse un varco di benessere minimamente diffuso il demonizzato consumismo , il Dio Mammona biblico finirebbe per sconfiggere quelle divinità per le quali si sono battute per secoli le civiltà antiche con buona pace di coloro che ancora sperano nei valori della  pace universale.

Fare teatro

Esiste una magia che contamina tutti coloro che di  teatro non sono solo spettatori ma tocca una corda intima e segreta  che rende il vedere teatro qualcosa di diverso , di più intimo , anche se spesso fa essere meno indulgenti dell’anche più appassionato spettatore.

L’avere per qualche decennio fatto teatro con i ragazzi di una scuola e contemporaneamente avere visto millanta di questi spettacoli , qualche volta incantevoli ma più spesso appena guardabili fa essere spettatori esigenti  anche di forme di teatro lontane da quelle ingenue del teatro della scuola.

Ho spesso pensato che la mia lunga frequentazione del teatro lirico mi abbia  reso più facile la valutazione e anche la realizzazione di uno spettacolo , soprattutto se teatro classico antico.

Mettere in scena Euripide può equivalere a mettere in scena Verdi o Wagner , i meccanismi teatrali sono sempre gli stessi e non credo di dire una eresia ma il grande teatro di parola di Shakespeare non differisce molto da Ibsen , magari passando da Cechov.

Sicuramente è molto più facile far piangere che far ridere ed è molto più difficile avventurarsi nel comico o semplicemente affrontare la commedia.

La musica è un grande valore aggiunto , lo spettacolo si arricchisce dei suoni come delle luci e lo spettatore capirà alla fine se si è lasciato stregare o se la quarta parete è rimasta chiusa alle emozioni vissute.

Perché c’è qualcosa di magico nel gioco del travestimento , essere altro da sé nasconde un desiderio inconscio di perdersi nel gioco  esistenziale.

E’ per questo che i grandi attori , i grandi cantanti , i grandi registi sono i veri maghi che ci permettono di uscire dal reale per entrare nel gioco infinito dell’irreale fantastico .

Se poi questo gioco lo si è fatto in prima persona , se il rumore dei passi sulla scena lo si è provato , se il piacere fisico di vedere il teatro da dietro una quinta , se il catartico momento del sipario che si chiude , se le luci si chiudono sull’applauso più o meno meritato allora si è decisamente vittime di questa magica droga dalla quale non ci libereremmo  mai più.