Un film sbagliato

Pensavo fosse interessante la realizzazione di un film tratto da una storia famosa che colpì molto la pubblica opinione ormai quasi due secoli orsono.

Il caso Mortara , una brutta storia che aveva visto protagonista un bambino ebreo sottratto alla famiglia da parte della Chiesa perché all ‘insaputa dei genitori  una domestica ignorante aveva detto di averlo battezzato

Bologna , la città dove avvenne il fatto faceva ancora parte dello Stato pontificio e il Papa ne era il sovrano assoluto.

Venute a conoscenza del fatto le autorità ecclesiastiche pretesero di sottrarre il bambino alla naturale famiglia ebrea che lottò vanamente per riavere il figlio.

Fu così che Edgardo, portato a Roma , fu educato con i crismi del più rigido cattolicesimo e probabilmente ne rimase anche affascinato se quando finalmente l’Italia si liberò dal potere temporale della Chiesa il bambino , ormai giovane sacerdote non volle ritornare alle sue origini , pur essendo prima che cristiano sicuramente ebreo di nascita e di educazione.

Ma , come disse probabilmente un gesuita : dateci l’infanzia di un uomo e ne faremo ciò che vogliamo .

Il film di Marco Bellocchio che si intitola Rapito aveva due possibilità : raccontarci la storia con spirito anticlericale o cercare di capire il percorso tormentato della vita di un uomo che restò nella religione cattolica fino alla fine dei suoi giorni, probabilmente con qualche tormento  interiore.

Il regista ha scelto la prima via e ha fatto un brutto film con immagini da cartolina della Roma ottocentesca , con un Papa improbabile,( era in realtà Pio IX )  nel quale anche bravissimi attori come Filippo Timi e Fabrizio Gifuni sembrano messi lì a fare “ la faccia cattiva”.

Diverso sarebbe stato il film se si fosse approfondito il percorso di un’anima tormentata. Ho colto una unica battuta valida detta da un personaggio minore : “è molto bravo e l’ebraico gli servirà per il proseguo dei suoi studi.”

Molta acqua è passata sotto i ponti del Tevere , oggi leggiamo le scritture della Bibbia sapendo che anche i cristiani sono venuti da quella terra nel deserto in cui nacque anche un povero cristo ebreo che si chiamava Gesù.

Fare oggi un brutto film anticlericale mi è sembrata una strana scivolata di cattivo gusto , peccato , mi è parsa soprattutto una occasione persa.

La forza delle donne

Le folle indignate , le folle violente , le folle rabbiose che ci trasmettono i social in questo giorno di rabbia che ha accomunato tutti i paesi arabi ha un unico denominatore : sono solo uomini .

Uomini giovani , anzi giovanissimi ed è logico perché l’indice di vita nei paesi arabi ci dice che i giovani sono la grande maggioranza .

Questo però non avviene per esempio in Iran dove per le strade abbiamo visto anche tante donne rischiare anche la vita per chiedere un barlume di dignità , ma in Iran sono persiani  e le differenze con gli arabi non si fermano qui.

Dovremmo cominciare a studiare per capire la realtà tanto intricata dei paesi medio orientali.

E’ uscito ieri un bellissimo articolo di un’amica israeliana: Manuela Dviri che conosco personalmente per antica consuetudine , direi quasi familiare.

Manuela parla delle donne israeliane protagoniste della propria  vita donne in armi ma anche donne pronte a scendere in piazza per lunghissimi venerdì di protesta , donne coraggiose che lavorano , scrivono , studiano come i loro compagni , donne che hanno scelto anche la dura vita del Kibbuz, quel sogno socialista che fu una delle armi di seduzione per le generazioni dei giovani del Novecento.

Credo che la grande differenza tra la democrazia israeliana e i regni , le autocrazie e le dittature che la circondano sia in grandissima parte frutto del diverso ruolo delle donne in quel paese.

Mentre seguitiamo a vedere foto di madri palestinesi , immagini dolorose che conosciamo solo nel pianto e nel lutto , le donne israeliane hanno dalla loro la forza di una cultura antica e al tempo stesso permeata della cultura occidentale che in ultima analisi sarà la vera differenza che porterà quel paese a reagire e a sconfiggere le forze oscure che la circondano.

Concerto di Budapest

Un programma classico , arie italiane nella prima parte , poi Wagner per la gioia di tutti quelli che come me ne apprezzano in modo particolare l’esecuzione.

Il concerto è in ottima qualità audio e video e  seppure ci siano dei vuoti in sala il pubblico è sempre lo stesso , fedele e attento alla forma del nostro amato tenore.

Da conoscitrice antica posso affermare che la forma vocale di Kaufmann è ottima e l’attenta direzione dell’amico Rieder ne valorizza i passaggi.

Conosco nelle sfumature tutti i pezzi e posso dire che sia l’aria di Alvaro nella Forza , Cielo e mar dalla Gioconda ( lo sentiremo in primavera nella prise du rolesia a Salisburgo che Napoli e soprattutto il suo Vesti la giubba che è sempre la migliore interpretazione del pezzo , compresa una risata sempre più calibrata e un effetto drammatico garantito , sono cavalli di battaglia perfettamente eseguiti.

Ma è nella mia amatissima serie di arie wagneriane che lo stile tutto personale del nostro heldertenor , così diverso da tutti i cantanti che lo hanno preceduto che io trovo la grandezza del nostro amato tenore.

Adoro il Preislied dei Meistersinger e ogni volta penso che non avere potuto avere la memoria della sua interpretazione in DVD dalle spettacolo di Monaco è davvero un peccato .

Due i brani dalla Walküre , il pezzo incredibile (ogni volta conto i secondi dell’appello al padre ) e il Wintersturm cantato come bis mi confermano  che non esista al mondo un altro Sigmund così vero.

Un sorriso per Lohengrin , il suo In Fernem land da manuale e poi 

Il regalo di Träume , l’incanto dei Wesendonk Lieder.

Una bellissima serata per chi era in sala ma altrettanto piacevole per tutti noi che abbiamo potuta seguirla abbastanza presto sulla piattaforma Opera on Video.

Una pace impossibile

Davvero la Storia presenta il conto e in maniera crudele lo Stato di Israele   si trova davanti ad un bivio epocale , qualunque sarà la svolta che prenderà questa terribile vicenda niente sarà più uguale come era fino alla settimana scorsa.

Non sono bastati i grandi scrittori , i poeti , gli scienziati che hanno fatto grande lo stato israeliano a fermare la deriva perché questo ultimo contestatissimo governo non mettesse a nudo i nodi irrisolti della sua storia.

Non è stato sicuramente solo l’orribile e vile attentato di Hamas a scatenare tutta una serie di nodi irrisolti verso i quali prima o poi Israele si sarebbe trovata  a rispondere.

Il popolo palestinese non è come la polvere da nascondere sotto il tappeto ; è carne e vita , sono uomini , donne e bambini ( tanti) che stanno gridando il loro diritto ad uno Stato riconosciuto .

Due popoli , due Stati , non è uno slogan utopistico , difficile semmai è la strada per arrivarci , lo è sempre stato ma  oggi è diventata l’unica soluzione fondamentale.

Non sarà , e auspico che non accada , una azione militare cruenta a risolverla , la fine di Nethaniahu è già politicamente segnata , piuttosto un non facile e lento cammino diplomatico sperando che nel frattempo non si scateni un nuovo fronte nel nord del paese.

Il nodo degli ostaggi si intreccia col destino degli abitanti di Gaza City, sono ore contate per migliaia di feriti negli ospedali che non hanno più riserve di medicinali , è la mancata apertura del varco dall’Egitto per fare entrare aiuti umanitari e contemporaneamente fare uscire gli stranieri , tutti fattori drammatici che possono fare precipitare gli eventi.

Sarà la ragionevole pazienza diplomatica per riallacciare quel patto dei Figli di Abramo di cui per primo parlò tanti anni fa Giorgio La Pira e potrebbe essere anche una Europa consapevolmente unita a coadiuvare un processo di equidistanza , non parlo di pace , che riesca a pacificare quel Medio Oriente da cui molti di noi sono un giorno venuti.

I molti volti di Carmen

Secondo e ahimè anche ultimo spettacolo della piccola stagione lirica di Ancona .

Se il Flauto magico era stata una scelta coraggiosa che ha pagato in termini di consenso non credo si possa dire lo stesso per questa Tragédie de Carmen , un testo di Peter Brook che ebbe successo negli anni Ottanta del secolo scorso e che produsse fra l’altro ben tre versioni cinematografiche.

Partendo dalla novella di Merimèe il gioco degli eventi , come in un puzzle, si può comporre e scomporre : del resto il destino teatrale dell’’opera di Bizet fu altrettanto rimaneggiato e forse anche mistificato nonostante il suo successo planetario  

Ne esiste una versione “ singspiele “ integrata con testi parlati e soprattutto ne esiste , ed ebbe molto successo ,la versione italiana  (era nel secolo scorso la lingua ufficiale della lirica ) che tagliò con l’accetta le psicologie dei personaggi dandoci la banalizzata versione della Carmen selvaggia mangiatrice di uomini .

Poi ,e dico fortunatamente ,l’opera tornando all’originale francese riacquistò le molte sfaccettature del personaggio  principale , ma anche di tutti gli altri  protagonisti della tragedia.

Oggi si arriva alla rappresentazione fedele e contraria di Carmen vittima di femminicidio ,  saltando tutte le implicazioni sottili che invece ne hanno fatto quel mito che resta  tanto che nella graduatoria delle opere più rappresentate al mondo occupa un posto d’onore in graduatoria.

Nella versione di Ancona si assiste ad un altro capovolgimento ,  ovviamente tutto è permesso con un canovaccio così stimolante : Carmen ritorna al mito ancestrale , Circe / Medea e tutto si scarnifica , rallenta ,si fa archetipo rituale.

Purtroppo però la crasi tra quello che si vede in scena e le musiche fisicamente sensuali di Bizet c’è come uno iato che non riesce a compensare il brivido necessario che ne determina la catarsi  finale.

Si tratta di una operazione comunque interessante anche se lascia perplesso il pubblico indeciso addirittura un attimo prima del doveroso applauso finale.

Ne viene uno spettacolo pulito e comunque interessante , i giovani interpreti sono tutti altamente impegnati nel difficile  esercizio in cui si muovono senza l’aiuto del gesto realistico che le notissime arie permetterebbe loro di esprimere.

Onore al merito , soprattutto del mago artefice . il direttore artistico Vincenzo De Vivo che scopre talenti e comunque ci propone uno spettacolo assolutamente non banale .

Anche questo non è un merito da poco.

Musiche da film

Un mese fa è uscito un Cd di Jonas Kaufmann sul quale non ho scritto niente

Questo mio silenzio , per la prima volta non commento sul blog che al cantante fa riferimento ( anche se sempre più raramente perché viaggio di meno e non ho molte occasioni per parlare di novità) , ma soprattutto perché  The sound of Movies mi ha lasciato decisamente perplessa. 

Credo che il settore marketing della Sony abbia puntato soprattutto sul mercato “di casa” anche se magari mi sbaglio e mi piacerebbe essere smentita.

La scelta dei brani da film è piuttosto una lista di cover , alcune delle quali decisamente pericolose per il difficile paragone con l’originale.

I due brani in  italiano hanno dei testi orribili e fino a poco fa non capivo neppure il perché della scelta ,che se in qualche modo era giustificata nel brano di Mission essendo musica di Ennio Moricone ,mi risultava assurdo per Il Gladiatore , a meno che non si pensasse al fatto dell’ambientazione antico-romana.

Poi una amica mi ha spiegato che in realtà i due brani sono nel repertorio di una sorta di pseudo tenori di successo presso un certo pubblico popolare in Italia nonché cantati anche da un pseudo-tenore di altrettanto successo planetario che si rivolge allo stesso pubblico .

Cosa abbia spinto Kaufmann a fare queste scelte (credo che nonostante le dichiarazioni da ufficio stampa , lui c’entri fino a un certo punto ,) per me resta un mistero.

Sono una appassionata ascoltatrice della magica voce dell’amato tenore e credo di avere ascoltato fino alla consunzione la Winterreise e Die schöne Müllerin.

Selige Stunde è un miracolo di incisione e anche nei canti di Natale ho privilegiato il Cd delle musiche antiche scoprendo alcune perle rare come Maria durch ein Wald getragen..

Questo Cd delle musiche da film proprio non mi appartiene e non si tratta di risparmiare quei venti euro che in altri casi sono stati per me un acquisto prezioso.

So che questo mio post potrà addirittura suscitare ire furibonde , ma anche per distrarmi un po’ da tutto l’orrore che sta avvenendo nel mondo ho preferito divagare , parlare d’altro , anche se so benissimo di aprire un vaso di Pandora che potrebbe portarmi alla lapidazione per lesa maestà.

Private

Giorni d’attesa per quello che potrà ancora succedere in Israele , su quello che potrà succedere a Gaza .

Ho cercato nella memoria le immagini di un film ,  una famiglia palestinese in una terra di confine , una pattuglia di soldati israeliani, una casa che sarà al centro di un tesissimo dramma . 

L’ho ritrovato , in rete c’è davvero tutto ed è un bellissimo film del 2004 , premiato a Locarno e che fece conoscere per la prima volta Saverio Costanzo.

Il film è tutto in arabo ed ebraico , pochi gli inserti in inglese , ci si trova immersi in un dramma umano e politico ,tutti i personaggi vivono la realtà di una situazione senza uscita.

E’ intitolato Private e non a caso , quasi in maniera circolare finisce la dove era iniziato , praticamente senza soluzione.

 E’ la stessa sensazione che credo di provare anche io di fronte ai fatti orribili di questi giorni.

Si aggiunge alla storia del film l’elemento assurdo del terrorismo, ma questo terrorismo islamico non nasce adesso , è lo strisciante verme velenoso di Al quaeda , dell’Isis , di tutte le forme del terrore di cui si nutre l’estremismo poliforme che corre in tutto il mondo islamico.

Lo straziante contrasto dei giovani ignari che ballavano nel deserto mentre calavano su di loro i deltaplani a motore dei terroristi assume quasi un valore simbolico : la democrazia ignara ed egoista si nutre della convinzione di essere nel gusto , la realtà di Israele che si muove in marcia tutti i venerdì da mesi per protestare contro una riforma conservatrice della giustizia mentre pochi chilometri più in là il terrore , sicuramente foraggiato da chi non vuole serenità in quelle terre ,scava nei cunicoli il destino di orrore verso tutti coloro che ormai al sicuro di una effimera democrazia abbassano lo sguardo e non riflettono verso quel nido di odio  che in definitiva è la striscia di Gaza.

Vaiont

Ci sono degli eventi di cui ricordi esattamente dove eri e cosa facevi in quel momento : la sera del 9 ottobre 1963 ero a cena in una vecchia trattoria che non c’è più , avevamo finito di cenare e stavamo guardando la televisione in alto sul trespolo , come era uso in quegli anni lontani .La famiglia riunita , ero in attesa del mio terzo figlio che sarebbe nato nella primavera successiva.

Quella notizia assurda , ancora non erano chiari i motivi della sciagura . si diceva che fosse scoppiata la diga del Vaiont sopra Longarone , con un brivido pensammo subito a quella strada di Alemagna che percorrevamo per andare a sciare .

Il Piave di lato e le tante curve che adesso non ci sono più, era la strada della gioia , la strada della vacanza.

Quando negli anni immediatamente  successivi ci passavo vedevo quel deserto assurdo , post-atomico con qua e là una scala nel nulla , una rotaia svettante del cielo e lassù in alto l’immagine fissa della diga intatta.

Mi ci sono voluti anni per avere il coraggio di fermarmi a Fortogna dove c’è il cimitero delle vittime : file e file di cognomi uguali e tante tombe vuote , ancora oggi quella ricorrenza la sento molto mia , stasera alle dieci e quaranta mi fermerò in comunione con tutti coloro che in qualche modo lo ricorderanno con me.

So che anche nella chiesa devo vado abitualmente proietteranno il film  che non riesco a vedere perché mi fa male anche solo il ricordo di quella sciagura che in qualche modo ha anticipato tante altre vergogne che hanno attraversato la vita del nostro paese.

In questo periodo fa molto caldo , un piacevole tempo anomalo che comunque ci sta raccontando la malattia del nostro pianeta surriscaldato .

Venti di guerra ,  viviamo una ulteriore  malattia , ma stasera mi fermerò nel ricordo . La diga grigia e incombete resiste , mi sembra un Moloch minaccioso.

In guerra

Un sabato sereno , gioie familiari compreso un saluto dal figlio lavoratore in Romania.

L’abitudine , accendo la tv e improvvisamente entro in una tragedia tanto nuova quanto purtroppo antica . Hamas all’alba ha attaccato a sorpresa Israele , in uno shabbat particolare , è lo Iom Kippur.

Pensare che dalla striscia di Gaza possa esserci stato un attacco vero e cruento pare impossibile ma basta pensare alla bomba demografica di quel territorio , al tunnel nascosti da cui entra di tutto e alla distrazione di un governo israeliano che ha abbassato la guardia attento solo a varare una discutibile riforma della giustizia che da mesi porta in piazza milioni di cittadini.

Non ci vuole uno statista per comprendere quanto ci sia dietro l’Iran preoccupato per l’accordo israelo- arabo con gli Emirati , “tous ce tiens,” ma è il sangue che corre di nuovo sulle strade di Israele e ovviamente in quelle di Gaza, con  la risposta feroce dell’aggredito .

Oggi le letture parlavano della vigna del Signore , bellissimo accostamento tra il brano di Elia che promette solo distruzione e l’analogo testo evangelico con la chiusa aperta verso la fiducia nell’uomo .

In quella terra da cui tutti veniamo è di nuovo guerra , presi a tenaglia tra l’Ukraina e Israele , la guerra circonda la vecchia Europa , spettatrice incapace di inserirsi autorevolmente nel gioco mondiale.

E’ il gioco delle risorse energetiche che determina gli eventi di oggi , sono però le vittime civili che giacciono sulle strade insanguinate dei kibbuz , sono i palestinesi stretti nelle loro povere case di Gaza che pagano i giochi perversi di chi davvero comanda nel mondo.

Le calde giornate di ottobre ci consentono di risparmiare energia , cinicamente dovremmo solo rallegrarci di questa regalia metereologica se non sapessimo che un filo di cinismo accompagna la constatazione che stiamo risparmiando mentre in nome di un dio unico e scisso, ormai tanto lontano e divisivo ,in queste ore si muore in quelle terre antiche in nome di un dio moderno , il cui nome è petrolio.

Morte a Marghera

Sfoglio la rassegna stampa di oggi e la ricerca della causa del  tragico incidente sul cavalcavia di Marghera riempie i titoli di tutti i giornali.

Malore dell’autista , guasto tecnico del mezzo ,vetustà del guardrail

Sono tutte ipotesi che distolgono dal Vero : il Fato che ha messo quelle persone su quel mezzo ,non in quello prima o quello dopo , la scelta di vedere Venezia proprio quel giorno e a quell’ora .

Ogni volta che accade qualcosa di diverso   dal banale cammino della nostra vita dovremmo innanzitutto pensare a quel quid di casualità che ci spinge a vivere la nostra presunta eternità , il nostro essere vivi per caso.

Le pagine dei giornali si riempiranno delle  storie , quei destini incrociati in cui ancora ci sono i superstiti e le loro ferite non sappiamo ancora quanto sanabili.

La precarietà è la nostra condizione umana e c’è solo una certezza ed è quella della fine.

Ricordo il senso di compiutezza e di pace che mi dette la visita al Cimitero dei Cappuccini a Palermo: nessun senso di orrore alla vista di tutte quelle mummie tra le quali passeggiavo in silenzio.

Una giovane custode leggeva in un angolo seduta su una sedia e mi disse che lo stare lì le trasmetteva un senso di pace.

Solo una piccola mummia recente : una bambina molto ben vestita e conservata mi fece male , era una intrusione di vita nella perfezione del silenzio.-

Il senso della vita , il perché dei nostri giorni , il grande mistero .

Siamo disabituati alla morte : applaudiamo ai funerali , lanciamo palloncini inquinanti in cielo, ma siamo incapaci di tendere davvero la mano al fratello finché il nostro passaggio su questo pianeta ci possa permettere di non farne una circostanza inutile.

Su quel cavalcavia sono passata diecine di volte , forse anche più di diecine , oggi c’è la solita fila di traffico al rallentatore , la vita per chi vive continua , la stampa cerca la ragione pratica dell’incidente , io seguito a pensare a quel quid di incomprensibile che ci livella tutti nel grande gioco del Caso.

Dimmi come ti vesti

Che bellezza , non esiste più la moda e soprattutto non esistono più regole che hanno condizionato le donne  e uomini per secoli: quando in un negozio mi hanno chiesto come volevo fosse accorciato un vestito mi sono resa conto che potevo dire qualsiasi misura , tanto vanno bene tutte!

Corto , lungo , mini ,maxi ; parole vuote e lontane come sperse in una galassia di iperuranio  nella quale galleggiano anche le idee che ci sia stato nel tempo qualcosa da mettere di mattina che fosse diversa da quella del pomeriggio , poi ( ma siamo nel giurassico ) nel tempo del cocktail e goduria massima l’idea che esistessero quegli oggetti inutili chiamati abiti da sera!

Oggi è tutto un bellissimo carnevale perenne e mi riempie di gioia la vista delle sottanone di tulle con il chiodo d’ordinanza.

I poveri stilisti corrono dietro alla ordinaria follia delle sfilate , tanto poi uomini e donne si vestiranno ciascuno come gli pare , in qualsiasi occasione .

Questo può provocare nelle menti deboli un senso di spaesamento , sai come erano sicuri gli abitanti del pianeta terra un tempo, quando si rientrava nei codici rigorosi  del pensiero obbligato!

Una amica amante delle parole crociate convinta che mantengano viva la mente  ,( e non è per niente vero,) mi ha detto allibita di avere trovato una definizione: la portavano le donne e la risposta era : la gonna !

Se alla libertà di abbigliamento corrispondesse davvero la libertà di pensiero sarebbe una autentica conquista dell’umanità invece la verità è molto più amara e anche banale , la libertà di abbigliamento ha provocato al contrario una massificazione del pensiero unico , liberati dai codici tutti si sono allineati al banale , senza le regole  comportamentali tutto si è appiattito  nel pensiero falsamente liberatorio del populismo modaiolo diffuso.

Così quando tristemente a teatro mi capita di vedere indifferentemente di tutto , a prescindere dal posto che si occupa , dall’età di quello che si mette addosso quello che gli pare mi passa per la mente solo la fatidica frase : è la moda , bellezza!

Il miracolo Muse

Puntualmente ogni anno ad inizio di autunno ad Ancona avviene un miracolo:
con i pochi, sempre più modesti contributi ministeriali il vero mago dell’operazione ,il direttore artistico Vincenzo De Vivo riesce a varare un progetto musicale che non è più una vera stagione lirica , due titoli sono davvero pochi , ma a imporre spettacoli eleganti , pieni di fantasia  e con interpreti giovani e sconosciuti ma non per questo meno validi.

Devo confessare che quando , ormai tanti mesi fa , aveva coraggiosamente presentato il programma io avevo avuto molti dubbi sulla capacità del nostro teatro di realizzarli , ma giunti a metà dell’opera con Die Zauberflöte andato in scena in prima assoluta ieri ( unica replica domenica alle 16.30) devo dire che la scommessa è stata ampliamente vinta.

Dare ad Ancona un opera in tedesco , un singspiele oltre tutto, in cui ci sono anche tanti inserti parlati mi pareva troppo da chiedere ad una città ormai disabituata alla lirica in generale ed al repertorio mozartiano in particolare.

Ed invece , complice sicuramente il divino Wolfgang , tutto è filato benissimo , il pubblico attento ed entusiasta riconosceva via via le arie celeberrime , seguiva la favola esoterica con attenzione e non ha dimostrato cedimenti anche se ben sappiamo che l’opera non è affatto breve .

Il merito della riuscita dell’operazione è un po’ di tutti e comincerei dall’orchestra diretta con piglio sicuro e professionalità consolidata dal Maestro  Giuseppe Montesano , non a caso è stato assistente di Louis Jordan allo Staatsoper di Vienna .

La regia semplice e garbata del  coreografo Luca Silvestrini  ha messo al servizio della trama la sua arte valorizzando i passaggi tra le arie chiuse e muovendo con eleganza tutti i personaggi.

Una nota particolare alla carissima Stefania Cempini , un genio di costumista , capace di fare miracoli con gli scarsissimi mezzi e l’enorme fantasia di cui dispone , altrettanto valido il nostro storico collaboratore alle scene e luci Lucio Diana con la sua collaboratrice.

Vengo alle voci : spicca nella compagine la Pamina di Maria Laura Jacobellis , di lei sentiremo presto parlare ancora , più che degni il Papageno di Levert Bakirci e lo Zarastro dell’ottimo Abramo Rosalen.

Un discorso a parte per Tamino , ha una voce ancora da domare , ma nel secondo atto si è rassicurato , come tutti del resto , ed è stato un ottimo Principe, oltre tutto di bellissimo aspetto fisico.

Infine dovrei citarli tutti , perché tutti hanno contribuito con generosità alla riuscita della rappresentazione , con gioia e divertimento, facendoci dimenticare la fatica di dover cantare in una lingua , direi a tutti estranea ,con un risultato più che onorevole.

La prima metà del programma è partita  con enorme successo anche di partecipazione, spero vivamente che L’histoire de Carmen , un classico spettacolo collaudato da decenni possa avere la stessa accoglienza :
ci vuole coraggio a proporla , sta al pubblico anconitano capire il messaggio e dimostrare quella internazionalità che qualche volta sembra perduta ma che già ai tempi di Giacomo Casanova era una cifra naturale di questa strana città marinara.