Vier lietze Lieder

Li amo di amore incondizionato , mi piacciono perché immagino il vecchio compositore nella sua villa di Garmisch , la nuora che gli porta tre testi ai quali lui aggiunge un quarto tenuto da parte in un cassetto , nasce un capolavoro crepuscolare e magico.

Quando sentìì per la prima volta Armin Grigorian , in saio francescano ,cantarli da Torino mi deluse leggermente , poi li cantò a Santa Cecilia e io devotamente ascoltai l’esibizione ottenendo lo stesso risultato leggermente straniato.

Esce adesso un suo Cd e ben due persone che mi onorano della “fesbucchiana” amicizia e che stimo molto scrivono separatamente , ma concordemente che la mia amata soprano con questo disco conferma che la sua arte maggiore è arte di palcoscenico , di interprete carismatica quando incarna i ruoli con notevole forza interpretativa.

Dato che amo moltissimo questa cantante e da tempi non sospetti perché era un secondo cast in Suor Angelica a Roma , una diecina di anni fa , ho ragione di ritenere giusta la valutazione dei mei due illustri amici di web.

Lo strano caso , il Cd. non l’ho sentito e non ho neanche la curiosità di sentirlo , mi conferma quello che avevo percepito nella mia totale ignoranza musicale supportata solo dalla lunga frequentazione musicale , cioè che certe peraltro mitiche figure hanno dalla loro la straordinaria capacità di entrare nei personaggi , di possedere una tecnica notevole e anche una forte presenza scenica  ma che la liederistica è un’arte a sé e che non tutto riesce bene a tutti , basta farsene una ragione.

Ciò non toglie che proprio ieri abbia ascoltato la Grigorian nella Dama di picche ( ascoltata perché la messinscena è risibile,) e ancora una volta abbia apprezzato l’ampiezza della sua voce , la sicurezza del suo canto e la sua carismatica presenza scenica.

Una Dama fumosa

Si svolge in un nulla fumoso questa Pikovaya Dama di Monaco e se non fosse che l’avevo vista già recentemente alla Scala un paio d’anni fa sarei stata costretta ad andare a rileggermi il libretto .

Ricordo la mia prima Dama di Picche a Firenze , erano gli anni in cui si ambientavano le opere con le indicazioni dell’autore , per cui ricordo bene la scena del Lungo Neva quando Lisa si suicida, qualche confusione sul fatto che forse era ambientata in manicomio  deve è finito il povero Hermann e la Dama entrava in scena da una porticina bassa bassa , ma forse quella è già un’altra edizione.

In questa ultima messinscena , ambientata , non si sa bene perché , in un mondo di gente di malaffare, al solito grande spreco di sipari con primi piani che non spiegano niente altro che la bravura attoriale degli interpreti ,dove al solito primeggia la Grigorian anche se Violeta Umana da uno spessore spesso sottovalutato al personaggio della Dama , bellissima la sua aria francese cantata con grande dolcezza.

Dal meraviglioso racconto di Puskin Tchaikowski ha tratto uno dei suoi capolavori e se l’Onegin resta un’opera del cuore questa Dama ha una musica talmente sconvolgente da restare sconvolti anche dopo l’ennesimo ascolto.

Infatti ho preferito ascoltare piuttosto che vedere il nulla scenico , con misteriose apparizioni corali ( come spiegare l’allegria del canto dei bambini all’inizio o l’inizio del terzo atto in caserma , qui inutilmente trasformato in bordello ( allora le trombe a cosa servono?).

I cori vanno e vengono dalla fitta nebbia senza nessun nesso logico con la vicenda narrata , davvero siamo arrivati all’assurdo di scrivere una specie di sceneggiatura parallela in modo che la musica diventi una colonna sonora adattata alla bisogna.

Ottime prestazioni di tutti gli interpreti a cominciare dal protagonista Brandon Jovanovich e dall’inossidabile Roman Burdenko , delle donne ho già detto ,direi che nell’insieme è una buona Dama da ascoltare , inutile da vedere. 

La calligrafia

Qualche tempo fa , non ricordo esattamente il giorno , stavo facendo una cosa banale anche se gratificante , mi avevano chiesto una dedica su un mio librino quando mi accorsi con terrore che non riuscivo a scrivere correttamente le poche parole che intendevo mettere sulla pagina.

Abituata ormai a scrivere sul pc. non avevo più la padronanza della mano , quella volta mi limitati ad uno svolazzo di firma illeggibile e me la cavai in quel modo.

Poi ci ho ripensato e leggendo recentemente un articolo sull’importanza della calligrafia ho capito che la perdita della consuetudine con la scrittura porta a conseguenze impensabili anche sulla trasmissione del pensiero .

Addirittura si afferma che ci sia una correlazione con il numero dei passi che facciamo con la grafia del nostro pensiero.

Nel secolo scorso la calligrafia era addirittura una materia scolastica : maiuscole e minuscole in corsivo , in caratteri diversi dai nomi altisonanti : adesso i ragazzini imparano a scrivere solo in stampatello e solo le maiuscole , ne consegue che anche il loro pensiero si semplifica e si banalizza.

Personalmente ho deciso di correre ai ripari : scrivo lentamente , con caratteri un po’ infantili , obbligandomi a tenere la mano ferma anche se questo mi porta a rallentare la costruzione del concetto da esprimere.

Capisco che davanti ai grandi temi educativi che devono affrontare i nuovi docenti credo che il recupero della bella calligrafia sia l’ultimo degli obbiettivi , ma cercare di ottenere dai ragazzi qualche bella paginata di lettere in corsivo potrebbe essere una piccola spinta per chiedere loro anche una maggiore attenzione ai concetti da esprimere con maggiore ponderazione.

La pira

Almanacco di bellezza , uno dei pochi momenti di televisione intelligente .

Oggi si narrava di un illustre filosofo finito al rogo ai tempi di Giordano Bruno , conversazione colta , richiami storici abbondanti.

Ovviamente scatta l’inserto operistico ..ed è Kaufmann in quella famosa “pira”  seduto che ai suoi tempi sconvolse i duri e puri che amavano il tenore a gambe larghe sul proscenio , il tutto finalizzato al DO finale di all’armiiiiii.

La messinscena di Olivier Py era alquanto strana e all’epoca non piacque molto , ma colpì al cuore quelle come me che erano già conquistate dalla sua bravura di quel Trovatore fuori dagli schemi.

Molti Trovatori ho ascoltato , molte messinscene più o meno tradizionali , ma quel ragazzo col cappotto di pelle seduto in un angolo che canta disperatamente prima di correre dalla sua mamma è uno di quei momenti di non ritorno dell’arte scenica del recitar cantando.

Mi ricordo che ero in teatro e alle signore italiane che avevo vicine risposi che l’unico italiano del cast era… Jonas , talmente presa dalla sua presenza fisica e dal suo squillo brillante.

Sono passati più di dieci anni da quella rappresentazione , la strana scena girevole , i duellanti con le teste di animali , i neonati e la vecchia nuda non piacquero neanche a Monaco , dove si fa di tutto anche strano , ma quella pira era davvero speciale e me la sono andata a ricercare su Youtube per farne uno screeshot da raccontare oggi , in tempi di magra anche kaufmanianamente parlando.

Mi ricordo

Teatro Pergolesi di Jesi , si celebrava il trentennale di fondazione dell’Associazione marchigiana attività teatrali ed essendo io fra i soci fondatori mi avevano eletta presidente del comitato per i festeggiamenti.

Nel primo pomeriggio , seduta in platea aspettavo i vari ospiti in arrivo quando mi ha avvicinato un ragazzino con tanti capelli e un sorriso larghissimo che si è presentato così : ciao, sono Giovanni!

Era già pianista e compositore famoso ma con quel fare da folletto divertente sembrava tutto meno che un affermato musicista.

Abbiamo parlato tanto di musica . lui con molta leggerezza e allegria e solo quando poi la sera si è esibito ho capito quanto fosse genuina tutta la sua gioia di vivere e la sua semplicità nei rapporti con il mondo.

Ieri sera l’ho rivisto sul teleschermo con lo stesso sorriso , la stessa aria un po’ tralunata e la stessa empatia : Giovanni Allevi , uno strano alieno che il destino ha voluto colpire crudelmente , mi ha commosso davvero il suo messaggio , soprattutto quando ha parlato dei piccoli guerrieri che lottano come lui e che lui ha voluto idealmente portarsi sul palco , certe volte ci vuole molto coraggio per essere così naturalmente nudi davanti al mondo.

Spero veramente che possa suonare ancora quel suo Tomorrow che devo dire , onestamente , non mi è sembrato un capolavoro ma se sappiamo da dove scaturisce acquista un sapore di autentica verità che commuove. La musica , qualunque musica serve soprattutto per arrivare al cuore.

Mitica Giorgia

Non sono proprio entrata nel club , ma sembra che questa settimana non ci sia proprio niente da guardare in tv, leggo pigramente un libro non proprio avvincente e finisco per riaprire la tv .

Una elegantissima Giorgia , una specie di virgola chic nel vestito anni venti tira fuori da un bauletto gli antichi reperti : le musicassette!!

Mi scatta allora una memoria dolcissima :le “Mammamix “che mio figlio mi faceva per quando guidavo tante ore e che mi servivano per farmi compagnia .

Le sue cassette per mamma erano un regalo per i miei gusti difficili ai quali il figlio scapestrato era però decisamente attento : non so neanche dove siano finite e quando le ho buttate via , ma di sicuro ricordo che c’era Alleluhja di Leonard Coen cantata da uno strano ragazzo il cui nome non ricordo e c’era Vedrai di Claudio Baglioni , poi tutte scelte particolari che  adesso mi si confondono nella memoria.

Per quanto riguarda quel poco di festival che ho intravisto mi sorge spontaneo uno strano commento : forse i testi vogliono mandare messaggi , ma io non capisco le parole , questi giovani non sanno cantare , usano il microfono come strumento di modulazione della voce per procurare effetti , ma le parole spesso rimangono in un mix di allitterazioni scollegate.

Non così la mitica Giorgia da cui avevo cominciato la mia piccola cronaca : lei sa cantare davvero , da quello scricciolo escono note vere , sapientemente modulate . Avercene di cantanti così, ovvero l’unica Giorgia che vorrei.

La pigrizia

Avevo deciso di non guardare Sanremo , anche perché Classica mi offriva una Carmen con Jonas , ma poi mi sono accorta che quella Carmen l’avevo già registrata e forse per la pigrizia di premere il pulsante sul telecomando sono rimasta a guardare ..le canzoni , si fa per dire, del Festival !

E’ divertente vedere il livello di kitch che inchioda al teleschermo , evidentemente funziona come una droga leggera e mi sono fatta una scorpacciata di pubblicità , onestamente alcune addirittura erano dei piccoli film interessanti che forse hanno rappresentato il lato più innovativo della kermesse.

Il pensiero tornava alle pubblicità di una volta , spesso brevissime e con il nome del prodotto da pubblicizzare ben in evidenza. 

Adesso il prodotto è nascosto in storie anche complesse e lo devi ricercare addirittura nella memoria , alla fine.

Delle canzoni non posso dire niente , mi sembrano tutte uguale e spesso però all’annuncio si sa che per fare quel prodotto musicale ci si sono messi in tre, quattro o addirittura in cinque .

Più interessante semmai la tendenza del look , spesso meno fantasioso che in passato , molto total color , più nero che bianco , difficile però parlare di eleganza .

Ma ad un’ora canonica ho chiuso la tv , credo di essere stata collegata fino circa alla metà del percorso.

Prima di chiudere i collegamenti ho cominciato a vedere i commenti sui social , insospettabili maitre a penser commentavano con dovizia di argomentazioni.

Forse entro nel club.

Diario napoletano tre

I Vespri di Emma

Ci ha messo proprio tutto la Dante in questi Vespri, che forse però non risultano  il suo spettacolo migliore.

Come al solito l’opera va vista dal vivo e certi colori e atmosfere non rendono in video : resta però la fatica  di non apprezzare al pieno il polpettone nazional-popolare storico che forse nel simbolismo troppo enunciato ( Stato- Mafia) perde un po’ del suo valore.

La rivolta popolare con ostentazione di volti stra-noti di vittime illustri della Mafia risulta un po’ troppo dichiarata a tesi.

Se poi si aggiunge ( eufemisticamente) una non perfetta direzione musicale , cori così-così organico orchestrale al minimo (per un grand-opera) il risultato non brilla per perfezione.

Ma lo spettacolo piace comunque  , soprattutto per la compagnia di canto che da il meglio di sé in questa ultima replica in cartellone.

Maria Agresta bellissima e in gran forma , Mattia Olivieri e Alex Esposito verdianamente perfetti , anche Pretti ha un ottimo squillo.

Restano in negativo i costumi davvero orrendi di Vanessa Sannino , impietosi per chi non è bello del suo.

Si ha la spiacevole sensazione che mancando registicamente un numero congruo di prove ogni cantante canti per conto proprio e il magico mix risulti scenicamente scollegato.

Comunque abbiamo nell’ordine : la citazione dei Pupi in battaglia, passando per i mori portavasi di Caltagirone per arrivare anche alle luminarie di Santa Rosalia e lo scintillio degli ori di Monreale.

Non tutto ma di tutto : crocifissi e processione compresi.

Il pubblico napoletano e con amiche straniere orfane del mancato concerto di Kaufmann , gradisce soddisfatto, poi ci aggiungiamo la bellezza del Teatro SanCarlo e siamo contenti tutti.

Diario napoletano – due

Volete un aiuto ? sono in treno , destinazione Napoli e per un attimo non capisco a chi si rivolge la signora dietro di me , sono sola e se voleva aiutarmi a levare il piumino avrebbe dovuto dire “vuole “? , poi capisco, seno entrata del regno di Napoli e qui si parla napoletano e si da del voi come se fossimo in una commedia di Eduardo.

Alla stessa commedia assisto in piazza del Gesù  bellissimo show di un Pazzariello che davanti a santa Chiara vende un cornetto rosso portafortuna : tre giri con formule varie , poi : “ per cosa volete il beneficio ?

cena a lume di candela, relazione duratura o vincita al Lotto ? aggiunge tre numeri sulla ruota di Napoli , cinque euro.

Le turiste se ne vanno felici con il cornetto rosso del valore di pochi centesimi.

Il sole splende e io cammino in un mondo a parte in cui lo splendore e la sporcizia , le chiese opulente e i motorini che follemente corrono nei vicoli e che ,grazie ai molti santi partenopei non ammazzano i turisti ,fanno parte dello stesso teatro.

Qui è tutto precario e contemporaneamente eterno , capisco il fascino che questa metropoli millenaria e fatiscente  esercita sui romantici nordici , anche se personalmente troverei il viverci una vita troppo faticosa.

Caravaggio , un folle lombardo che qui ha lasciato capolavori in abbondanza : al Pio monte della Misericordia ritrovo le Sette opere di misericordia che non so perché nella memoria avevo piazzato in un altro museo.

Non affronto San Gregorio Armeno e rinunciando per sempre a pagare col bancomat un taxi che allora diventa correttissimo torno verso il mare che luccica ovviamente come da cartolina.

Al Gambrinus , fascino del vecchio caffè , ovviamente si parla con i vicini e si scoprono amicizie musicali nuove.

Un sottofondo di rumore : canzoni , ritmi afro , è Carnevale e un padre ostenta una pargolina in braccio vestita da caramella Rossana.

Si avvicina l’ora di andare all’opera.

Diario napoletano -1

Un’avventura ferroviaria

In viaggio per Napoli , ovviamente senza il concerto di Kaufmann, ma ho un bellissimo incontro con la carissima Maria Agresta , quindi non ho rinunciato.

Percorso studiato a tavolino per evitare il lungo cammino a Termini per noi poveri marchigiani , quindi stazione Tiburtina , sempre molto problematica per me.

Nella discesa mi aiuta una deliziosa capotreno e mi avvio con molti convenevoli e spiegazioni per la coincidenza.

Chilometrate di sottopassi e ascensori quando , parlando con un gentile signore che stava aspettando il mio stesso treno mi sono accorta che… avevo lasciato la borsa nel treno precedente.

Panico totale : no borsa , no telefono , no portafoglio…

Al samaritano Uno chiedo il suo telefono, chiamo il 112 e mentre un poliziotto cerca di individuare il numero di treno da cui sono scesa passa il samaritanio Due , un ferroviere giovane e svelto che trova subito il numero del treno e in un attimo parla con la capotreno che mi aveva aiutato a scendere , samaritana Tre ha in mano la mia borsa e mi propone di portarmela tra un’oretta : stesso sottopasso , stesso numero.

Aspetto che il tempo passi e piano piano la crisi di panico mi passa , nel frattempo le ho pensate tutte : mai più viaggiare , poi in subordine mai più viaggiare da sola , terzo e definitivo stop alla vita attiva che testardamente cerco ancora di fare.

L’ora passa molto lentamente e gli ultimi minuti sono di surspence….ma la giovine arriva e io mi ritrovo la borsa in mano con tutta la vita che contiene.

Risalgo alla biglietteria e all’incredulo addetto spiego la mia disavventura ma ( e l’avevo già messo in programma) devo fare un biglietto nuovo perché a quell’ora passano solo le Frecce.

Pago volentieri , scrivo mentre la Freccia mi porta a Napoli , sono solo un paio d’re di ritardo in tutto.

Ma forse la stazione Tiburtina ha in sé qualcosa di malefico , me lo sentivo partendo che avrei avuto qualche problema , non pensavo fosse così allucinante.

La mostra di Moroni

Strano destino quello di Giovanni Battista Moroni , un pittore bergamasco del Cinquecento che viene onorato in questi giorni da una mostra importante in  quelle benemerite Gallerie d’Italia che , fino a pochi anni fa gratuitamente e adesso a pagamento offrono in Piazza della Scala l’occasione di mostre intelligenti e raffinate , nonché in una parte permanente molta pittura milanese dell’Ottocento ( e non solo).

Il Moroni è noto soprattutto per tutta una serie di ritratti eccelsi di personalità influenti del suo tempo , ma la sua opera più famosa resta il ritratto del sarto , un artigiano immortalato con gli strumenti del suo mestiere.

I suoi bellissimi eleganti ritratti hanno forse un po’ la monotonia della ripetizione delle forma : dopo un po’ ci si accorge che in effetti si assomigliano tutti  come delle preziose fototessera di un passato glorioso.

Moltissimi uomini , donne più rare , evidentemente il potere si esprimeva anche attraverso l’importanza che poteva avere farsi ritrarre dal Moroni nella ricchezza delle vesti , nell’incanto dei gesti fermati nella memoria dei ruoli indicati da preziosi particolari tra le mani dei gentiluomini che sembrano uscire dall’ombra della memoria .

Uno scherzo cattivo però è l’avere preziosamente inserito nella mostra opere di grandissimi del tempo , per cui la qualità di Lorenzo Lotto ( meraviglioso il suo gentiluomo dell’Accademia ) e  due Tiziano perché mostrano quasi impietosamente quel salto artistico che va oltre  quel mistero inspiegabile dell’arte  che forse al Moroni è mancato.

Non nel suo Sarto ,forse perché il pittore più libero dal dovere di rispondere con devozione alla committenza ,ha finito qui per fare il suo ritratto più vero e in definitiva più famoso.

Ricordo un viaggio

Giorno della memoria : sono in treno , guardo i commenti ed inevitabilmente la mente torna al ricordo del mio viaggio in Polonia .

Ero con il Fai e avevo scelto di andare ad Auschwitz, altri invece preferirono le miniere di sale .

Mi colpì in modo particolare un dotto signore che nello scegliere le miniere mi aveva detto : andate a vedere quella pagliacciata di ricostruzione ?

Un negazionista assoluto e quello che mi fece male fu il pensare che quella persona , per altri verso colta e preparata ,svolgeva anche una professione di alta responsabilità sociale .

Fu un viaggio doloroso , ma sapevo che era mio dovere vedere con i miei occhi,  anche se conoscevo già tutto l’orrore che avrei visto.

In pulmann la guida intelligente ci lesse la poesia di Primo Levi che è in esergo di Se questo è un uomo e arrivammo a Oswiechim , questo è il nome polacco dell’inferno terreno concepito dalla follia umana.

Mi colpirono i fiori alle finestre delle case dei polacchi che abitavano a pochi metri dall’orrore assoluto.

Sappiamo che ancora scavando pochi centimetri sotto terra la polvere che si trova è polvere umana ma contemporaneamente ormai l’atmosfera comincia ad essere quella di ogni località turistica e all’interno del campo i soli fiori che trovai furono quelli davanti all’angusta cella in cui era stato incarcerato un prete , fatto poi santo, che si era offerto in sacrificio per salvare una intera famiglia.

Io camminavo con il cuore stretto e le mani strette a pugno mi facevano male .

So soltanto che davanti al cancello “Arbait macht frei “chiusi la macchina fotografica nello zaino e non ebbi il coraggio di fare  neanche una foto.

Ho ancora negli occhi le montagne di valigie  ( scriveteci il vostro nome sopra ..prima di andare alle docce), gli occhiali e le terribili migliaia di scarpe infantili.

Io non posso fare a meno di ricordare .